martedì 28 agosto 2012

L'TALIETTA DEL CLUB DEI TROMBONI


L'Italia salottiera e intellettuale, a dif­ferenza di quella reale che ha ben al­tri problemi, si sta appassionando e avvitando attorno alla presunta trattativa tra Stato e mafia che sarebbe avvenuta agli inizi degli anni Novanta, quando Cosa no­stra compiva stragi praticamente a giorni alter­ni. Delle indagini su questo presunto misfatto si sarebbe occupato anche il presidente Napolita­no, che ignaro di essere intercettato, pare abbia rassicurato l'ex ministro Mancino, uno dei tanti coinvolti, e indagati, nella vicenda. Apriti cielo.

A differenza di quanto accadde sulle intercetta­zioni illegali di Berlusconi, mezza sinistra si è schierata a difesa del diritto di Napolitano a non essere spiato, mentre il solito clubbino di forca­ioli (Di Pietro, Procure varie, Travaglio e altri) non vede l'ora di mettere Napolitano alla gogna. Sulla vicenda stanno litigando anche dentro il quotidiano La Repubblica: da una parte il fonda­tore Scalfari, che difende il Colle sperando di avere in cambio il seggio di senatore a vita anco­ra vacante, dall'altra tale Zagrebelsky, ex presi­dente della Corte Costituzionale, noto più per le sue comparsate tv da Gad Lerner che per altro.

Ieri, su questa fondamentale questione, è in­tervenuto anche il direttore di La Repubblica, Ezio Mauro, con un articolo di una pagina inte­ra, manco fosse la ricetta risolutiva della crisi economica. Verrebbe da dire chi se ne frega di quello che pensano questi tre vecchi arnesi che si sentono gli dei del Paese quando sono invece retorici tromboni autoreferenziali. È che tra le ri­ghe della lenzuolata di Mauro emerge finalmen­te la verità: dietro questa ridicola sceneggiata non c'è la voglia di capire cosa successe. Anche perché la faccenda è indicibile ma chiara: lo Sta­to giustamente trattò con la mafia- come si fa abi­tualmente con i rapinatori barricati in banca o in caso di sequestri di persona- per bloccare le stra­gi e chi lo fece meriterebbe un encomio (in breve tempo tutti i boss, a partire da Riina, vennero ar­restati, la violenza finì e il carcere duro venne ad­dirittura potenziato). No, a Mauro interessa tira­re dentro nella questione Berlusconi, nonostan­te quattro sentenze abbiano sancito che con la mafia l'ex premier non ha mai avuto a che fare. Hanno paura che ancora una volta il loro dise­gno di portare la sinistra al governo si inceppi sul ritorno in campo di Berlusconi o sulla testardag­gine di Napolitano a insistere coi tecnici.

di Alessandro Sallusti
Tratto da Il Giornale del 25 agosto 2012

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