sabato 17 novembre 2018

REGNO UNITO E ITALIA. L'ORA DELLE SCELTE FATALI


GLI ULTIMI BAGLIORI DI QUESTA UNIONE EUROPEA 
La Brexit è il detonatore della nostra crisi contemporanea, quella dell'Occidente.

Scoppia non a caso a Londra, patria del capitalismo (qui vi è sepolto anche il suo più importante critico, Karl Marx) e si propaga sempre non casualmente a Washington (Trump) e Parigi (Macron), le città delle rivoluzioni e della libertà. L'Unione europea di fronte a questa ondata che ha origini lontane (1990-2008, ascesa e declino della globalizzazione) avrebbe dovuto affrontare la Brexit e il caso inglese con grande delicatezza, ma è entrata in sala operatoria con l'ascia e agitandola ha costretto - di questo si tratta - la premier Theresa May a bere la cicuta di un accordo che è troppo oneroso e umiliante per gli inglesi.

Lo scontro tra la Commissione Ue e il governo italiano ha la stessa matrice culturale dello scontro con la Gran Bretagna.

L'Unione europea applica all'Italia - paese fondatore dell'Unione, terza economia dell'Eurozona - la sua logica economica senza guardare alla sostanza politica del problema che si presenta con l'Italia: lo scenario anticipato dell'Europa dopo il voto di maggio 2019. Questo quadro c'è già in Svezia (dopo il voto non riescono ancora a formare il governo), si sta profilando in Germania (la Grosse Koalition è in panne), c'è una profonda crisi di consenso per Macron in Francia, una crisi di carattere costituzionale in Spagna (vedere alla voce Catalogna), uno Stato tenuto in vita in maniera artificiale in Grecia (vedere cosa sostiene il Fondo monetario internazionale). I parlamenti prima diventano zoppi, poi vengono conquistati dai partiti nazional-populisti o da forze anti-sistema che sostituiscono quelle tradizionali.

Nonostante questi bagliori giganteschi, la Commissione Ue e l'Italia non trovano alcun punto di incontro. Bruxelles prepara la procedura d'infrazione contro il governo di Giuseppe Conte, lo spread si alimenta delle chiacchiere in libertà di tutti, a Palazzo Chigi Di Maio e Salvini litigano sui... termovalorizzatori. 
Chi guida la politica europea dovrebbe sapere a cosa condurrà il muro contro muro con l'Italia. Ma anche in questo caso l'atteggiamento è quello di chi sa di essere in posizione di supremazia e imporre delle scelte. Come abbiamo visto finora, così non è, per la semplice ragione che in Italia c'è un governo non solo di segno, ma di natura completamente diversa rispetto al passato. Ancora una volta, siamo di fronte a un deficit non contabile, ma di lettura storica. 

Il caso è quello del vincitore di una guerra che messo in posizione di assoluto vantaggio decide di infierire sul vinto. Così si sta comportando l'Unione europea nel caso inglese e italiano. Le parti di un contratto sono due. E devono incontrarsi. È sempre la storia a spiegarci cosa accade. Così dalla Seconda guerra mondiale torniamo indietro e passiamo alla Prima guerra mondiale, alla disastrosa pace di Versailles del 1919 in cui le nazioni vincitrici strangolarono la Germania con le sanzioni. Il risultato fu l'avvento di Hitler e un'altra guerra ancora più sanguinosa. Tutto questo è raccontato con maestria assoluta da John Maynard Keynes ne Le conseguenze economiche della pace, libro profetico scritto prima e non dopo le conseguenze inattese che poi puntualmente arrivarono. 

Il caso inglese e il caso italiano stanno correndo in parallelo, stessa rotta di collisione. Le decisioni fatali dell'Unione europea e dei governi di Londra e Roma preparano un gigantesco big bang della politica europea.

Sono ancora in tempo a fermarsi? Certamente, ma bisogna ricordare che nella storia ci sono fatti e direzioni di marcia che a un certo punto appaiono ineludibili. 

Così oggi la hard Brexit diventa un rischio concreto e una crisi finanziaria dell'Italia una faccenda maledettamente seria. Questi due fattori, combinati, possono creare un guaio ancor più grande, una singolarità, la rottura dell'Unione europea e dell'Eurozona.

Da LIST, venerdì 16 novembre

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