giovedì 29 novembre 2012

BERSAGLIO SCUOLA CATTOLICA (E NON)


Studenti e docenti scendono in piazza per protestare contro i tagli, ma sanno cosa stanno fronteggiando?

Quelle che vengono presentate come spiacevoli decisioni dovute a contingenze economiche, sono invece l’impalcatura su cui si costruisce il progetto di una scuola asservita alle élite.

Neanche per chi ci lavora e conosce la situazione dall’interno è facile districarsi nella serie di provvedimenti che ruotano intorno alla scuola, e tanto meno capire quale sia il modello verso cui ci stiamo dirigendo. E’ allora possibile provare a farsi un’idea andando a vedere cosa accade nel modello culturalmente dominante in occidente, in Inghilterra, il Paese le cui mode e tendenze prima o poi finiscono per affermarsi in tutto il mondo.

Quello che accade nella scuola inglese è stato efficacemente descritto in un articolo intitolato Niente scuola, siamo inglesi pubblicato il 30 settembre scorso sul Sole 24ORE:

Quello della scuola inglese è un mito da sfatare: solo un certo provincialismo italico ci fa pensare che sia un modello imbattibile e da imitare. Non parliamo qui dei curricula e della didattica, ma del sistema scolastico. L’eccellenza inglese molto probabilmente è migliore dell’eccellenza italiana, perché è una scuola più moderna nei contenuti e più agile nei metodi di apprendimento. Ma nel Regno Unito l’istruzione d’eccellenza è quella privata.

Nella pubblica il livello è così basso che ogni anno si moltiplicano gli appelli e le campagne per la scolarizzazione: un bambino di 11 anni che esce dalla primaria pubblica ha lo stesso livello di preparazione di un bambino di 7/8 anni della privata.

Nell’articolo viene dunque segnalata una crescente separazione tra le classi sociali, viene dipinta una realtà dove la scuola statale è progressivamente svuotata e impoverita mentre le scuole riservate alle classi sociali elevate forniscono alti standard di preparazione che aprono le porte verso gli studi universitari e i posti dirigenziali.

Ma arrivati a questo punto non bisogna far l’errore di pensare che le scuole private inglesi siano come quelle italiane, da noi la scuola privata non è una scuola elitaria, la scuola cattolica in particolare ha le sue radici nell’800, nell’istruzione quasi sempre gratuita offerta a tutte le classi sociali. E ancora oggi la scuola cattolica, che per poter operare necessita del pagamento di una retta, non rappresenta una scuola per le classi elevate più di quanto non lo rappresentino le scuole statali.

Se l’intento è poter seguire il modello inglese, le scuole cattoliche sono quindi un ostacolo, infatti, nonostante la quasi totale mancanza di sostegno statale, le rette richieste consentono la frequenza di tutte classi sociali, e in più le scuole cattoliche hanno a loro sfavore proprio quel così poco “politically correct” appellativo di “cattoliche”.

Ecco allora che parallelamente allo smantellamento della scuola statale si procede a quello delle scuole paritarie (spesso cattoliche). Il meccanismo è semplice, spingerle verso l’insostenibilità economica, in poche parole verso il fallimento. Ovviamente niente che sia così manifesto da sollevare troppe proteste, deve trattarsi di una morte naturale, una fine rispettosa dei canoni darwiniani della selezione naturale.

I punti su cui agire sono semplici: aumentare i costi e diminuire il numero degli iscritti.

Sull’aumento dei costi l’ultima mossa è stata proprio di questi giorni, il riferimento è all’introduzione dell’IMU sulle scuole paritarie, con la risibile eccezione di quelle che richiedono un corrispettivo “simbolico”, come riportato sul Corriere della Sera nell’articolo Le scuole paritarie non pagheranno l’Imu solo se la retta è simbolica.

Peccato che spese e stipendi non siano simbolici.

Sul versante della riduzione degli iscritti la crisi economica voluta dai banchieri della BCE sta già dando i suoi frutti inducendo alcune famiglie a tagliare i bilanci, ma un ulteriore “aiuto” può certamente giungere dall’inserimento delle rette nel redditometro, e c’è da stare certi che ci sarà chi, comprensibilmente, non lo gradirà.

Ma l’operazione viene completata deformando la realtà e dipingendo appunto le scuole paritarie come scuole per ricchi largamente sovvenzionate dallo Stato, anziché come scuole sussidiarie che con la loro presenza fanno risparmiare allo Stato centinaia di milioni di euro. E a dirlo deve essere una deputata del PD per “giustificare” davanti ai propri elettori il perché di un parziale finanziamento di 223 milioni alle scuole paritarie:

A festeggiare è, in particolar modo, la presentatrice della proposta Simonetta Rubinato (che ha un doppio incarico: sindaco di Roncade e deputata) del Pd:

«I relatori hanno accolto il mio suggerimento di far escludere questa somma dal patto di stabilità, trovando copertura nel fondo per la compensazione degli effetti finanziari, rendendola così effettivamente erogabile. E il governo è stato battuto. Una battaglia vinta a favore delle famiglie e in particolare della rete delle scuole paritarie che fa risparmiare allo Stato ogni anno, solo in Veneto, 500 milioni di euro».


Ecco dunque la verità, con le scuole paritarie lo Stato risparmia cifre ingenti e il loro sostegno sarebbe un’operazione molto vantaggiosa per le finanze, un sostegno che potrebbe essere fatto di esenzione IMU, di esclusione dal redditometro e di detrazione almeno parziale delle rette versate, fatto di cui si gioverebbero le famiglie, non le scuole.

Invece in questi giorni vengono additate le scuole paritarie come origine dei problemi per la scuola statale, e così con provvedimenti penalizzanti si potrà giungere in tempi relativamente brevi alla chiusura delle realtà più fragili. Potranno invece resistere solo le scuole dove va chi può spendere cifre rilevanti, sarà allora che la scuola paritaria per ricchi, quella che adesso è un’eccezione, sarà realizzata.

Anche noi potremo allora avere scuole private per le élite, scuole da 40.000 euro l’anno:

Ecco un altro grappolo di numeri che fanno riflettere: negli ultimi tre anni cinque super scuole da sole hanno mandato a Oxbridge (Oxford e Cambridge) più studenti che altri 2.000 istituti meno blasonati tutti messi insieme. Di queste cinque super scuole, quattro sono private (Eton, St Paul’s, Westminster e St Paul’s Girls). La retta di Eton (che è la boarding school più esclusiva del Regno) è sulle 35mila sterline l’anno, 40mila euro. Le altre sono day school di Londra, con tasse scolastiche variabili dalle 19mila alle 25mila sterline annue (da 23 mila a 30 mila); sport, musica e attività extracurriculari esclusi.

Una definizione di “Guerra” di Sun tsu, del V secolo a.C. è quella che la identifica con l’inganno:

Sun-tzu intuì che ingannando l’avversario sulle vere intenzioni, sui piani, sulle forze e sulle proprie manovre lo si induce a prendere decisioni sbagliate e quindi a essere sconfitto da se stesso.

Gen. F. Mini – Perché siamo così ipocriti sulla guerra?

Speriamo che la protesta non prenda direzioni sbagliate, che non porti la scuola verso il punto prefissato da altri, da chi non vuole che assolva alla sua funzione.

Tratto da Libertà e Persona il 27-11-2012

LA STORIA DI SAVITA HALAPPANAVAR



UNA MORTE SFRUTTATA DAI PROGRESSISTI PER IL LORO GIOCO
di John Waters
Tratto da Il Sussidiario.net il 27 novembre 2012

Ha fatto il giro del mondo la storia di Savita Halappanavar, una giovane donna morta tre settimane fa in un ospedale irlandese.

Questa tragica storia è stata unita a una interpretazione ideologica di quanto è avvenuto: la sua morte è responsabilità di un Paese ossessionato da sottigliezze teologiche e da concezioni sorpassate.

 

Ecco i fatti. Il 21 ottobre, incinta di 17 settimane, Savita Halappanavar si è presentata con dolori di schiena all’ospedale dell’Università di Galway, dove le è stata diagnosticata una gravidanza in pericolo. Una settimana dopo è morta per setticemia. Il marito ha dichiarato che la moglie aveva più volte chiesto che la gravidanza fosse interrotta, ma che la sua richiesta era stata rifiutata. Il signor Halappanavar sostiene che i medici hanno detto di non poter eseguire l’aborto, perché era ancora percettibile il battito cardiaco del feto. Hanno poi aggiunto che questa era la legge in Irlanda e che “questo è un Paese cattolico”.

Nel leggere questi commenti, la mia prima reazione è stata che non mi riconoscevo nel Paese e nella legge che stavano descrivendo, perché l’Irlanda è uno dei Paesi più sicuri per partorire. In un certo senso, l’Irlanda rimane un “Paese cattolico”, ma ciò non significa che i medici se ne stanno lì a guardare mentre le donne muoiono. Ed è ridicola l’idea che la sanità irlandese operi secondo i dettami della Chiesa cattolica, se solo si tenesse conto dei cambiamenti avvenuti nella mentalità irlandese negli ultimi tempi.

Mi chiedo allora quale sia il contesto in cui quella frase è stata detta. E’ stata una frase di copertura per il rifiuto a intervenire, o la giustificazione per un mancato intervento, o il riflesso di una posizione più complessa?

Sembra che ci vorranno tre mesi per il rapporto ufficiale e quindi prima di sapere qualcosa di concreto su ciò che è realmente accaduto a Savita. Forse a qualcuno è mancato il coraggio di prendere una decisione e poi è stato troppo tardi. Può darsi che non si sia capito quanto fosse grave la sua situazione e si sia data troppa attenzione al battito del feto e poca alla situazione di Savita che stava progressivamente aggravandosi. In verità, non si sa. Tutto quello che si sa è che la donna è morta e che qualcuno vicino a lei ha detto quella frase: “Questo è un Paese cattolico”.

In effetti, la legge irlandese proibisce l’aborto, ma è ciò che chiede la maggioranza degli irlandesi, anche se è vero che in questo è stata forte l’influenza cattolica. Ma la Chiesa consente l’interruzione della gravidanza quando la vita della madre è in pericolo, senza pretendere che il battito del feto sia cessato. Questa è più o meno anche la legge in vigore in Irlanda, ma la decisione finale è nelle mani del medico che deve valutare il singolo caso, superando la miriade di zone grigie che si presentano nella grande varietà dei casi concreti.

I PADRONI DEL FUTURO ELARGISCONO VALORI


Il Vescovo di San Marino-Montefeltro approva questo articolo e lo propone al suo popolo come punto importante di riflessione in un momento così grave per la vita della società
“La Chiesa è intransigente sui princìpi perché crede, è tollerante nella pratica, perché ama. I nemici della Chiesa sono invece tolleranti sui princìpi, perché non credono, ma intransigenti nella pratica, perché non amano”.
(Reginald Garrigou-Lagrange)

I genitori incestuosi potranno riconoscere i propri figli. Evviva? No.
Cito alcuni commenti sul decreto appena approvato e intanto chi legge rifletta.
Giulia Bongiorno: “Abbiamo finalmente raggiunto un risultato storico in materia di diritti civili, archiviando norme odiose fondate su un anacronistico senso della morale”.
Rosy Bindi (soi-disant cattolica): “Una legge di civiltà”.
Donatella Ferranti, del Pd: “E’una giornata importantissima per i diritti degli italiani”.
E’ “civiltà” sdoganare l’incesto? Fin qui ci siam tutti sbagliati per un “anacronistico senso della morale”? Che un figlio si unisca sessualmente con sua madre, o fratello e sorella, un padre con la figlia, nonno e nipote… Che i desideri diventino legge. Anche un passo alla volta va bene, anche un solo scalino. Ecco fatto. Un altro scalino del baratro (ma non doveva essere, questo, un governo ‘tecnico’?!)
“Giornata importantissima per i diritti degli italiani!”, e giù un applauso alla Camera, neanche fossero al circo. Diritti di chi?
Che gli adulti si sbrachino: sfoghino liberamente gli istinti più biechi: ora ci pensa la legge a mettere pezze, a dire “si può”.
E i bambini?
I bambini, ancora, solo pedine nelle mani dei grandi. Li spostano sulla scacchiera, a piacimento, il re Consenso e la regina Modernità (“civiltà” no, per favore. Un po’ di decenza se non nella vita, almeno nell’uso delle parole!). Le pedine non contano, si sa. Fanno da scudo.
Compatto, il Pd, ieri ha votato la legge. I commenti sul Web raccontavano, tronfi, l’orgoglio per la vittoria (?).
E i cattolici del Pd, che han votato all’unisono? Neppure di fronte all’ignominia dell’incesto han saputo dire di no. Vietato vietare. Questo lo slogan del mondo? E così sia.
Ecco Augusto Del Noce, preveggente (era il 1987!), nell’articolo “I padroni del futuro elargiscono valori”: “Di collaborazione su ‘valori comuni’ tra cattolici e laici si può parlare solo nell’orizzonte di quella che è stata giustamente definita la ‘ragione strumentale’ dove gli accordi non suppongono un giudizio morale, oltre la strumentalità della coesistenza… ma la politica si riduce a questo? O non ha di mira qualcosa che va oltre, la formazione di una coerente personalità umana? Non soltanto l’amministrazione del presente, di ciò che è, ma la preparazione del futuro, di quello che dovrebbe essere?”.
In gioco – è vero – c’è il futuro dell’uomo, la cultura nel senso più nobile, e la responsabilità dei cattolici è più grande di quella degli altri. Perché? Perché sappiamo (dovremmo!) di essere stati chiamati per nome, collaboratori nella costruzione del Regno. Ci verrà chiesto conto.
A volte, anzi spesso, dimentichiamo una cosa. Il paradiso in terra non è il Luna park!


Fonte: CulturaCattolica.it

UNA POLITICA NUOVA?


Perché Renzi è il liquidatore di Berlusconi e Bersani
di Mario Sechi tratto da “iltempo”
Quando Silvio Berlusconi dice che il Pd con Matteo Renzi può diventare «un partito socialdemocratico» non è lontano dalla realtà ma, come spesso gli capita, non la racconta tutta perché il sindaco di Firenze è l’avversario che non vorrebbe mai avere davanti. Renzi ha qualità che annullano le possibilità di Silvio di scendere in campo e di Bersani di governare a lungo. Vediamole.
1. Renzi è giovane. Nessun nonno, per quanto Cavaliere, vince la sfida con il nipote, in questo l’anagrafe è un dato micidiale perché si sposa con parole (e immagini) come energia, vitalità, novità, freschezza, contemporaneità, avvenire. Matteo è una storia che comincia, gli altri sono i titoli di coda di un film già visto;
2. Renzi è oggi e domani. E questo rievoca l’eterna disputa tra «gli antichi e i moderni», tra il passato e il futuro, tra quello che c’è oggi e ci sarà domani e quello che c’è stato e non ci sarà più. Nessuno affida il suo destino sospirando «ai bei tempi andati». La politica in questo è inesorabile: non si fa con il passato;
3. Renzi è un rottamatore. La sua opera è quella di un picconatore della nomenklatura postcomunista. Viene dalla cultura cattolica, non è mai stato un compagno ma al limite un «televisionaro» e dunque a suo agio nel linguaggio contemporaneo fatto di pixel e non di testo, di immagine e non di pagine, di scompaginato visionario e non impaginato preordinato;
4. Renzi è un leader nascente. Esattamente il contrario di un leader calante (scegliete voi quale), e dunque ha il virus contagioso dell’entusiasmo, la costruzione al posto della distruzione, la narrazione e non la pedante elencazione, la fantasia al posto della ragioneria, l’estro senza il maldestro;
5. Renzi è il destro a sinistra.Milita in un partito da pubblicità progresso ma non ha nessuno dei tic, dei vezzi e degli schiamazzi del progressismo rococò. Non adora il totem della Cgil, la dice giusta sul lavoro, ha una famiglia che mostra in pubblico ma senza esibizione, fa l’americano ma ci crede solo un po’, è più Pieraccioni che Obama, è calcetto e non baseball.

Per queste semplici ragioni Berlusconi non può fare il tifo per Renzi. È il tasto «reset» del computer. Cancella tutto. E tutti. Con lui si rischia di entrare nel Ventunesimo Secolo. E per questo gli elettori del Pdl lo voterebbero. Renzi è l’Altro. Tutto questo, ovviamente, non basta a fare di lui un leader, l’uomo e lo statista devono farsi (e anche un po’ disfarsi), ma certamente Renzi è quello che né Berlusconi né Bersani possono più essere perché sono un altro mondo che già non c’è più. Destino di un Renzi: il Cavaliere lo elogia per esorcizzarlo, il segretario lo imbriglia per fermarlo, il centrodestra lo desidera senza averlo. Per ora.

VENDETTE E GIUSTIZIA


Che ridere! Botte tra i pm

È meraviglioso vedere, sedu­to dal divano di casa mia dove mi han­no relegato, i magistrati litigare come matti sul mio arresto. Eccola la no­stra magistratura mostrare il vero volto

Che ridere. È meraviglioso vedere, sedu­to dal divano di casa mia dove mi han­no relegato, i magistrati litigare come matti sul mio arresto. Una scena esila­rante che mi compensa ampiamente dei torti subi­ti.

Il povero procuratore di Milano, Bruti Liberati (che Dio lo abbia in gloria) pur di non mandarmi in galera l’altro ieri aveva chiesto per me gli arresti domiciliari assecondando le indicazioni del presi­dente comunista Giorgio Napolitano, del pre­mier Monti e del ministro della Giustizia Paola Se­verino, quella che passa le giornate in dotti conve­gni invece di mandare una ispezione ai giudici che hanno firmato la mia assurda condanna fon­data su motivazioni false.

I tre signori, invece di fa­re un decreto per riformare la legge (come avreb­bero potuto), volevano così evitare la vergogna mondiale del giornalista innocente al gabbio, pen­savano di chiudere la questione, complice Bruti Liberati, con i domiciliari, condendo per di più la cosa con la balla della reggia di casa Santanchè al­la quale potevano abboccare solo due gazzettieri amici delle Procure, come Poletti, della Stampa e Travaglio de il Fatto , entrambi cretini col botto.

Bene, io che non sono un giurista, già ieri avevo scritto che la decisione era illegale: non ho i requi­siti per andare ai domiciliari, e se si sostiene l’inver­so allor­a domani mattina migliaia di detenuti nel­le mie condizioni devono lasciare il carcere e tor­nare a casa, perché la giustizia o è uguale per tutti o non lo è.

Non ho i requisiti perché la sentenza su di me è roba da pazzi (delinquente abituale, socialmente pericoloso) e non lascia spazi di manovra in quan­to ho rifiutato compromessi ( servizi sociali riedu­cativi o cose simili). I giudici che l’hanno scritta hanno osato l’inosabile perché nella loro immen­sa arroganza pensavano di avere a che fare con un punching-ball. Le prende ingiustamente e poi si inchina. Illusi. Inchinatevi voi,quando avrete fini­to di litigare.

Già, perché ieri è scoppiata la rivolta contro Bru­ti Liberati. Prima gli avvocati di Milano («liberate dal carcere tutti i nostri clienti che si trovano nelle condi­zioni di Sallusti ») poi quella, senza precedenti, dei pm di Milano che hanno minaccia­to di mandare sul tavolo del loro capo migliaia di fascico­li di persone che andrebbe­ro arrestate ma che, seguen­do la logica applicata a me, andrebbero lasciate ai domi­ciliari. In realtà a loro di quel­le persone e della giustizia non interessa nulla. È solo una guerra interna tra cor­renti e personaggi frustrati in cerca di vendette per car­riere mancate.

Eccola la no­stra magistratura mostrare il vero volto. Ed è davvero un brutto volto. Povero il giudi­ce di sorveglianza che oggi o domani dovrà sentenziare definitivamente se confer­mare i domiciliari oppure di­rottarmi in cella. Scommet­to che se ne inventerà di tut­te pur di non decidere in que­sto clima di odio e veleni e rinviare più in là possibile: il dentista, il saggio di fine an­no della figlia, un terribile mal di pancia. Perché schie­rarsi oggi, in assenza di ordi­ni politici altolocati, vuol di­re giocarsi la carriera. Che conta più della giustizia, del mio diritto di sapere una pe­na certa, di comportarsi col direttore de il Giornale allo stesso modo di quanto si sa­rebbe fatto con un anonimo cittadino. Napolitano, Mon­ti e Severino, guardate e ver­gognatevi.

 A. SALLUSTI da ilgiornale 28 nov

martedì 27 novembre 2012

QUI E ORA

QUARERE DEUM
 
"In base alla storia degli effetti del monachesimo possiamo dire che, nel grande sconvolgimento culturale prodotto dalla migrazione di popoli e dai nuovi ordini statali che stavano formandosi, i monasteri erano i luoghi in cui sopravvivevano i tesori della vecchia cultura e dove, in riferimento ad essi, veniva formata passo passo una nuova cultura.
Ma come avveniva questo? Quale era la motivazione delle persone che in questi luoghi si riunivano? Che intenzioni avevano? Come hanno vissuto?
 Innanzitutto e per prima cosa si deve dire, con molto realismo, che non era loro intenzione di creare una cultura e nemmeno di conservare una cultura del passato.
La loro motivazione era molto più elementare.
Il loro obiettivo era: quaerere Deum, cercare Dio.
Nella confusione dei tempi in cui niente sembrava resistere, essi volevano fare la cosa essenziale: impegnarsi per trovare ciò che vale e permane sempre, trovare la Vita stessa. Erano alla ricerca di Dio.
Dalle cose secondarie volevano passare a quelle essenziali, a ciò che, solo, è veramente importante e affidabile. Si dice che erano orientati in modo “escatologico”.
BENEDETTO XVI: College des Bernardins, Parigi, 12 settembre 2008

VENDOLA IL CATTIVO PERDENTE


Nichi e quella fragile narrazione di fronte a una sonora sconfitta


Va bene che si era abituato a vincere le primarie contro i dalemiani in Puglia, va bene che di sé diceva “ho sempre perso nei sondaggi ma non nelle urne”, ma quando uno ha perso – e Nichi Vendola, a questo giro, ha perso – farebbe bene a dirlo, tantopiù che persino in Puglia non è arrivato primo (37,3 per cento contro il 39,3 di Pier Luigi Bersani). Invece no. Invece Vendola, tra domenica e lunedì, a ballottaggio Bersani-Renzi ormai sicuro, ha dato prima di tutto agli altri la colpa della sua sconfitta: ho combattuto a mani nude contro due giganti, ha detto, sono vittima dei mass media, rei di “manipolazione maliziosa, voluta, programmata e scientifica”, con il Tg1 eletto a bestia nera e definito “piccolo esempio di giornalismo ignobile” che fa “vergognosa informazione”, trattando le primarie “come fossero il congresso del Pd” (e pazienza se lui, Vendola, ha sempre giocato con i mass media che rilanciavano le sue poesie e le sue cosiddette “narrazioni”). Non si è neanche lontanamente autocriticato, Vendola, quando è comparso a tarda sera a commentare il voto, scortato da due soldati muti (i suoi principali collaboratori): neanche una parola pensierosa sul fallimento dell’affabulatore sempre fuori dal Partito democratico ma non dalle alleanze, e sempre attento a non scendere dal treno.

E’ pauperista e scandalizzato, Vendola (gli altri hanno “i jet privati”, diceva), ma non così tanto da non restare in coalizione, seppure brandendo a giorni alterni il suo “vade retro” a Pier Ferdinando Casini. Non ha detto che un giorno andrà nel Pd, come qualcuno gli consigliava, non ha detto che andrà da solo, ma non ha smesso di dire “voglio questo e voglio quello”, lanciando diktat ai vincitori cui intanto faceva “vivi complimenti” (prendendo però la rincorsa per l’attacco risentito): “I miei voti dovrai guadagnarteli”, ha detto a Bersani in una “lettera virtuale”, prova a “convincere i miei elettori”, voglio “profumo di sinistra” sennò “liberi tutti”, non farò “trattative”, “farò una conferenza stampa” chiarendo “l’orientamento” (il tutto mentre Bersani parlava di “convergenze” con lui). Di sicuro “non combatto per te”, ha detto poi a Renzi (ribadendo l’ovvio).

Si era dato il venti per cento come confine del successo, Vendola, ma quel suo quindici per cento – un flop per chi, come lui, assicurava la “sorpresa” nei gazebo e cantava la palingenesi via primarie della sinistra “sparpagliata e incazzata” – non è stato di ostacolo all’ennesima auto-narrazione (di una realtà sottosopra, stavolta): le regioni rosse che si “incendiano” per Renzi e Bersani solo perché tutto è stato presentato come “polarizzazione penalizzante”, e non perché a molti elettori del centrosinistra, magari, non piacciono i paletti vendoliani alle politiche di centro o, al contrario, non piace il Vendola “governativo” che non salta un giro, per dirla con Fausto Bertinotti (critico, da sinistra, verso la linea di Sel). Ma niente: Vendola, dopo la sconfitta, lungi dal fare un passo indietro, ha detto “ascolteremo con puntigliosa attenzione”, alzando il dito come il professore a scuola, giusto per ricordare a Bersani che fa differenza non dire espressamente “votiamo per te”. E però la realtà lo assale: consensi che se ne vanno in direzione Fiom, sindaci “arancioni” in concorrenza (nonostante l’endorsement di Giuliano Pisapia, e con Luigi De Magistris che dice “da Vendola mi aspettavo di più”) e persino una parte dei voti “anti status quo” che si dirige su Matteo Renzi (invece che su di lui).



il foglio 27 novembre 2012

 

LA TUNICA DI GESU'


Una reliquia forse tessuta dalla Madonna


Tutti conoscono la Sacra Sindone. Meno nota è un’altra reliquia riguardante un capo di vestiario appartenuto a Nostro Signore: la Tunica – quella in un pezzo solo, non cucita, che i soldati si giocarono a dadi – e che è attualmente conservata nella Chiesa di Saint-Denys di Argentuil (a dieci chilometri da Parigi).

La storia della Tunica è di grande interesse e padre Leroy la ricostruisce in questo saggio che, per l’impaginazione e le tantissime fotografie, ha l’aspetto di una vera e propria guida ad una reliquia poco nota. Esiste, va ricordato, anche un’altra Tunica, conservata a Treviri: ma non si tratta di un “falso”, bensì di una seconda tunica che Gesù indossò recandosi al Golgota: quest’ultima fu indossata sopra l’altra: infatti la Tunica di Argentuil presenta una serie di macchie ematiche che non sono presenti su quella di Treviri. E a proposito delle macchie, una delle prove scientifiche della sua autenticità è data da due importanti fattori: la maggior parte delle tracce di sangue corrisponde a quelle trovate sulla Sindone (e non è un caso che sulla spalla sinistra, dove pesò il legno della croce durante il tragitto, siano presenti in maggior quantità) e inoltre il gruppo sanguigno è lo stesso che si riscontra sul Lino torinese.

Numerose sono le attestazioni storiche che ricordano le vicende della Tunica, che fu donata a Carlo Magno dall’Imperatrice di Bisanzio Irene; il primo Imperatore del Sacro Romano Impero a sua volta la donò al monastero di Notre Dame d’Humilité, dove sua figlia era badessa. Menzionata da vari scrittori (almeno due secoli prima che si iniziasse a parlare della Sindone), la reliquia rischiò di essere distrutta durante la Rivoluzione Francese: il parroco fu costretto a tagliarla per nasconderne i vari pezzi, i più grandi sottoterra, i più piccoli affidandoli ad alcuni parrocchiani fidati. Purtroppo, dopo i massacri della Rivoluzione, non fu possibile rintracciare tutti i pezzi e ciò spiega l’attuale precario stato di conservazione.

Gli immancabili esperimenti al carbonio 14 hanno dato i soliti risultati, contradditori e insoddisfacenti. Più seria l’analisi del tipo di tessuto, delle spore presenti sulla tela (le stesse riscontrate sulla Sindone), l’analisi del Dna (che ha accertato l’origine medio-orientale, ma non araba, del sangue, peraltro identico non solo a quello della Sindone, ma anche del Miracolo eucaristico di Lanciano). E un’ultima, toccante notazione: la Tunica, tessuta in lana con una tecnica ormai superata nel Medioevo (altro elemento che rende impossibile la datazione del reperto a quel periodo), potrebbe essere stata realizzata in casa, come era costume presso gli Ebrei, da una donna. In altre parole, i suoi fili potrebbero essere stati, con tutta probabilità, filati al fuso e quindi intrecciati al telaio dalle mani della Madonna.

 jean-Charles Leroy - Cantagalli, Siena 2011


(RC n. 78 - Ottobre 2012)

venerdì 23 novembre 2012

TRAVASO DI BILE A REPUBBLICA


Europarlamento sì all'antiabortista Borg
quale nuovo commissario Ue alla salute

L'ex ministro maltese prenderà il posto di John Dalli, dimesso per un caso di presunta corruzione. La scelta, contestata da molte associazioni, ha diviso l'assemblea plenaria. Così si era difeso durante l'audizione: "Le mie opinioni personali non incideranno sul mio operato"

di LAURA MARGOTTINI

Tonio Borg, ex ministro degli Esteri di Malta e designato a ricoprire l'incarico di commissario Ue alla salute

STRASBURGO - Il Parlamento europeo in seduta plenaria ha approvato la nomina del maltese Tonio Borg a Commissario europeo per la salute. La nomina di Borg, contestata da diverse associazioni (fra cui Amnesty International) per le sue posizioni antiabortiste, ha spaccato l'assemblea: nel voto a scrutinio segreto, i sì sono stati 386, i no 281 e le astensioni 28 astensioni. Tonio Borg prenderà il posto di John Dalli, dimesso dopo un caso di presunta concussione legato all'industria del tabacco. La Commissione europea ha fatto sapere che Borg si insedierà subito nella carica.

Non è bastato dunque il voto contrario del gruppo dei Socialisti e democratici che avrebbe dovuto fare da ago della bilancia per l'elezione di Borg, un ultracattolico convinto che non scende a compromessi quando si tratta di aborto o diritti dei gay. Non tutti, però, all'interno della delegazione italiana dei socialisti e Democratici, erano contrari. Vittorio Prodi, membro della Commissione UE all'Ambiente, Salute ed Alimenti, ha assistito all'audizione parlamentare di Borg il 13 novembre scorso, durante la quale l'ex ministro maltese aveva assicurato che le sue posizioni personali non interferiranno con la sua missione a Bruxelles.

"Può avere avuto le sue posizioni - ha spiegato Prodi alla vigilia del voto - , ma ha detto che farà l'interesse dell'UE secondo i regolamenti dell'Unione stessa. Ha preparato molto bene l'audizione, vuol dire che ha deferenza per il Parlamento". Di tutt'altra opinione l'europarlamentare


L’olandese Sophia In' t Veld, del gruppo ALDE: "L'Ue è un'istituzione politica, non tecnica. Un Commissario dell'Unione non deve solo sbrigare pratiche amministrative, ma confrontarsi con temi etici e politici. Quindi non è logico pensare che le sue posizioni personali non conteranno". E' come dire, ha concluso l'eurodeputata, che non fa differenza se il Commissario al Mercato interno è un comunista o un liberale.

Il no delle associazioni - Una levata di scudi contro la scelta di Tonio Borg era arrivata dalle organizzazioni per i diritti riproduttivi, prima fra tutte International Planned Parenthood Federation (IPPF) presente in 172 nazioni, che con i suoi programmi di sostegno e prevenzione, ogni hanno salva milioni di donne dalla barbarie degli aborti clandestini. "Nonostante gli impegni assunti nel corso dell'audizione, resta per noi una forte obiezione," ha detto Irene Donadio, portavoce di IPPF. "Il curriculum politico di Borg dimostra che le sue opinioni personali hanno una forte influenza sulle sue azioni politiche, nonostante le rassicurazioni del contrario".

L'audizione di Borg in parlamento - Il 13 novembre Borg ha dovuto rendere conto all'UE non solo del programma politico che intende realizzare - come ad esempio far approvare al più presto la nuova direttiva anti-tabacco e rendere effettivo lo stop ai test sugli animali per i cosmetici dal 2013 - ma anche delle sue idee contro l'aborto e sui diritti dei gay, nonché della sua politica di "deportazione", come venne denunciata da Amnesty International, di immigrati eritrei quando era ministro degli Interni a Malta, nel 2002. Sul piano politico, la sua audizione a Bruxelles è stata giudicata brillante ed ha evidentemente convinto, nonostante i dubbi sul suo passato politico. 

Sostenitore del divieto d'aborto - Nel corso dell'audizione, alcuni parlamentari di sinistra hanno sollevato questioni scottanti, ricordando come Borg, nel 2005, da ministro dell'Interno, abbia tentato di far inserire il divieto di aborto nella Costituzione maltese. Caso unico in Europa insieme allo Stato Vaticano, l'interruzione di gravidanza a Malta non è consentita nemmeno in caso di rischio di vita per la madre, come invece è permesso in altri paesi europei anti abortisti - come ad esempio la Repubblica di San Marino, Il Principato di Monaco, Andorra e Irlanda - che però lo proibiscono in caso di stupro.

Borg è stato interrogato anche su una proposta di legge del 2010, poi bocciata, che voleva proibire alle donne incinta di lasciare il Paese per abortire all'estero. "Le leggi sulla interruzione volontaria di gravidanza sono di competenza del diritto nazionale," ha risposto Borg all'europarlamento. "Quindi io rispetterò il diritto degli Stati membri e il principio di sussidiarietà. Queste non sono materie di competenza della Commissione e dell'Unione". Borg ha aggiunto che si limiterà a seguire alla lettera tutte le direttive e i trattati della UE e che le sue visioni personali non interferiranno con il suo ruolo di Commissario alla Salute.

Diritti degli omosessuali - Sempre in sede di audizione, Linda MacAvan della delegazione socialista-democratica britannica ha incalzato Borg per aver messo in discussione a suo tempo, a Malta, la legge europea che autorizza la libera circolazione delle persone negli stati membri, sostenendo che questa non si dovrebbe applicare ai gay. Ha anche ricordato come Borg in passato abbia risposto con sdegno a una proposta dell'opposizione nazionale di estendere alcuni diritti alla casa di cui usufruiscono le famiglie eterosessuali anche alle coppie gay. Borg si è difeso sostenendo di non aver pronunciato le parole per le quali è stato da più parti accusato - "Ora dovremmo sopportare anche gay?" - e che anzi ha appoggiato proposte a favore della regolamentazione dei rapporti delle coppie omosessuali. Un video che circola in rete, mostra però Borg pronunciare parole simili a quelle di cui viene accusato, contrariamente a quanto da lui affermato di fronte al Parlamento Europeo.

Ricerca e staminali - Borg ha chiarito che le sue idee non interferiranno nemmeno con la politica europea sulla ricerca sulle staminali embrionali e Aids. Elena Cattaneo, biotecnologa dell'Università degli Studi di Milano, ricorda che l'Europa ha aperto la strada a progetti di ricerca sulle staminali dal 2003. A oggi ha ottenuto moltissimi risultati sia per le staminali adulte che embrionali, e non solo a livello di ricerca di base. Diverse sperimentazioni cliniche, in particolare su malattie come la degenerazione maculare retinica e il diabete sono infatti in corso proprio in Europa. "Si tratta di attività fortemente etiche e di strade che in Europa non possiamo abbandonare," ha commentato Cattaneo dopo l'elezione di Borg.

WE THANK YOU, O LORD


Dear Friends,

We wish you a very Happy Thanksgiving!

In celebration of this beautiful holiday, we would like to share with you the following Thanksgiving Day blessing and litany that you might like to pray with your family and loved ones.

 Most merciful Father,
your gifts of love are countless
and your goodness infinite.
On this Thanksgiving Day we come before you
with gratitude for your kindness:
open our hearts to concern for others
so that we may share your gifts
of loving service with all your people.
We ask this through our Lord Jesus Christ, your Son,
who lives and reigns with you and the Holy Spirit,
one God, for ever and ever.

 
Litany of Thanksgiving
Response: We thank you, O Lord.

This is a day to thank God for all his many blessings in our lives. With gratitude we now say:

For the love of God, for faith, family, and friends: R/

For joys, successes, achievements, and accomplishments: R/

For health, safety, work, and rest: R/

For struggles, sorrows, trials, and sufferings: R/

For our jobs, for those who support us, for our education, and for the chance to serve: R/

For our gifts, talents, and abilities, for honors, for strength and energy: R/

For our homes, for food, warmth, and shelter, for all the things that have made us happy: R/

For our hobbies and pets, for happy memories, for our favorite things, for leisure and relaxation: R/

For our nation, for freedom and peace, for teachers, leaders, and those who give us good example: R/

For the ability to say "I'm sorry," for the grace of repentance, for the forgiveness of others, for the generosity of others: R/

For good advice, for financial security, for the trust others put in us, for tenderness, understanding, and compassion: R/

For kindness, goodness, joy, and laughter, for the times we have helped others or made them happy: R/

For all the wonders of creation, for beauty, music, sports, and art, for new opportunities and second chances: R/

For failures and rejection, for all the ways we have grown up and become better people: R/

Glory be to the Father, and to the Son,

and to the Holy Spirit, as it was in the beginning,

is now, and will be for ever.

Amen.*  

 
*Adapted from "A Thanksgiving Day Grace"
in Blessing Prayers: Devotions for Growing in Faith
by Fr. Peter John Cameron, o.p.