giovedì 2 giugno 2011

A CHE SERVE IL DUE GIUGNO?



2 GIUGNO

Cosa c'è da festeggiare?

Andrea Possieri




giovedì 2 giugno 2011




Qual è la festa nazionale del nostro Paese? È molto probabile che a questo banale interrogativo molti cittadini italiani rispondano formulando una ridda di date diverse: dal 7 gennaio (la bandiera) al 17 marzo (l’unità), dal 25 aprile (la resistenza) al 2 giugno (la repubblica). Non è escluso che qualcuno riproponga addirittura anche la ricorrenza del 20 settembre (Porta Pia). La questione non è di poco conto. Identificare in modo certo ed inequivocabile un evento paradigmatico che nella sua unicità sintetizzi la vicenda storico-identitaria di un Paese significa, infatti, avere un’idea condivisa di quella storia e una percezione non frammentaria di quella comunità nazionale.
La domanda iniziale potrebbe anche essere riformulata così: nel nostro Paese esiste qualcosa di simile al 14 luglio per la Francia o al 4 luglio per gli Stati Uniti? La risposta non può che essere negativa. A tutt’oggi, infatti, la festa nazionale per eccellenza, quello dove più basso è il tono apertamente divisivo e conflittuale dello scontro politico, è senza dubbio il 2 giugno. Tuttavia, questo consenso appare più come il risultato di un compromesso simbolico al ribasso che il frutto di un unanime consenso culturale sul significato di quella ricorrenza. Una ricorrenza che per la sua striminzita, seppur importante, fattualità – la scelta della forma di Stato – non può riassumere né la straordinaria portata culturale di una vicenda millenaria che ha delineato l’identità italiana, né l’eccezionale novità di un deposito secolare che ha costruito lo Stato nazionale.


D’altra parte, fino al 2000, quando il Presidente Ciampi le assegnò un nuovo e più ampio significato politico-culturale, questa festa è stata sempre considerata una celebrazione di second’ordine, un momento marginale del dibattito pubblico del Paese che assumeva una differente connotazione culturale a seconda degli attori politici che la promuovevano.

All’indomani del referendum del 1946, ad esempio, i più convinti sostenitori della festa del 2 giugno furono gli araldi del repubblicanesimo di stampo risorgimentale, i quali non persero occasione di tracciare un punto di collegamento tra la consultazione referendaria e l’azione dei democratici nell’Ottocento – evocando il parallelo con la Repubblica romana del 1849 – e di organizzare un’iniziativa pubblica, a Genova, in cui vennero riesumate le reliquie di Giuseppe Mazzini.

In quello stesso periodo, non mancò neanche chi fece notare, come il comunista Fausto Gullo, che il 2 giugno, oltre ad essere la data in cui si era svolto il referendum, coincideva con la data di morte, avvenuta nel 1882, dell’eroe popolar-popolaresco per eccellenza del risorgimento, ovvero Giuseppe Garibaldi. E questo parallelismo con l’epopea risorgimentale continuò anche nel 1949, quando in occasione della festa del 2 giugno, venne inaugurato il monumento di Mazzini sul colle dell’Aventino.

Tuttavia, al di là di queste iniziali passioni post-risorgimentali, la festa della Repubblica, sancita ufficialmente dalla legge soltanto nel 1949, sarebbe stata per molti anni una festa minore, derubricata ad una ricorrenza poco importante, se non addirittura dimenticata. È quanto accadde, ad esempio, nel 1957, in un piccolo comune in provincia di Forlì, a Bertinoro, dove non si svolse nessuna manifestazione celebrativa per il 2 giugno, nonostante quel paese vantasse gloriose tradizioni repubblicane prima dell’avvento del fascismo e, in quegli anni, fosse al governo una giunta di sinistra.

D’altronde, la lotta politica del periodo si svolgeva su altri crinali politico-simbolici e, di fatto, non esisteva nessun conflitto polemico-pubblico sulla forma di Stato.

La festa, inoltre, nei suoi canoni ufficiali, come ha notato giustamente Maurizio Ridolfi, cambiò la sua ritualità a seconda dei Presidenti della Repubblica: “dall’atmosfera intima” di Einaudi alla “mondanità” di Gronchi, dall’austerità di Segni alla “kermesse spettacolare” di Saragat. Eppure proprio in uno dei momenti celebrativi più importanti, il trentesimo anniversario, nel 1976, la celebrazione si trovò di fatto ad essere svuotata di significato, tanto che l’anno successivo, nel 1977, diventò una festa “mobile” e venne spostata alla prima domenica di giugno. Nel 1988, infine, questo inesorabile declino fu caratterizzato dall’interruzione della tradizionale parata militare.

La festa, come ricordato, riemerse solamente nel 2000 all’interno di una nuova pedagogia politica della nazione promossa dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. Una pedagoga che si basò sulla riscoperta della bandiera e sulla rivalutazione dell’inno di Mameli; sulla valorizzazione del Quirinale – come se fosse una sorta di Casa Bianca italiana – e sul rilancio dell’Altare della Patria come simbolo dell’identità nazionale; e, infine, sul ripristino della festa “fissa” il 2 giugno con lo svolgimento della parata militare.


http://www.ilsussidiario.net/News/Roma/2011/6/2/2-GIUGNO-Cosa-c-e-da-festeggiare-/print/183006/

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