martedì 15 ottobre 2013

CHI E' PAPA FRANCESCO


 
DON GABRIELE MANGIAROTTI
 
Sembrava, per i maestri del pensiero dominante, che per la Chiesa Cattolica fosse giunta la fine, sommersa dagli scandali. Il pettegolezzo sulla Curia vaticana, le disavventure dello IOR, il “corvo” tra i più intimi del Papa avevano gettato un’ombra sulla Chiesa che sembrava far franare ogni possibile velleità di presenza.
Relitto del passato, realtà anacronistica e ingombrante, testimone di un’epoca che non sarebbe più ricomparsa.
La Chiesa sembrava affossata e seppellita dai suoi stessi membri autorevoli.
Pedofilia, corruzione, insegnamento sclerotizzato parevano l’unica parola possibile per ricordare questa obsoleta istituzione.
E poi? E poi lo shock delle dimissioni di Benedetto XVI, con l’attesa di quello che sarebbe successo. E la commozione per un gesto, quel gesto che rivelava una libertà e una grandezza d’animo che non si ritenevano più possibili.

E la sera del 13 marzo quel “Buonasera” che ha spiazzato tutti, e quel silenzio di preghiera che ha fermato il cuore del mondo.
Quella sera si è riaperto il credito e l’attesa. E in tanti si sono fatti la domanda dei primi testimoni di Gesù: “Ma chi è dunque costui?”
Questa domanda permane ancor oggi, per tanti. E sono i giovani che lo vanno ad ascoltare, e sono i poveri che, nelle loro periferie, si accorgono di avere un amico che li stima, ma sono anche i tanti che si sentono disorientati per una presenza che li spiazza.
C’è una immagine che mi rimane nel cuore. Il giorno del pellegrinaggio ad Assisi di papa Francesco stavo davanti alla TV per vedere l’incontro con i giovani, per ascoltare il suo messaggio (e già da subito mi aveva incuriosito il modo con cui egli aveva giudicato i mass media e le loro “profezie” sul gesto clamoroso ed eclatante che avrebbe dovuto compiere: si è spogliato sì, ma della “mondanità spirituale”).

Quella sera ho visto un padre che aveva tempo per i suoi figli, tutti, senza fretta. Ed erano suoi i tanti disabili che lo abbracciavano, ed erano suoi i tanti frati che lo salutavano. Allora ho capito che questo è il suo segreto. E mi è venuto alla mente quel racconto in cui Don Giussani ricorda l’incontro con un missionario in Brasile, così come lo ricorda A. Savorana nel bel libro “Vita di don Giussani” edito dalla Rizzoli: «Giussani incontrò un gruppetto di missionari del PIME, a Santana, una cittadina fluviale sul Rio delle Amazzoni (a venti chilometri da Macapà), e uno di essi, padre Angelo Biraghi, «grande e grosso, mi dice una sera: “Accompagnami in un pezzo di desobriga [visita pastorale alle comunità dell’interno; N.d.A.], e ho visto che lo diceva con un’aria un po’ sorniona, un po’ ironica, ma io ho detto di sì. Sono andato e a un certo punto, dopo qualche ora di macchina, si fermava tutto, la macchina doveva tornare indietro, iniziava un pantano che doveva attraversare in otto ore, ed era già verso sera (c’era un nugolo di moscerini che faceva diventare la faccia gonfia)». A quel punto padre Biraghi gli dice: «Guarda, scherzavo: torna indietro tu»; quindi il padre missionario «si è messo le calosce che gli arrivavano fino alla vita, e poi ho capito perché mi aveva detto così: ha incominciato a entrare in quel fango fino all’anca e ci voleva un minuto per fare un metro. E io ero là che lo vedevo allontanarsi e lui che si voltava indietro, mi salutava, sorrideva col sorriso sornione del giorno prima, ed era sera, e il sole lì cade in un quarto d’ora, quindi oramai imbruniva e lo vedevo un po’ lontano, circondato proprio dalla nuvola (nel senso di insetti), e la sua prima meta, dopo otto ore, era un seringueiro che stava tirando fuori, in quella zona della foresta, la gomma dagli alberi». Giussani non lo dimenticherà per tutta la vita: «Racconto sempre ai miei amici questo particolare [...]; sarò stato lì almeno mezz’ora senza muovermi pensando: “Ma guarda cos’è il cristianesimo! Quest’uomo che rischia la pelle per uno (uno!), per andare a trovare uno che prima non aveva mai conosciuto e che magari non avrebbe mai più visto nella vita, per portargli una parola e per segnare un gesto di amicizia!”. Insomma, io raccordo con quel momento, con quell’istante, la percezione vivida del fatto che il cristianesimo nasce proprio come amore.
Sì, perché il cristianesimo è questo: l’avvenimento di Cristo presente che ha un amore infinito per l’uomo, per ogni uomo.» [pag. 282]

Papa Francesco ce lo insegna e ce lo mostra, perché lo vive.
E brucia, con la sua presenza, tutte le interpretazioni, di destra o di sinistra, che non riescono a leggere quello che accade. Sono come l’ago della bussola in presenza di un forte campo magnetico. Tutte le categorie usuali svaniscono.
Ci è chiesto allora di imparare a guardare a Papa Francesco con gli occhi della fede e con il realismo della speranza.

P.S.: Questo dovrà far pensare tutti quei farisei che ritengono che questo Papa farà piazza pulita degli “integralisti” e dei “bigotti”, ritenendosi (loro) sempre a posto; loro che non hanno mai ascoltato e preso sul serio il magistero di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Non “ringrazino perché non siamo come gli altri”, ma imparino realmente che cos’è la misericordia e la comunione. Attenzione: Non esiste il “Papa dei media”, esiste Papa Francesco che vive l’ansia di comunicare a tutti gli uomini l’amore a Cristo presente.
E per chi è disorientato perché non ritrova nei discorsi tanto esaltati dai media la autentica tradizione cattolica, ricordiamo che quello che il Papa insegna si trova nel suo magistero ordinario, a cominciare dalla Lumen fidei. Il resto è un tentativo – in altri tempi si sarebbe detto “ironico” – per toccare il cuore dei lontani.

P. P. S.: Lasciamo pure che i mass media facciano il loro mestiere. Non sono certo loro gli esegeti del Papa, neppure se si chiamano Scalfari e neppure se, come Spadaro, dirigono la prestigiosa Civiltà Cattolica. A tutti vogliamo ricordare che, come con insistenza ci ha detto Papa Benedetto XVI, il criterio del cattolicesimo non sta nell’opinione personale ma nella fedeltà al magistero.


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