lunedì 29 giugno 2015

INTEGRISMO O CONCEZIONE UNITARIA DELLA VITA?

UN ARTICOLO DI M. CRIPPA SUL FOGLIO HA SUSCITATO ALCUNE REAZIONI CHIARIFICATRICI. LEGGI L'ARTICOLO SUI LINK


1) Ma quale "integrismo", quello è il problema dei nemici del Family Day


Luigi Amicone, direttore di Tempi, risponde alle critiche di Maurizio Crippa
di Luigi Amicone | 27 Giugno 2015 

Al direttore - E’ vero, l’articolo di Maurizio Crippa non è un articolo su Comunione e liberazione, ma è un articolo sul libro di Massimo Borghesi che suppone di mettere cappello “sul pensiero del Gius e, a quanto pare, marca già male in sede di presentazione quantunque ci dovremo sicuramente ricredere dopo una sua attenta lettura. "Integrismo" è il solo problema che non riguarda la piazza del Family day del 20 giugno e che invece riguarda gli avversari diretti e obliqui di quella piazza. Dedurre automaticamente un fare politico dal messaggio cristiano – un problema che Giuseppe Ruggieri affrontò in un pamphlet edito proprio da Cl non so in quale anno di grazia degli inizi Settanta – è tipico di quelle schiere evangeliche che faranno da cornice al gay pride 2015 e, in modi obliqui, di quei cattolici dei buoni sentimenti e delle buone maniere che, come Eugenio Scalfari, nei loro editoriali in dialogo con Io o con papa Bergoglio, trascinano con la fune il Vangelo sul palco dello spettacolo della correttezza politica.

E’ vero piuttosto che, finchè visse Giussani, Cl è sempre stata marchiata di integrismo. E’ altrettanto vero che spronando la sua gioventù alla battaglia e al paragone cristiano in ogni ambiente e in ogni dimensione, politica compresa, Movimento Poplare compreso, Formigoni compreso, Jaca Book di anni Settanta compresa, non per “integrismo” ma per concezione unitaria della vita umana, Giussani non ha mai avuto preoccupazioni di “teologia politica”, di “mediazioni” e di “distinzioni” che – galeotta fu la citazione di Crippa – ebbero invece intellettuali come Giuseppe Lazzati e cattolicesimo democratico a seguire.

Il quale cattolicesimo tanto “distingueva” e altrettanto “mediava” in “autonomia”, che non ha mai perso l’occasione (clericale) di lanciare i propri professori sul ring della politica, delle magistrature e ai vertici dei grandi (e profittevoli sul piano dei redditi) apparati statali, lato sinistra e gesuiti di Bartolomeo Sorge (però venivano tutti da turni quinquennali di studi disperatissimi improntati alla “scelta religiosa”, “i poveri”, “la critica al potere”, “la promozione umana"). Gli intellettuali fanno sempre questa operazione di “mettere cappello”. Ma con Giussani sarà dura. Come ha intuito un mio caro amico del Foglio, perché "Giussani era un uomo all’attacco". Punto. Attacco di ragione, di senso, di affezione. Era un uomo unito e dell’unità. Avrebbe stretto la mano a Kiko Arguello e gli avrebbe chiesto, "cosa possiamo fare?".

2) Ma il 20 giugno in piazza i veri fondamentalisti non c'erano

Il sociologo cattolico Massimo Introvigne risponde alle critiche di Maurizio Crippa e spiega che "la strada fra la Scilla del fondamentalismo e la Cariddi del laicismo e della scelta religiosa è stretta. Ma non strettissima"

di Massimo Introvigne | 26 Giugno 2015 

Caro Crippa,
Il tuo articolo è la critica più intelligente e articolata che ho letto alla manifestazione di Piazza San Giovanni, a fronte di tante sciocchezze e volgarità. Solleva certamente problemi su cui è bene che i dirigenti delle associazioni cattoliche riflettano. Io l'ho fatto e lo faccio, arrivando però a conclusioni diverse dalle tue.

Come sociologo studio il fondamentalismo da qualche anno, e mi appresto a pubblicare un nuovo volume sul tema in autunno, dove mi occupo anche del fondamentalismo cattolico. Preferisco parlare di fondamentalismo e non di integrismo, etichetta che nasce con fini polemici e che presenta problemi di definizione ancora maggiori del fondamentalismo. Quanto a quest'ultimo, fra tante definizioni mi convince questa, che è anche la più usata in sociologia: si tratta di una prospettiva dove la fede assorbe la ragione, e come conseguenza la religione assorbe la politica, ovvero si pretende di dedurre meccanicamente la politica dalla religione. Spesso, come giustamente scrivi, il fondamentalismo porta con sé il clericalismo – in Iran o in Italia – cioè il far guidare la politica dai preti.

Sono d'accordo con te: il fondamentalismo è una tentazione e un errore. C'è anche un errore speculare: il laicismo, che è cosa diversa dalla sana laicità, dove al contrario la ragione assorbe totalmente la fede e ne nega i caratteri specifici, e la politica alza una muraglia cinese nei confronti della religione, richiudendola nelle chiese e nelle sagrestie e negando ai credenti la possibilità di intervenire in quanto credenti nelle grandi questioni politiche e sociali.


Se i credenti si lasciano intimidire dal laicismo, nasce la "scelta religiosa", cioè l'auto-censura per cui si accetta di rimanere rinchiusi nelle sagrestie – o nelle sedi delle associazioni cattoliche – per timore di essere considerati fondamentalisti. Io non appartengo a Comunione e liberazione, ma ricordo come fosse ieri don Giussani esporre questa critica della "scelta religiosa" in una cena a Torino. Naturalmente, si espresse nello stesso senso decine di altre volte.

Eppure il problema che sollevi rimane. Il rischio del fondamentalismo esiste. Il rischio del clericalismo anche, ma non c'entra con piazza San Giovanni, di cui tutto si può dire meno che fosse una manifestazione convocata e guidata da preti e vescovi. Era semmai il contrario: il vero clericale, cioè chi, per dirla con Papa Francesco, era pronto a muoversi solo con l'assenso di "vescovi-pilota" il 20 giugno è rimasto a casa.

Esiste un fondamentalismo cattolico? Sì, oggi esiste, ma per capire come funziona dobbiamo sgombrare il terreno da ogni parallelo troppo stretto con il fondamentalismo protestante. Quest'ultimo pretende di dedurre la politica dalla Bibbia, con i noti problemi che tu segnali quanto agli Stati Uniti. Il nuovo fondamentalismo cattolico non conosce molto la Bibbia, preferisce il Catechismo – quello di San Pio X, però, non quello di San Giovanni Paolo II, anzi nega persino che Giovanni Paolo II sia santo – e vorrebbe dedurre la politica da una nozione ipostatizzata di Tradizione cattolica, che sarebbe grosso modo quanto la Chiesa insegnava appunto all'epoca di San Pio X e comunque prima del Vaticano II.  Ora non è obbligatorio leggere i blog di questo fondamentalismo, che ha al suo centro gli eredi di monsignor Lefebvre ma non si riduce a questi: anzi, è una lettura che sconsiglierei vivamente a chi non li segua per ragioni di studio. Io lo faccio, e il problema è che tutto questo mondo invitava a non andare a Piazza San Giovanni e attaccava - oggi continua a farlo - gli organizzatori con toni spesso violenti e inurbani.

Perché costoro a Piazza San Giovanni non c'erano? Precisamente perché sono fondamentalisti. Vorrebbero dedurre le leggi dal Catechismo di San Pio X. Non erano in piazza perché sapevano che la piazza non sarebbe stata contro le persone omosessuali, ma solo contro leggi giudicate nocive al bene comune. Chi sono io per giudicare gli omosessuali? Ma chi sono io per non giudicare le leggi, venendo meno al mio dovere di cittadino prima ancora che di cristiano?

I fondamentalisti sono dunque stati a casa, così come i clericali e i sostenitori della scelta religiosa. Ma allora in piazza chi c'era? La risposta è semplice. I cattolici normali, fedeli al Papa e al Magistero, che non sono né fondamentalisti né proni al laicismo, che non vogliono confusioni fra religione e politica ma nemmeno separazioni assolute, e trovano nella dottrina sociale della Chiesa la via media della collaborazione nella distinzione e nel rispetto delle rispettive autonomie delle due sfere.

Hanno torto anche il mio collega sociologo Marco Marzano, «sociologo-pilota» di tante interpretazioni del 20 giugno, e Pierluigi Battista. Non ci sono due Chiese, quella che sta con Papa Francesco è quella che è andata, con tanti non cattolici, a Piazza San Giovanni. Sono la stessa Chiesa, dove naturalmente convivono sensibilità diverse. I nemici fondamentalisti di Papa Francesco esistono: ma sono quelli che a Piazza San Giovanni avevano invitato a non andare.

Se per timore di essere chiamati fondamentalisti rinunciamo a fare politica cediamo al laicismo. Se per timore di cedere al laicismo ci lasciamo sedurre da slogan massimalisti che deducono la politica dalla religione torniamo al fondamentalismo. La strada fra la Scilla del fondamentalismo e la Cariddi del laicismo e della scelta religiosa è stretta. Ma non strettissima. Ci sono passate un milione di persone.


TORNARE A DON GIUSSANI

GIUSSANI E LA POLITICA, QUANDO LE CITAZIONI SONO PARZIALI

di Robi Ronza29-06-2015 LANUOVABQ

Sia alla scala internazionale per l’evidente incapacità dell’Occidente secolarizzato di dare una risposta reale alla sfida del terrorismo islamista (clicca qui), e sia alla scala nazionale a seguito della mobilitazione autoconvocata all’origine della sorprendente assemblea di massa dello scorso 20 giugno a Roma, la questione della presenza pubblica dei cristiani nel mondo in cui viviamo sta tornando con urgenza alla ribalta.


Nel nostro Paese ciò implica inevitabilmente una rinnovata attenzione per la vita, per il pensiero e per l’opera di Luigi Giussani, e per Comunione e Liberazione, il movimento ecclesiale che (quasi suo malgrado) gli nacque tra le mani.

In un’epoca, nel gelo della Guerra fredda, in cui tale presenza pareva ai più potersi risolvere con una delega quasi incondizionata al partito della Democrazia Cristiana, Giussani e Cl furono antesignani di una svolta, ben presto bollata come “integrismo” dall’ordine costituito del tempo, che venne pagata a caro prezzo dai più diversi punti di vista, da quello ecclesiale a quello politico-culturale. Oggi, in un contesto in superficie molto mutato, ma che nel profondo non fa che confermare le acute previsioni di Giussani su quello che sarebbe stato il nostro presente, tornare a lui diventa inevitabile.

Nell’Italia della seconda metà del secolo scorso Giussani fu il primo a dire chiaramente e a motivare in modo argomentato che il cristiano ha il diritto e il dovere di occuparsi da cristiano di tutto, compresa perciò la vita pubblica e quindi tra l’altro la politica. Per questo non solo fuori ma anche dentro la Chiesa venne accusato di “integrismo”, e a ciò rispose  esaurientemente in sede sia teorica che pratica. 
Sullo spunto dell’evento dello scorso 20 giugno a Roma, della valutazione al riguardo da parte della dirigenza di Cl nonché dell’adesione personale ad esso di un gran numero di “ciellini”, si è tra l’altro aperto un dibattito a proposito di  che cosa don Giussani avrebbe detto e fatto in circostanze del genere.

Dico subito che non intendo affatto contribuire a tale dibattito, e ciò anche per fatto personale. Essendo l’intervistatore e poi l’estensore del libro-intervista di Luigi Giussani oggi disponibile col titolo Il Movimento di Comunione e Liberazione, 1954-1986 (BUR/Rizzoli, Milano, 2014), che è la principale fonte diretta sulla nascita e sui primi trent’anni di sviluppo di Cl, ho sempre scelto di restare nel mio ruolo di testimone oculare, seppur privilegiato, senza mai pretendere di pormi per questo come interprete autentico del pensiero e dell’opera di don Giussani.

Ciò vale tanto più in questi tempi in cui spesso si cita, anche molto autorevolmente, un passaggio di tale libro:

quello ove si parla dell’«irrevocabile distanza critica» che vi deve essere tra Cl, quindi in senso lato la Chiesa, e i “ciellini” impegnati in politica, quindi in senso lato la sfera del potere civile. In un certo senso le citazioni sono appunti, che rimandano poi il lettore attento all’insieme del passo da cui sono tratte. Siccome vedo che questo non sempre accade, mi permetto di sollecitare chiunque voglia cogliere esattamente il senso di tali parole alla lettura di quel passaggio (pagine 152 e seguenti della suddetta edizione BUR).

Dopo aver preso le mosse dalla fondamentale affermazione secondo cui “il primo livello di incidenza politica di una comunità cristiana è la sua stessa esistenza”, un’affermazione dalla quale deriva tutto un insieme di rilevanti riflessi in sede pubblica, Luigi Giussani dice da un lato dell’«attiva simpatia» del movimento di Cl per quei suoi aderenti che sono impegnati nella vita politica e dall’altro dell’«irrevocabile distanza critica» nei loro confronti.
Posta in tale contesto quest’ultima non si riduce dunque alla sbrigativa presa di distanze, magari anche un po’ furba, per cui in questi ultimi tempi alcuni osservatori la vogliono far passare (clicca qui).
Senza ad ogni modo fare altri commenti rimando alla lettura del testo originale.


ALTRO CHE «DIRITTI LGBT», QUESTA È «PERSECUZIONE RELIGIOSA»


TEMPI Giugno 22, 2015 Benedetta Frigerio

«L’odio, per essere precisi, è verso i cristiani che esprimono il proprio credo pubblicamente». 

Intervista allo storico Geoffrey Alderman

Secondo Geoffrey Alderman, ebreo britannico e noto professore di storia per diverse università in Inghilterra e Stati Uniti (dalla University of London al Touro College di New York), ci sono casi di discriminazione verso i cristiani in Gran Bretagna che hanno «tutti i tratti distintivi della persecuzione religiosa».


Lo ha scritto in un articolo per il Jewish Chronicle tre settimane fa, e adesso ha accettato di spiegarlo anche a tempi.it.

E comincia compilando questo elenco: «La compagnia Asher Baking, di proprietà della famiglia McArthur, è stata messa sotto accusa per essersi rifiutata di scrivere su una torta uno slogan a favore delle unioni fra persone dello stesso sesso. Lillian Ladele è stata licenziata dall’Islington Council per le sue posizioni sul matrimonio. Un’insegnante cattolica è stata licenziata per essersi rifiutata di leggere una storia che parla di coppie dello stesso sesso con figli. Un’agenzia adottiva cattolica ha dovuto chiudere i battenti perché si rifiutava di accettare di privare i bambini della madre o del padre. Daintree Paper è stato costretto a chiudere i battenti del suo negozio per non aver posto sopra una torta nuziale le sagome di due uomini. Adrian Smith ha avuto lo stipendio decurtato del 40 per cento per aver detto che il cambiamento della legge sul matrimonio si spingeva troppo in là. Peter e Hazelmary Bull hanno pagato una multa salata perché nel loro bed & breakfast a Cornwall offrivano stanze matrimoniali solo alle coppie sposate. L’infermiera Sarah Mbuyi di Londra è stata licenziata per aver risposto a una domanda sul matrimonio a partire dalla sua fede. Su un rapporto della Commissione inglese per l’uguaglianza emerge il caso di un bambino umiliato fino alle lacrime e rimproverato dal suo maestro dopo aver detto che il matrimonio è solo fra uomo e donna. Andrew McClintock è stato costretto a dimettersi da magistrato perché convinto che un bambino non possa essere cresciuto da persone dello stesso sesso. L’autista di pullman Arthur McGeorge ha subìto un’azione disciplinare per aver condiviso una petizione a sostegno del matrimonio naturale. Gordon Wilson è stato allontanato dal board di un’associazione no profit per aver criticato la ridefinizione del matrimonio da parte del governo scozzese. Bryan Barkley, volontario da 18 anni della Croce Rossa, da quando ha esposto un cartello con scritto “no same-sex marriage” non può più prestare servizio. Ma l’elenco è ancora lungo».

Professor Alderman, lei ha deciso di denunciare «la persecuzione religiosa subita dai cristiani in Gran Bretagna in questi anni». Non teme ritorsioni?
Quando ho visto com’è finito il caso del pasticciere condannato in Nord Irlanda ho capito che era stata davvero oltrepassata la linea. Credevo che le unioni civili servissero a tutelare i diritti delle persone, ma ora è palese che l’obiettivo è un altro: imporre una visione univoca attraverso il loro ottenimento.

Stando agli annunci, l’intenzione del legislatore è sempre quella di intervenire contro la discriminazione delle persone con tendenze omosessuali, non contro i cristiani. Ma allora come si giustificano gli episodi elencati?
Non c’è nessuna legge esplicita contro i cristiani, ma il fatto che ne esista una, l’Equality Act, in cui si ritiene discriminatorio pensare che lo stile di vita di questa minoranza di persone sia errato, di fatto mette in pericolo la loro libertà di espressione. L’odio, per essere precisi, è verso i cristiani che esprimono il proprio credo pubblicamente. Non li ho citati, ma ci sono casi dove le persone sono state licenziate solo per il fatto di indossare simboli religiosi. A dimostrare che l’accanimento è verso i cristiani c’è anche il fatto che, ad esempio, nessun musulmano è mai stato discriminato per le sue idee o per i simboli che indossa.

Eppure alcuni attivisti Lgbt arrivano a sostenere di essere i nuovi ebrei.
Questa propaganda è spazzatura! È falsa e offensiva. È vero il contrario. La minoranza Lgbt sta ingaggiando una vera e propria persecuzione nei confronti di altri gruppi religiosi. Sono tanti ad accorgersene: so che persino alcuni omosessuali, che non sposano le idee della lobby Lgbt, non sono contenti delle leggi sul matrimonio e non pensano di essere discriminati. Ma la lobby lo fa credere a tanti, e attraverso queste imposizioni normative vuole imporre la sua visione, senza che nessuno possa dissentire. Il fascismo è questo.

Oltre alle campagne per i “diritti”, con quali strumenti imporrebbero la loro visione?
Con la paura: per silenziare i dibatti basta accusare gli altri di omofobia. Voglio aggiungere che il primo ministro Cameron porta la responsabilità di tutto questo, perché lo ha permesso introducendo il matrimonio fra persone dello stesso sesso. E a questa colpa se ne aggiunge un’altra: nel 2010, in un’intervista a Sky, disse che non aveva la minima intenzione di legiferare in questo senso. Ci ha ingannati.

Perché i governi avrebbero interesse a fare proprie queste pretese e a permettere la discriminazione dei cristiani?
È l’imposizione del “politically correct”. Il fascismo serve a controllare le persone.





COSA VUOL DIRE CHE È “INACCETTABILE” OPPORSI AL REGIME POLITICALLY CORRECT?


TEMPI Giugno 28, 2015 Luigi Amicone

«Inaccettabile» è chiunque si opponga all’utopia in cui l’indifferenza sessuale viene presentata come il più puro archetipo dell’amore


Se volete sapere cosa c’è nel catalogo di Ivan Scalfarotto, militante Lgbt e sottosegretario Pd nel governo Renzi, che dichiara «inaccettabile» la piazza delle famiglie, prendete fiato e correte a leggere l’intervista della nostra Benedetta Frigerio a Geoffrey Alderman su tempi.it. Ebreo britannico e professore di storia alla University of London al Touro College di New York, ci ha fatto un elenco impressionante di persone perseguitate, arrestate, licenziate, messe all’indice in Gran Bretagna, grazie alle leggi conseguenti al riconoscimento del “same-sex marriage”.

Infatti, cosa c’è nel “mondo nuovo” dei “diritti” e delle leggi secondo l’agenda gay? Per esperienza – nei fatti, solo fatti – evidenziati dallo stesso Alderman, c’è solo prepotenza ideologica e Stato di polizia. Come governano? «Con la paura: per silenziare i dibattiti basta accusare gli altri di omofobia. È l’imposizione del “politically correct”. Il fascismo serve a controllare le persone». Vi è più chiaro adesso a cosa servono piazze come quelle viste a Roma sabato 20 giugno?

«Inaccettabile» è dunque chiunque si opponga al fascismo del politicamente corretto.
Ma perché l’Italia non si è ancora adeguata alla linea Usa e Ue in materia? È un grave imbarazzo per il complesso di posizioni dominanti in Occidente che Roma non sia ancora capitolata davanti al rimpiazzo della ragione con l’eccitazione emotiva e allo svalvolamento dell’educazione del popolo per lasciar posto all’istruzione di una folla solitaria di Peter Pan che hanno imposto leggi e impregnato il marketing delle aziende multinazionali.

Marxismo e fascismo si sono presi per mano trascolorando le loro bandiere nei vessilli arcobaleno di una utopia non meno mortifera delle “idee assassine” del secolo scorso. Utopia in cui l’indifferenza sessuale viene presentata come il più puro archetipo dell’amore e perciò come “diritto dell’amore ad avere figli”.

Sventrare nella testa dei bambini e della società non il dato “tradizionale” e lo “stereotipo”, ma il fatto evidente e reale che “famiglia” è un uomo e una donna e che solo da un uomo e una donna scaturisce l’avvenimento della natalità, è il supremo tentativo del potere di strappare l’umano al mistero e il mistero dalla vita umana. È seminare vento per raccogliere tempesta. Menzogna che genera violenza.

Nessuno però potrà dire che siamo stati in silenzio. E che non ci sia stato in Italia un popolo che aveva capito tutto. Ma dove sono i sapienti? Dove i giornalisti, gli intellettuali, la gente perbene e famosa, di cultura e di giustizia, di intrattenimento tv e di politica, cinica omologazione, per “sondaggio” e per paura?

Dove sono tutti costoro quando il nuovo fascismo comunica per bocca di un sottosegretario di governo – e del governo presieduto da un cattolico, un boy scout, un gentile e simpatico gran comunicatore – che «è inaccettabile» che il popolo scenda in piazza per dire democraticamente e pacificamente la verità, nient’altro che la verità?


giovedì 25 giugno 2015

LE PREOCCUPAZIONI DI UN VESCOVO: VEGLIARE, SORVEGLIARE, SVEGLIARE

GRANDE MESSAGGIO DEL VESCOVO DOUGLAS REGATTIERI
ALLA CITTÀ DI CESENA 
NELLA FESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

24 GIUGNO 2015

FAMIGLIA E' BELLO

Vi confesso, fratelli carissimi, che nel momento in cui mi accingo a scrivere il messaggio per san Giovanni, tradizionalmente rivolto alla Città, sento particolarmente forte la mia responsabilità di vescovo, per il tema che desidero affrontare.
San Giovanni Battista, scultura di Leonardo Lucchi, Cesena

      1. LA PREOCCUPAZIONE DEL VESCOVO

La responsabilità che porto sulle mie spalle è accompagnata da una preoccupazione che è, a sua volta, alimentata da almeno tre fattori:

1. dalle frequenti sollecitazioni di papa Francesco che più volte si è rivolto a noi vescovi invitandoci ad assumere atteggiamenti di prossimità verso la gente. Il papa ci chiede di avere più franchezza e più coraggio. In fondo, ci chiede di essere fedeli alla nostra missione di pastori, vicini alla gente, di pastori vigilanti che sentono, vivono e condividono i problemi della gente;
2. da ciò che sta per accadere nel nostro Paese (in tutto l’Occidente) o capiterà se certe leggi andranno malauguratamente in porto sulla realtà della famiglia;
3. dal tema dell’anno pastorale che stiamo per concludere. Pur volendo dare un taglio ‘laico’ a questo messaggio (come è stato nelle mie intenzioni anche gli anni scorsi) non posso tuttavia dimenticare, come pastore di questa Chiesa, che è dal settembre 2014 che concentriamo con particolare attenzione il nostro impegno su questa tematica. La preoccupazione di portare con consapevolezza la responsabilità pastorale che mi è stata affidata si accresce ancora di più se penso ai disegni di legge che sono in Parlamento e che costituiscono veramente dei progetti di sfaldamento della famiglia naturale.

Mai come in questo momento sento il dovere di vigilare, sorvegliare e svegliare. Uso volutamente questi tre verbi, che in questo momento della vita sociale del nostro paese sento particolarmente urgenti per il mio servizio di vescovo. Mi lascio toccare dalla Parola di Dio, a cui non voglio sfuggire. Mi riferisco a quanto ha vissuto anche san Paolo in un passaggio delicato della sua vita (mi perdoni l’Apostolo di questo ardito confronto!), quando di notte in visione una voce gli ha intimato: «Non aver paura; continua a parlare e non tacere, perché io sono con te» (At 18, 9-10). E ancora, parlando agli anziani di Efeso: «Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge» (At 20, 29). Credo che queste parole diano la misura del grave pericolo che stiamo vivendo per il bene dei figli, delle famiglie e della società.

2. COME SAN GIOVANNI
Nella festa di san Giovanni, mettendo al centro la figura del Battista, ci sentiamo obbligati salutarmente a riascoltare le sue parole quando sulle rive del fiume dove battezzava, rivolgendosi ai farisei e ai sadducei, si scagliava contro il perbenismo e il formalismo religioso: «Razza di vipere… non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”» (Mt 3, 8-9); o quando, smascherando la corruzione dei pubblicani e dei soldati, non aveva paura di dire: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato… Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe» (Lc 3, 13-14); ma soprattutto quando dal buio del carcere, dove Erode lo aveva cacciato, gridava: «Non ti è lecito tenere con te la moglie di tuo fratello» (Mc 6, 18). Come lui ha vegliato, sorvegliato e svegliato il popolo che attendeva il Messia, così anche noi ripetiamo: non è lecito a nessuno disgregare una istituzione naturale che è alla base della società. 

È la ragione, prima ancora della fede, a darci le coordinate di un sentire condiviso e di un’azione comune su questo punto. È la Costituzione italiana prima ancora della Bibbia (che pur la precede di millenni) a mettere al centro della vita sociale quello che essa chiama «società naturale fondata sul matrimonio» (art. 29).  

3«LA FAMIGLIA È SOTTO ATTACCO»

SWORDS WILL BE DRAWN TO PROVE THAT LEAVES ARE GREEN IN SUMMER

SPADE VERRANNO SGUAINATE PER DIMOSTRARE 
CHE LE FOGLIE SONO VERDI IN ESTATE 
(CHESTERTON)




GRAZIE AL MILIONE DI CUORI GRANDI, CHE NON SI SONO FATTI FRENARE
DALLE PICCOLE ALCHIMIE ECCLESIASTICHE
E CHE OGGI ERANO A ROMA.

IO HO "SOLTANTO" PREGATO PERCHE' LA MANIFESTAZIONE AVESSE SUCCESSO


DUE LINK AI POST DI QUI E ORA CON REPORT DAGLI AMICI CHE SONO ANDATI A ROMA



lunedì 22 giugno 2015

NEGRI: UN MILIONE DI CUORI GRANDI

NEGRI: UN MILIONE DI CUORI GRANDI, CHE NON SI SONO FATTI FRENARE DALLE PICCOLE ALCHIMIE ECCLESIASTICHE

«Il mio primo sentimento è di gratitudine al Signore che ha permesso una cosa grande per la vita della Chiesa italiana e per la vita del popolo italiano». Monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, tra i primissimi vescovi a sostenere l’idea di una manifestazione pubblica a difesa della famiglia e dei bambini, è particolarmente soddisfatto della grande festa della famiglia che si è celebrata sabato 20 giugno in Piazza San Giovanni. Ha seguito tutto il giorno lo svolgersi della manifestazione, stando al telefono con gli amici presenti a Roma. «È una cosa grande che è potuta accadere perché ha trovato un milione di uomini grandi, un milione di cuori grandi, cioè disponibili ad agire senza farsi frenare dalle piccole alchimie delle valutazioni scientifico-politiche».


Una manifestazione preparata in 18 giorni, senza sponsor istituzionali, nel silenzio dei media. C’erano legittimi timori sull’esito e anche sull’efficacia reale dal punto di vista politico.
Già, come se la grande battaglia di Lepanto fosse stata fatta sulla previsione della vittoria. Fu fatta prevedendo che sarebbe stata una sconfitta. Tutti, dal re di Polonia fino all’ultimo servente di mulo ricevettero la comunione in articulo mortis. O come se quelli che hanno manifestato contro il comunismo nelle piazze di Danzica, di Varsavia, di Cracovia avessero valutato che c’era una certa previsione che il comunismo cadesse. Avessero ragionato come tanti ecclesiastici e uomini di cultura oggi in Italia, avrebbero detto che era inutile fare la manifestazione perché il comunismo non sarebbe caduto. Come invece cadde, anche per queste manifestazioni.

Fortunatamente non sono stati fatti questi calcoli.
Il popolo giustamente ha seguito l’instinctus fidei, quell’istinto della fede per cui il popolo attese all’uscita i vescovi che partecipavano al Concilio di Efeso del 431 imponendo quasi manu militari la dichiarazione della Madonna come Theotokos, madre di Dio.
Ecco questa a me pare la grande esperienza di un popolo cattolico e laico che ritrova il senso della propria dignità, il senso della propria cultura, il senso del proprio servizio al bene comune, per il quale fa un gesto magari piccolo ma che diventa significativo nel contesto della vita sociale.

Non tutti nella Chiesa hanno aderito, ci sono state anche pressioni contrarie.
Di fronte a questo popolo credo che stia la meschinità di tante valutazioni culturali, politiche, ecclesiastiche che non hanno saputo cogliere la domanda che sale dal basso. Comunque certamente mancavano in piazza cattolici di varia estrazione a cui forse è bastato l’elogio di un difensore appassionato della Chiesa e della libertà quale è Alberto Melloni (cfr. articolo sul Corriere della Sera del 19 giugno, ndr). Ma quando si ricevono elogi di quel tipo lì, se si aguzza bene l’orecchio si sente ancora il tintinnare dei 30 denari.

Qualche polemica c’è stata anche a proposito di certe posizioni nella Conferenza episcopale.
Credo sia molto importante chiarire che la responsabilità pastorale è esplicitamente delegata agli ordinari, ai singoli vescovi nelle loro diocesi, e non alla Cei. La Cei al massimo può dare direttive che poi sono sottoposte alla discrezionalità degli ordinari locali. Mi sembra quindi giusto dare onore a quel gruppo di cardinali, arcivescovi e vescovi che si sono assunti pienamente la responsabilità di indicazioni a favore della manifestazione. Il popolo, dove è stato guidato, ha trovato il conforto dei pastori e ha saputo utilizzare questo confronto per fare una cosa significativa per sé, per la Chiesa e per la società.

In ogni caso l’impressione avuta sabato in piazza San Giovanni era quella di un popolo che si è autoconvocato, e anche alcuni commentatori hanno dovuto riconoscere questa novità.
A questo proposito credo che si apra un problema reale, quello della legittimazione dell’autorità. Delle autorità culturali, politiche, sociali e per certi aspetti di certe autorità religiose nei confronti di questo popolo che è avanti. Un popolo che non chiede di essere telecomandato o sostituito nelle decisioni – altrimenti in piazza san Giovanni ci sarebbe stata solo qualche decina di persone -, ma che chiede di essere educato nelle azioni. C’è un impeto di presenza culturale, sociale e politica, di missione ecclesiale che coloro che ai vari livelli hanno una qualche responsabilità devono farsi interrogare. Tutti dobbiamo chiedere a noi stessi e alla nostra coscienza il livello di corrispondenza fra il nostro popolo - quello cristiano anzitutto, ma anche quello laico che ha pure dei riferimenti autorevoli - e coloro che guidano. Perché io ritengo che questa pressione del popolo sulle strutture istituzionali e civili non debba ridursi, non debba rallentare. Certo non si può fare un Family Day ogni anno, però si possono trovare modi e tempi per questa pressione legittimamente democratica. 

La politica è stata spiazzata da questo evento, e da parte di chi sta promuovendo la distruzione della famiglia c’è stata una reazione rabbiosa. Abbiamo anche sentito il sottosegretario alla presidenza del Consiglio affermare che si è trattato di «una manifestazione inaccettabile».
Io non ho il compito di fare osservazioni di carattere politico, e in questi dieci anni di episcopato mi sono rigorosamente attenuto a questa discrezione sulle scelte partitiche. Ma posso dire con molta tranquillità che ho guardato con una certa simpatia i tentativi di riforma dell’attuale presidente del Consiglio perché l’Italia ha veramente bisogno di riforme per uscire da questa situazione stagnante. Ma se dalla presidenza del Consiglio arrivano questo genere di affermazioni che non vengono smentite, allora bisogna dire, caro presidente del Consiglio, per lei è inaccettabile la libertà di espressione, la libertà di cultura, la libertà di proporre lealmente e pacificamente nel contesto sociale posizioni che hanno una loro identità e una loro dignità. Questa è paura della libertà. E come può fidarsi un popolo di un presidente del Consiglio che ha paura della libertà?

Pierluigi Battista, sul Corriere della Sera, vede il popolo di piazza san Giovanni in contrapposizione al pontificato di Francesco, che – secondo lui – al contrario della piazza non vuole uno scontro con il mondo.
Come è stato giustamente detto, in tutti gli interventi almeno degli ultimi sei-sette mesi sulla questione famiglia e gender, il Papa non solo è stato chiarissimo ma è stato decisissimo nel chiedere opportuni interventi di presenza della società. Mi dispiace che un giornalista che ho sempre ritenuto serio, arrivi a questi mezzucci che non hanno nessuna consistenza di carattere filologico, scientifico. Bisogna accettare che il popolo italiano, cattolici in maggioranza ma anche molti laici, ha seguito la chiarezza delle posizioni e non le meschinerie e i miscugli di carattere parascientifico. La realtà è questa: un milione di persone ha seguito indicazioni chiare, partendo dalle indicazioni di papa Francesco e seguendo indicazioni non meno chiare di un gruppo significativo - qualitativamente e quantitativamente - di vescovi italiani. Piaccia o no le cose stanno così. Riflettiamo su ciò che c’è e non su ciò che sarebbe stato augurabile che accadesse. Il giornalista informa a partire dalla realtà, non dalle sue farneticazioni.


venerdì 19 giugno 2015

BISOGNA CHE IL POPOLO COMBATTA PER LA LEGGE COME PER LE MURA DELLA CITTÀ

 INTERVISTA AL CARDINALE CARLO CAFFARRA

di Luigi Amicone, da Tempi
leggi tutta l'intervista su www.tempi.it

(...) 
Non ci resta che domandarle un pensiero sulla giornata del 20 giugno a Roma, dove cattolici e non cattolici manifesteranno perché venga mantenuto intatto a livello legislativo il principio che il matrimonio è tra un uomo e una donna e che il diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre, a essere educato e non manipolato con l’ideologia gender, va salvaguardato da ogni desiderio degli adulti e ogni istruzione di Stato.

«Non ho nessun dubbio nel dire che è una manifestazione positiva perché, come le dicevo, noi non possiamo tacere. Guai se il Signore ci rimproverasse con le parole del profeta: cani che non avete abbaiato. Lo sappiamo, nei sistemi democratici la deliberazione politica è presa secondo il sistema della maggioranza. E mi va bene perché le teste è meglio contarle che tagliarle. Però, di fronte a questi fatti non c’è maggioranza che mi possa far tacere. Altrimenti sarei un cane che non abbaia. Mi preme soprattutto, e ho molto apprezzato che quella giornata sia impostata su questo: la difesa dei bambini. Papa Francesco ha detto che il bambino non può essere trattato come una cavia. Si fanno degli esperimenti pseudo pedagogici sul bambino. Ma che diritto abbiamo di farlo? La cosa più tremenda, il logos più severo detto da Gesù, riguarda la difesa dei bambini».
«Quindi secondo me l’iniziativa romana è una cosa che andava assolutamente fatta. Il giorno dopo il Parlamento magari farà questa legge che riconoscerà le unioni tra persone dello stesso sesso. La faccia. Però sappia che è una cosa profondamente ingiusta. E questo glielo dobbiamo dire quel pomeriggio a Roma. Quando il Signore dice al profeta Ezechiele: “Tu richiama” e sembra che il profeta dica: “Sì, ma non mi ascoltano”. Tu richiama e sarà chi è da te richiamato responsabile, non tu, perché tu l’hai richiamato. Ma se tu non lo richiamassi, sei responsabile tu. Se noi tacessimo di fronte a una cosa così, noi saremmo corresponsabili di questa grave ingiustizia verso i bambini, che sono stati trasformati da soggetto di diritti come ogni persona umana, in oggetto dei desideri delle persone adulte. Siamo tornati al paganesimo, dove il bambino non aveva nessun diritto. Era solo un oggetto “a disposizione di”. Quindi, ripeto, secondo me è un’iniziativa da sostenere, non si può tacere».


mercoledì 17 giugno 2015

PERCHE' SARO' A ROMA IL 20 GIUGNO


RODOLFO CASADEI 
da TEMPI
PRIMA PARTE

«Reagiremo ogni volta che la vita umana è minacciata. Quando il carattere sacro della vita prima della nascita viene attaccato, noi reagiremo per proclamare che nessuno ha il diritto di distruggere la vita prima della nascita. Quando si parla di un bambino come un peso o lo si considera come mezzo per soddisfare un bisogno emozionale, noi interverremo per insistere che ogni bambino è dono unico e irripetibile di Dio, che ha diritto ad una famiglia unita nell’amore. Quando l’istituzione del matrimonio è abbandonata all’egoismo umano e ridotta ad un accordo temporaneo e condizionale che si può rescindere facilmente, noi reagiremo affermando l’indissolubilità del vincolo matrimoniale. Quando il valore della famiglia è minacciato da pressioni sociali ed economiche, noi reagiremo riaffermando che la famiglia è necessaria non solo per il bene privato di ogni persona, ma anche per il bene comune di ogni società, nazione e stato» (San Giovanni Paolo II, Washington, 7 ottobre 1979)

«Riguardo alle nozze gay credo che non si debba parlare solo di una sconfitta dei principi cristiani, ma di una sconfitta dell’umanità» (card. Pietro Parolin, segretario di Stato Santa Sede, 26 maggio 2015).

«Il gender si nasconde dietro a valori veri come parità, equità, autonomia, lotta al bullismo e alla violenza, promozione, non discriminazione ma, in realtà, pone la scure alla radice stessa dell’umano, per edificare un ‘transumano‘ in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità.(…) Genitori che ascoltate, volete questo per i vostri figli? Che a scuola – fin dall’infanzia – ascoltino e imparino queste cose, così come avviene in altri Paesi d’Europa? Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza lasciarsi intimidire da nessuno, perché il diritto di educare i figli nessuna autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di usurparlo. È necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della ragione dal sonno indotto a cui è stata via via costretta». (card. Angelo Bagnasco, presidente Cei, 23 marzo 2015)

«La Chiesa ha una responsabilità per il creato e deve far valere questa responsabilità anche in pubblico. E facendolo deve difendere non solo la terra, l’acqua e l’aria come doni della creazione appartenenti a tutti. Deve proteggere soprattutto l’uomo contro la distruzione di se stesso. (…) Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rende artificiale il concepimento, la gestazione e la nascita dell’uomo, se si sacrificano embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e, con esso, quello di ecologia ambientale». (Benedetto XVI, Caritas in Veritate, n. 51)

«I nostri ragazzi, ragazzini, che incominciano a sentire queste idee strane, queste colonizzazioni ideologiche che avvelenano l’anima e la famiglia: si deve agire contro questo. (…). Queste colonizzazioni ideologiche, che fanno tanto male e distruggono una società, un Paese, una famiglia. E per questo abbiamo bisogno di una vera e propria rinascita morale e spirituale».
(papa Francesco, Convegno ecclesiale della diocesi di Roma, 15 giugno)

Dovrebbe essere tutto molto chiaro, il dovere dei cristiani di difendere la vita e la natura umana non solo con la testimonianza personale ma anche con l’azione politica è qualcosa a cui non ci si può sottrarre.

Eppure di giorno in giorno aumenta il numero dei cattolici che criticano, ostacolano, condannano, emarginano quei cattolici che si impegnano pubblicamente in difesa dei bambini delle scuole materne ed elementari che si vorrebbe sottoporre a quel lavaggio del cervello e condizionamento psichico chiamato “educazione al gender” e contro il progetto di sfiguramento e reificazione dell’umano che sta dietro la richiesta di legalizzazione delle unioni fra persone dello stesso sesso.

A chi partecipa a miti iniziative come le Sentinelle in piedi o la manifestazione “Difendiamo i nostri figli” del 20 giugno a Roma capita di essere accusati di insensibilità, ideologismo, moralismo, militantismo, imposizione del punto di vista cristiano a chi non è cristiano, violazione della libertà di scelta altrui, propensione allo scontro anziché al dialogo e persino omofobia!

La cosa è triste, ma non certo inedita. Sin dai primi anni dopo Cristo i cristiani hanno dato spettacolo delle loro divisioni, e a volte è stato uno spettacolo cruento, che ha visto spargere sangue e condannare al rogo non metaforicamente l’eretico di turno. Qualche progresso da allora s’è fatto, normalmente la violenza fisica è evitata, ma quella morale –fatta di parole alle spalle, esclusioni, rancori, disistima – purtroppo è ancora molto comune. Temo che questo fenomeno durerà fino alla fine dei tempi, come tutte le altre infermità della condizione umana.

Io parteciperò alla manifestazione di sabato, e qui di seguito do le ragioni della mia decisione. Non esprimo giudizi sulle scelte altrui diverse dalla mia, voglio solo motivare in positivo quello che sto per fare, per evitare fraintendimenti ed equivoci e per restare in dialogo con chi agisce diversamente.

Anzitutto non c’entrano niente valori, principi, ideali. No, no: non c’entrano niente. La mia partecipazione è anzitutto un tentativo di tradurre in pratica in una situazione data i primi due comandamenti del Decalogo, che sono rivolti a me come a ogni altro essere umano: Amerai il Signore e Amerai il prossimo tuo come te stesso.
In secondo luogo – ma è solo una distinzione per chiarezza di esposizione, in realtà il secondo punto è solo un annesso del primo -, è il tentativo di denunciare e combattere l’ideologia totalitaria che in modo strisciante sta prendendo il potere nel mondo occidentale.

Ideologia del gender chiamiamola per comodità, ma io propongo una nuova definizione, quella di “postsessualismo”, perché è evidente che l’obiettivo ultimo del progetto rivoluzionario è di abolire la differenza sessuale come differenza data e fondante le istituzioni della società, in nome dell’egualitarismo e dell’autodeterminazione del singolo individuo. Che questa ideologia sia totalitaria non starò a spiegarlo con una dissertazione filosofica, qui è meglio offrire qualche banalissimo esempio: quando un premio Nobel viene linciato sulla piazza mediatica e costretto a dimettersi dall’universo solo perché ha detto che le donne piangono più spesso degli uomini, quando una ditta di pannolini è obbligata a ritirare una pubblicità perché in essa si sottolinea che le bambine pisciano in modo diverso da quello dei maschi, quando un pasticciere viene condannato da un tribunale non perché ha rifiutato di vendere una torta a una coppia di persone dello stesso sesso, ma perché si è rifiutato di scriverci sopra “Sì al matrimonio gay”, quella cosa di fronte alla quale ci troviamo si chiama totalitarismo, e il fatto che pochi protestino di fronte a questi atti intimidatori e ingiusti significa che il totalitarismo ha fatto breccia nelle menti così come nelle legislazioni.

Cominciamo con la questione dell’amore per il prossimo. I bambini ai quali è destinato l’indottrinamento psicopatogeno del gender sono il mio prossimo, e in quanto uomo e cristiano sono chiamato a prendere le loro difese, a fare qualcosa perché gli sia risparmiato questo male, a oppormi all’ingiustizia che è fatta loro. Qui c’è un’aggressione, e quando c’è un’aggressione il dovere di tutti gli esseri umani, in prima fila i cristiani, è di difendere gli aggrediti. Su questo punto nessun uomo e nessun cristiano possono mantenersi neutrali, in proporzione alle loro possibilità di intervento hanno il dovere di intervenire. Davanti al male, all’ingiustizia, ai delitti contro i più deboli e i più poveri, alla reificazione dell’uomo, alla negazione della sua dignità, cristiani e uomini di buona volontà sono provocati ad agire. Il comandamento dell’amore per il prossimo implica anche di battersi per difendere l’orfano, il povero, la vedova.

Un mio amico mi ha obiettato: «Così facendo tu intervieni a valle, sugli effetti, mentre bisogna intervenire a monte sulla causa. La politica è poco efficace, perché si occupa delle conseguenze, invece l’educazione è decisiva, perché cambia il soggetto. Occorre concentrare le forze sul cambiamento del soggetto, così le sue azioni diventeranno virtuose e rinuncerà a fare il male».


Sono d’accordissimo che bisogna operare per il cambiamento del soggetto. Nobile cosa è l’educazione, prevenire è meglio che curare, ma ahimè la realtà ci pone di fronte a situazioni che richiedono interventi diretti, con un uso legittimo della forza. Forza materiale o forza politica, a seconda delle circostanze. Al mio amico ho replicato: «Amico mio, tu hai due figlie giovani. Se mentre le accompagni a casa da una festa ti si avvicinano due mascalzoni, e uno cerca di strappare la borsetta alla prima figlia, e l’altro molesta sessualmente la seconda, tu cosa fai? Dici: “fermatevi, l’essere umano è chiamato a riconoscere un bene nell’altro essere umano, voi siete migliori di così, venite a pregare con me e sarete illuminati, guardate nei miei occhi e scoprirete l’amore di Cristo”, oppure molli calci e pugni per dissuaderli dalle loro cattive intenzioni? Cerchi di cambiare la coscienza che di sé ha il soggetto, o cerchi di neutralizzare l’azione che quel soggetto sta compiendo?». L’amico mi ha risposto che avrebbe difeso fisicamente le figlie dall’assalto, ma che poi si sarebbe preoccupato di ritrovare i due manigoldi e di cercare di impegnarli in un cammino di crescita umana. Perfetto, ho detto, allora siamo d’accordo. Quando c’è un’aggressione, prima di tutto si risponde all’aggressione, in nome del buon diritto degli aggrediti. Poi si dialoga e si educa. Se la controparte è disponibile e interessata, perché nessuno è obbligato a dialogare con me o a farsi educare da me.

martedì 16 giugno 2015

ANCH’IO VESCOVO ADERISCO ALLA MANIFESTAZIONE PER LA FAMIGLIA


di Giampaolo Crepaldi 
16-06-2015


Sabato si terrà a Roma, in Piazza San Giovanni, la manifestazione indetta dal comitato “Difendiamo i nostri figli”. Il nostro Osservatorio Cardinale Van Thuân di Trieste aderisce alla manifestazione e invita a partecipare. Sono in atto dei poteri molto forti, presenti e attivi nella politica, nell’economia e nella società, che stanno imponendo, in modo violento anche se apparentemente democratico, un’etica nuova e addirittura una nuova visione di uomo e di donna, di procreazione e di famiglia. La rete di alleanze che operano a questo fine è molto diffusa ed è presente nella pubblica amministrazione, nei sindacati, nell’associazionismo, negli ordini professionali, oltre che nella politica. 

Si può parlare di un “blocco storico”, ossia un blocco di interessi ideologici ed economici che si faprepotente e che non tollera opposizione. La libertà di espressione e di coscienza è seriamente messa in pericolo. Due sono i principali teatri d’azione di questo blocco storico.

Il primo è l’educazione e la scuola. Forti delle Linee Guida dell’Oms-Europa e delle Linee Guida del Ministero delle pari opportunità-Unar e adoperando le possibilità offerte dalla Re.a.dy (la Rete della pubblica amministrazione contro la discriminazione di genere), il blocco storico della nuova ideologia penetra nelle scuole pubbliche in modo silente ma deciso e sistematico. Accordi formativi con l’associazionismo Gay e Lgbt stilati da Comuni, Als e scuole statali, dal livello delle materne alle superiori, di fatto delegano, spesso all’insaputa dei genitori, a questo associazionismo l’educazione “affettiva” e “sessuale” dei nostri bambini e ragazzi ai quali viene insegnato l’omosessualismo e il transgenderismo come atteggiamenti normali equiparabili all’eterosessualità. I corsi sono molto espliciti, gli insegnanti non vengono ammessi in classe e i genitori, informati in modo approssimativo e generico, non ne sanno quasi nulla. Approfittando dell’indifferenza e dell’inerzia della pubblica amministrazione, ai nostri ragazzi stanno arrivando messaggi fortemente diseducativi.

Il secondo à l’ambito legislativo. Il Parlamento italiano sta discutendo, ormai da tempo, ma alcune voci dicono che è in atto una accelerazione delle procedure parlamentari per volontà politica, tre testi legislativi, tutti e tre molto pericolosi. Il ddl Scalfarotto, se approvato, considererà cosa penalmente perseguibile affermare in pubblico l’unicità della famiglia naturale; il ddl Cirinnà riconoscerà le unioni civili, ossia il matrimonio omosessuale e, di conseguenza, per volontà dell’Unione Europea, a quel punto l’Italia sarà costretta ad approvare le adozioni di minori da parte di coppie omosessuali; il ddl Fedeli imporrà l’insegnamento dell’ideologia del gender in tutte le scuole. Con queste tre leggi verrebbe costruito un “sistema” giuridico, culturale, etico ed educativo nel quale diventerà molto difficile la coerenza con le proprie convinzioni di etica naturale e religiose. 

Il sistema di pensiero che sorregge questo attacco sistematico è la concezione del corpo come uno strumento, dall’uso puramente tecnico, fungibile e intercambiabile; la sessualità come esercizio indifferente alla identità sessuata; la stessa identità sessuata come qualcosa da scegliere e non da ereditare; l’indifferenza tra i vari percorsi sessuali; la procreazione come l’affermazione di un desiderio; la maternità e la paternità come sganciate dalla fisicità e come fatto di elezione; l’inesistenza di una natura umana sessuata e di una natura umana in quanto tale; la parcellizzazione della persona che viene privata della continuità tra i diversi suoi atti legati alla sessualità e alla procreazione, il diritto al figlio e il figlio come prodotto. Si tratta della progettazione di un’umanità nuova che, tramite la fecondazione eterologa e l’utero in affitto, trasformerà la comprensione che dell’umano si è avuta finora. Si tratta della progettazione del postumano.

Papa Francesco, ormai da tempo, fa sentire puntualmente la sua voce contro queste forme di «colonizzazione ideologica». Appena il 14 giugno scorso ha detto che la migliore testimonianza contro il relativismo è fornita dagli sposi cristiani e che «essere genitori si fonda sulla diversità di essere, come ricorda la Bibbia: maschio e femmina». Pochi giorni prima, l’8 giugno, Papa Francesco aveva detto che l’ideologia del genere mette in discussione «la complementarietà tra l’uomo e la donna», complementarietà che è «il vertice della creazione divina». Il nostro Osservatorio da tempo segue in profondità questi fenomeni culturali, cercando di coglierne il senso e i pericoli più profondi. In questo momento, nel nostro Paese, si è ormai giunti al momento dell’azione. Sono molti – insegnanti, genitori, amministratori, operatori sanitari – che si oppongono nel loro ambito di vita e di lavoro a questa ricostruzione dell’umano. É ora il momento che si riuniscano per far sentire la propria voce al Paese. 
* Vescovo di Trieste e  presidente dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân