martedì 31 dicembre 2013

PAPA BONDI E I CATTOLICI ADULTI


La Repubblica italiana è uno Stato democratico, la Chiesa no. Per volere di Cristo Santa Romana Chiesa non è un’istituzione democratica: i membri della sua gerarchia, al di là delle modalità di elezione, sono scelti - cioè chiamati - direttamente da Dio, non dai fedeli. Non solo: i principi e le norme di diritto divino attinenti a fede e morale varate dalla gerarchia ecclesiastica non possono perciò essere considerate leggi e principi emanati da rappresentanti del popolo dei fedeli, né possono essere sottoposte a vaglio referendario.

Dunque quando qualche sedicente cattolico si alza in piedi e chiede – se non impone – che la Chiesa cambi rotta su questioni fondamentali riguardanti fede e morale commette un errore da matita blu. La matita blu si è consumata assai a leggere le dichiarazioni di alcuni politici, autodefinitisi “cattolici”, in merito alla recente proposta di legge sulle unioni civili a firma del renziano Andrea Marcucci e di Linda Lanzillotta, appartenente a Scelta Civica. Il contenuto della proposta di legge prevede il riconoscimento giuridico delle unioni civili, anche omosessuali: i conviventi sotto il profilo economico e in parte civilistico avranno tutti i diritti delle coppie sposate. E’ prevista anche la possibilità della stepchild adoption, cioè la facoltà di adottare il figlio del compagno/a se manca l’altro genitore: “in caso di unione civile la parte contraente è considerata genitore del figlio dell’altra parte fin dal momento del concepimento in costanza di unione civile anche quando il concepimento avviene mediante il ricorso a tecniche di riproduzione medicalmente assistita”.

Matteo Renzi ha commentato così: “Io sono il più prudente di tutti nel Pd, ma siccome ho vinto le primarie anche sulle unioni civili, è un tema di cui si può discutere... Ma basta con il giochino che mette laici contro cattolici e famiglia contro unioni civili. Iniziamo a fare qualcosa di concreto per la famiglia. Assisto con sdegno alla continua distruzione di tutto quello che serve a difendere la famiglia” e quindi con logica ferrea apre alle unioni civili anche omosessuali, che lui chiama civil partenership, e al relativo istituto dell’adozione gay, tutte cose che notoriamente fanno bene alla famiglia.

Renzi, solo a luglio scorso, in un’intervista a Famiglia Cristiana aveva difeso con orgoglio la sua appartenenza alla Chiesa cattolica: “La mia fede arricchisce tutto quello che faccio. Io credo nella Risurrezione, e dunque la prospettiva della mia vita è profondamente diversa. Da cattolico impegnato in politica non mi vergogno della mia appartenenza religiosa”. E poi con limpida coerenza non poteva che esprimere il proprio consenso alla fecondazione artificiale: “Quando una coppia che non può avere figli ha la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita, è giusto che lo faccia ma non deve trasformarsi in un diritto a tutti i costi”; e all’eutanasia: “Sono stato molto colpito dalla vicenda Terri Schiavo in America. Se dovesse capitare a me vorrei che fossero i miei cari a decidere. In ogni caso, penso che su questi temi bisogna fare lo sforzo di ascoltarsi reciprocamente e non vivere verità assertive”.

Torniamo alla proposta di Marcucci e Lanzillotta sulle unioni civili e alle reazioni di altri politici che non di rado presentano ai media un’autocertificazione di cattolicità. Rosy Bindi non chiude al riconoscimento delle coppie di fatto: “Sono pronta ad una valutazione con mentalità aperta, del resto ho iniziato io questo processo di riconoscimento delle unioni civili. Quanto all’adozione all’interno della coppia bisogna vedere come è fatta”.

Angelino Alfano avverte: “Siamo pronti a intervenire sul codice civile, purché non si smonti la famiglia, che è composta da un uomo e una donna che procreano […] Siccome abbiamo grande rispetto per l’affettività siamo pronti per delle garanzie patrimoniali”.



Stessa musica per Luigi Bobba, ex presidente ACLI: “Bisogna distinguere convivenze etero e gay. E poi basta il riconoscimento privatistico dei diritti senza troppe bandiere”. Ricordiamo a quei politici che vivono il loro cattolicesimo, in quanto ad idee e valori, in modo disinvolto e che sono a favore del riconoscimento delle unioni civili anche solo per gli eterosessuali, oppure a favore del riconoscimento di singoli diritti dei conviventi, che queste posizioni non solo sono condannate dalla Chiesa (v. Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n. 81; Pio XI, Casti Connubii, Introduzione: “la legittima autorità ha diritto e dovere di frenare, impedire e punire questi turpi connubii, contrari a ragione e a natura” testo che non è andato in prescrizione), ma - a parte qualche eccezione - non sono neppure accettate dal nostro ordinamento giuridico. Infatti, almeno sulla carta, il nostro ordinamento privilegia l’istituto del matrimonio perché unica relazione che arricchisce la società e di conseguenza fa di tutto o dovrebbe fare di tutto per scoraggiare forme di convivenza che impoveriscono il bene comune perché intessute di mero affetto senza doveri giuridici. Da qui il rifiuto, nella maggioranza dei casi, di assegnare anche diritti ai singoli conviventi, che non siano ovviamente quelli fondamentali pertinenti alla persona umana in quanto tale, perché sarebbe un incentivo alla convivenza non matrimoniale.

Il meglio sul tema delle unioni civili lo dà però Sandro Bondi intervistato dalla Stampa: “Dobbiamo liberarci anche noi cattolici di un certo bigottismo che, specialmente sulla bioetica e i diritti civili, rischia di immiserire il valore della fede e di avvolgere in un’atmosfera di arretratezza la società italiana. […] Sui questi temi dobbiamo dire basta all’estremismo dottrinario e culturale di alcune posizioni religiose o ateo-devote che finiscono per diventare disumane”.

Le verità dogmatiche di Papa Bondi sono a tutto campo e non riguardano solo i temi sociali e politici: “La Chiesa stessa fa fatica a comprendere la modernità e a entrare in una viva comprensione della vita degli uomini proprio perché alcuni istituti, come quello del celibato dei sacerdoti, impediscono di essere calati profondamente nella realtà della vita”. Non solo Papa, ma anche profeta: “Quanto al ruolo delle donne, sono certo che non ora ma nel futuro la Chiesa cattolica comprenderà che ricchezza sarà integrare le donne nel sacerdozio e nell’episcopato”. In merito al divieto per i divorziati risposati di accostarsi alla comunione il divorziato Bondi infine non ha dubbi: “E’ una regola che appare di giorno in giorno più assurda e assolutamente contraria a ogni principio di umanità cristiana”.

L’on. Bondi tratta la Chiesa o come un partito politico il quale, vivendo di consensi della base, deve intercettare i suoi umori e accondiscendere ad essi. Oppure come un’azienda in cui all’entrata c’è una cassetta dei suggerimenti. Anzi, egli pare andare oltre il puro consiglio disinteressato, visto il tono assertivo che usa e che per paradosso critica quando è invece adoperato dal Magistero. Bondi propone il meglio proprio in merito a quei temi su cui Nostro Signore e poi la Chiesa, già da tempo immemore, proposero l’ottimo alle coscienze dei credenti.

L’approccio di Bondi è rivelatore di una mutazione genetica del “cattolico” liberal-progressista: una volta per smarcarsi dalla Chiesa ci si appellava alla coscienza. Ora dal foro interno si è passati a quello pubblico, non solo perché si propalano idee non ortodosse sui media, ma anche perché si vorrebbe che tali idee diventassero leggi dello Stato.

Il padre nobile di tutte queste uscite scanzonate è Aldo Moro che il 5 novembre del 1946, in seno all’assemblea costituente, così si espresse sulle unioni di fatto: “Pur essendo molto caro ai democristiani il concetto del vincolo sacramentale nella famiglia, questo non impedisce di raffigurare anche una famiglia, comunque costituita, come una società che, presentando determinati caratteri di stabilità e di funzionalità umana, possa inserirsi nella vita sociale. Mettendo da parte il vincolo sacramentale, si può raffigurare la famiglia nella sua struttura come una società complessa non soltanto di interessi e di affetti, ma soprattutto dotata di una propria consistenza che trascende i vincoli che possono solo temporaneamente tenere unite due persone”. Tradotto: non esiste solo la famiglia fondata sul matrimonio, ma anche altre famiglie di fatto.

A margine ricordiamo due cosette. Primo: i cattolici hanno il dovere di obbedire alle indicazioni vincolanti della Chiesa sui temi di morale e fede (“tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria”, Codice di Diritto Canonico, Can. 750): il cattolico è colui che crede nelle cose a cui la Chiesa propone di credere e tenta con tutto se stesso di metterle in pratica. Seconda cosetta: come recita sempre il Codice di Diritto Canonico, “vien detta eresia, l'ostinata negazione, dopo aver ricevuto il battesimo, di una qualche verità che si deve credere per fede divina e cattolica, o il dubbio ostinato su di essa” (Can. 751). E parlando di dubbi ce ne viene uno anche a noi: i politici di cui sopra sono dunque cattolici o eretici?
Tommaso Scandroglio
la nuova Bussola quotidiana
 

NON TOGLIETE IL NATALE AI CRISTIANI


di Giovanni Belardelli

in “Corriere della Sera” del 22 dicembre 2013

 

Il Natale politicamente corretto rischia di diventare uno spazio vuoto

Come è sotto gli occhi di tutti, in Occidente la festa del Natale si è da tempo secolarizzata. Il giorno che ricorda la nascita di Cristo, e dunque il messaggio di salvezza per l’intera umanità di cui egli è portatore secondo i cristiani, a molti appare incentrato soprattutto su uno scambio di doni dagli evidenti tratti consumistici (appena attenuati, in questi ultimi anni, dal peso della crisi economica). Nelle scuole, dove è ormai consistente la presenza di alunni di altre religioni, diventa spesso problematico ricordare la festa del 25 dicembre con qualcosa che abbia un esplicito carattere religioso: dal presepe, sempre più sostituito negli spazi pubblici e privati degli italiani con il più laico albero, alle tradizionali canzoni e recite natalizie. Ma nonostante la secolarizzazione del Natale sia in atto da tempo, colpisce il cartoncino di auguri di un’importante casa editrice, Bollati Boringhieri. La tendenza a utilizzare ormai la formula generica degli auguri di buone feste o simili, infatti, almeno in Italia non aveva ancora eliminato del tutto una qualche immagine che, come il tradizionale albero, esplicitasse che a Natale appunto ci si sta riferendo. Invece gli Auguri/Season’s greetings (queste le uniche parole che vi compaiono) di cui sto parlando raffigurano soltanto dei fiori rossi che potrebbero riferirsi a qualunque giorno dell’anno e perciò rischiano di non riferirsi specificamente ad alcuno. Come se la festa per la quale pure si stanno facendo gli auguri fosse diventata indicibile.


L’episodio potrebbe essere archiviato semplicemente come un piccolo eccesso di zelo nella tendenza a un Natale «politicamente corretto» che si va diffondendo da anni, in modo apparentemente inarrestabile come gran parte di ciò che nasce dapprima negli Stati Uniti. Eppure dietro di esso si affacciano almeno un paio di questioni importanti, che riguardano non soltanto i cattolici ma tutti gli italiani.

La prima ha a che fare con un’idea di laicità intesa non come incontro e confronto nello spazio pubblico tra religioni e culture, nel rispetto dei principi e delle leggi su cui si fonda la democrazia; ma intesa invece come una specie di terra di nessuno, come uno spazio vuoto, privo di ogni esplicito riferimento a religioni e culture particolari, da riempire soltanto con i precetti contenuti in qualche carta dei «valori repubblicani» (come in Francia) oppure con un complesso di generici riferimenti al dialogo, alla pace, alla giustizia e così via. Generalmente, questa idea di laicità come assenza di riferimenti religiosi, la stessa che ispira gli auguri così asettici di cui ho detto, viene giustificata con l’intenzione di non offendere i non cristiani. L’intenzione è sicuramente nobile ma la giustificazione convince poco: quando, come riferì qualche settimana fa questo giornale, in una scuola di Varese è stato vietato a un sacerdote di impartire la benedizione natalizia appunto per non offendere i bambini di altre religioni, un rappresentante della locale comunità islamica dichiarò: «Le celebrazioni cristiane non ci danno alcun fastidio».
La seconda questione ha a che fare con il posto che il Natale ha nella nostra cultura nel senso più ampio del termine, anche per i non credenti dunque. Al di là dello scambio di regali, dell’incontro con i familiari, della storia dell’avaro Scrooge verosimilmente riproposta in tv, il messaggio che per i cattolici si lega alla nascita di Cristo rappresenta comunque uno dei sedimenti profondi della nostra identità collettiva. Benché in una società secolarizzata possiamo non averne più una chiara percezione, la democrazia vive di valori che sono per una gran parte di derivazione cristiana, a cominciare dal concetto di eguaglianza tra tutti gli esseri umani, che rimanda all’idea di una loro comune natura in quanto figli di Dio. Non a caso nella Democrazia in America Alexis de Tocqueville, pur personalmente agnostico, considerava inscindibile il nesso che legava libertà e religione cristiana. Ed è per motivi analoghi, credo, che anche una forza dall’accentuato profilo laico come i radicali di Marco Pannella ha scelto proprio il giorno di Natale come la data giusta per convocare una marcia in favore dell’amnistia e della riforma della giustizia.

MAGGIORANZE INCONFESSABILI


Non è difficile spiegare perché la legge di Stabilità varata dal governo sia così tragicamente inadeguata (Alberto Alesina sul Corriere di ieri), perché non sia possibile rilanciare la crescita mediante un percorso virtuoso di tagli alla spesa e di riduzione della pressione fiscale. Accade perché interessi, tradizioni culturali, e regole del gioco fanno sinergia e remano contro, impediscono che lo «Stato corporativo» venga scalfito.



La maggioranza bipartitica che si è formata sulla questione delle aziende municipalizzate a Roma dice, a proposito di Stato corporativo, tutto ciò che c’è da sapere. Qui non si vuole infierire su Berlusconi o sull’onorevole Brunetta ma è stato uno dei loro, il senatore di Forza Italia Francesco Aracri (un originale interprete della Rivoluzione liberale), a proporre l’emendamento che dà ai sindacati il potere di veto sui licenziamenti nelle municipalizzate di Roma. E nemmeno si vuole infierire su Matteo Renzi ma sono stati i suoi a votare l’emendamento del suddetto senatore mentre veniva respinta (per veto Cgil) una proposta di Linda Lanzillotta che andava nella direzione opposta (Sergio Rizzo, Corriere di ieri a pagina 5).

Fossi al posto di Enrico Letta , che è uomo colto e intelligente, anziché difendere l’indifendibile, spiegherei al Paese perché qui da noi ciò che ci si propone inizialmente di fare — vedi la parabola tragicomica della spending review — non può essere fatto (da nessuno: Renzi se ne accorgerà presto), le ragioni per cui è al di là delle umane capacità innescare in Italia un percorso virtuoso di sviluppo. Potenza delle lobbies che, in Parlamento, nell’amministrazione, negli enti locali (i sindaci vogliono soldi ma si guardano bene dal mettere le mani nelle municipalizzate in deficit), negli organi della giustizia amministrativa, stanno a guardia della spesa pubblica? Certamente. Forza di una tradizione culturale che avalla e legittima l’azione delle suddette lobbies? Sicuro. Regole del gioco, costituzionali e non, costruite per impedire inversioni di marcia? Detto e ridetto.

Sostengono i cantori dello Stato corporativo che così si tutela la pace sociale. Ma il punto è che quando tali pratiche diventano incompatibili con lo sviluppo (e oggi lo sono), e l’impoverimento del Paese avanza inesorabilmente, finisce per gonfiarsi l’esercito dei non tutelati, o dei non più tutelabili, e, alla fine, anche la pace sociale viene meno. A causa della rivolta, e dell’assedio, degli esclusi. Dopo le elezioni della primavera scorsa e l’impasse politico che ne seguì, per un breve momento, sembrò entrata nella consapevolezza dei più l’idea che occorresse cambiare le regole del gioco, sbarazzarsi di ciò che di sbagliato o inadeguato c’è nella Costituzione del ’48. È tutto già finito. E si capisce: con una Costituzione diversa, i governi italiani potrebbero disporre di una forza simile a quella che detengono i governi delle altre grandi democrazie europee. Ma il partito trasversale della spesa e delle tasse non può accettarlo. Le regole del gioco attuali lo proteggono. Con altre regole potrebbe, un giorno, essere sfidato o minacciato. Peter Praet, capo economista della Bce (su La Stampa di ieri) dice che siamo stati bravi, abbiamo messo sotto controllo i conti. C’è solo — egli nota — il piccolo dettaglio che lo abbiamo fatto a colpi di tasse anziché di tagli. Moriremo per asfissia da tasse ma con i conti (forse) in ordine. Sono soddisfazioni.

23 dicembre 2013

ANGELO PANEBIANCO Maggioranze inconfessabili

 

venerdì 27 dicembre 2013

IL BAVAGLIO E' GIA' FRA NOI


DOPO AVER SPEDITO  GLI AUGURI DI NATALE HO RICEVUTO QUESTA INCREDIBILE MAIL

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Administrator [postmaster_smex@intesasanpaolo.com]

mercoledì 25/12/2013 12:04
tommaso.marcatelli@fastwebnet.it

La email con oggetto "un Santo Natale dal Crocevia" spedita il 25/12/2013 alle ore 12:03:19 non è stata recapitata in quanto contenente termini proibiti dalle politiche aziendali.

Questo è un messaggio automatico, prego non rispondere.

The email with subject "un Santo Natale dal Crocevia" sent on 25/12/2013 at 12:03:19 has not been delivered as it contains terms not allowed by enterprise policies.

This is an automatic message, please don't reply.

Server: EXC10PBPHC01

 

 

Prima di stampare, pensa all'ambiente ** Think about the environment before printing

giovedì 26 dicembre 2013

RISVEGLIAMO LE COSCIENZE DEGLI ITALIANI


A tutti gli uomini di buona volontà:
risvegliamo le coscienze degli italiani!

 

Con la presentazione delle Proposte di Legge su:

 

Contrasto all’omofobia e alla transfobia

Accesso al matrimonio da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso

Modificazione dell’attribuzione di sesso

si è avviato il processo di demolizione della famiglia, con l’abbattimento di quei criteri legali, biologici e morali che ne assicurano la stabilità, i diritti e i doveri, e che la riconoscono come cellula fondante della società.

 

Manifestiamo per:

Garantire la libertà di espressione

Preservare il diritto alla libertà di espressione garantito dalla Costituzione Italiana all’Art. 21.

Con la proposta di legge Scalfarotto (PD) sul Contrasto all’omofobia e alla transfobia si configura una violazione della libertà di pensiero, qualora non allineato ai fondamenti ideologici della legge: chiunque dichiari qualsiasi cosa che possa costituire obiezione argomentata in merito al “matrimonio” omosessuale e alla possibilità di adozione per le coppie di persone dello stesso sesso sarà perseguibile a norma di legge.

 

Preservare Matrimonio e Famiglia

La proposta di legge sul Matrimonio Egualitario propone di equiparare il matrimonio tra persone dello stesso

sesso con quello tra uomo e donna, sconvolgendo il codice civile.

Vengono eliminate le parole "marito", "moglie", "padre" e "madre" in favore di termini asessuati e

indifferenziati; si introduce l’adozione e la procreazione assistita per coppie formate da persone dello stesso

sesso; si introduce la condizione di omogenitorialità, che scardina la genealogia e priva i bambini del

riferimento genitoriale maschile e femminile, facendo mancare loro quella complementarietà genitoriale che è invece indispensabile alla formazione dell’identità personale. Viene meno l’ambiente ideale per la crescita elo sviluppo dei bambini, futuro della società.

 

Conservazione del Sesso Biologico

La proposta di legge sulla Modificazione dell’attribuzione di sesso introduce la possibilità che colui che non si

senta di corrispondere al proprio sesso, dal quale è inconfondibilmente caratterizzato sin dal concepimento,

possa costringere con atto legale la propria identità fisica a quella percepita, mutevole a seconda della propria

sensibilità. Si apre la strada ad una distorsione della realtà umana,un doloroso rifiuto di ciò che siamo.

 

Quando l’ideologia diventa violenza

Con l’avvio della Strategia Nazionale il Dipartimento per le Pari Opportunità dispone un cambiamento

culturale forzato: introduce percorsi di educazione all’“affettività consapevole” sin dagli asili nido e scuole

dell'infanzia, dispone l’integrazione dei temi LGBT nei programmi scolastici, percorsi di formazione,

sensibilizzazione e aggiornamento in materia di orientamento sessuale e identità di genere per tutti gli ordini

di scuola, affidandone la realizzazione alle associazioni LGBT, attribuendo loro il ruolo di enti di formazione.

 

Abbiamo una responsabilità storica!

Le persone e la società civile scendono in piazza per chiedere il ritiro del disegno di legge.

Nell’assoluto rifiuto di qualsiasi atteggiamento di umiliazione, derisione e violenza nei confronti di tutti gli

esseri umani, esigiamo che sia difeso il diritto fondamentale dei figli ad avere un papà e una mamma, e di tutti i cittadini ad esprimere la propria opinione a tutela della famiglia, per il bene di tutta la società.

 

Difendiamo la famiglia! Proteggiamo i bambini! Tuteliamo la società!

IL MILLESIMO POST


Si muore per una Cattedrale

non per delle pietre,

per un popolo

non per una folla.



 
 
Si muore per amore dell’uomo se è chiave di volta di una comunità

Si muore solo per cio di cui si può vivere

 (Antoine de Saint-Exupéry)

ROGER SCRUTON : DIO È MORTO A STALINGRADO


“IL CRISTIANESIMO È IL PIÙ GRANDE PROGRESSO DELLA STORIA”

L’ateismo ha trovato la sua prova definitiva a Stalingrado, dove due filosofie ateistiche si fecero la guerra con l’intenzione di distruggersi. Non ci fu pietà e tutto ciò che era umano venne cancellato. Il nichilismo alla fine fu il solo risultato”.

 “Le attuali discussioni sulla religione nascono, da un lato, come una risposta al confronto tra cristianesimo e scienza e dall’altro lato come una risposta agli attacchi dell’11 settembre”. Si apre così “The Soul of the World”, il manifesto contro il neo ateismo di Roger Scruton, docente alla Saint Andrews University, culla di regalità britannica, definito dal Wall Street Journal “il filosofo più famoso d’Inghilterra”, fondatore della Salisbury Review (la più prestigiosa rivista del conservatorismo inglese) e autore di trenta libri, fra cui “The Meaning of Conservatism” (la bibbia della rivoluzione Thatcher). In uscita per le edizioni di Princeton, il libro di Scruton ha una tesi esplosiva e apologetica, inusitata nella pubblicistica filosofica contemporanea: il cristianesimo è superiore a ogni altra religione, perché per la prima volta nella storia dell’umanità una religione non è stata incentrata sui sacrifici di altri esseri umani, ma sull’autosacrificio.

Scruton, qui a colloquio con il Foglio, è stato spinto all’analisi del meccanismo e del fenomeno religioso, dai Vangeli a Feuerbach, dal fatto che



Chagall Crocifissione bianca
“la nostra situazione attuale è senza precedenti nella storia del mondo. Le società occidentali sono organizzate da istituzioni e leggi laiche, da usi e costumi laici, e non c’è, o quasi, accenno al trascendente, sia come fondamento dell’autorità temporale sia come ultima corte d’appello per le nostre controversie. Questo stato di cose in sé non è nuovo: era così anche nel XIX secolo quando coesisteva con una fede ampiamente sentita dalla gente e un rispettoso scetticismo delle élite. Quello che invece è nuovo è il diffuso ripudio del sacro, la cacciata delle ombre del divino dalla vita della città, dalla vita del corpo, dalla vita delle emozioni e dalla vita della mente. Si deridono relazioni sacramentali come il matrimonio, che è stato ristrutturato sotto forma di contratto; consuetudini e cerimonie non hanno più un loro posto nell’esistenza contemporanea e insieme al sacro svaniscono le virtù dell’innocenza, del rispetto e della vergogna”.

Il desiderio di sacrificio è radicato nel profondo di ogni essere umano, scrive Scruton.Ma la grande differenza è tra le religioni che richiedono il sacrificio di sé e le religioni (come quella degli aztechi), che richiedono il sacrificio di altri. Se esiste qualcosa che possa essere chiamato il progresso nella storia religiosa dell’umanità, risiede nella pretesa morale del cristianesimo, che ha spostato il sacrificio dagli altri al sé. Il cristianesimo ha invertito il sacrificio, da allora è stato il sacrificio di sé per gli altri e non più il sacrificio degli altri per sé. Nel giudicare le religioni siamo profondamente consapevoli che i sacrifici che richiedono sono i sacrifici degli altri o i sacrifici di sé. Questo è entrato nella nostra consapevolezza attraverso le azioni dei ‘martiri’ islamisti”.

lunedì 23 dicembre 2013

I RE MAGI


Franco Casadei




GIOTTO


 

I Re Magi

 

Un messaggero

da chissà dove giunto:

dovete partire.

Dalle loro regge d’oro

odorose dei fiori dei giardini,

si mettono in cammino i re

- è ancora estate -

su superbi destrieri,

le spalle gravate di pensieri.



BARI BASILICA DI SAN NICOLA
 

I servi non riescono a capire:

un viaggio di mesi,

sembra - da voci -

alla ricerca di un bambino sconosciuto.

La terra ardente, assetati gli animali

i tre re insonni

a fissare costellazioni e stelle

e quella strana luce.

 
JERONIMUS BOSCH

Per terre straniere

marcia senza sosta il corteo reale,

gemono le bestie cieche di fatica

e poi l’inverno, la pioggia

a inzuppare piste e sentieri.

E i tre, la notte

accanto al fuoco immobili

come incatenati al cielo,

per adorare, infine, dentro una grotta,

un neonato in grembo a una ragazza,

in quella notte a nessuna uguale.

 

Una singolare impresa,

- a detta dei servi -

FILIPPINO LIPPI
una follia
 


Dopo i pastori,

i re e i sapienti

dalle terre più lontane

 

volevano vedere

 

per loro contava la verità

- non l’opinione -

e la verità si incontra,

non si può inventare.

 

LA FRATERNITA' E LA PACE


L’idea di Fraternità

Appunti da una conversazione con don Giussani al Consiglio di presidenza di Cl,
5 ottobre 1993

Lo spunto della discussione di oggi mi ha fatto ricordare l’origine dell’idea di Fraternità.
Già allora (negli anni Settanta, ndr) si facevano le assemblee responsabili. Normalmente in quel tempo si facevano vicino a Varese (a Leggiuno, alla Domus Mariae). Erano circa 250 persone. Una domenica di quelle, ebbi quest’idea, fui colpito da quest’idea:
 
sono grandi, sono maturi, sono adulti, hanno la responsabilità di botteghe, di fabbriche, hanno la responsabilità di iniziative di lavoro, hanno la responsabilità di uffici, soprattutto hanno la responsabilità della famiglia, che è l’azienda più importante per la natura, e non debbono avere responsabilità, non devono sentire responsabilità matura per la loro santità?

 
Questa fu la prima idea che mi venne in mente. Se ricordate, lo dissi esplicitamente: siete adulti, come avete la responsabilità di cose umane, di incrementare cose umane, così dovete avere responsabilità del vostro cammino verso il destino. Responsabilità: perciò, non più curati come bambini, organizzati come ragazzi o messi in moto come universitari. Dovete vivere il vostro cammino umano verso il destino, che si chiama cammino di santità, dovete rendervene conto voi e assumerlo come vostra responsabilità!
E la seconda idea fu questa.
Il movimento ci ha abituato a percepire la metodologia cristiana in ogni avvenimento di impegno e di realizzazione della persona. Ora, il metodo cristiano di avvenimento della persona è quello della comunionalità: è solo se la persona si "traduce", traduce se stessa, in una comunione vissuta e perciò in una comunità, che il suo sforzo può essere sostenuto. Allora io propongo che la vostra vita sia caratterizzata da questo fenomeno: che vi mettiate liberamente insieme formando un gruppo (per non dire sempre la parola "comunità"), l’origine del quale può essere di qualsiasi tipo: amicizia, conoscenze, preferenze, vicinanza di lavoro, prossimità occasionale, locale, parrocchiale. Vi ricordate che avevo detto quasi testualmente così? Vi mettete insieme, un prete in questo caso può appartenere al gruppo come uno tra gli altri, prevalendo in lui il fatto del Battesimo, non il fatto dell’Ordinazione, e così si aiuta sul serio di più lui stesso.

Il gruppo non può essere enorme: 20-25 persone; dev’essere libero e spontaneo. Il contenuto del vostro riconoscimento di gruppo dev’essere, l’uno vedendo l’altro, sentire la necessità di aiutarvi perché la vostra fede cammini. Perciò tutta quanta la realtà di valore del gruppo deve consistere nella stima e nell’amore che ognuno deve portare all’incremento della fede dell’altro.

Questo deve portare come conseguenza: primo, la preghiera comune, che preghiate insieme, anche un’ Ave Maria alla settimana, per modo di dire, ma che preghiate insieme, che ci sia un’espressione di preghiera comune; in secondo luogo, l’approfondimento della conoscenza della fede, perciò la Scuola di comunità; in terzo luogo, la carità vicendevole: se vedete uno che sta male, non potete almeno non telefonargli, dopo; se uno ha il papà molto vecchio e non sa come fare, dovete per forza cercare di aiutarlo.

È la stessa identica idea che, dal punto di vista sociologico, abbiamo trovato nel famoso pezzo di MacIntyre che abbiamo letto all’inizio di quest’anno*. La stessa idea. Avevo detto allora: il moltiplicarsi di questi gruppi è il radicarsi del movimento nella società, è influenza nella società.
Come uno di voi ha ricordato, dapprima ho detto la cosa in modo massimalista, vale a dire come se un gruppo di Fraternità dovesse essere un gruppo di gente decisamente votata a questo. Poi, siccome nessuno «si votò», passarono mesi e raduni senza che nulla cambiasse.
Allora sono passato al rilancio della cosa in termini assolutamente minimalisti: «Mi raccomando la Fraternità almeno come iscrizione. Per vivere la Fraternità bisogna iscriversi e - seconda idea che avevo raccomandato -, almeno come espressione che rappresenti il distacco dalle cose terrene e l’amore alle celesti o povertà, come si dice in termini cristiani, dare l’obolo al fondo comune mensile: iscriversi e dare l’obolo al fondo comune mensile, mantenendo prima di tutto la preghiera in comune e in secondo luogo l’obbedienza alle direttive del movimento, cioè lo stare nell’alveo del movimento».

Così si fecero i gruppi di Fraternità, si moltiplicarono (non so quanti ce ne siano, centinaia e centinaia), si fecero regolarmente le iscrizioni, si fecero gli Esercizi spirituali tutti gli anni, con crescente buon esito, si incominciarono i ritiri mensili, ora qua ora là.
Ma è da un mese, da circa un mese, che è come scoppiata una stella cometa sulla capanna di Gesù Bambino; da quando venne una donna, che è magistrato, a dirmi che lei e alcune sue amiche (e magari, chissà, anche i loro mariti) volevano fare un gruppo come una casa del Gruppo Adulto: non mettersi insieme in una casa, ma avere una regola e una direzione (lei veramente mi ha detto: «Un prete che ci dirigesse», il che non è uguale al Gruppo Adulto). Per voi sarà una stupidaggine, ma io sono rimasto colpitissimo dalla cosa, perché questo era ritornare al massimalismo iniziale, era il segno che era cresciuto di molto il livello sia pur sotterraneo del desiderio del bene tra di noi, era il segno che il movimento aveva fatto crescere un seme, aveva fatto crescere delle coscienze. Mi è venuta l’evidenza: se questo andamento si moltiplicasse, si incrementasse!

Questo è un vero revival, nel senso stretto della parola. Sicuramente c’è qualche altro caso, ci sono altri casi. Dunque, dobbiamo pregare Iddio e impegnarci innanzitutto a incrementare questa realtà, che non possiamo incrementare se non facendone parte: non predicando, ma facendone parte. La differenza con l’inizio della Fraternità è che non è più possibile l’ambiguità: o c’è o non c’è, uno non si può illudere di farla, quando non la fa. Allora ci si poteva illudere.
Perciò, case del Gruppo Adulto, case dedicate a Dio, Fraternità: è lo stesso, l’identico fenomeno. È il Battesimo che fa diventare così maturi da essere protagonisti nel mondo di una nuova realtà umana. Ho sempre detto: se quelli del Gruppo Adulto diventassero 100mila, l’Italia ne sarebbe un po’ scossa. Ma non era lo stesso ragionamento, questo è più globale. Dobbiamo pregare la Madonna che ci faccia la grazia di diventare testimoni almeno dell’inizio di questo revival: è solo da questo, come dice il sociologo MacIntyre, che può nascere un argine alla barbarie rinascente.

* Alasdair MacIntyre, riguardo alla situazione europea del tardo impero, fa notare quanto segue: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l’imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all’epoca di incipiente barbarie e di oscurità» (A. MacIntyre, Dopo la virtù, Feltrinelli, Milano 1988, p. 313).

[da «Tracce - Litterae Communionis», (edizione speciale), maggio 2002, pp. 1 e 4]




LA VITA NON ESISTE E IL MONDO E' LA TERRA DI NESSUNO


Forse nessuno ve l’ha ancora comunicato, ma voi non siete vivi. Pensate di esserlo, ma “in realtà” non lo siete. Nessuno lo è (se lo venisse a sapere il computer dell’Inps non erogherebbe più pensioni).
Mi spiace dare la ferale notizia, che potrebbe mandare di traverso il panettone di Natale ai più sensibili. Del resto nemmeno il sottoscritto è vivente. Anzi, è la vita stessa che non esiste.
 
A fare il clamoroso “scoop” è stata una delle più blasonate riviste scientifiche del mondo, “Scientific American”. Un articolo del numero datato 2 dicembre infatti parla chiaro fin dal titolo: “Why Life Does Not Really Exist”.

Pinturicchio Adorazione dei Magi
L’ASSURDO

Come sono arrivati – questi pensatori – a fare una così straordinaria scoperta? La sintesi degli argomenti è fornita dal sommario dell’edizione italiana della rivista, ovvero “Le Scienze”.
Eccolo qua: “Malgrado secoli di discussioni, esperimenti, riflessioni e progressi scientifici, nessuna delle definizioni di ‘vita’ proposte finora riesce a discriminare in modo netto e soddisfacente fra ciò che chiamiamo animato e ciò che consideriamo inanimato. Forse perché il vero elemento comune delle cose che definiamo vive non è una loro proprietà intrinseca, ma la nostra percezione di esse”.
Se ho ben capito il passaggio logico è questo: siccome non si è ancora trovata una definizione di vita, la vita non esiste.

In effetti l’articolo della rivista scientifica così argomenta: “Perché definire la vita è così frustrante e difficile? Perché scienziati e filosofi hanno fallito per secoli nel trovare una proprietà fisica specifica o un insieme di proprietà che separi nettamente i vivi dagli inanimati? Perché una proprietà simile non esiste. La vita è un concetto che abbiamo inventato. Al livello più fondamentale, tutta la materia esistente è una disposizione degli atomi e delle particelle che li costituiscono. Queste disposizioni ricadono in un immenso spettro di complessità, da un singolo atomo di idrogeno a una cosa intricata come il cervello umano”. Finora abbiamo diviso il mondo in animato e inanimato, “ma questa suddivisione non esiste al di fuori della mente”.

Quindi, per questi scienziati, vostro figlio – che corre e grida in bicicletta, facendo un gran baccano – è vivo quanto il pezzo di ferro arrugginito che sta nella discarica.

DOVE STA L’ERRORE

La filosofia che sta dietro a questi ragionamenti, mi pare la seguente: ciò che io non so definire o non comprendo, non esiste. Ciò che supera le mie capacità di conoscere ed esprimere è una fantasia astratta.
Questa mentalità è parente di quella positivista che Albert Einstein stroncò così:  “Io non sono un positivista. Il positivismo stabilisce che quanto non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente insostenibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su ciò che uno ‘può’ o ‘non può’ osservare. Uno dovrebbe dire: ‘Solo ciò che noi osserviamo esiste’. Il che è ovviamente falso”.

Noi comuni mortali, armati di semplice buon senso (ma confortati dalla compagnia di Einstein), potremmo pensare che quanto scrive la nota rivista sia assurdo e vagamente ridicolo. La bizzarria di un commentatore.
Però c’è chi potrebbe indicare, alla base di quei ragionamenti, qualche filosofo importante.

Tutto ruota – come anni fa insegnava don Luigi Giussani – attorno al concetto di ragione che si ha. Per certi moderni (quelli di “Scientific American”) la ragione è come una scatola dentro la quale deve entrare tutto. Quello che non c’entra, magari perché è più grande, non esiste.
Per altre scuole di pensiero la ragione è come una finestra che si spalanca su un panorama che è più grande di lei. Quindi l’avventura della conoscenza è sempre un inoltrarsi nel mistero che ci avvolge e ci supera.

E’ così che il pensiero umano ha scoperto sempre nuove cose. E – di stupore in stupore – cerca la ragione ultima dell’essere.

NICHILISMO

A dire la verità ci sono stati dei filosofi greci che somigliavano ai pensatori di “Scientific American”. Ricordate Zenone di Elea, quello che sosteneva che il movimento non esiste? Non somiglia a coloro che oggi annunciano che “la vita non esiste”?
Il greco (i cui argomenti comunque non erano banali) fu confutato semplicemente da qualcuno che si alzò in piedi e prese a deambulare.
Anche la rivista americana potrebbe essere confutata concretamente mostrando una persona viva e un morto: “contra factum non valet argumentum”.

Tuttavia la replica è già contenuta nell’editoriale: “Non è che non ci siano differenze sostanziali tra esseri viventi e soggetti inanimati”, tuttavia “non troveremo mai una linea di demarcazione netta tra i due perché i concetti di vita e non-vita come categorie distinte sono proprio questo: concetti, non realtà”. Non è “una proprietà intrinseca” a rendere vive certe cose, ma “la nostra percezione di esse”.
Chi continuasse a ritenere ostinatamente che fra suo figlio e una pietra c’è una differenza sostanziale e incolmabile, chi pensasse che una creatura umana vivente non è una mera disposizione di atomi, dovrebbe prendere atto che oggi la mentalità dominante è quella espressa in un aforisma di Nietzsche: “non esistono fatti, ma solo interpretazioni”.

Idea in base alla quale per esempio si potrebbe anche argomentare che la realtà non esiste, ma esiste solo la nostra percezione di essa (e non esiste neanche la scienza, che diventa una fantasia fra le altre).
In effetti in base a questa mentalità ormai dominante oggi si sente teorizzare di tutto. La realtà si è persa e noi vaghiamo in un oceano di opinioni. A volte anche pazzoidi.
Sempre Nietzsche nel suo “Anticristo” aveva scritto: “Noi non facciamo più discendere l’uomo dallo spirito, l’abbiamo rimesso tra gli animali”.

Ora siamo andati oltre: l’uomo sta tra i minerali. Siamo meri grumi di atomi.
Una clamorosa eterogenesi dei fini per una cultura moderna che proclamava di essere nata dall’Umanesimo e dal Rinascimento che mettevano l’uomo al centro dell’universo.
Oggi l’essere umano vivente è un ferrovecchio da rottamare come una lavatrice obsoleta.

Sommessamente segnalo che Umanesimo e Rinascimento nacquero nell’alveo cristiano. Perché è il cristianesimo il vero illuminismo che ha esaltato l’uomo, la sua razionalità e ha salvato l’oggettività della realtà.
Senza questa radice, senza Dio – previde Chesterton – sparisce anche la realtà e si dovrà combattere per mostrare che i prati sono verdi e due più due fa quattro. Oggi siamo a questo punto.


Antonio Socci
Da “Libero”, 20 dicembre 2013