domenica 30 giugno 2019

LA DISOBBEDIENZA CIVILE TRAVISATA, UNA STORIA CHE NUOCE ALLA CAUSA DELL'ACCOGLIENZA E IL VUOTO DI PROPOSTE SUL TEMA A SINISTRA



Carola Rackete, la  capitana della nave Sea Watch 3, dopo lo sbarco a Lampedusa ha detto:"Lo speronamento della motovedetta è stato un errore". La Guardia di Finanza ha già multato la comandante, l'armatore e il proprietario dell'imbarcazione con 16mila euro di sanzione ciascuno. La capitana è agli arresti domiciliari nel centro di accoglienza per i migranti, insieme ai 42 stranieri che saranno ricollocati in cinque paesi europei. Francia, Germania e Lussemburgo chiedono la liberazione della comandante della nave. Per Parigi ha parlato il ministro dell'Interno Christophe Castaner, fedelissimo di Macron; a Berlino si è schierato con la capitana il ministro degli Esteri Heiko Maas; dal Lussemburgo ha protestato il ministro degli Esteri Jean Asselborn. Tutti dicono che "salvare vite non è un reato". Il ministro dell'Interno Salvini: "Non prendiamo lezioni da nessuno e tanto meno dalla Francia". Fioccano le divisioni, dopo i guelfi e i ghibellini, siamo giunti ai carolisti e agli anti-carolisti. Come previsto, siamo al naufragio della ragione. Proviamo a rimettere ordine nella vicenda e fare un'analisi del problema: l'immigrazione illegale e il potere dello Stato sul controllo dei confini. 

di Lorenzo Castellani (List)

La vicenda della Sea Watch 3 si è conclusa come ci si aspettava: violazione dei confini nazionali e arresto (domiciliare) del capitano della nave, Carola Rackete. L’agenda politica, ancora una volta, è stato proiettata tutta sul tema dell’immigrazione e imperniata sulle decisioni di Matteo Salvini. Sul piano del consenso rafforzerà, molto probabilmente, la posizione del Ministero dell’Interno. La dinamica è quella che si ripete oramai da un anno a questa parte, ma il fatto della Sea Watch 3 è più complesso del solito poiché raggruppa insieme una serie di elementi interessanti sul piano politico-culturale. Come siamo arrivati a questo punto sull’immigrazione? Le reazioni  dei progressisti e dell’opposizione continuano ad essere costellate di errori e mancanze che ben raccontano la strada percorsa fino qui. Andiamo con ordine. 

La percezione e la realtà. 
La prima critica generale, posta sulla esagerata centralità del tema dell’immigrazione, riguarda il problema della comunicazione. Gran parte dei maître à penser ostili alla destra sostiene che l’emergenza immigrazione in realtà non esista e che sia stata creata a tavolino dalla Lega. Che sia insomma tutta una manipolazione mediatica, una circonvenzione del cittadino ignorante e rabbioso. Tuttavia, sappiamo che la comunicazione funziona quando c’è un almeno punto d’attracco nella società, nella sua profondità razionale e sentimentale. La questione della centralità dell’immigrazione nel dibattito politico si protrae da anni, cosa che dovrebbe almeno far sospettare che l’appiglio nella società sia piuttosto profondo. Ciò perché, dati alla mano, l’immigrazione ha avuto un incremento numerico considerevole negli ultimi cinque anni ed una pessima gestione del processo d’integrazione da parte di tutti i governi che hanno lasciato in strada, spesso nelle mani del racket e della mafia centinaia di migliaia di immigrati irregolari. Persone che, purtroppo, sono fantasmi non identificati che vagano per le nostre strade, senza un percorso di istruzione o d’inserimento lavorativo e senza una reale assistenza da parte dello Stato nel percorso di integrazione sociale. Una situazione irrisolta che contribuisce a creare la percezione secondo cui l’immigrazione sia in aumento e fuori controllo. Anche perché la crescita numerica e l’abbandono a se stessi degli immigrati è fisicamente riscontrabile nelle stazioni, nelle piazze, nelle strade di ogni città italiana. Nessuno nega che la politica e i media amplifichino le percezioni, ma una base empirica, fattuale, che genera l’attenzione al fenomeno deve esistere (ed in questo caso esiste). Anche perché altrimenti tutta la comunicazione massiccia su fenomeni che vengono presentati dai promotori come una questione di massima urgenza dovrebbe funzionare e non è così, vale per la pubblicità e anche per la politica. 

Il contesto storico. 
In secondo luogo, spesso il mondo intellettuale e politico progressista tende a trascurare la storia e di conseguenza a razionalizzare errori e sconfitte. Ogni fase storica ha i suoi momenti topici e anche per l’immigrazione è forse possibile individuarne uno. Un momento fondamentale di questa storia, a giudizio di chi scrive, è stato il dicembre 2014, quando furono pubblicate le intercettazione di mafia capitale in cui Buzzi, manager di una cooperativa e appaltatore della giunte Alemanno e Marino per l’accoglienza dei migranti, affermava “con gli immigrati faccio più soldi che con la droga”.  Con quello scandalo si è iniziata a determinare nell’opinione pubblica la saldatura logica tra immigrazione senza controllo-ONG-logiche affaristiche-compiacenza del Partito Democratico, da cui non si è più tornati indietro. È stato il momento in cui Matteo Salvini ha iniziato a martellare contro la politica dell’allora governo Renzi e contro i 35 euro al giorno pro-capite destinati agli immigrati. Nella vulgata comune il concetto di accoglienza, con cui il mondo progressista si auto-compiaceva, si è trasformato in un “business con i soldi degli italiani”.
Retrospettivamente l’esplosione di Mafia Capitale è stato un momento di rottura nel dibattito politico italiano in cui la questione pro/anti-immigrazione è divenuta centrale. In cui si sono attivati quelli che potremmo chiamare “i meccanismi politici del sospetto”, secondo cui dietro la gestione dell’immigrazione si sarebbero celati convenienze, sprechi pubblici, guadagni privati dei fiancheggiatori del Pd. Un episodio che ha contribuito, in modo fondamentale, al successo della Lega e alla disgrazia del Pd. Questa dinamica, unita al discredito della classe politica e alla sfiducia verso l’Unione Europea, ha creato i presupposti per l’affermazione di successo del neo-nazionalismo di Salvini. Mentre i democratici nel campo delle politiche sull’immigrazione non si sono mai liberati, agli occhi della grande maggioranza degli elettori, del sospetto che gravava su di loro e sul partito. Una spirale letale.

La disobbedienza civile. 
Da ultimo, il micro-cosmo in progress sbandiera in questi giorni,  su social network e media mainstream, l’invocazione dell’Antigone di Sofocle e della disobbedienza civile. Anche questa storia sembra stia sfuggendo di mano al pianeta del progresso. La disobbedienza civile è un concetto soggettivo (o al massimo di gruppo) che si può prestare a molteplici usi e significati politici (esempio: non pagare le tasse, sparare a chi entra nel perimetro di casa, occupare una casa perché senza tetto etc). Il confine tra disobbedienza civile e la decisione sullo "stato d’eccezione", teorizzata dal giurista tedesco Carl Schmitt come atto extra-legale per ripristinare la legittimità politica, è molto labile.
Insomma, giustificare (ed incitare) la violazione delle leggi di uno Stato come atto moralmente giusto - e pretendendo che possa essere giustificato - apre la strada a ripetizioni pericolose.
Se ogni gruppo ha la propria morale, diversa rispetto a quelle degli altri, ed ognuno si sente legittimato a violare la legge dello Stato in nome dei suoi valori, che ne sarà dell’ordine politico? Quanto possono essere messe in pericolo le libertà e la democrazia? Tutto questo senza considerare il fatto che è molto discutibile parlare di disobbedienza civile di un cittadino straniero nei confronti di un altro Stato. Soprattutto nel caso in cui questo individuo favorisca l’immigrazione illegale e violi senza permesso i confini della nazione verso cui sta andando. La disobbedienza rischia di perdere di senso in questo specifico. Lo stesso Henry David Thoreau la concepiva come atto di resistenza nei confronti di leggi ingiuste e tiranniche del proprio governo. Non come violazione delle leggi di una nazione straniera.

La causa dell'accoglienza. 
Infine, siamo certi che atti dimostrativi di questo genere aiutino chi vorrebbe più apertura sull’immigrazione a diffondere il suo messaggio? È forse inneggiando al forzare posti di blocco e regolamenti che si riesce a sensibilizzare l’animo degli italiani sul problema degli immigrati? O la solidarietà del resto d’Europa? Chi fugge da guerre, fame e miseria ha molto più diritto ad entrare attraverso percorsi legali, sicuri e controllati, non con azioni illegali, dopo aver subito la pena di settimane di stallo in mare. E al tempo stesso i cittadini di uno Stato hanno diritto al fatto che i confini della propria nazione siano attraversati con procedure legali. 
Del RIO (PD) a bordo della Sea Watch

Una scelta diversa. 
Forse l’opposizione può fare diversamente e meglio, promuovere un dibattito, fornire soluzioni pratiche, convincere gli italiani con progetti ed idee su integrazione ed accoglienza, indebolire la politica di Salvini con fatti e credibilità. 


Salire su una nave non basta, anzi rischia di trasformarsi in una stucchevole passerella, in un esercizio di pedante pedagogia e replicare tutti gli stessi errori del passato.


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