sabato 8 febbraio 2020

LA DEMOCRAZIA TOTALITARIA E LA “DECOSTRUZIONE DELLA REALTA’ ”



Come fare a cambiare qualcosa in un paese con un parlamento già morto e imbalsamato per legge? Per giunta in un sistema irrigidito e inamovibile di potentati comunque saldamente insediati nelle massime istituzioni del Paese, giustizia compresa, attraverso una burocrazia professionale  che esercita il potere di creare, giudicare  e applicare le proprie regole?

Come ha notato Claudio Risè in un recente intervento (La Verità 3/2/2020) “ parrebbe che la prima mossa consista nello stare alla larga dalle categorie che il sistema propone ogni giorno: dal fascismo/antifa­scismo a odio/accoglienza, paura/serenità e via vagheg­giando da un concetto all'al­tro, tutti rigorosamente astratti, mai verificati nella realtà.”

Oggi, continua Risè,  nelle «democrazie totali­tarie» (come la nostra oggi) si usa (pericolosamente) rimandare il più possibile le elezioni na­zionali, anche quando è chiarissimo che il Paese ha cam­biato completamente idea. Come, appunto, accade in Italia dove quello che due anni fa era il primo partito oggi è ri­dotto a un decimo di ciò che fu, ma i parlamentari riman­gono su.
Prima o poi le elezio­ni, comunque, arriveranno e bisogna arrivarci né con la “cu­pola” né con i dignitari bolliti dei partiti ma con la gente del­la strada. Per farlo però occor­re allora lasciare al progressi­smo vaneggiante il dibattito isterico, con le sue smorfie da emoticon al posto di senti­menti e conoscenze autenti­che, e riprendere le vecchie categorie-basa della politica, tipo: libertà/oppressione, so­vranità/colonialismo, demo­crazia/autoritarismo, lavo­ro/disoccupazione, sicurez­za/rischio, proprietà-espro­prio. Cose vere, non soap ope­re da cervelli e social in crisi di idee e sradicati dal mondo.
I «progressisti» non vogliono parlare delle cose reali per­ché da tempo non sanno più che pesci pigliare (sardine a parte).”

Senza una visione del mondo e program­mi d'azione da essa ispirati, il progressismo delle vecchie si­nistre ha finito col dedicarsi alla «decostruzione», lo smontaggio della realtà esi­stente che da sempre attrae le società decadenti.

“La pratica preferita, spiega Risè,  diventa allora la character assassina­tion, la diffamazione e produ­zione di odio verso il «capro espiatorio», la vittima desi­gnata per fregare gli avversa­ri, come accaduto in Italia ne­gli anni passati con Silvio Ber­lusconi, e oggi con la mostrifi­cazione di Matteo Salvini.

Sul piano programmatico poi le iniziative decostruttive de­moliscono ciò che c'è e funzio­na. Innanzitutto lo stesso cor­po della società, attraverso una politica di immigrazione dequalificata e incontrollata, abbandonata alle mani delle mafie sia nel trasporto che al­l'arrivo, e lasciata poi operare in attività altamente distrutti­ve verso la popolazione come lo spaccio, di cui una serie di norme garantiste (più volte denunciate dalle forze di poli­zia) impedisce poi la punizio­ne. Anche il diritto viene fatto a pezzi, come quando Nicola Zingaretti riserva il 10% degli alloggi popolari a chi li occupa illegalmente.

La decostruzione dell'esi­stente (il dissolvimento della società) si realizza poi demo­lendo direttamente le struttu­re dove si forma l'affettività. A partire dalla famiglia: Bibbia­no è solo l'ultimo esempio del­la politica anaffettiva perse­guita da decenni su tutto il territorio nazionale. Dunque bambini allo Stato dall'asilo nido in poi: programma Bonaccini. Si continua poi con costumi, lin­guaggio e sessualità, stili di vi­ta e libertà di espressione (che viene ridotta e manipolata). Si tratta di campi ormai codifi­cati e delegati alle normative e iniziative Lgbt, e gradualmen­te integrati in pratiche, norme e leggi confusive, repressive e devastanti, in particolare ver­so i minori. “

Reagire con programmi au­tentici e reali alla demolizione di un'intera società tocca quindi ai conservatori, cioè a quelli  che si impegnano a raf­forzare e far crescere ciò che vive, invece di indebolirlo e di­struggerlo. È il loro compito, da dovunque essi provengano sinistra, destra o centro (ter­mini oggi non più così signifi­cativi).
Gli Stati più vivaci e vitali sono fatti da culture, terre, tradizioni, storie, vocazioni diverse, e non c'è ragione al mondo di non valorizzarle, al­leggerendo così tutti dal peso e costo di amministrazioni europee, elefantiache, lontane dai ter­ritori, elitarie  e che gestiscono il potere per conto proprio. Realismo, autonomie, alleggerimento burocratico e mobilitazione delle risorse più profonde: quelle delle ric­che diversità che ci sono già nel Paese.
Una politica delle cose e delle persone, altri­menti dimenticate da un par­lamento mummificato.


A Roma, nei saloni del Grand Hotel Plaza, tra il 3 il 4 febbraio scorsi, si è svolto l’evento “National Conservative Conference”, organizzato dalla Edmund Burke Foundation, in collaborazione con il think thank – presieduto dall’editore Francesco Giubilei – Nazione Futura.


Nessun commento:

Posta un commento