lunedì 21 settembre 2015

DUE PAROLE SUL MEETING DI RIMINI


Davide Rondoni
Clandestino zoom

Il Meeting di Rimini e stata una occasione come al solito ricca di incontri. 

Al di la della tendenza della attuale leadership di CL a proporre un movimento un po' da Citton ( lo studente cattolico bravo che don Giussani incontrò al Berchet e a cui disse: sei buono e bravo e tutti ti dicono bravo, ma non sei "presente", sussultando quando invece uno studente dei primi giessini in assemblea disse che "Uno tra noi" era il motivo di tale inizio di presenza cristiana) e al di là di certe espressioni culturali un po' da oratorio ( come la mostra sull'arte contemporanea) la grande manifestazione riminese resta un punto in cui molti - specie giovani- incontrano esperienze di fede vivaci, sia in grandi testimonianze sia negli stand secondari, e sono invitati a pensare secondo le dimensioni del mondo. 
Su Il Sussidiario, Giorgio Vittadini, presidente Fondazione Sussidiarietà, tira le somme del Meeting dicendo che è stata l'occasione in cui molti hanno detto "io"', in una assunzione di responsabilità al di fuori di schemi ideologici e sociali. E questo è bene, come assunto educativo permanente.

Ma occorre che tale "io" specie in manifestazioni come il Meeting si proponga come un noi che si misura e si verifica in un'azione che ne chiarisce cultura e proposte per il bene comune. Altrimenti il sentore che va bene tutto e il contrario di tutto, non aiuta nè a orientarsi nell'arte, nella cultura nè nella politica.

Cattolico, si sa, significa, che riguarda tutto, non che tutto è uguale.

 In ogni caso fa sorridere che di una manifestazione in cui era presente la first lady afghana, i martiri di Aleppo e i monaci del Monte Koya molti si concentrino a soppesare l'intervento di un grillino maldicente o di un Renzi che da snobbatore si trasforma in cercatore di consenso. 

Se da un lato è giusto chiedere alla leadership di un grande movimento cattolico nato da un prete anarchico e "guerrigliero", protagonista della riforma della Chiesa, un po' di mordente in più per non essere una fotocopia di Sant'Egidio o una Opus Dei della middle class, dall'altra si sa che esaurita la fase carismatica iniziale, l'eredità di una grande esperienza non continua nelle forme iniziali, e irradia il suo valore ben oltre la continuazione del soggetto che ne detiene il "marchio". è accaduto con il francescanesimo, sta accadendo, con buona pace di tutti (e con vantaggio per tutti), con il giussanesimo.


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