domenica 7 agosto 2016

LA FIRMA SEGRETA

FRANCO CASADEI: POESIE IN DIALOGO CON MARINA CORRADI

EPPURE PERSINO UN PEZZO DI GIORNALE
PUÒ DIVENTARE POESIA

Certo, si può fare poesia su qualsiasi cosa. La Szymborska, per esempio, ha fatto una poesia sulla cipolla, e ha preso il Nobel nel 1996.
E Francis Ponge (che il Nobel non l’ha preso, ma poteva meritarlo) nella raccolta Il partito preso delle cose, ha cantato la cassetta della frutta, un pezzo di carne, l’arancia.

Non avevo trovato, finora, un poeta che prendesse ispirazione dagli articoli di cronaca. Invece Franco Casadei, con La firma segreta( Itaca, pp. 80, euro 12), ha scritto «poesie in dialogo con Marina Corradi», cioè ha preso ispirazione, per i suoi versi, da scritti di Marina Corradi pubblicati su Avvenire o su Tempi.

Egli stesso spiega il raccordo con una citazione di Paul Valéry: «La poesia è una esitazione prolungata fra il senso e il suono». Ebbene, nella prosa di Marina Corradi, Casadei ha trovato una perfetta corrispondenza di senso e suono: senso perché la giornalista sa «scandagliare il mistero di ciò che accade »; suono perché «l’armonia fonica» di quella prosa tende a tradursi in prosa poetica, come ben sanno i lettori di questo giornale.

Naturalmente gli articoli che hanno dato spunto non sono citati, e dunque abbiamo in mano un libro di poesia, non di cronaca poesizzata, e come tale va letto. Comunque il riscontro c’è, e nella postfazione Corradi afferma che «l’anima delle mie cronache non è stata tradita», dunque si è sentita riconosciuta in quei versi. Una collazione fra articoli e versi sarebbe un bel lavoro per una tesi di laurea non banale.

Nelle poesie troviamo molti paesaggi: Milano, innanzitutto, ma anche l’Uganda e la Moldavia; molta natura: girasoli, il mare «nero e immenso », rose nel monastero. E soprattutto ci sono incontri, come con i clochard che «montano di guardia» nel cuore di Milano quando le vetrine del lusso si spengono; o come un toccante addio fra vecchi sposi, quando il marito non si rassegna che la moglie portata a casa dai barellieri ammutoliti sia veramente morta, e le parla ancora. 
C’è anche una poesia ispirata al quadro di Edward Hopper Nighthawks («Nottambuli»), con «gli ultimi tre avventori inchiodati/ al banco come insetti di una collezione» e «di lì a poco sul marciapiede/ lo schianto della saracinesca,/ i tre se ne andranno come ombre/ per opposte strade». Sarebbe interessante conoscere la mediazione di Marina Corradi in questa interpretazione che rende bene il segreto di Hopper, pittore che prediligo.

In una Lettera all’autore, Leonardo Lugaresi inquadra il tema della poesia come conoscenza sperimentale, e scrive: «Prima di tutto ci sono le cose. Le cose della vita, le cose degli uomini, con tutto il loro carico di bene e di male, la loro pesantezza (ma anche la loro grazia). Cose da cui dovremmo lasciarci toccare, cose da prendere sul serio, da non sprecare o trascurare, da non liquidare con formule che non vogliono dire nulla ». 
Ebbene, il nostro rapporto con le cose, con il mondo, avviene ormai tramite i media, e questo spiega perché la cronaca giornalistica di Marina Corradi può diventare poesia in Franco Casadei.
Una mediazione di secondo grado, a cui accenna la poesia che dà il titolo alla raccolta. La trascriviamo: 
«Chi cuce/ la trama del destino,/ segretamente imbastendone/ il disegno?// Il caso?// O una mano misteriosa/ che tesse,/ costantemente tesse/ il tuo cammino?// L’enigma irrisolto,/ la mancanza sento, una mancanza,/ la firma segreta/ che sta dentro le cose».

Attraverso la firma di Marina Corradi, Casadei ha intuito una firma segreta, e noi con lui.


di Cesare Cavalleri
tratto da Avvenire


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