sabato 13 giugno 2020

STATI UNITI. «LA RISPOSTA ALL'IMPOTENZA È UNA PRESENZA»


Quello che c'è in primo piano, però, è un grande «bisogno di vivere, respirare».

 José Medina*

Father Josè Medina
Un grido profondamente umano risuona per le nostre città. Ancora una volta, uomini e donne di colore temono di essere uccisi indiscriminatamente da coloro che hanno il compito di proteggerli e servirli. Si sentono impotenti.

Lo spiega bene Kareem Abdul-Jabbar in un contributo ospitato sul Los Angeles Times: «Vedendo i manifestanti neri nell’era di Trump e del Coronavirus dobbiamo renderci conto che sono persone spinte al limite, non perché vogliono bar e saloni di bellezza aperti, ma perché vogliono vivere. Respirare».

Ci sentiamo tutti impotenti.

Un modo comune per attenuare l’impotenza è quello di identificare un nemico ed escogitare modi per sottometterlo. Gettarsi nella mischia restituisce una sensazione di potere. Se non siamo in prima linea, la sensazione di potere si prova twittando o semplicemente commentando i mali della società.
 
Manifestanti a Minneapolis 2 giugno 2020
Tuttavia questo non risponde adeguatamente al grido dei manifestanti. L’umiliazione pubblica che è seguita al video virale della reazione di Amy Cooper verso Christian Cooper, un nero in Central Park, non ha contribuito a sradicare il razzismo (vedi nota a piè di pagina).

Martin Luther King Jr. una volta disse che potremmo riuscire a uccidere l’assassino, ma non saremo in grado di cancellare l’assassinio. La convinzione che eliminare ogni persona razzista violenta sconfiggerà il razzismo trascura un fatto incontrovertibile: tutti noi desideriamo vivere, e siamo tutti violenti, persino razzisti.

Come disse King: «C’è qualcosa in ognuno di noi che ci fa gridare con Goethe: “Ci sono tante cose in me da rendermi gentiluomo e mascalzone”».

Tutti noi desideriamo vivere, essere amati - e questi desideri non sono estranei nemmeno al poliziotto che ha ucciso George Floyd. E siamo tutti violenti, con chi non conosciamo, e persino con chi amiamo.

Se siamo onesti, possiamo riconoscere in noi la donna nel parco, il poliziotto e il manifestante violento. Si vede nei nostri post su Facebook e Instagram. La facciamo franca perché nessuno li ha registrati.

Indipendentemente dalla condizione sociale, dalla razza o dalla religione, nonostante ciò che abbiamo fatto o siamo capaci di fare, tutti noi condividiamo questo grido di protesta. Vogliamo vivere, e non sappiamo come. Cosa può rispondere a quel grido umano?

Nel 2017, Richard Preston, all’epoca Mago Imperiale del Capitolo del Maryland del Ku Klux Klan, sparò con la pistola contro un uomo di colore durante le proteste a Charlottesville, in Virginia. Invece di condannare drasticamente Preston, Daryl Davis, un uomo di colore, decise di fare amicizia con lui, come aveva fatto con molti altri membri del Klan.

Un anno dopo, la fidanzata di Preston invitò Davis ad accompagnarla all’altare al loro matrimonio. Come King, Davis crede che solo l’amore abbia il potere salvifico di trasformare gli uomini e le donne all’apparenza più “recalcitranti”. Il suo agire evoca le parole di King: «La tenebra non può scacciare la tenebra: solo la luce può farlo. L’odio non può scacciare l’odio: solo l’amore può farlo».

Tanta gente è scettica riguardo all’atteggiamento di Davis. Molti pensano che la sua posizione sia inadeguata per affrontare i problemi endemici della nostra società.

Durante un acceso dibattito nel reportage “Accidental Courtesy” del Public Broadcasting Service, Kwame Rose, un attivista del movimento Black Lives Matter, ha detto a Davis: «Smettila di sprecare il tuo tempo entrando nelle case della gente che non ti ama». Eppure, la “presenza” di Davis cambia misteriosamente le persone.

Nei giorni scorsi, ci hanno commosso le immagini di agenti di polizia che ascoltano quel grido, si uniscono ai manifestanti, leggono le liste delle persone uccise o si inginocchiano insieme in segno di solidarietà per le vittime della violenza e del razzismo.

Abbiamo visto come la risposta all’impotenza non sia il potere, ma una “presenza” capace di comunicare con il presunto nemico. Se manca una presenza, la nostra impotenza è spaventosa.

Il contributo costruttivo che possiamo offrirci gli uni gli altri in questo momento drammatico è quello di ascoltare il grido, di non nasconderlo attraverso soluzioni frettolose e di condividere la nostra esperienza di uno che risponde alla nostra impotenza e risveglia la nostra umanità. Solo uomini e donne consapevoli di essere stati riscattati da una presenza potranno dar vita a leggi migliori e strutture sociali più umane.

CatholicPhilly.com, 9 giugno 2020

*responsabile di CL negli Stati Uniti

Nota
Amy Cooper è una donna bianca che il 25 maggio, giorno dell’omicidio di George Floyd, in un parco di New York mentre non teneva il cane al guinzaglio, come prevede la  legge, ha chiamato la Polizia affermando che un afroamericano(Christian Cooper,che le chiedeva di mettergli la museruola) la minacciava. L’episodio minimo in se dimostra una cosa evidente: Amy infatti è bianca, Christian è nero. 
Perché Christian, che chiedeva ad Amy di rispettare una regola, non ha chiamato la polizia per riportare l’ordine? E perché Amy, consapevole di essere nel torto e di aver trasgredito a una regola, ha pensato di chiamare la polizia per ristabilire l’ordine? Perché nella chiamata alla polizia ha detto di essere in pericolo di vita? E perché ha sentito la necessità di specificare che chi la minacciava era un afroamericano?
I loro comportamenti sembrano rispondere a uno schema di lungo periodo, presente nella società statunitense. Se per Christian evitare il più possibile di avere a che fare con la polizia può essere un comportamento saggio, per Amy la polizia rappresenta la sicurezza di poter far valere i suoi diritti, perfino nel torto.
Il fatto è stato ripreso in un video, ed è diventato virale nei social suscitando indignazione.
Amy Cooper, dopo essere stata sospesa dalla società per cui lavora, che ha aperto una inchiesta per razzismo, ha rilasciato una dichiarazione pubblica di scuse nei confronti di Christian Cooper, sottolineando di non essere razzista.

Nessun commento:

Posta un commento