giovedì 28 marzo 2019

IN UNA CRISI NON DELL'ECONOMIA NE' DELLA POLITICA, MA DELLA SPERANZA



 CHE CONTRIBUTO POSSONO DARE I CRISTIANI?


Botticelli
La Primavera
(part.)
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, intervenendo con intelligente tempestività nella situazione, la Chiesa mise comunque l’Italia al sicuro dal possibile bagno di sangue che si prospettava se, come ad esempio accadde invece in Grecia, la collocazione concordemente assegnata al nostro Paese dalle Potenze vincitrici fosse stata rimessa in ballo. Nei trent’anni che seguirono, sotto i governi guidati dalla Democrazia Cristiana quello che era un Paese giunto soltanto alle soglie dell’industrializzazione e poi ridotto in macerie dalla guerra arrivò infine a far parte del G 7, il gruppo delle sette maggiori economie industriali del mondo.

Oggi che tale stagione politica è del tutto conclusa, e in nessun modo ha senso venga ripresa, è tuttavia giusto ricordarne il cruciale valore storico. D’altra parte non soltanto allora ma anche adesso non conviene a nessuno che nel nostro Paese la presenza cristiana sia silente. Tutto conferma che oggi, malgrado la sua posizione dominante, la cultura secolare post-illuminista da sola non ce la fa ad affrontare con successo quella che non è una crisi dell’economia e della politica bensì in primo luogo ed essenzialmente una crisi della speranza.
Nella misura in cui i cristiani sono realmente tali, la visione del mondo cristiana diventa perciò anche una risorsa civile di cui conviene a tutti tener conto. In via preliminare rispetto al dibattito sui nuovi modi in cui essa può riaffacciarsi sulla scena pubblica della società plurale in viviamo, proviamo allora a fare un primo elenco (che beninteso non pretende di essere né indiscutibile né esauriente) di che cosa di buono può venire oggi dalla gente di fede  all’edificazione della casa comune di tutti gli uomini
ü  In primo luogo un saldo e solido fondamento del principio di laicità. Tale principio infatti è radicalmente e originariamente cristiano: entra nella storia con Gesù Cristo e il suo “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” (Mt, 22,21), e risulta stabilmente fondato solo in aree e in  culture di matrice cristiana. Altrove si diffonde soltanto per così dire per osmosi, e fatica a trovare spazio e stabilità. Non solo nel mondo islamico ma pure altrove. Nella storia si è ampiamente attuato solo verso la fine dell’età moderna, ma in ultima analisi sempre in forza delle sue antiche radici cristiane. E sono queste che si oppongono alla sua distorsione in forma laicistica. In una forma cioè che mentre pretende di dargli piena espressione in effetti lo contraddice.
ü  La motivata affermazione del valore primario della persona, base essenziale della democrazia, e quindi del suo primato rispetto non solo alle istituzioni politiche, allo Stato, ma anche alle nuove potenze dell’era digitale, oggi spesso più potenti e più penetranti del potere politico tradizionale.
ü  La memoria consapevole delle radici cristiane della cultura  europea, occidentale, che peraltro costituisce il nucleo principale della civiltà contemporanea in quanto tale. Ignorando tali radici non si riesce più a capire e quindi a governare né l’una né l’altra. Perciò i cristiani, che per definizione ne sono i primi eredi, hanno al riguardo un ruolo tanto ineliminabile quanto importante.
ü  Il realismo, tuttavia non cinico, che deriva da una concezione dell’uomo, ispirata alla dottrina del peccato originale, che lo vede orientato al bene ma fragile di fronte al male. Tale dottrina mette al riparo da due equivoci opposti in sé ma uguali nelle loro nefaste conseguenze: quello che consiste nel ritenere l’uomo soltanto buono (in pratica non tutti gli uomini bensì un certo popolo ovvero una certa classe sociale) oppure soltanto cattivo, homo homini lupus. Da ciascuno di tali equivoci derivano culture opposte altrettanto nefaste nelle conseguenze, come la storia dell’età moderna non ha mai smesso di confermare.


ü  La disponibilità reale a ragionare in termini di lungo periodo che è tipica di chi, considerandosi all’opera insieme a un Dio eterno creatore, pensa alla vita terrena come alla prima tappa di una vita senza fine. Siccome tutte le grandi idee e i grandi progetti hanno un respiro più che generazionale, nella misura in cui l’ateismo pratico diventa mentalità comune per conseguenza  si blocca lo sviluppo; e per analoghi motivi declina il desiderio di  mettere al mondo dei figli. L’uomo cessa infatti di essere generativo e non pensa ad altro che a sé ed a quanto può raggiungere nella propria personale vita terrena.
La tendenza ad avere uno sguardo equilibrato e inclusivo su tutta la realtà che è propria di chi è stato educato a considerare la realtà in tutti i suoi fattori, e a vedere il tutto in qualsiasi frammento. E a situare normalmente ogni questione nella vastissima prospettiva che è propria di chi vive  nell’orizzonte della Chiesa, plurimillenario in quanto al tempo e planetario in quanto allo spazio.
Per motivi come questi — osserviamo concludendo — i cristiani sono tra l’altro una risorsa politica utile sempre, ma utile più che mai nell’attuale fase di confusa transizione dall’età moderna alla nuova età nascente cui non si sa finora quale nome dare.
Pubblicato il 26 marzo 2019

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