lunedì 4 aprile 2011

RETE ITALIA A RIVA DEL GARDA 3




RUINI UN'AUTENTICA SAPIENZA POLITICA

LA QUESTIONE NUMERO UNO È QUELLA ANTROPOLOGICA

(...) Quanto ai contenuti dell’impegno politico, Benedetto XVI fa riferimento ai grandi problemi di oggi e in concreto al fatto che la questione sociale è diventata, al tempo stesso e radicalmente, questione antropologica, come egli ha spiegato nell’enciclica “Caritas in veritate”.

Il senso non è che la questione sociale sia ormai superata: essa rimane pienamente attuale e ha assunto sempre più una dimensione planetaria, che siamo soliti riassumere con la parola “globalizzazione”. Ancora più profonda e densa di conseguenze sembra però la nuova problematica antropologica, che mette in gioco la domanda fondamentale: chi, o che cosa è l’uomo?

Chi siamo noi nella sostanza del nostro essere? Una domanda di sempre, certamente, ma oggi una domanda nuova perché nuove sono le possibilità offerte dagli attuali sviluppi scientifici e tecnologici che hanno dato all’uomo un nuovo potere su se stesso.
Parafrasando una celebre tesi di Marx, non si tratta più soltanto di interpretare l’uomo, ma soprattutto di trasformarlo.

Questa nuova trasformazione non avviene però, come pensava Marx, cambiando i rapporti sociali ed economici, bensì incidendo direttamente sulla realtà fisica e biologica del nostro essere attraverso le biotecnologie, che stanno progressivamente appropriandosi dell’insieme del nostro corpo: non solo dei processi del nascere e del morire, sui quali sono già focalizzati l’attenzione e il dibattito pubblico, ma anche del funzionamento globale del nostro organismo e in particolare del funzionamento del nostro cervello. L’intenzione, dichiarata o ancora recondita, è migliorare, potenziare, trasformare l’uomo stesso.

L’impiego delle tecnologie, però, non è mai neutro: è legato agli scopi che si perseguono e, nel caso delle biotecnologie applicate all’uomo, dipende in ultima analisi dal concetto che abbiamo dell’uomo stesso, della sua natura e dignità, quindi dalle convinzioni che ci animano riguardo a ciò che l’uomo deve comunque continuare ad essere, o invece deve diventare tramite i nostri interventi biotecnologici.

Qui si aprono degli scenari davvero enormi, di cui oggi fatichiamo a renderci conto, ma che nei prossimi decenni, e ancora più nel secolo che è appena iniziato e in quelli che seguiranno, diventeranno sempre più evidenti e decisivi per le sorti dell’umanità: ecco perché non è esagerato affermare con Benedetto XVI che la questione sociale è diventata radicalmente questione antropologica.

LA SFIDA DELLE CIVILTÀ ASIATICHE

A questo proposito si impone una riflessione che mette insieme le problematiche antropologiche con i processi di globalizzazione, in concreto con i grandi mutamenti in corso negli equilibri geo-economici, geo-politici e inevitabilmente anche geo-culturali.

Di fatto, oggi stanno riemergendo e assumendo un peso sempre maggiore alcune grandi nazioni e civiltà che negli ultimi secoli erano state sovrastate dall’Occidente. Queste nazioni e civiltà non hanno quella matrice cristiana che, malgrado tutte le infedeltà storiche e malgrado i processi di secolarizzazione attualmente in atto, appartiene al DNA dell’Europa, delle due Americhe e di altre considerevoli parti del mondo.

La centralità della persona umana – il suo essere fine e non semplicemente strumento – si è però affermata storicamente proprio in quelle culture che hanno la loro matrice nel cristianesimo. Sono dunque i popoli eredi di tali culture quelli che per primi hanno la responsabilità e il compito di mantenere e far fruttificare la centralità dell’uomo nella nuova fase storica che si apre davanti a noi, pur cercando, come è doveroso e necessario, di sollecitare anche le altre nazioni e civiltà ad un impegno convergente.

È questo, già oggi e per il futuro, un compito fondamentale dei cristiani impegnati in politica, come del resto di quelli che operano nella cultura, nelle scienze, nell’economia e in ogni altro spazio socialmente rilevante. [... ]

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