giovedì 18 aprile 2013

ERI UNA SPERANZA


ANTONIO SOCCI

Caro Matteo,

come sai, da anni sono un tuo estimatore. Nella campagna per le primarie – che ho sperato tu vincessi – ho apprezzato anche uno “stilnovo” che rappresenta una salutare novità per il nostro Paese, troppo dilaniato da odi politici e faziosità.

Dunque sono nel novero dei tuoi potenziali elettori. Per questo devo porti una domanda relativa a ciò che abbiamo in comune: la fede cattolica e la sua rilevanza sociale.

FAZIONI

Tu ne hai parlato nell’articolo di ieri su “Repubblica”. Hai proclamato: è insopportabile candidarsi al Quirinale “in quanto cattolico”, cioè strumentalizzando la fede religiosa.

Benissimo. Condivido al cento per cento. Ma il fatto che tu corredi questa netta condanna con un solo nome – quello di Franco Marini – immeschinisce la forza del tuo giudizio morale e fa sospettare che pure il tuo orizzonte sia la “politique politicienne”.

Dovevi evitare di fare nomi oppure farli tutti. Infatti citando solo Marini e non citando Prodi, che è per antonomasia, da decenni, il cattolico che viene candidato alle poltrone della casta, usi un argomento teologico, con tanto di evocazione del papa, per un banale e brutale scazzo fra correnti di partito.

Siccome ti stimo, penso che tu non abbia chiamato in causa il Papa e il Vangelo di domenica, con Gesù e Pietro, semplicemente per azzoppare Marini. Ma hai dato questa impressione. Inoltre resta aperto il problema di fondo.

VENDERE L’ANIMA?

Già nell’aprile 2009, quando sei venuto a Roma a presentare il mio libro “Indagine su Gesù”, ho colto la tua sincera e convinta fede cattolica.

Ma ho pure sentito emergere in me una domanda scottante: per te il cristianesimo c’entra con il tuo impegno politico? Il pensiero cattolico ha qualcosa da dire sulla società e l’Europa di oggi o è totalmente irrilevante e limitato ad un ambito privato e intimistico?

La domanda mi si è riproposta ascoltando i tuoi interventi durante le primarie. Ti ho apprezzato molto, ma restava irrisolto il nodo della tua – per così dire – leggerezza culturale, che qualcuno definisce paraculaggine e che nella pratica può facilmente diventare cinismo politico.

Il dubbio di alcuni amici è che tu sia l’ennesimo politico cattolico che – pur simpatico e giovane – svende la sua fede per conquistare la poltrona di Palazzo Chigi.

Saresti un autolesionista. Il grande Tommaso Moro diceva: “è già un pessimo affare perdere la propria anima per il mondo intero, figuriamoci per la Cornovaglia…”.

Tu mi dirai (spero) che non è questo che vuoi fare. Ma il tuo articolo suscita molti dubbi.

 

UNA STORIA

 

Anzitutto leggendolo sembra che tu non abbia cognizione della ricchezza di pensiero e di presenza sociale e politica dei cattolici che in questo Paese hanno una lunga storia.

Forse per questo sei così sprezzante con un uomo come Marini che ne rappresenta una parte bella, quella dei lavoratori cattolici della Cisl di Giulio Pastore.

Del resto nemmeno citi mai il tuo più illustre predecessore a Palazzo Vecchio, quel Giorgio La Pira che – a parte la sua santità personale – da cattolico ha dato un contributo fondamentale alla Costituzione, specie con quel decisivo articolo 2 che proclama “i diritti inviolabili dell’uomo” e afferma il primato della persona e della società (i corpi intermedi) sullo Stato.

E non è un caso che proprio La Pira nel 1977 ispirò la decisa battaglia dei cattolici in difesa della vita nascente.

La storia del movimento cattolico, Matteo, sembra essere da te totalmente ignorata. Sostituita da affermazioni generiche e sentenze sommarie.

Tu affermi che “i politici che si richiamano alla tradizione cattolica sono spesso propensi a porsi come custodi di una visione etica molto rigida”.

Che vuol dire? A chi ti riferisci con una frase così superficiale?

Di politici cattolici ce n’è una quantità. Da La Pira alla Pivetti, da Scalfaro a Giovanardi, da Andreotti a Leoluca Orlando, da Rosy Bindi a Gasparri, da Prodi a Marini, da Buttiglione a Dossetti, da Di Pietro alla Roccella, da Carniti a Formigoni, da Casini a Ignazio Marino e a Magdi Allam.

Come si può fare di tutta l’erba un fascio? Devo pensare che tu non abbia le conoscenze culturali per distinguere i diversi filoni e le diverse correnti del mondo cattolico?

E poi, dopo quell’approssimativa considerazione, passi a fustigare “i moralisti. Specie quelli senza morale”.

Cioè? A chi alludi? Tu che giustamente dici di prediligere il “parlar chiaro”, tu che condanni le lingue biforcute e le allusioni in politichese, dovresti specificare. Non barricarti dietro accuse fumose.

Poi salti totalmente i piani (distinzione maritainiana) e passi a condannare “chi riduce il cristianesimo a insieme di precetti, norme etiche alle quali cercare di obbedire”.

D’accordo al cento per cento. Sono contento di sentire qui l’eco di un insegnamento che entrambi abbiamo amato e seguito. Ma subito dopo tu aggiungi l’argomento tipico dei politici che non vogliono rischiare il potere per gli ideali.

Dici infatti che non ci sarebbero “norme etiche” da “difendere dalle insidie della contemporaneità” e aggiungi che “larga parte del mondo cattolico” che fa questa battaglia “è a mio giudizio perdente”.

Ahi ahi, caro Matteo. Qui ti tradisci. Che criterio sarebbe l’essere perdenti o vincenti?

 

PERDENTI?

 

Gesù Cristo cosa fu? Un perdente, immagino. Mentre Pilato ed Erode erano vincenti?

E i cristiani perseguitati che il papa Francesco ci ha ricordato domenica scorsa (ma tu questa parte del suo discorso l’hai ignorata) cosa sono? Perdenti?

E i martiri cristiani? Padre Kolbe cosa fu? Un perdente? E i ragazzi della Rosa Bianca che nella Germania degli anni Trenta, per i valori cristiani in cui credevano, si opposero al nazismo pagando con la vita? Anche loro furono dei perdenti?

E Solzenicyn? E Lech Walesa? E Karol Wojtyla? Un altro perdente? E Madre Teresa di Calcutta?

E invece chi barattò quei principi non negoziabili per un posto di potere in questo o quel regime, sotto l’ombra di questa o quella ideologia cosa fu? Un vincente?

Caro Matteo, spero che questo non sia diventato davvero il tuo criterio di giudizio. Altrimenti avresti contro noi cattolici perché noi non possiamo abbandonare i più deboli, i piccoli e i più poveri.

E non avresti certo l’appoggio di papa Francesco su cui tenti di mettere il cappello cercando di contrapporlo ai suoi predecessori.  Non è questa la strada.

Non perché noi cattolici identifichiamo la politica con le “crociate” sulle questioni etiche. Nessuno di noi ha desiderio di un Paese continuamente spaccato su questioni così drammatiche e delicate.

Inoltre sappiamo che il nostro compito primario è l’evangelizzazione, l’annuncio di Gesù Cristo.

 

SEGUIRE

 

Ma tu dovresti considerare con meno superficialità il magistero costante della Chiesa, da Giovanni Paolo II in avanti, che parla di una “emergenza antropologica” nell’Occidente di oggi.

Perché – restando alla sola Italia – perfino autorevoli pensatori di area marxista, come Mario Tronti, Giuseppe Vacca e Pietro Barcellona, hanno convenuto con l’allarmata riflessione della Chiesa, al punto da essere stati definiti “marxisti ratzingeriani”.

Inoltre fa parte dell’insegnamento morale della Chiesa anche la sua dottrina sociale che ha più di cento anni e che ha perfettamente azzeccato la previsione del fallimento sia del collettivismo comunista sia del liberismo senza regole, cioè la finanza che divora l’economia reale, i popoli e gli stati.

La più acuta lettura della crisi finanziaria planetaria scoppiata nel 2006 con i subprime è contenuta nell’enciclica di Benedetto XVI “Caritas in veritate”. Ma tu l’hai letta? Hai la consapevolezza di quanto è ricco e importante per il Paese il patrimonio ideale, di pensiero e di presenza sociale dei cattolici?

Se sì, perché lo ignori o lo riduci a caricatura? In tanti ti vediamo come una speranza seria per l’Italia, ma se davvero la tua nuova via è contro il mondo cattolico, come appare dal tuo articolo, vai pure a farti benedire. In tutti i sensi. Con simpatia,

 

Antonio Socci


Da “Libero”, 16 aprile 2013

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