sabato 1 dicembre 2012

SCRIVERE LA VERITA' PERCHE' LA PAROLA VIVA

UNA GIORNATA DI IVAN DENISOVIC
 
Nel novembre del 1962, 50 anni fa, in Russia veniva pubblicata la prima opera dell’allora sconosciuto professore Aleksandr Solzenicyn, che fece scoprire a tutto il mondo la realtà dei lager stalinisti.
di Leone Grotti
Tratto da Tempi del 27 novembre 2012
«Mi dia quella rivista… sa, quella dov’è scritta tutta la verità». Con queste parole nel novembre del 1962, esattamente 50 anni fa, un vecchietto un po’ confuso si recava in un’edicola russa per comprare il fenomeno editoriale del momento. L’edicolante capì subito che si stava riferendo alla rivista sovietica Novyj Mir, che aveva appena pubblicato il lungo racconto di uno sconosciuto insegnante di provincia. Il titolo dello scritto era Una giornata di Ivan Denisovic, l’autore era Aleksandr Solzenicyn.
VIVERE DA UOMINI NEL GULAG. L’opera prima dell’autore che fece scoprire al mondo intero la realtà dei gulag comunisti ebbe l’effetto di un detonatore. Il libro racconta infatti con stile semplice, senza enfasi, senza commenti, senza condanne, una qualunque giornata di un detenuto qualsiasi all’interno di uno dei tanti campi di concentramento stalinisti sparsi per la Siberia. Solzenicyn racconta con freddezza le “gesta” di Ivan, che cerca, come tutti gli altri 364 giorni dell’anno, di non morire di fame o di freddo e di restare un uomo.
«DOVE LEGGERE UN LIBRO CHE PARLI DI NOI?». Solzenicyn, che è poi diventato famoso per Arcipelago Gulag, è stato rinchiuso in un lager dal 1945 al 1953 per una lettera inviata a un suo commilitone in cui criticava la conduzione della guerra di Stalin. Sapeva bene, dunque, che cosa significava appoggiarsi sulla propria anima, sulla forza del proprio io, per non essere disumanizzato dalle leggi del campo di concentramento. Tutti conoscevano la realtà dei gulag in Russia ma nessuno osava parlarne pubblicamente. Per questo Una giornata di Ivan Denisovic risponde perfettamente alla domanda che in un altro libro di Solzenicyn, Reparto C, una donna passata per i lager chiedeva: «Dove leggere un libro che parli di noi, di noi? Tra cent’anni?».
LA RISCOPERTA DELLA VERITÀ. Come scrive Marta Dell’Asta su Avvenire, «Solzenicyn compì un miracolo straordinario: fece sì che in un paese, in una cultura, dove tutto era ideologia, alla parola tornasse a corrispondere il suo senso diretto, reale. Senza più interpretazioni, sovrapposizione e censure. Alcuni anni più tardi, alcuni ragazzi avrebbero trovato una formula molto espressiva che spiegava l’efficacia di ciò che aveva compiuto Solzenicyn in letteratura: “Scrivere la verità perché la parola viva”. (…) La storia di Ivan Denisovic risultò così “vera” che tanti, tantissimi scrissero: quello era il mio lager; quel detenuto io lo conosco; quello sono io…».
IL VALORE DI IVAN DENISOVIC. E ancora: «La vera rivoluzione fu che rinacque l’interesse per la verità, in un paese in cui la maggioranza vivacchiava tristemente rassegnata, e questo semplice fatto ebbe un effetto enorme, diede prospettiva e speranza a tanti. Almeno finché durò il disgelo: nel 1974 infatti le biblioteche vennero purgate del nome di Solzenicyn e il libro fu mandato al macero. In ogni caso, la rivoluzione delle coscienze prodotta nel 1962 da Ivan Denisovic non si è esaurita con la denuncia dei lager e del regime, che non esistono più, ma è riproponibile anche oggi nella misura in cui riapre il discorso sull’io e sulla verità». Un discorso che Solzenicyn in Arcipelago Gulag approfondì anche in modo doloroso, quando ricordava che se gli orrori del comunismo erano stati possibili in Russia non era per colpa di pochi, dei cattivi, ma anche di tutti quelli che non si erano opposti per paura, perché in ogni uomo coesistono il bene e il male, in ogni momento il perseguitato può diventare il carnefice.
 

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