lunedì 16 aprile 2012

PELLEGRINO A MARIAZELL

"Maria si mise in cammino, affrettandosi verso la città sulle montagne della Giudea. Il nome della città era Ain-Karem. Noi ci siamo messi in cammino per incontrarla sulle montagne della Stiria.
Padre Magnus di St. Lambrecht le ha costruito qui una “cella”.
Da più di 800 anni essa accoglie i pellegrini con le loro preghiere e i loro ringraziamenti, qui nel santuario di Mariazell.
I pellegrini giungevano e giungono ancora oggi da molto lontano - con lo scettro o il bastone - e continuano a raccontare se stessi e i loro congiunti alla “Magna Mater Austriae”, alla “Mater gentium Slavorum”, alla “Magna Hungarorum Domina”, affinché li protegga e interceda per loro."
Lo stesso abbiamo fatto noi, chiedendo il miracolo di rinascere, di dare spazio alla realtà dei nostri cuori cambiati, qui e ora, verso nuovi orizzonti.


VIAGGIO APOSTOLICO  DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN AUSTRIA
IN OCCASIONE DELL’850° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL SANTUARIO DI MARIAZELL


Piazza antistante la Basilica di Mariazell Sabato, 8 settembre 2007

Dall’Omelia di Benedetto XVI

Cari fratelli e sorelle,

con il nostro grande pellegrinaggio a Mariazell celebriamo la festa patronale di questo Santuario, la festa della Natività di Maria. Da 850 anni vengono qui persone da vari popoli e nazioni, persone che pregano portando con sé i desideri dei loro cuori e dei loro Paesi, le preoccupazioni e le speranze del loro intimo. Così Mariazell è diventata per l’Austria, e molto al di là delle sue frontiere, un luogo di pace e di unità riconciliata. Qui sperimentiamo la bontà consolatrice della Madre; qui incontriamo Gesù Cristo, nel quale Dio è con noi, come afferma oggi il brano evangelico - Gesù, di cui nella lettura del profeta Michea abbiamo sentito: Egli sarà la pace (cfr 5,4). Oggi ci inseriamo nel grande pellegrinaggio di molti secoli. Facciamo una sosta dalla Madre del Signore e la preghiamo: Mostraci Gesù. Mostra a noi pellegrini Colui che è insieme la via e la meta: la verità e la vita. (…)

Andare in pellegrinaggio significa essere orientati in una certa direzione, camminare verso una meta. Ciò conferisce anche alla via ed alla sua fatica una propria bellezza (…)Lo slancio verso la fede cristiana, l’inizio della Chiesa di Gesù Cristo è stato possibile, perché esistevano in Israele persone con un cuore in ricerca – persone che non si sono accomodate nella consuetudine, ma hanno scrutato lontano alla ricerca di qualcosa di più grande: Zaccaria, Elisabetta, Simeone, Anna, Maria e Giuseppe, i Dodici e molti altri. Poiché il loro cuore era in attesa, essi potevano riconoscere in Gesù Colui che Dio aveva mandato e diventare così l’inizio della sua famiglia universale (…)

Di questo cuore inquieto e aperto abbiamo bisogno. È il nocciolo del pellegrinaggio. Anche oggi non è sufficiente essere e pensare in qualche modo come tutti gli altri. Il progetto della nostra vita va oltre. Noi abbiamo bisogno di Dio, di quel Dio che ci ha mostrato il suo volto ed aperto il suo cuore: Gesù Cristo. (…)  Solo Lui è Dio e perciò solo Lui è il ponte, che veramente mette in contatto immediato Dio e l’uomo. Se noi cristiani dunque lo chiamiamo l’unico Mediatore della salvezza valido per tutti, che interessa tutti e del quale, in definitiva, tutti hanno bisogno, questo non significa affatto disprezzo delle altre religioni né assolutizzazione superba del nostro pensiero, ma solo l’essere conquistati da Colui che ci ha interiormente toccati e colmati di doni, affinché noi potessimo a nostra volta fare doni anche agli altri.

Di fatto, la nostra fede si oppone decisamente alla rassegnazione che considera l’uomo incapace della verità – come se questa fosse troppo grande per lui. Questa rassegnazione di fronte alla verità è, secondo la mia convinzione, il nocciolo della crisi dell’Occidente, dell’Europa. Se per l’uomo non esiste una verità, egli, in fondo, non può neppure distinguere tra il bene e il male. E allora le grandi e meravigliose conoscenze della scienza diventano ambigue: possono aprire prospettive importanti per il bene, per la salvezza dell’uomo, ma anche – e lo vediamo – diventare una terribile minaccia, la distruzione dell’uomo e del mondo.

Noi abbiamo bisogno della verità. Ma certo, a motivo della nostra storia abbiamo paura che la fede nella verità comporti intolleranza. Se questa paura, che ha le sue buone ragioni storiche, ci assale, è tempo di guardare a Gesù come lo vediamo qui nel santuario di Mariazell. Lo vediamo in due immagini: come bambino in braccio alla Madre e, sull’altare principale della basilica, come crocifisso. Queste due immagini della basilica ci dicono: la verità non si afferma mediante un potere esterno, ma è umile e si dona all’uomo solamente mediante il potere interiore del suo essere vera. La verità dimostra se stessa nell’amore. Non è mai nostra proprietà, un nostro prodotto, come anche l’amore non si può produrre, ma solo ricevere e trasmettere come dono. Di questa interiore forza della verità abbiamo bisogno. Di questa forza della verità noi come cristiani ci fidiamo. Di essa siamo testimoni. Dobbiamo trasmetterla in dono nello stesso modo in cui l’abbiamo ricevuta, così come essa si è donata.

“Guardare a Cristo”, è il motto di questo giorno. Questo invito, per l’uomo in ricerca, si trasforma sempre di nuovo in una spontanea richiesta, una richiesta rivolta in particolare a Maria, che ci ha donato Cristo come il Figlio suo: “Mostraci Gesù!”

Preghiamo oggi così con tutto il cuore; preghiamo così anche al di là di questa ora, interiormente alla ricerca del Volto del Redentore. “Mostraci Gesù!”. Maria risponde, presentandoLo a noi innanzitutto come bambino. Dio si è fatto piccolo per noi. Dio non viene con la forza esteriore, ma viene nell’impotenza del suo amore, che costituisce la sua forza. Egli si dà nelle nostre mani. Chiede il nostro amore. Ci invita a diventare anche noi piccoli, a scendere dai nostri alti troni ed imparare ad essere bambini davanti a Dio.

 Egli ci offre il Tu. Ci chiede di fidarci di Lui e di imparare così a stare nella verità e nell’amore. Il bambino Gesù ci ricorda naturalmente anche tutti i bambini del mondo, nei quali vuole venirci incontro. I bambini che vivono nella povertà; che vengono sfruttati come soldati; che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori; i bambini malati e sofferenti, ma anche quelli gioiosi e sani. L’Europa è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore – quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro. (…)

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