sabato 9 marzo 2013

GLI SPIETATI


La cella per Angelo Rizzoli trasforma i giudici in giustizieri

Monica Mondo

sabato 9 marzo 2013

 Angelo Rizzoli va in carcere. No, no sono gli anni 80 da bere, quando l’imprenditore, erede di una famiglia cui tutto il paese dev’essere grato, fini in galera per 13 mesi, travolto, lui e il suo Corriere della Sera, dallo scandalo della P2, e per aver occultato e distratto miliardi e miliardi di lire. Mentre è agli arresti, il padre gli muore di infarto, la sorella più piccola, indagata, si ammala di depressione e si suiciderà a soli 22 anni poco tempo dopo; e tutti i suoi beni gli vengono sequestrati e in seguito venduti. La bella moglie, attricetta sposata all’apice del successo di entrambi, lo lascia, e gli porta via un altro po’ di soldi.
Col passar di processi, che scandiscono la sua vita, si scopre che altri avevano occultato fondi, mentre lui era totalmente estraneo al giro dei Tassan Din, Gelli, Ortolani, con l’ombra inquietante di Roberto Calvi; colpevole di ingenuità, certo, di insipienza, e pensate l’umiliazione nel passare davanti a quella sede Rizzoli che il nonno, Angelo come lui, martinitt nato dal nulla, aveva messo in piedi; man mano anche il reato di bancarotta fraudolenta per chi aveva subito la prima condanna viene depenalizzato, e tra un tira e molla che dura 26 anni si arriva alla revoca, e all’assoluzione per formula piena per cui l’imputato torna incensurato. Lui parla di persecuzione giudiziaria, e sono propensa a crederlo, almeno per quanto riguarda il passato.


Poi, c’è la vicenda fresca fresca, l‘arresto questo mese di febbraio per la stessa, infamante accusa: bancarotta fraudolenta, crac finanziario, della società Rizzoli Audiovisivi srl che aveva rimesso testardamente in piedi negli anni 90, e che può fregiarsi di produzioni televisive di successo, come Il generale Della Rovere, Cuore, la fiction Capri… Una ridda di fallimenti di scatole vuote, e a scopo di interesse personale: un patrimonio immobiliare amministrato in società con la moglie, Melania Rizzoli, medico, deputato Pdl.

Ora, non entro nel merito dei procedimenti giudiziari in corso. Mi piacerebbe che nel loro svolgersi, qualcuno tenesse conto del credito che quest’uomo ha con la cosiddetta giustizia; ma soprattutto, che si tratta di un uomo malato. Da tempo, senza possibili infingimenti.
Sclerosi a placche, che lo obbliga a cure severe e a camminare coi bastoni. Più il diabete, e una serie impressionante di limitazioni fisiche gravi. Dopo il fermo nel reparto carcerario dell’ospedale Pertini, i magistrati hanno dichiarato che la sua condizione non è incompatibile con la vita in una cella, e sarà trasferito a Rebibbia. La richiesta degli arresti domiciliari è stata respinta, nonostante il parere di più medici, e del buon senso.




Un uomo così, è socialmente pericoloso? Non dovrebbe servire a questo, il carcere, a proteggere la comunità da individui in grado di nuocerle? Non abbiamo assistito a concessione di domiciliari a delinquenti accertati, a mafiosi incalliti, a fiancheggiatori dell’eversione, per motivi di salute? Ho incontrato l’anno scorso Melania De Nichilo, moglie di Angelo Rizzoli e madre di due suoi figli. Aveva dedicato la sua attività di parlamentare all’ingrato e coraggioso impegno nelle carceri, di cui denunciava in un bel libro gli orrori, le assurdità, da medico, senza farne una battaglia ideologica. Ho scoperto leggendolo che sono carcerati malati di Aids, di sclerosi appunto, detenuti costretti alla sedia a rotelle, malati di anoressia.
Che paese siamo? In tanti, radicali e cattolici, hanno alzato la voce sulla condizione carceraria, siamo stati ripresi dall’UE, ci vergogniamo con dichiarazioni funzionali al buon nome di partiti e apparati di un sistema indegno, lesivo dei diritti della persona, contrario a qualsiasi idea di giustizia. Si sono fatti scioperi della fame, si è levata la voce di Papi e politici di ogni schieramento, per nulla. Si sono fatte promesse, e si è ottenuto qualche sconto, null’altro.
Altro che indulto, amnistia, nuove carceri all’insegna della civiltà, altro che lavoro e obiettivo di rieducazione, quello che è sancito dalla nostra Costituzione. Non conosco Angelo Rizzoli, so che è un uomo sfortunato, su cui la sorte e una schiera di impresentabili malandrini si è accanita; sulla cui pelle si è concentrato il peggio della burocrazia leguleia e dell’accanimento giudiziario.
Stavolta sarà anche colpevole: lo sarà sua moglie, che l’ha sposato per amore, non certo per interesse o vanto. Una donna mite e appassionata alle cause perse, quelle che non portano voti, perchè della sorte dei detenuti non gliene frega niente a nessuno. Tenderei a ritenerli entrambi personaggi non così nefasti per la salute pubblica. Tenderei a far prevalere, almeno una volta, l’umanità. Se ha sbagliato, pagherà, Angelo Rizzoli, ma curandosi, ma a casa sua. Ha già pagato, tanto, troppo. Un suicida in carcere in più, sarebbe solo un articolo di giornale. Ma un peso sulla coscienza di giustizieri, non di giudici.

 

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