martedì 23 dicembre 2014

IL GENDER. UNA QUESTIONE POLITICA E CULTURALE



PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI MARGUERITE A. PETERS
DEL CARDINALE ROBERT SARAH

Grazie: questa è la prima parola che è uscita dal mio cuore ed è affiorata sulle mie labbra leggendo
questo libro. Vorrei innanzitutto esprimere la mia profonda riconoscenza a Marguerite A. Peeters, che
ci offre un’analisi calma, precisa e rigorosa dell’ideologia gender, osservandone le origini, lo sviluppo in Occidente e le ambizioni normative mondiali.

Secondo l’ideologia gender non esiste una differenza ontologica tra uomo e donna.
L’identità maschile o femminile non sarebbe insita nella natura, nella realtà, ma sarebbe unicamente da attribuire alla cultura: sarebbe il risultato di una costruzione sociale, un ruolo che gli individui interpretano mediante doveri e funzioni sociali. Secondo i suoi teorici, il gender è performativo e le differenze uomodonna sono soltanto oppressioni normative, stereotipi culturali e costruzioni sociali che bisogna decostruire per raggiungere la parità tra uomo e donna.
 
Marguerite A. Peters
In nome della libertà e della parità, le battaglie ideologiche gender obbediscono a esigenze individualistiche e soggettivistiche che mirano a organizzare la società senza rispettare la differenza sessuale.
Anche i tecnici di questa teoria e le potenti lobby che si rifanno ad essa si battono in favore di
una indifferenziazione dei sessi che chiamano “neutralità sessuale”: un fluido magmatico che mischia confusamente cose astratte ed è messo in movimento come fosse una nuova utopia di “liberazione del desiderio”, falsamente portatrice di una felicità universale. Lavorano allo smantellamento di quello che chiamano il “sistema binario” uomo-donna.

Come potete osservare, siamo di fronte a una rivoluzione che cerca di ribaltare l’ordine della
creazione dell’uomo e della donna come Dio l’ha concepito sin dalle origini nel suo disegno di amore eterno.
 Portata avanti dall’Occidente, questa rivoluzione si sviluppa in maniera subdola, nell’assenza
quasi totale di dibattito pubblico. Le conseguenze sono di una gravità estrema. Non riguardano soltanto
le scienze mediche, umane e sociali: le ricadute distruttrici potrebbero diventare sempre più evidenti
nella vita concreta delle persone individuali e delle società, ovunque viviamo.
Il gender consolida oggi le sue fondamenta e guadagna sempre più terreno. Un modo diverso di considerare il matrimonio, la famiglia, l’amore, la dignità umana, i diritti e la sessualità in una prospettiva essenzialmente soggettivistica si radica progressivamente e solidamente in Occidente, e tende a espandersi nel resto del mondo.



La teoria gender sta passando a un livello superiore, decisivo, trasformandosi in teoria queer.
Passa cioè a una volontà di «destabilizzazione identitaria e istituzionale generalizzata» perché la teoria
queer, spiega Marguerite A. Peeters, «non si ferma alla decostruzione del soggetto: si interessa
soprattutto alla decostruzione dell’ordine sociale. [...] Si tratta di seminare il dubbio sulle tendenze
normative dell’ordine sessuale, di introdurre il sospetto circa le “restrizioni dell’eterosessualità”, di
cambiare la cultura», di demolire le regole convenzionali.
Leggendo questo libro mi è venuto spontaneo pensare a Guy Coq: la nostra civiltà occidentale
postmoderna «è come un essere umano che cammina a ridosso di un abisso. Alcuni si avvicinano, altri
si allontanano. Ma non sanno dove esattamente si trovi l’abisso. Allora può accadere che un semplice
piccolo passo di troppo verso il bordo provochi la catastrofe definitiva. E il piccolo passo di troppo. Se
chi cammina vuole evitare il peggio, deve valutare con cura il suo percorso, cercare di capire che quel
passo dovrà essere evitato». Se i cambiamenti sovversivi promossi dal gender non smettono di
espandersi, le nostre civiltà potrebbero in effetti perdere il senso di ciò che l’umanità è e infine
«scomparire, non a vantaggio di un mondo perfetto, ma in una caduta verso la barbarie»2 e il
totalitarismo.
Ciò che rende la battaglia ancora più ardua e difficile è che la rivoluzione culturale arriva oggi, in
modo significativo, a disattivare il legame vitale che deve esistere tra diritto e verità, diritto e bene,
diritto e centralità della persona umana nella società. I diritti dell’uomo sono oramai sottomessi a
interpretazioni procedurali e al diktat dei falsi consensi. Una volta conclamati, questi consensi possono
essere evocati per far adottare convenzioni internazionali che diventano leggi negli Stati che li hanno
ratificati.
Sono le procedure politiche derivanti dalla governance mondiale che decidono per preteso consenso
che, per esempio, l’accesso universale alla contraccezione deve essere la priorità dello sviluppo, la
maternità è uno stereotipo da decostruire, certa manipolazione genetica giustifica il sacrificio degli
embrioni, l’aborto e l’eutanasia devono essere liberalizzati, le unioni omosessuali devono godere degli
stessi diritti del matrimonio. Questa stessa governance mondiale esercita forti pressioni sugli Stati
affinché si allineino a queste sue folli priorità ideologiche con lampante e scandaloso disprezzo del
benessere dei poveri di Paesi e culture non occidentali. I poveri non hanno diritti? Sono essi e il loro
sviluppo umano che dovrebbero essere al centro della cooperazione internazionale! Al contrario, la
frase: «I diritti gay sono diritti umani e i diritti umani sono diritti dei gay» [Hillary Clinton] sembra essere
diventata il leitmotiv di un discorso attuale della governance mondiale che, grazie ad esso, vuole
cambiare le culture dei popoli in favore della libera scelta, da parte degli individui, dei loro
“orientamenti sessuali”. Peggio ancora: nel momento stesso in cui i diritti dell’uomo sono utilizzati per
imporre questo genere di progetto ideologico, il segretario dell’Onu, in maniera sorprendente, dichiara
che «nessun costume o tradizione, nessun valore culturale o credenza religiosa può giustificare il fatto
che un essere umano venga privato dei suoi diritti umani». [Ban Ki-moon] Con quale diritto si
sacrificano le culture e la fede dei poveri in nome dell’omosessualità, o in nome degli idoli della
decadenza morale dell’Occidente?
Diventa necessario, oggi, sforzarsi con una certa urgenza di riconciliare il diritto con il matrimonio e
con la famiglia che sono un bene comune dell’umanità. Il matrimonio e la famiglia precedono il potere
politico, che ha l’obbligo di rispettarli nella loro struttura umana universale. Quando cercano di
smontarli in maniera sistematica, quando li snaturano rimpiazzandoli con le unioni civili, quando, in
nome dell’ideologia gender, ridefiniscono le coppie, il matrimonio, la famiglia, i discendenti per
privilegiare l’omosessualità e la transessualità fanno perdere all’umanità il senso della realtà e la ragione
delle cose e contribuiscono alla creazione di una cultura suicida. E semanticamente improprio assegnare
alle coppie omosessuali i termini “matrimonio” e “famiglia”, che implicano sempre e soltanto il rispetto
della differenza sessuale e l’apertura alla procreazione. L’omosessualità altera la vita coniugale e
familiare. Non può essere un riferimento educativo per i bambini. Li danneggia e li rovina in profondità
e in maniera irreversibile. E privare un bambino di un padre e una madre è una violenza inaccettabile.
In questo libro Marguerite A. Peeters mette in luce la gravità dell’errore che i Paesi occidentali
commettono quando passano dal rispetto dovuto alla dignità e ai diritti inalienabili di ciascun individuo,
qualunque sia la sua condizione, all’istituzionalizzazione di politiche e costumi antinomici rispetto al
matrimonio e alla famiglia. L’omosessualità è un non-senso nei confronti della vita coniugale e
familiare. E quanto meno nocivo raccomandarla in nome dei diritti dell’uomo. E imporla è un crimine
contro l’umanità. È inammissibile che Paesi occidentali e agenzie Onu impongano ai Paesi non
occidentali l’omosessualità e tutte le sue devianze morali, utilizzando argomenti economici affinché
rivedano la loro legislazione in materia e per di più condizionino l’aiuto allo sviluppo con l’applicazione
di norme assurde, sovversive, inumane e contrarie alla ragione e al senso delle realtà che maggiormente
caratterizzano l’umanità. Promuovere la diversità degli “orientamenti sessuali” fin nelle terre africane,
asiatiche, oceaniche, sudamericane significa condurre il mondo a una totale deriva antropologica e
morale: verso la decadenza e la distruzione dell’umanità!
I Paesi occidentali ci hanno abituato all’instabilità delle loro idee e alla costruzione di ideologie
alienanti e passeggere come furono il marxismo e il nazismo. L’esportazione delle loro ideologie nel
corso della storia ha da sempre causato gravi danni all’umanità. Il pensiero africano non può lasciarsi
colonizzare di nuovo. Dopo la schiavitù e la colonizzazione si sta cercando ancora una volta di umiliare
e distruggere l’Africa imponendole il gender. È fondamentale che gli africani non si facciano privare della
loro saggezza e della loro prospettiva antropologica che basano il matrimonio e la famiglia
esclusivamente sulla relazione tra un uomo e una donna. La filosofia africana proclama senza indugi:
l’uomo non è nulla senza la donna, la donna non è nulla senza l’uomo, ed entrambi non sono nulla
senza un terzo elemento che è un figlio. Un figlio è il dono più grande e più prezioso di Dio. È
l’espressione più sublime della generosa fecondità dell’amore e del dono reciproco degli sposi.
Una grande battaglia è iniziata, davanti ai nostri occhi, con potenti mezzi sovversivi che impiegano
ciò che Monique Wittig ha chiamato «macchine da guerra», in quanto colpiscono dritte la dignità della
persona, il matrimonio, la famiglia, mettendo in pericolo il futuro stesso dell’umanità. L’azione
corrosiva del gender, spiega Marguerite A. Peeters, è così efficace nel perseguire i suoi obiettivi che si
potrebbe essere presi da un sentimento di impotenza e anche soccombere davanti alla tentazione di
adottare un atteggiamento disfattista e dire: in ogni caso la catastrofe è assicurata, lasciamo che le cose
vadano come vanno. Ma volendoci impegnare in favore della vocazione eterna all’amore dell’uomo e
della donna, alla comunione e alla loro complementarità, Peeters ci incoraggia a non arrenderci e a
ricordare la vittoria del piccolo Davide contro il gigante Golia. La ringraziamo ancora perché, con
grande competenza e perspicacia, ci offre uno strumento di discernimento e mette nelle nostre mani le
«cinque piccole pietre» e una «fionda» per affrontare il «gigante» avanzando verso di lui come Davide,
«nel nome del Signore degli eserciti, Dio delle schiere d’Israele» (I Sam 17,45). Ci invita a rimanere
fermamente al di fuori del quadro ideologico della cultura gender, a camminare lungo il percorso del
discernimento e a conservare la speranza, mentre dobbiamo vivere nel bel mezzo della sovversione e
della confusione attuali, messi di fronte alle innumerevoli metamorfosi delle società occidentali e
violentemente scossi dalla forte tempesta che minaccia di far sprofondare nella decadenza l’umanità.
Il discernimento è decisivo. Inizia dal realismo. Si tratta di vedere le cose con distacco, di mettere le
realtà attuali nella giusta prospettiva, nella prospettiva più ampia possibile. Da un lato, dobbiamo essere
capaci di aprire gli occhi davanti alle realtà difficili e negative del nostro tempo, dall’altro mantenere il
nostro sguardo fisso su quelle che recano il segno del mistero di Dio. Anziché rinchiuderci in
atteggiamenti superficiali di accettazione o di rifiuto, ammettiamo che Dio venga a risvegliarci con le
scosse che subiamo e apriamoci alla luce trascendente della sua grazia. Dobbiamo «tornare alla fonte,
tornare alla casa del Padre» e mantenere la fiducia nella presenza efficace di Dio nella storia, una
presenza che passa dalla nostra attiva collaborazione e dal risveglio delle coscienze.
Marguerite A. Peeters riunisce e amplifica le convinzioni e le esortazioni di John Henry Newman,
secondo cui soltanto gli uomini e le donne di fede che «mettono a frutto ciò che ogni giorno, ogni ora
che passa ci insegna, possono riconoscere e percepire la forte presenza di Dio nel mondo. Ciò che,
quando ci viene incontro, sembra oscuro, riflette il sole di giustizia quando è già passato. Che questo ci
insegni almeno in futuro ad aver fede in ciò che non vediamo. Il mondo sembra andare come sempre.
Non c’è nulla di celeste sul volto della società; nelle notizie del giorno non c’è niente di celeste; sui volti
dei molti, dei grandi, o dei ricchi, o degli indaffarati, nulla di celeste; nelle parole degli eloquenti o negli
atti dei potenti o nei consigli dei saggi o nelle decisioni dei superbi o nei fasti dei ricchi, nulla di celeste;
tuttavia lo Spirito Santo, sempre benedetto, è presente. La presenza del Figlio eterno, dieci volte più
glorioso, più potente di quando calpestò la terra rivestito con la nostra carne, è qui con noi.
Conserviamo nel nostro spirito questa divina verità: più la mano di Dio è segreta più è potente, più è
silenziosa più è temibile. Viviamo sotto il temibile ministero dello Spirito, e chiunque parli contro di lui
rischia più di quanto si possa immaginare, chiunque gli fa pena perde più benedizione e gloria di quanto
si possa valutare».
Sì, nel bel mezzo delle nostre angosce e delle tempeste rivoluzionarie che affliggono l’umanità, la
presenza silenziosa e rassicurante di Dio è una certezza. È la nostra speranza! Raccomandiamo questo
libro e speriamo che sia letto in tutta l’Africa e in tutti i continenti, che susciti un dialogo onesto e
degno della grandezza e della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio, Padre, Figlio e
Spirito Santo.
Cardinale Robert Sarah Presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum

Roma, 24 agosto 2012

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