martedì 17 gennaio 2017

SILENCE 2. LA CONCEZIONE DELLA MISSIONE CATTOLICA E' ANTIQUATA?

BASTA PROSELITISMO, È TEMPO DI "SILENCE"
Ma tornando a "La Civiltà Cattolica", ciò che più colpisce è l'attualizzazione che essa fa della vicenda storica di "Silence".

Sull'ultimo numero della rivista c'è un articolo su ciò che dovrebbe essere oggi "la missione nel Giappone secolarizzato" in cui l'autore, il gesuita giapponese Shun'ichi Takayanagi, dà per obbligato "un mutamento di paradigma nei confronti del concetto di missione e dei modi di esercitarla".

A giudizio di padre Takayanagi, infatti, il tipo di missione in uso anche in Giappone fino a pochi decenni fa, che "mirava a risultati visibili e concreti, cioè a un gran numero di battezzati", oggi non solo "non è più possibile", ma è superato e da sostituire in blocco.
Egli scrive:

"Anche se la 'missione' ha ottenuto un grande risultato nel Giappone del XVI secolo, non è più possibile raggiungere un simile successo nei tempi odierni, caratterizzati da un rapido progresso della cultura materiale e da un elevato livello di vita. Proprio per questo l’antiquata concezione della missione, che proviene dall’epoca coloniale occidentale del XIX secolo e sopravvive nel subconscio di molti missionari, stranieri e autoctoni, deve essere sostituita da una nuova concezione del popolo con il quale e per il quale si lavora.

La nuova strategia dell’annuncio del Vangelo deve diventare espressione del bisogno di religione degli uomini di oggi. Il dialogo deve approfondire la nostra concezione delle altre religioni e della comune esigenza umana di valori religiosi".

Secondo "La Civiltà Cattolica", dunque, all'"antiquato" concetto di missione, cioè "fare proseliti e procurare convertiti alla Chiesa", va sostituito il "dialogo". Tanto più in un paese come il Giappone in cui è normale "andare a un santuario scintoista e prendere parte a feste buddiste, e anche partecipare, a Natale, a una liturgia cristiana", senza più lo "strano obbligo di seguire un determinato credo religioso" e "in un’atmosfera culturale vagamente non monoteista".
Sul finire del suo articolo padre Takayanagi sottolinea che i giapponesi, pur apertissimi al pluralismo religioso, "rimangono sconvolti da qualche episodio brutale che può essere ricondotto a radici religiose", islamiche ma non solo.

E così commenta:
"Certamente la religione può far crescere e maturare gli uomini, ma in casi estremi l’appartenenza a una religione può anche pervertire la natura umana. Il cristianesimo è in grado di impedire il fanatismo e questa sorta di perversione? Questo è per noi un interrogativo assillante, che dobbiamo porci nell’esercizio della nostra attività missionaria. La storia passata del cristianesimo, a questo riguardo, non è certo ineccepibile. […] In particolare, alcuni intellettuali giapponesi, sebbene in maniera vaga e quasi inconscia e ispirandosi alla cultura politeistica giapponese, cominciano a chiedersi se le religioni monoteiste, in ultima analisi, possano mostrarsi veramente tolleranti verso i membri di altre religioni. […] Questi intellettuali ritengono che il terreno culturale politeista dello scintoismo giapponese possa assicurare un approdo morbido alle altre religioni".

Il 4 gennaio ampi stralci di questo articolo de "La Civiltà Cattolica" sono usciti anche su "L'Osservatore Romano".

Il che non deve sorprendere. Perché già altre volte "L'Osservatore Romano" ha fatto l'apologia di un paradigma di missione finalizzato alla "comune esigenza umana di valori religiosi", come quello ora propugnato dalla rivista diretta da padre Spadaro.

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