domenica 19 marzo 2017

APPUNTI SUL POPULISMO 4 : VISTO DA DESTRA

Per il filosofo “infrequentabile” Alain de Benoist l’ascesa dei Trump, dei Le Pen e degli euroscettici è tutto il contrario di un fenomeno illiberale. INTERVISTA tratta da Tempi 


POPULISMO:  una parola strattonata in tutti i sensi, utilizzata abusivamente, con il solo obiettivo di delegittimare certe organizzazioni politiche.


«Osservo che il termine populismo è utilizzato sistematicamente in maniera negativa, peggiorativa, per designare movimenti o correnti di pensiero completamente differenti tra loro. I cantori del pensiero dominante dicono che questi movimenti sono principalmente demagogici, per nulla seri, e che costituiscono una minaccia per la democrazia. Ma sono analisi a dir poco superficiali, che passano completamente a lato della questione. Per la stesura di questo libro ho voluto adottare un approccio che parte dalla scienza politica, cercando di capire cos’è il populismo e qual è la sua storia», dice a Tempi De Benoist. «Dall’altro lato – spiega l’intellettuale francese – mi sono interessato ai continui tentativi di denigrazione del populismo, al perché questa parola è diventata una “parola-caucciù”, ossia una parola strattonata in tutti i sensi, utilizzata
Francia contro il governo
abusivamente, con il solo obiettivo di delegittimare certe organizzazioni politiche
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Il 2016 è stato l’anno dell’ascesa del Front National, della Brexit in Inghilterra, dell’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, della crescita di Podemos in Spagna, e dell’espansione dei Cinque Stelle in Italia, senza dimenticare il grande risultato ottenuto dall’Fpö alle ultime elezioni austriache. Stiamo assistendo a un fenomeno generalizzato che va studiato nella sua complessità».
Per De Benoist, animatore della rivista antimoderna Eléments, fucina di idee della destra intellettuale francese, «bisogna partire dalla base per capire cos’è il populismo e quali sono le ragioni del suo successo».
La prima ragione, spiega, è «l’enorme diffidenza della stragrande maggioranza delle popolazioni nei confronti della classe politica al potere e delle élite economiche, finanziarie e mediatiche. A questo, si aggiunge una profonda crisi della rappresentanza. Le persone sentono di non essere più rappresentate e che i partiti di governo costituiscono una casta che utilizza il potere soltanto per difendere i propri interessi: c’è una spaccatura tra i rappresentanti e i rappresentati».
Oltre a questo fattore, analizza De Benoist, «c’è il divario che si è aperto da trent’anni a questa parte tra il popolo e la sinistra. Sinistra che storicamente aveva professato di voler difendere le classi popolari più dei leader dei movimenti di destra. Infine, il successo dei movimenti populisti è legato al recentrage dei programmi dei partiti di destra e sinistra. In altre parole: i partiti di destra e sinistra si succedono ma hanno praticamente la stessa politica, si distinguono nella scelta dei mezzi, ma gli obiettivi sono i medesimi. Le nozioni di destra e sinistra perdono la loro specificità, e lo testimoniano anche i sondaggi: la gente non vede più quale sia la differenza tra queste due categorie politiche».

IL POPULISMO NON E’ UNA IDEOLOGIA, NON E’ ANTIPOLITICO, NON E’ ANTIDEMOCRATICO

Sugli errori di analisi dei molti editorialisti ed “esperti” che affollano giornali e televisioni bollando tutto ciò che non è di loro gradimento come “populista”, De Benoist tiene a soffermarsi. «Il primo errore è quello di credere che il populismo sia un’ideologia, quando invece è una forma politica, uno stile politico, un nuovo modo di articolare le richieste sociali e politiche che può combinarsi con qualsiasi ideologia. È la ragione per cui ci sono dei populismi liberali, dei populismi antiliberali, dei nazional-populismi, dei populismi di sinistra e dei populismi di destra», dice l’autore di Vu de droite.
Londra, Trafalgar Square
«Il secondo errore è quello di pensare che il populismo sia un fenomeno intrinsecamente antipolitico, perché è vero il contrario. Il populismo è una reazione contro una politica che oggi è dominata dalla gestione, dall’economia, dall’espertocrazia, dalla morale dei diritti dell’uomo, da tutta una serie di cose che tendono a far sparire l’autonomia della politica. Il populismo è una “demande de politique”, una richiesta indirizzata alle classi dirigenti affinché facciano politica, invece di limitarsi alla gestione e all’amministrazione».

Il terzo errore individuato da De Benoist è credere che il populismo sia un movimento antidemocratico. «Anche qui, è l’esatto contrario di quanto proclamato dalla doxa mediatica. Ciò che il populismo contesta è la democrazia liberale, parlamentare e rappresentativa, che oggi non rappresenta più nulla. I movimenti populisti chiedono più democrazia, una democrazia partecipativa, diretta, nel senso che la gente deve essere maggiormente protagonista, che il loro potere non si deve ridurre all’andare a votare ogni quattro o cinque anni per delle persone che una volta elette difendono soltanto i loro interessi. I movimenti populisti combattono per una democrazia dove le persone possono decidere il più possibile autonomamente e per loro stesse».


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