Tracce dedicò la copertina del numero di febbraio 1994 a un inedito di Augusto
Del Noce: si trattava della lettera scritta nel 1984 a Rodolfo Quadrelli, un
inquieto e interessante letterato scomparso poco dopo. Nel testo compare
un’espressione che sarebbe diventata familiare a tanti di noi: «nichilismo
gaio», vero e proprio j’accuse ai maestri di un’epoca. Ecco il brano della
lettera in cui il filosofo spiega che cosa intende con quella espressione
Carissimo Quadrelli, quanto mi
dici sul nichilismo presente, mi trova perfettamente consenziente.
Non è più il
nichilismo tragico di cui forse si potevano trovare le ultime tracce nel
terrorismo. Questo nichilismo doveva portare a una soluzione rivoluzionaria più
o meno confusamente intravista o meglio confusamente ricordata; un qualche
elemento di rabbia c’era ancora e questo gli conferiva una sembianza
lontanamente umana.
Ma il nichilismo oggi corrente è il nichilismo gaio, nei
due sensi che è senza inquietudine (forse si potrebbe addirittura definirlo per
la soppressione dell’inquietum cor meum agostiniano) e che ha il suo simbolo
nell’omosessualità (si può infatti dire che intende sempre l’amore omosessualmente,
anche quando mantiene il rapporto uomo-donna).
Non per nulla trova i suoi
rappresentanti in ex-cattolici, corteggiati ancora da cattolici che riconoscono
in loro qualcosa che trovano sul loro fondo.
Tale nichilismo è esattamente la
riduzione di ogni valore a “valore di scambio”; l’esito borghese massimo, nel
peggiore dei sensi, del processo che comincia con la Prima Guerra
mondiale. Il peggior annebbiamento che il nichilismo genera è la perdita del
senso dell’interdipendenza dei fattori nella storia presente; infatti, a ben
guardare, non è che l’altra faccia dello scientismo e della sua necessaria
autodissoluzione da ogni traccia di valori che non siano strumentali. (…)
Con viva amicizia,
tuo Augusto Del Noce
Roma, 8 gennaio 1984
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