domenica 19 luglio 2020

CARO MONS. SANTORO, QUANTO DOLORE PER QUEL TUO COMUNICATO SUI FATTI DI LIZZANO.


SABINO PACIOLLA
Caro mons. Santoro, ci conosciamo, ma non tanto da poterti chiamare don Filippo, come fanno i miei e tuoi amici di una vita. Quel minimo di conoscenza personale mi impedisce però di scrivere in maniera distaccata. Per questo ti scrivo queste poche parole, ti assicuro con grande dolore e rispetto per la tua paternità, sulla vicenda occorsa nel comune di Lizzano, tra don Giuseppe Zito, parroco della Chiesa di San Nicola, appartenente alla tua diocesi, e la sindaca Antonietta D’Oria. 
L’altra sera, ti confesso, appena letto il tuo comunicato ufficiale, sono stato preso da un certo turbamento.
Mons. Santoro al Meeting 2017
Ti scrivo pubblicamente perché il tuo comunicato è pubblico, ed ha creato sconcerto in molti fedeli, a cominciare da me. È giusto dunque che vi sia una adeguata, franca, e rispettosa riflessione, che tanti stanno già facendo. 
Purtroppo, è una riflessione che viene da lontano, non è nata con il tuo comunicato, e ciò perché i fatti e le occasioni che vedono l’intervento “controverso” di sacerdoti o vescovi, si stanno ripetendo nel tempo. È una riflessione che deve andare al cuore della fede, al nucleo del cristianesimo, all’essenza della testimonianza a Cristo.
Vista la situazione, che di anno in anno si sta facendo sempre più pericolosa per noi cristiani, anche qui nel “tranquillo” Occidente, mi vengono spesso in mente le parole di San Pietro:
“Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei, irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti. Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera. (…)”
Il giorno dopo, nel sinedrio, davanti al sommo sacerdote Caifa e ai capi, “Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e anziani, (…) Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori, è diventata testata d’angolo.
In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati».(…) E poi, “Pietro e Giovanni replicarono: «Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato»” (Atti 4,1-22) E infine “Pietro disse: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini»” (Atti 5,29).

Viviamo in una società sempre più scristianizzata, che o è indifferente al fatto cristiano o ha in odio Cristo.
Se la proposta di legge Zan, quella sull’omotransfobia, dovesse essere approvata, la nostra testimonianza a Cristo si farà più drammatica e dolorosa (è quello che Lui ci chiede), non potremo più parlare di tutto quello che da Cristo discende. Non potremo più vivere ciò che la nostra concezione cristiana della vita ci insegna. Questo a volte pare sfuggire ad alcuni pastori. E l’intervento della sindaca di Lizzano che chiede ai carabinieri di identificare i fedeli che si sono riuniti in chiesa per pregare, o addirittura la sua pretesa di decidere cosa i fedeli debbano pregare è la prefigurazione più chiara del regime prossimo che ci aspetta. Infatti, la sindaca ha affermato: “Pregare perché un disegno di legge non venga approvato non mi sembra democratico”. “non mi sembra democratico”….pensate un po’ a quali vette del pensiero siamo arrivati! 
Per questo, le parole del tuo comunicato, almeno a me, sono apparse lontane, distanti dalle questioni che sono realmente in gioco, animate da una volontà di “costruire ponti e abbattere muri” che non ha senso e che non aiuta nessuno. Quelle parole hanno infatti ingiustamente rimproverato il sacerdote ed i fedeli che hanno avuto la sola “colpa” di pregare Dio perché faccia in modo che una legge orrenda e liberticida non venga approvata; d’altra parte, non hanno fatto alcuna obiezione all’operato della sindaca, il quale, non so se contempli la violazione di qualche norma, di sicuro è stato inopportuno ed oltre le righe.
Chi infatti ha “brandito la fede come un’arma”? Chi ha trasformato un momento di preghiera, che di per sé deve unire, in “un motivo di divisione e di contrapposizione”? Non mi pare che la colpa sia attribuibile al sacerdote o ai fedeli. Eppure queste affermazioni sono contenute nel tuo comunicato.
Certo, nel comunicato vi è anche il richiamo alla dichiarazione della CEI che stigmatizza il ddl di Zan, ma il tutto è apparso come una delle tante tessere, forse nemmeno la più importante, di un mosaico il cui disegno ha lasciato molto a desiderare.
La sensazione che in tanti sentiamo è quella di essere mancanti di guide, di pastori che si mettano davanti al gregge e, sicuri, lo guidino alla meta, incuranti delle proteste che lungo la strada si alzeranno. Invece, in questi tempi, spesso aggressivi e inumani, capita sempre più spesso che tanti, tanti, pastori stiano in silenzio, per vari motivi che non è qui il caso di richiamare, e che pochi, pochissimi, facciano sentire la loro voce con chiarezza dinanzi al Potere. E questa per noi fedeli non è affatto una bella sensazione. Anzi.
Certo che “la Chiesa è Madre di tutti i suoi figli, e come tale accoglie e ama tutti senza distinzione alcuna”, come scrivi nel comunicato, ma la Chiesa è anche Maestra (Mater et Magistra), e ci testimonia e ci educa al vero bene dell’uomo, che è Cristo. Ma il nostro cuore, il cuore di ogni uomo, facilmente fugge la Luce per inseguire le tenebre, quelle che portano divisione e odio. Infatti, è la verità che unisce, mentre è la menzogna che divide. Per cui, per noi cristiani, il dovere primario sarà sempre quello di annunciare e testimoniare Cristo, prima ancora della ricerca di “un clima di solidarietà, di rispetto reciproco e di collaborazione per il bene comune”. Tutte cose, queste, importanti, importantissime, ma non fondamentali per la salvezza della nostra anima. 
Caro mons. Santoro, quella che viviamo appare sempre più un’epoca tragica, difficile, disumana (si veda l’aborto legalizzato o l’utero in affitto), intrisa come non mai di una domanda di religiosità confusa e ambigua. Un’epoca di apparente tolleranza, in cui molti vogliono affermare un cristianesimo fatto di «valori», di «aperture», di «dialogo», un cristianesimo in cui pare non esserci più posto per la persona del Figlio di Dio, il Cristo, crocifisso per noi, risorto per noi.
Un cristianesimo umanitario ridotto a promozione sociale, “un nuovo umanesimo”, si dice, così attento a non urtare minimamente la suscettibilità altrui, tanto da mettere tra parentesi quello che più ci sta a cuore. Un cristianesimo che corre il serio rischio di sconfinare nel politicamente corretto, l’arma attuale che il Potere usa per addormentare le coscienze ed imporre surrettiziamente, ma drammaticamente, il suo astuto volere.
Questa intollerante “tolleranza”, così in voga oggi, vuole mettere in prigione coloro che  dissentono da una concezione fluida dell’uomo, una concezione che non riconosce, anzi odia, il “maschio e femmina Dio li creò”, una concezione che vuole cancellare la originaria dipendenza dal Padre. È per questo che il presente tempo urge la testimonianza di noi cristiani alla Verità, contro qualsiasi “Imperatore”, con qualsiasi volto si presenti.
Allora mi piace concludere con il testo del Volantone di Pasqua del 1988 di Comunione e Liberazione, lo ricorderai, quel Volantone che riportava un passo tratto da “Il dialogo dell’Anticristo”, di Vladimir Solov’ev (di cui in maniera fulminante parlò il card. Giacomo Biffi), che così recitava:
L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: “Strani uomini… ditemi voi stessi, o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri capi e fratelli: che cosa avete di più caro nel cristianesimo?”. Allora si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: “Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, poiché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità”. 


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