giovedì 3 gennaio 2013

UNA CHIESA MALATA DI CLERICALISMO


«Il nostro don Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s’era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d’essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferrro. (…) Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime, tra il clero e le podestà laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle questioni tra due contadini, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate».

Il ritratto dipinto da Manzoni non descrive solamente un povero curato lecchese che tutto teme, ma anche – e, soprattutto – un uomo malato di clericalismo, ovvero continuamente abbagliato dalla tentazione di creare un’«alleanza a tutti i costi con l’”ala marciante” della storia, quale che sia il partito che la rappresenta, purché disposto al compromesso. È il vizio tipicamente clericale di venire sempre a patti con il più forte».

Ora – a causa della crisi delle vocazioni – don Abbondio ha abbandonato la parrocchia di Lecco per sedersi sulle più comode poltrone dei quotidiani vaticani – o nei sacri palazzi – e, da questo luogo privilegiato, tesse le lodi dei novelli don Rodrigo. Sull’Osservatore romano, per esempio, Marco Bellizzi ha ufficializzato l’endorsement – ennesimo anglismo utile solo a complicare concetti facilissimi – del Vaticano a Monti. Bellizzi è un analista politico e, pertanto, il suo compito è quello di analizzare la politica di oggi per intuire quale sarà quella di domani. Se però diamo un’occhiata alle analisi passate, dobbiamo ammettere che o Bellizzi è un pessimo analista oppure un ottimo don Abbondio. Nel 2009, infatti, Bellizzi scriveva che «il Pdl appare, alla prova dei fatti, maggiormente in grado di esprimere i valori comuni della popolazione italiana, tra i quali quelli cattolici costituiscono una parte non secondaria». Che il Pdl – contenitore nel quale si poteva (e si può) trovare tutto e il contrario di tutto – fosse nato zoppo, lo avevano compreso anche i sassi. Nonostante questo, Bellizzi – dalle pagine del quotidiano della Santa Sede, non si dimentichi – espresse lodi sperticate a Berlusconi (che oggi, invece, viene ridicolizzato dallo stesso analista politico). Bellizzi: pessimo analista o ottimo don Abbondio? «Ai posteri l’ardua sentenza», per citare ancora Manzoni.

Su Avvenire, ovvero sul quotidiano della CEI, Marco Iasevoli e Arturo Celletti costruiscono le fondamenta per le nuove convergenze parallele tra “montiani” di destra e di sinistra. A pagina 7, Gabriele Albertini – colui che, per intenderci, pochi giorni fa ha affermato: «Monti è Gesù Cristo, “colui che deve venire” e io un piccolo Giovanni Battista» – invita «le componenti montiane di Pd e Pdl» alla collaborazione. Speculare a questa intervista, a pagina 8, Avvenire ne propone un’altra, questa volta a Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, il quale afferma che Monti non è il «nemico» da combattere perché «il Prof è un europeista come lo è Bersani». Capite? L’avversario – di Nemico ne esiste soltanto uno, ma ormai nemmeno i preti che scrivono su Avvenire ne parlano – non è colui che ostacola la Chiesa e la Patria, ma colui che osa ribellarsi all’Europa. Questa, del resto, è la linea di Monti, ovvero dell’italiano prestato all’Europa.

La Gerarchia attuale – appoggiando «l’”ala marciante” della storia» – si allontana dagli esempi dei Santi e dei Pontefici. Dimentica che san Thomas Beckett, assassinato proprio il 29 dicembre di 842 anni fa, si schierò contro Enrico II, e che tinse di rosso il suolo della cattedrale di Canterbury pur di non cedere; dimentica che Pio XI condannò il nazionalsocialismo con l’enciclica Mit brennender sorger e che, quando Hitler giunse a Roma nel 1938, il Santo Padre si ritirò a Castel Gandolfo e fece chiudere i Musei Vaticani per protesta. Proprio mentre il dittatore tedesco passeggiava per l’Urbe, Pio XI ebbe il coraggio di dire: «questo è un giorno triste per Roma sopra la quale si erge una croce (la svastica) che non è la Croce di Cristo». Dimentica, infine, che Pio XII scomunicò i comunisti proprio nel momento in cui sembrava che potessero prendere il potere in Italia e che, nel 1953, si rifiutò di ricevere in udienza de Gasperi dopo che quest’ultimo aveva messo le basi per un’apertura a sinistra.

È solo resistendo «”ala marciante” della storia» che si salvano le anime e che si giunge al bene comune perché, «quando la Chiesa sposa la causa di un politicante, chi ci guadagna è sempre la politica, chi ci perde è sempre la Chiesa».

Matteo Carnieletto

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