lunedì 4 dicembre 2017

RICOLFI: LA PAURA NON E' UN REATO

Luca Ricolfi, sociologo, insegna Analisi dei dati all’Università di Torino, ha appena pubblicato per Longanesi un libro dal titolo evocativo, Sinistra e popolo 
Intervista di Nino Femiani da Il Resto del Carlino 30/11/2017

Un prete sardo solleva il velo sul conformismo: l’accoglienza non funziona, è senza regole. Migranti che fanno i vagabondi per la strada, accattoni maneschi e fastidiosi, rom che creano caos. Un intervento spiazzante?
«Solo buonsenso, niente di più e niente di meno»..
Sulla rete il 93% è d’accordo con il prete di Nuoro. Significa che l’opinione pubblica vede più lontano dei partiti della sinistra e dei cardinali?
«Non direi che l’opinione pubblica vede ‘più lontano’. Direi semplicemente che vede. Il fatto è che, negli ultimi tempi, l’opinione pubblica è sempre più spaccata: c’è chi vede, perché utilizza il senso comune; e c’è chi non vede, perché usa le lenti dell’ideologia».
Turner Tempesta di neve
Lei dice: per la cultura progressista, la paura non è semplicemente infondata, è una colpa. Cosa significa, colpa nostra?
«Sì, molti sedicenti progressisti usano l’espressione xenofobia (che viene dal greco, e significa solo paura dello straniero), come sinonimo di razzismo. Di qui il sillogismo: hai paura dello straniero, dunque sei razzista. Ma il razzismo è una colpa, quindi devi vergognarti dei tuoi sentimenti. È triste, perché significa che non siamo in tempi di libertà. In una società libera si possono discutere o stigmatizzare i comportamenti, non i sentimenti. Per questo, per sottolineare quanto sia importante la libertà di sentire, come Fondazione David Hume, un ente di ricerca che tra le altre cose si occupa di criminalità e immigrazione: www.fondazionehume.it, abbiamo adottato come motto una frase di Tacito. E cioè: ‘Felici i tempi in cui puoi provare i sentimenti che vuoi, e ti è lecito dire i sentimenti che provi’».
Come si può offrire protezione a chi teme di essere aggredito dall’immigrato, di perdere il lavoro perché ci sono loro che lo offrono a basso prezzo, di subire attentati da islamici radicali?
«Distinguerei. Sugli attentati, islamici o no, non ci sono rimedi sicuri: fornire protezione è praticamente impossibile. Diverso il discorso sulla concorrenza lavorativa e sui rischi di aggressione. In questi campi fornire protezione sarebbe possibile, ma è politicamente difficile».
Perché?
«Per ridurre le aggressioni, sarebbe indispensabile cambiare le norme che consentono ai giudici di rimettere rapidamente in libertà chi commette reati predatori. Per ridurre la concorrenza dei lavoratori stranieri si dovrebbe sradicare il lavoro nero, una realtà che è sotto gli occhi di tutti ma che né le forze dell’ordine né la politica intendono combattere. Ed è un peccato, perché sarebbe un modo di ridare dignità a tutti i lavoratori, senza distinzione fra italiani e stranieri».
Nel suo libro ‘Sinistra e popolo’ lei parla di un divorzio in corso tra la sinistra e il suo elettorato. Non è troppo severo, non crede che gli elettori del Pd, invece, vogliano lo Ius Soli o l’accoglienza diffusa?
«Certo, la maggioranza degli elettori del Pd vuole lo Ius Soli, e spesso anche l’accoglienza. Il problema è che queste due cose non le vogliono i ceti popolari. Che, infatti, preferiscono guardare ai partiti del Centrodestra e al Movimento Cinque Stelle».
Professore, lei dice di aver stima di Minniti. Non crede che la sua azione contro l’immigrazione disordinata possa far recuperare voti al Pd e alla sinistra?
«Sì e no. Certo, la politica di Minniti può frenare la fuga dei ceti popolari dal Pd, ma può anche convincere una parte dei ceti medi e della sinistra radical chic a votare la Sinistra purosangue, ovvero uno degli innumerevoli cespugli alla sinistra del Pd».


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