domenica 27 novembre 2016

NON C'È PACE SU AMORIS LAETITIA

Il Papa tace ma il neocardinale suo amico parla e accusa.
L’ARCIVESCOVO COLIN FARREL, prefetto del nuovo dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita, appena promosso Cardinale, ha tirato una bordata violentissima contro uno dei suoi colleghi americani più rappresentativi, Charles J. Chaput, arcivescovo di Philadelphia e presidente, negli States, della commissione episcopale per l'applicazione di "Amoris laetitia.
E la bordata ha riguardato proprio questa controversa esortazione postsinodale, oggetto nei giorni scorsi di un clamoroso appello, fin qui inascoltato, di quattro cardinali al papa, perché sia fatta chiarezza sui suoi passaggi più ambigui e generatori di conflitti. "Io non condivido il senso di ciò che l'arcivescovo Chaput ha fatto", ha detto  il nuovo "capo” vaticano della pastorale della famiglia. "La Chiesa non può reagire chiudendo le porte ancor prima di ascoltare le circostanze e la gente. Non è così che si fa".

La principale "colpa" di Chaput, secondo Farrell, è di aver pubblicato all'inizio dell'estate per la sua diocesi di Philadelphia delle linee guida che tradirebbero le aperture di "Amoris laetitia", poiché non ammettono alla comunione i divorziati risposati tranne nel caso che vivano come fratello e sorella.
Quando invece secondo Farrell "dobbiamo cercare di trovare le vie per portarli alla piena comunione", seguendo gli insegnamenti di papa Francesco.

Inoltre, Farrell ha detto che invece di lasciare che ogni vescovo faccia nella sua diocesi ciò che ha fatto Chaput, si dovrebbe prima aspettare che l'intera conferenza episcopale di ciascuna nazione si riunisca a decidere una linea comune, senza più divisioni tra un vescovo e l'altro.
Vista l'asprezza dell'attacco, per di più "ad personam", il Catholic News Service ha chiesto a Chaput se voleva replicare. E gli ha inviato quattro domande scritte.
Prima però va aggiunto che in una parallela intervista al progressista "National Catholic Reporter" Farrel ha anche detto di non capire perché mai dei vescovi e dei cardinali pretendano dal papa chissà quali chiarimenti alle presunte oscurità di "Amoris laetitia".
"Io penso che il papa abbia già parlato", ha detto, riferendosi alla nota lettera nella quale Francesco ha approvato come unica giusta l'esegesi fatta dai vescovi argentini della regione di Buenos Aires, favorevole alla comunione ai divorziati risposati che vivono "more uxorio".

REPLICA ALL'INTERVISTA DEL CARDINALE FARRELL
di Charles J. Chaput, Arcivescovo di Philadelphia
D. – La commissione ad hoc di cui lei fa parte ha in programma una consultazione con l'intera conferenza episcopale degli Stati Uniti su come applicare "Amoris laetitia"?
Cattedrale di San Pietro e Paolo, Philadelphia
R. – L'ha già fatto. La commissione ha sollecitato riflessioni ed esperienze da parte dei vescovi di tutto il paese. Questo lavoro è stato completato qualche settimana fa. Il rapporto della commissione è stato presentato all'allora presidente della conferenza, l'arcivescovo Kurtz. Il cardinale DiNardo, come nuovo presidente, presumibilmente ne farà l'uso che lui e la dirigenza della conferenza troveranno appropriato.
D. – Perché ha ritenuto importante pubblicare nella sua arcidiocesi le linee guida pastorali che sono entrate in vigore il 1 luglio?
R. – Perché sia il documento finale del sinodo sia papa Francesco in "Amoris laetitia" hanno incoraggiato i vescovi di ciascun luogo a fare così. In realtà la domanda è un po' strana. Sarebbe molto più pertinente chiedere perché mai un vescovo dovrebbe ritardare l'interpretazione e l'applicazione di "Amoris laetitia" a beneficio del suo popolo. Su una materia così vitale come il matrimonio sacramentale, esitazioni e ambiguità non sono né sagge né caritatevoli.
Come si sa, sono stato delegato al sinodo del 2015 e poi eletto e confermato nel consiglio sinodale permanente. Ho quindi una familiarità con la materia e il suo contesto che il cardinale designato Farrell forse non ha.
"Amoris laetitia"  è stata pubblicata l'8 aprile. Le nostre linee guida erano già pronte il 1 giugno, dopo aver consultato il nostro consiglio presbiterale, il consiglio pastorale arcidiocesano, i vescovi ausiliari, la facoltà teologica del seminario e una varietà di liturgisti, canonisti e teologi, sia del laicato che del clero, i quali tutti hanno prodotto eccellenti riflessioni. Abbiamo aspettato fino al 1 luglio per completare una messa a punto finale. Altri vescovi hanno emesso le rispettive linee guida e le risposte adatte alle circostanze delle loro diocesi, che solo loro, in quanto vescovi del luogo, conoscono in reale profondità.
D. – Il cardinale designato Farrell ha detto a CNS che, a suo giudizio, sotto la guida del capitolo ottavo di "Amoris laetitia" un pastore non può dire a tutti i divorziati e civilmente risposati: sì, fai la comunione. Ma nemmeno può dire a tutti: no, la comunione non è possibile a meno che viviate come fratello e sorella. Come risponde a questa osservazione?
R. – Mi chiedo se il cardinale designato Farrell abbia davvero letto e compreso le linee guida di Philadelphia che sembra mettere in questione. Le linee guida mettono un chiaro accento sulla misericordia e la compassione. Ciò ha senso in quanto le circostanze individuali sono spesso complesse. La vita è complicata.  Ma misericordia e compassione non possono essere separate dalla verità e rimanere virtù autentiche.La Chiesa non può contraddire o aggirare la Scrittura e il suo stesso magistero senza invalidare la sua missione. Questo dovrebbe essere ovvio. Le parole di Gesù stesso sono molto dirette e radicali, in materia di divorzio.
D. – Ha qualche altro commento che desidererebbe fare?
R. – Penso che ciascun vescovo negli Stati Uniti provi una speciale fedeltà a papa Francesco come Santo Padre. Noi viviamo questa fedeltà facendo il lavoro al quale siamo stati ordinati come vescovi. Secondo il diritto canonico – per non dire secondo il senso comune – il governo di una diocesi appartiene al vescovo del luogo come successore degli apostoli, non a una conferenza, sebbene una conferenza di vescovi possa spesso offrire un valido spazio per la discussione. In quanto ex vescovo residenziale, il cardinale designato Farrell sicuramente lo sa. E questo rende i suoi commenti ancora più strani, alla luce del nostro impegno per una collegialità fraterna.

dal blog di Sandro Magister

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