giovedì 23 agosto 2018

CL E PD: RIPARTIRE DA GIOBBE?



 Rimini, meeting di Comunione e Liberazione e Festa nazionale dell’Unità in Emilia: per moltissimi anni la politica italiana ripartiva ad agosto da questi due posti, era in questi due luoghi che ministri e presidenti del consiglio fissavano l’agenda dell’autunno.
Marc Chagall, Giobbe

Il meeting di Cl in corso a Rimini, la Festa dell’Unità di Bologna che comincia oggi e quella nazionale di Ravenna che parte domani si aprono invece lontano dai riflettori principali in un clima di mestizia da un lato e di riflessione dall’altro. Per la prima volta in questi luoghi simbolo della politica italiana non ci metteranno piede i vertici del governo giallo-verde e questa asimmetria provoca un certo disorientamento tra i protagonisti di tante stagioni. A Bologna poi la Festa dell’Unità trasloca dopo 44 anni dal Parco Nord e si farà al chiuso nei locali della Fiera con l’aria condizionata, un’altra suggestione sinistra per la comunità dem. Il Pd guidato da Maurizio Martina sembra un pugile stordito e alla Festa di Ravenna è riuscito nell’impresa di invitare il leader dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio facendosi dire di no e si dovrà accontentare della visita istituzionale del presidente della Camera Roberto Fico. Gli organizzatori del Meeting non sembrano nemmeno troppo preoccupati dello scarso successo mediatico della rassegna, anzi pensano che sia meglio così. E anche dalle parti del Pd non ci si fa grandi illusioni sui numeri delle Feste.

Con un presente da incubo e un futuro incerto Pd e Cl si rifugiano nel passato: i dem a Bologna hanno dedicato una sala della Festa ad Aldo Moro al leader della Dc, nel quarantesimo anniversario della morte, rimarcandone lo stile da statista a differenza, a giudizio dei dirigenti Pd, di Matteo Salvini alle prese con i selfie in spiaggia. Comunione e Liberazione ha invitato ai dibattiti profili come quello di Rocco Buttiglione e di Luciano Violante, personalità di livello ma certo non con un grande avvenire politico.
La nuova marginalità di quelli che sono stati i rappresentanti di due grandi blocchi sociali del Paese, la sinistra e il mondo cattolico, potrebbe però portare anche qualche beneficio. Sembrano un po’ come quegli anziani che lasciano la sala da pranzo principale troppo affollata e rumorosa e si rifugiano in libreria dopo aver mangiato. Il silenzio e la riflessione potrebbero anche aiutare a capire meglio che cosa è successo davvero nelle urne lo scorso 4 marzo.

Come queste vecchie chiese politiche possono uscire dalla marginalità? È la domanda delle domande perché insieme a Forza Italia questi mondi sono percepiti come il vecchio e non è facile contrastare questa lettura.

Nemmeno nel Pd d’ Emilia ci sono pensieri chiari. C’è l’idea di dare vita ad un partito federale della vicepresidente della Regione, Elisabetta Gualmini ma la proposta non convince tutti, c’è chi spera nei comitati civici proposti da Matteo Renzi ma anche in questo caso sembra mancare l’energia di un tempo. La sfida su come ripartire e con chi ripartire è di quelle immani perché manca tutto e non si sa nemmeno chi deve ripartire: il Pd? Il centrosinistra? Un fronte Repubblicano alternativo ai sovranisti? In attesa di capire da dove ripartire e con chi, tanto vale provare a chiedersi allora da cosa bisogna ripartire. E anche qui la sfida è difficile, i giallo-verdi hanno monopolizzato le risposte a due parole chiave: immigrazione e protezione sociale.

Alla prima ha risposto Matteo Salvini alla sua maniera, alla seconda i Cinque Stelle con una fortissima (per ora solo a parole) richiesta di ritorno allo Stato. Dall’Emilia arrivano in questi giorni due risposte alternative a quelle parole chiave, seppure solo sussurrate. Sull’immigrazione dalla Festa dell’Unità di Bologna arriva la parola «integrazione», mai così fuori moda e contro vento: la sala dibattiti centrale è stata dedicata alle vittime del Mediterraneo e ai banchetti si raccoglieranno le firme per la legge sullo Ius Soli.
Dal meeting di Cl a Rimini invece arriva la parola «sussidiarietà», il vero marchio di fabbrica del Movimento. Al meeting hanno invitato i parlamentari del gruppo interparlamentare sulla sussidiarietà (Pd, Forza Italia e centristi), mosche bianche nel dibattito attuale. Sarà anche vero come dice Giorgio Vittadini che verrà il tempo dei passisti e che in questo momento non ha senso seguire gli scatti veloci degli scalatori (Lega e M5S) ma per come vanno le cose a Cl e Pd serve piuttosto tornare a Giobbe, personaggio biblico al centro dell’edizione 2018 del meeting.
L’enigma di Giobbe («C’è qualcuno che ascolta il mio grido?») sembra anche l’enigma dei vecchi partiti che a loro volta non hanno saputo ascoltare il grido che arrivava dal Paese.
La buona notizia è che Giobbe continuò ad avere fiducia e pazienza anche nei momenti peggiori. Si potrebbe ripartire da lì.
Olivio Romanini
Corriere della sera Bologna 23/8

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