lunedì 15 febbraio 2016

PONTI, MURI E PORTE IN FACCIA


di Costanza Miriano
Le critiche, anche asperrime, da quelli che non la pensano come noi non fanno alcun male, neanche quando sono condite di insulti e cattiverie: quelle sono messe in conto. Più dolorose invece tutte quelle che sto, stiamo, ricevendo per la questione del Family day da quelli che sarebbero amici, o meglio compagni di fede, cioè molto più che amici (rilevo per la cronaca che quelli che parlano sempre di ponti e misericordia, i cultori del dubbio, sono di solito quelli che menano più forte, mentre quelli che parlano di Verità quando ti incontrano sono invece i più teneri con la debolezza umana).
Mi dispiace dunque quando i cultori dei ponti dicono più o meno che non ha avuto senso scendere in piazza perché il mondo non si cambia così, opponendosi a chi lo vuole “sbagliato”, perché chisiamonoipergiudicare, perché l’opposizione frontale allontana i fratelli, perché il lavoro si fa persona per persona, incontrando, parlando, mettendosi a fianco, e via obiettando e dando lezioni di umanità.
 
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Allora. Innanzitutto io non mi sono mai sognata né di pensare né di andare a dire a chi non è venuto ai Family day che loro hanno sbagliato a non venire. Stando che le unioni civili sono sbagliate, lo dice il Catechismo, lo sottolinea la Congregazione per la dottrina della fede, lo ha ribadito il Papa, ognuno per contrastarne l’approvazione finché la cosa è in gioco (e sottolineo questo: la legge non c’è e si sta discutendo se farla) sceglie il metodo che gli è più congeniale: chi è stato in famiglia a raccogliere vomiti, chi in monastero a pregare, chi a casa a giocare coi figli, chi in parrocchia a confessare, se lo ha fatto con lo spirito di chi è parte dell’unico corpo ha fatto ugualmente la sua parte, come gli ha richiesto la sua particolare vocazione. Non tutti sono fatti per esporsi, non tutti per gridare, non tutti, soprattutto, possono combattere le stesse battaglie, con tutto il male che c’è nel mondo (la povertà, la guerra, le migrazioni, la tratta delle donne, l’eutanasia, il divorzio, l’aborto, la pedofilia, le politiche contro la famiglia e via dicendo: non solo è inevitabile, ma è benissimo dividersi su tutti i fronti, separarsi per la stessa causa comune, quella dell’uomo come Dio lo ha sognato).
Sarebbe bene però che chi non c’era non continuasse, come invece fa, a dire che chi invece c’era abbia sbagliato, e soprattutto che non lo faccia in nome dei ponti, perché sbattere porte in faccia dicendo che bisogna costruire dialogo fa abbastanza ridere.
Trovo anche piuttosto sleale dire che il motivo per non essere in piazza è la misericordia, perché il sottotesto è “noi siamo quelli buoni, voi i crociati cattivi, i combattenti”. Io personalmente credo che di buoni in giro ce ne sia uno solo, che è Nostro Signore (ce lo ha detto lui nel Vangelo), e per il resto noi altri tutti dobbiamo cercare di imparare la misericordia, e tutti ne siamo lontani, chi più chi meno. Ma, ed è una distinzione da primo anno di catechismo, la misericordia deve essere per i peccatori, non per l’errore. Se vedi un uomo che sta puntando la pistola alla tempia di un bambino non sei misericordioso se ti giri dall’altra parte, e ti dici che cercherai poi di avvicinare e sedurre il cuore di quell’uomo lentamente, frequentandolo, perché intanto il bambino lo avrà ucciso. Allo stesso modo, se in questi giorni si vota una legge che se approvata direbbe all’uomo una grande menzogna su se stesso, senza contare che permetterebbe che si mettano al mondo bambini orfani per soddisfare desideri di grandi, che vuol dire dialogare? Chi rimarrà a smascherare la grande bugia sull’identità dell’uomo, che è maschio o femmina? E quelli che compreranno i figli grazie a questa legge verranno forse a chiederci un consiglio prima?
Io credo che come sempre al fondo ci sia o una spiegazione umanissima (questa è la battaglia di Tizio, io non presto il mio volto e la mia credibilità per sostenerlo), oppure, ed è molto più grave, una questione di fede.


Molti cristiani hanno smesso di credere veramente che l’unica possibilità di felicità piena per l’uomo è il disegno di Dio su di lui. Se ci crediamo davvero, ma seriamente, abbiamo il dovere di continuare a dirlo, con quanto fiato abbiamo in gola, proprio per amore dei fratelli che sono più ingannati. Noi laici, se vogliamo davvero dare a Cesare quel che è di Cesare dobbiamo dirlo anche con i mezzi della politica, quindi se siamo in Parlamento votando, se siamo semplici elettori manifestando e facendo sentire la nostra voce in tutti i modi possibili. Altrimenti stiamo dando a Cesare anche quello che è di Dio, cioè il suo progetto sull’uomo. Nessuno può mettere le mani sulla verità dell’uomo, nessun politico, nessun essere umano può per esempio arrogarsi il diritto di produrre vite umane a proprio piacimento, privandole delle origini, strappandole ai legami carnali o lasciandole congelate senza termine in laboratorio. La politica non può arrogarsi il diritto di calpestare l’uomo. E, infine, nessun uomo potrà essere felice se ridotto alla sua tendenza sessuale.
Se invece vogliamo rimanere nell’ambito della fede, che mi è molto più caro e congeniale di quello della politica, so bene che le mie azioni che hanno più risonanza nel cuore di Dio, e che magari possono cambiare qualcosa nei destini del mondo sono quelle segrete che nessuno vede, e anche quelle private. Io so che servo la causa della famiglia molto di più quando provvedo alla mia. Quando preparo da mangiare, piego una felpa, ascolto un capriccio o ballo una canzone con l’agilità dell’orso Baloo. Quando prego o offro un fioretto. Quando vado alla messa quotidiana. Quando faccio le cose che occupano la stragrande maggioranza del mio tempo, cioè le cose che fanno tutte le mamme. Quando cerco di essere una moglie decente, una mamma presente, un’amica un po’ meno distratta, una figlia un po’ più paziente, una giornalista onesta. So anche che non cambierò il mondo, al limite migliorerò appena le cose a casa mia, ma questo non mi autorizza a essere una cristiana confinata nel privato, come vorrebbero tanti. E, ovviamente, avere come attività principale quella di raccogliere avanzi di cibo e fazzolettini usati da terra non esclude la possibilità di un’azione pubblica.

Altrimenti, portando alle estreme conseguenze il ragionamento di chi dice che il mondo non si cambia con una presenza nel pubblico e nel politico, chi fosse onesto e consequenziale dovrebbe scegliere la clausura e autoescludersi dal mondo, rinunciando a costruirlo oggi, perché è ovvio che è la preghiera l’arma più potente dell’uomo. Invece il Signore ci ha messi, alcuni di noi, anche nel mondo, per costruire la città dell’uomo oltre a quella di Dio. E anche se sappiamo che è Dio che fa la storia, e chi prega coopera con lui più di chi manifesta o fa politica, anche noi che siamo nel mondo finché avremo fiato in gola continueremo a dire tutto quello che c’è da dire, perché sappiamo che c’è una sola possibilità di felicità vera e piena per l’uomo, e questa felicità ha bisogno anche di muri, che difendano i più deboli, che frenino il desiderio impazzito degli adulti, che indichino una strada certa nell’epoca del totalitarismo del relativismo.

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