venerdì 6 settembre 2019

LUIGI GIUSSANI E LA DENUNCIA DEL “NUOVO UMANESIMO”


«Il laicismo che propone un nuovo umanesimo, vuole elidere il cristianesimo richiamando la parola “valori”»

 Il 29 agosto 2019 l’“Avvocato del popolo” GIUSEPPE CONTE nel suo discorso al Quirinale ha testualmente affermato: «Molto spesso, negli interventi pubblici sin qui pronunciati, ho evocato la formula di un “nuovo umanesimo”. Non ho mai pensato che fosse lo slogan di un Governo. Ho sempre pensato che fosse l’orizzonte ideale per un intero Paese». In quello stesso discorso ha parlato di “valori” comuni, definendoli “non negoziabili”, tra cui «il primato della Persona», «il lavoro come supremo valore sociale», «l’uguaglianza nelle sue varie declinazioni, formale e sostanziale», «il rispetto delle Istituzioni», «il principio di laicità», e così via.
Ma che cos’è, in realtà, questo nuovo umanesimo?
È molto semplice: siamo ancora una volta di fronte alla prospettiva antropocentrica e anticristiana che considera l’uomo come misura di tutte le cose.
Mai come in questi ultimi tempi sto rivalutando le parole profetiche di quello che considero il mio Maestro, Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, il cui giudizio acuto sulla realtà ci manca terribilmente.
Giussani aveva già affrontato decenni fa il tema del cosiddetto nuovo umanesimo, avvertendone il tratto anticristiano e totalitario e denunciandolo con queste parole: «il laicismo propone un nuovo umanesimo, vuole elidere il cristianesimo richiamando la parola “valori”. Il potere, attraverso la sottolineatura di valori da lui stabiliti, pretende dalla gente ubbidienza secondo il suo disegno. Ma senza il senso del mistero, l’affermazione di un valore come criterio unico genera “violenza”, “omologazione” e “moralismo”».
Vale per i nuovi umanisti ciò che ancora una volta spiegava bene Giussani, ossia che per loro «Dio non c’entra con l’uomo concreto, con i suoi interessi, i suoi problemi, ambito in cui l’uomo è misura a se stesso, signore di se stesso, sorgente e dell’immaginazione del progetto e dell’energia concreta per la sua realizzazione, ivi compresa la direttiva etica implicata». Nell’ambito dei problemi umani dunque Dio – se c’è – è come se non fosse. Si realizza così la divisione tra un sacro e un profano, invocata dai nuovi umanisti nel principio della laicità dello Stato.

Se chiedessimo oggi a Giussani di spiegarci quali sono i «valori comuni» invocati da Giuseppe Conte – in compagnia di qualche alto prelato –, e cosa sia questo nuovo umanesimo, il fondatore di C.L. ci risponderebbe con le stesse parole che si possono gustare a pagina 32 dell’ottimo volume intitolato L’io, il potere, le opere: Contributi da un’esperienza:
«Io vorrei spiegare questo nuovo umanesimo, che è lo sforzo supremo operato dalla cultura dominante (atea nel senso pratico del termine) per eludere ed elidere il cristianesimo (con la collaborazione di tanti cattolici di ogni ordine e tipo), richiamando una parola importante: la parola valori. Si dice, si può anche sentire qualche alta personalità ecclesiastica affermare che scopo della Chiesa è aiutare la società civile a individuare e sorreggere una piattaforma di “valori comuni”. Ma i valori comuni anche i pagani li possono sostenere. Non può essere specifico del cristianesimo. Cosa è un valore? E ciò per cui vale la pena, in fondo, vivere».
Vale davvero la pena vivere per i valori invocati dal nuovo umanista Giuseppe Conte, ovvero per «il lavoro come supremo valore sociale», per «l’uguaglianza nelle sue varie declinazioni», per « il rispetto delle Istituzioni, per il «principio di laicità», per «il primato della persona» inteso nell’accezione prometeico-umanistica del «faber est suae quisque fortunae», ovvero dell’uomo artefice del proprio destino?
Duemila anni di cristianesimo ci hanno rivelato qual è il vero significato ultimo dell’esistenza umana per cui, davvero, vale la pena, in fondo, vivere.


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