sabato 20 agosto 2011

SUOR GLORIA RIVA DAVANTI A UN DIPINTO DI CHAGALL


L'Adorazione,
l'aspetto più sublime dell'amore

di Gloria Riva
16-08-2011



L'amore di Dio è anche eros e la pienezza dell’eros è l’agape, cioè il desiderio di esserci «esserci per » l'altro.

Sono parole di Benedetto XVI nell’enciclica Deus Caritas est, ma potrebbero stare tranquillamente sulle labbra di un ragazzo dei nostri giorni. Sono parole che la GMG rendono ogni volta urgenti e attuali per il desiderio di amore che questo evento scatena nei giovani. Eppure a queste parole manca qualcosa. Sì, in certo qual modo Benedetto XVI ha dimenticato un aspetto, o meglio ha omesso di parlarne qui in questa enciclica perché è un aspetto ben presente nella vita e nel magistero del Papa: l'amore come adorazione.
In un altro suo testo infatti, quello sulla liturgia, papa Ratzinger, parla dell’adorazione come naturale compimento della comunione.

Esiste un affascinate dipinto di Chagall dove risulta evidente che la pienezza dell'amore sta nell'adorazione. Si tratta di un notturno dove il pittore, ritratto in primo piano con la tavolozza dei colori in mano, pensa a Bella, la sua amata che come fiamma azzurra nel cielo arde davanti al panorama di Parigi addormentata. Sullo sfondo, oltre alla luna, si staglia inequivocabile il profilo di Notre Dame. Il dipinto canta alla donna come ponte di comunione con Dio e all’adorazione come modo di comunione più intenso con l’altro, capace di condurre al mistero del Creatore. Adorare, del resto, trova la sua etimologia nel latino ad - os portare cioè la mano alla bocca e baciare.

L'aspetto più alto, più sublime dell'amore –anche dell'amore puramente umano - è l'adorazione cui l'altro, con il suo mistero di grazia e di bellezza, provoca.

Per questo i giovani hanno la capacità di comprendere e apprezzare l'esperienza dell'adorazione.
Forse per troppo tempo, anche a causa di un culto lautreutico talora esagerato, l'adorazione al Santissimo Sacramento è stata considerata una devozione. In realtà l'adorazione non è affatto una devozione, né può essere paragonata a preghiere pur importanti ed efficaci, come ad esempio la recita del Santo Rosario. L'adorazione è qualcosa di più. L'eucaristia, infatti, pur essendo il Sacramento cardine della Chiesa, finirà, la Messa punto focale dell'esperienza cristiana cesserà, poiché nell'eternità, secondo l'insegnamento delle Scritture, vedremo senza veli ciò che qui celebriamo nel Sacramento. L'adorazione, invece, non finirà, l'adorazione sarà la condizione eterna dei beati.

Nell'eternità noi vivremo adorando. Riportare i giovani al significato ultimo e profondo della propria esistenza coincide con l'avvicinarli al gesto umile e semplice dell'adorazione.
Ricordo una sera drammatica del martedì di Pasqua del 2009 quando la nostra chiesa si trovò gremita di giovani imploranti per la vita di una di loro. La notte del lunedì di Pasqua di quell'anno, infatti, cinque ragazzi avevano avuto un grave incidente stradale e una di loro, Elena, era finita all'ospedale in coma. Un folto gruppo di amici si raccolse attorno al Santissimo Sacramento, tutta la notte, per chiedere la grazia della guarigione. Davanti alla luce che scaturiva dall'eucaristia esposta - anche grazie alla testimonianza di una di noi - compresero che quella luce era la stessa che stava contemplando Elena nel silenzio del suo coma. Noi monache raccogliemmo molte lacrime e lo stupore di chi, per la prima volta forse, nella vita sperimentava un Incontro.

Ecco che cosa realizza l'adorazione: la grazia di un Incontro. Toglie la fede dal devozionismo e dal moralismo e la riconsegna all'esperienza grande di una relazione. I giovani possono capire questo meglio di chiunque altro, i giovani hanno bisogno di sapere che esiste questa straordinaria possibilità per la loro vita, è urgente che qualcuno la comunichi loro: amare è dire all’altro Tu puoi non morire, è consegnarlo alla grazia dell’adorazione eterna.

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