martedì 7 gennaio 2020

EMILIA-ROMAGNA: COMINCIA LA VERA CAMPAGNA ELETTORALE


ROMANO COLOZZI
Le vacanze natalizie costituiscono una sorta di cesura all'interno della campagna elettorale per le regionali del 26 gennaio.
La prima parte della campagna è servita ai candidati presidente innanzitutto a mobilitare le proprie schiere, quegli elettori che hanno convinzioni politiche radicate. La vera sfida inizia adesso ed è quella di convincere gli indecisi e coloro che pensano, per i più svariati motivi, di non andare a votare.
Si può fare un primo bilancio di questo inizio di campagna elettorale, individuandone i fattori più interessanti politicamente:

1. Bonaccini ha giocato tutto sul tentativo di spoliticizzare le elezioni regionali, preoccupato di essere trascinato nel gorgo negativo dell'azione del governo sostenuto dal proprio partito. Ha nascosto il simbolo del Pd e non ha voluto Zingaretti e i ministri piddini accanto a sè. Ha voluto dimostrare di essere un buon amministratore, più esperto della sfidante Borgonzoni: cosa piuttosto ovvia. Ci mancherebbe che dopo 10 anni in regione, di cui 5 con il ruolo di Presidente, si dimostrasse meno competente sui dossier regionali di chi non ha svolto quella funzione.

2. Questa personalizzazione molto forte della competizione lo ha portato a dare di sè l'immagine di un uomo al comando competente, ma solo; come se non riconoscesse ai suoi la capacità di essere una realtà capace di "pensare" una politica innovativa. Infatti non è ancora riuscito a lanciare una idea nuova, una visione per il futuro della Regione, limitandosi ad elencare alcuni risultati conseguiti. L'Emilia-Romagna è una regione troppo importante per accontentarsi di avere alla guida un buon amministratore di condominio.

3. Il tentativo di spoliticizzare le elezioni regionali non è riuscito, come lui stesso ha implicitamente ammesso quando ha chiamato accanto a sè il sindaco di Milano Sala, insieme al quale ha presentato la vittoria in Emilia-Romagna come l'inizio della riscossa della sinistra a livello nazionale, dopo la lunga serie di sconfitte elettorali. Probabilmente questo è stato determinato anche dalla constatazione di non riuscire ad acquisire un vantaggio tranquillizzante rispetto alla Borgonzoni, nonostante la discesa in campo del movimento delle Sardine che, nei sondaggi, sembra aver spostato un misero 0,5%. Tra l'altro la chiamata come sostegno di un Sala, sindaco, invece di uno Zingaretti, presidente di regione, implicitamente evidenzia un giudizio non lusinghiero sulla gestione amministrativa del suo capo di partito.

4. La Borgonzoni, con l'aiuto forte di Salvini, ha sicuramente raccolto il consenso di chi vuole dare una spallata, attraverso il voto regionale, al governo giallorosso. Sul piano più squisitamente regionale è stata efficace nella pars destruens, evidenziando alcune gravi lacune della gestione Bonaccini, soprattutto per quanto riguarda l'eccessivo carico fiscale imposto ai cittadini; nella pars costruens, quella delle proposte, mi sembra debba ribattere con forza alla critica di voler importare in Emilia-Romagna il modello amministrativo di altre regioni del Nord. La posta in gioco non è una sfida fra "modelli", peraltro non sempre facilmente delineabili; il confronto deve avvenire su valori ispiratori e su strumenti legislativi e amministrativi per attuarli, che sappiano salvaguardare gli aspetti positivi della tradizione amministrativa della nostra regione, mandando invece definitivamente al macero l'armamentario ideologico radical-marxista, che ha costituito e costituisce il substrato ideale dell'azione di governo del PD.

5. Il M5S, fino ad oggi ai margini della campagna elettorale, sembra essere vittima anche qui della schizofrenia che lo contraddistingue a livello nazionale. I militanti hanno deciso, contro la volontà dei vertici del movimento, di avere un proprio candidato, contrapposto ai due espressione del centrodestra e del centrosinistra, ma a giudicare dei sondaggi sembra che una parte non secondaria degli elettori grillini si possa orientare verso il voto disgiunto a favore di Bonaccini. Tanto valeva, allora, presentarsi in alleanza con lui, ottenendo così un maggior numero di consiglieri. In ogni caso il candidato grillino appare fuori partita.

6. I sondaggi sul voto al Presidente, che è quello che conta e che prevale su quello dato alle liste di partito, dal momento che il premio di maggioranza è legato al candidato che sopravanza anche di un solo voto gli avversari, danno Bonaccini in vantaggio di circa 2 punti e mezzo sulla Borgonzoni. Mi sembra che sia un dato non tranquillizzante per il presidente uscente, se si pensa che esso ingloba già l'effetto-Sardine e che gli elettori di centrodestra hanno una certa ritrosia nell'esprimere la propria intenzione di voto. La partita è dunque apertissima e si giocherà in questi ultimi decisivi 20 giorni.
A mio giudizio, il centrodestra dovrebbe concentrarsi su due tipologie di elettori indecisi: quelli che, abbastanza soddisfatti della gestione amministrativa della sinistra, temono il "salto nel vuoto" di affidare la guida della Regione ad una classe dirigente che non hanno mai sperimentato e quelli che, provenendo da una tradizione politica di centro moderato, fanno fatica a riconoscersi in posizioni eccessivamente estremiste. È una sfida difficile, ma non impossibile, se si guarda a come il centrodestra, alla guida di alcune delle regioni più avanzate d'Italia, abbia saputo da decenni tenere insieme esperienze e sensibilità politiche diverse, in una sintesi che ha dato eccezionali risultati in termini di innovazione e sviluppo.


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