mercoledì 6 luglio 2011

IL QUINTO EVANGELO


QUINTO EVANGELO
 di Giacomo Biffi

UNA SCOPERTA SENSAZIONALE

"La notizia sarebbe ancora sotto segreto. Una ristretta commissione di esperti sta faticando con la tranquilla impazienza dei dotti a dare una perfetta edizione critica di tutto il materiale di cui sono avventurosamente venuto in possesso. Un Vangelo ignoto, che contribuirà a chierire tante cose!
In questo genere di lavoro di solito si va per le lunghe. E', gente precisa, puntigliosa.  Sicché ci vorranno degli anni. D'altronde è urgente a mio parere che questi antichi frammenti si conoscano."



FRAMMENTO 30

Andate nel mondo impuro e discutete: dal libero confronto dei pareri germoglierà la verità. (Quinto Evangelo)

Andate e fatevi discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e dei Figlio e dello Spirito Santo e insegnando loro a osservare tutto ciò che io vi ho prescritto. (Mt 28, 19)


L'idea dell'"annuncio" è negli evangeli tradizionali espressa con una durezza che riesce poco sopportabile alle nostre orecchie.
Gesù stesso parla per affermazioni recise: non associa nessuno a una ricerca, che del resto non sembra compiuta neppure da lui. Egli semplicemente "dice", non indaga, non ipotizza, non dialoga. Si presenta come colui che non solo ha la verità, ma addirittura è la verità.

Lo stesso stile viene raccomandato agli apostoli: essi devono esporre un fatto, non provocare dei dibattiti. Sono i portatori di una perla preziosa che non deve essere gettata ai porci, ma custodita come un bene inestimabile. Se qualcuno accoglie l'evangelo, è beato; chi lo rifiuta, stia nelle sue tenebre: neppure la polvere bisogna avere più in comune con lui. Ci si affretti a proporlo ad altri.
Il proselitismo affannoso - che egli rimprovera ai farisei - è un atteggiamento ignoto a Cristo e non raccomandato ai suoi inviati.

Ma se sulla condanna del proselitismo possiamo essere d'accordo tutti, sul metodo dell'annuncio abbiamo qualche riserva.

Esso infatti, come il proselitismo, condiziona la libertà altrui e impedisce di pensare con la propria testa. E non è una ragione il fatto che quello cristiano sia un annuncio di verità. Al contrario è un impegno maggiore a tacere: la verità, avendo una sua forza immanente ignota all'errore, determina in misura più grande il comportamento di chi arriva a conoscerla. Perciò se può essere consentito ai seminatori di falsità di proclamare e propagandare le loro dottrine, a noi no: la nostra testimonianza deve essere il più possibile silenziosa.

Soprattutto - e qui sta l'insidia più grande - l'idea dell'annuncio sembrerebbe quasi supporre che la verità discenda dall'alto già pronta e cucinata, e non sia piuttosto frutto della ricerca, della libera discussione, del nostro spirito insonne. Se si comincia ad ammettere l'annuncio, si finisce o presto o tardi per accettare il concetto di una Rivelazione oggettiva ed esterna.

Allora, se non ad "annunciare", a che cosa sono stati mandati gli apostoli?

Il testo ci dà un chiarimento definitivo: compito degli apostoli è di stimolare il dibattito, di dirigerlo con imparzialità, sicché tutte le opinioni possano liberamente commisurarsi.
La verità, che sta nel cuore e nella mente dell'uomo o più propriamente nel cuore e nella mente dell'" umanità " - troverà la strada per emergere e per affermarsi e potrà venire accolta da tutti non come una tiranna dispotica che ha sempre ragione, ma come una figlia che noi stessi con travaglio abbiamo generato.

Ci avvediamo che questo quinto evangelo assimila il metodo di Gesù a quello di Socrate. Il che ci meraviglia un po', non foss'altro perché i due tipi umani ci sembrano molto diversi. Basti pensare all'entusiasmo con cui il filosofo ateniese - senza timore, senza disgusto, senza tristezza - ha bevuto la sua cicuta.

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