martedì 21 aprile 2020

IL GOVERNO CONTE MOLTIPLICA GLI ESPERTI. CHURCHILL NO


"LA NOSTRA ORA PIU' BUIA"
La conduzione di un esecutivo in emergenza richiede semplificazione, non moltiplicazione degli organismi. Storia del gabinetto di guerra di Churchill e cronaca della proliferazione dei comitati di Palazzo Chigi
 
Il Presidente del Consiglio non ha mai fatto mistero d’ispirarsi in questa crisi a Winston Churchill. È la nostra ora più buia, ha più volte ribadito, parafrasando il grande Primo ministro che resistette ai nazisti e vinse la Seconda Guerra Mondiale. Conte, l’avvocato del popolo, ama disegnarsi come uno statista super partes.

 
Eppure la storia tornerebbe utile, se la si studiasse e non venisse utilizzata come specchietto per le allodole. Entrato a Downing Street nel 1940 sostenuto da una grande coalizione di tutti i partiti (e anche qui forse ci sarebbe da imparare), Churchill fronteggiò l’emergenza bellica varando con rapidità uno War Cabinet, il Gabinetto di Guerra, riunione ristretta dei ministri indispensabili alla conduzione delle ostilità. Nei momenti di crisi di una nazione il comando deve esser saldo, i decisori pochi, la linea politica chiara ed omogenea. Per questo il Primo Ministro accentrava nelle sue mani ed in quelle di pochi altri i destini della nazione. Lo War Cabinet, infatti, era un’operazione di semplificazione, una razionalizzazione del sistema decisionale, un vertice concreto. Pochi ministri, competenze chiare, efficienza massima. I vecchi gabinetti pletorici, con venti o trenta componenti, non erano funzionali per le decisioni in tempo di guerra. Gli inglesi lo sapevano bene, già dalla Prima guerra mondiale. E non a caso le hanno vinte entrambe.


In questo contesto, non era necessaria nemmeno una gran sfilata di esperti e consulenti governativi, a dimostrazione che quando un ingranaggio è buono, e quello dello Stato britannico lo era, sono i singoli individui a fare la differenza. Non servono le schiere di esperti. 

Infatti, Churchill resistette al nazismo e guidò vittoriosamente la controffensiva con Roosevelt con soli quattro consiglieri scientifici esterni alla macchina dello Stato. Tutto il resto era gestito da funzionari pubblici ben preparati e tecnici che erano stati incorporati, assunti, dall’amministrazione. Nessuna task force, nessun comitato, nessuna centinaia di esperti come nell’Italia del 2020 (Il Sole 24 ore ne ha contati 450 tra Stato e regioni).

Un gabinetto d’emergenza,
 con pochi e qualificati consiglieri tecnici è ciò che ci vorrebbe, ma in Italia c’è sempre un vasto sottobosco di sedicenti esperti che deve essere accontentato. L’intendenza dei competenti vive nel paradosso di ricevere l’investitura da un governo fondato sul partito dell’incompetenza per eccellenza, i cittadini semplici del Movimento Cinque Stelle. Dopo anni di barricate con il Pd, oggi ci si spartisce insieme la grande vetrina degli esperti nel tentativo di gestire l’epidemia dopo settimane di caos legislativo, istituzionale e comunicativo.
 
Il timore è che task force e comitati serviranno più come ammortizzatore di responsabilità, come strategia di diluizione delle colpe, che come fattori d’innovazione all’interno dell’apparato amministrativo italiano. Non sarebbe stato più utile proporre un’assunzione diretta ai migliori tra questi scienziati, tecnologi, manager e via dicendo con un processo semplificato come è stato fatto per i medici in corsia? Così da lasciare solo pochi consiglieri, di gran qualità, ad incidere maggiormente sulle scelte politiche, proprio come accadde ai tempi di Churchill e Roosevelt? 

L’impressione è che si debbano costruire specchi per garantire a ciascun ministero e a ciascun livello di governo il proprio “soviet di tecnici”e assicurare ad un gran numero di narcisi esperti la possibilità di specchiarvisi dentro.  

Quando mancano gli anticorpi della politica e quando l’élite viene annacquata, non restano che l’apparenza e i meccanismi d’autoinganno di una classe dirigente sempre più vasta, e dunque sempre più mediocre.

Spunti tratti da LIST



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