L’opposizione a Renzi va fatta,
ma nella società
di Robi Ronza
30-04-2015
da lanuovabussola
Ieri il governo Renzi ha superato l’ostacolo del primo
dei tre voti di fiducia che ha deciso di porre sull’”Italicum”, la legge
elettorale pensata per garantire all’attuale premier un lungo futuro politico.
Gli altri due voti analoghi sono in programma oggi. Ieri 38 deputati del PD
ostili alla linea di Renzi non hanno partecipato alla votazione; tra questi
Bersani, Rosy Bindi, Civati, Cuperlo. Oggi dovrebbe accadere lo stesso. Grazie
al “premio di maggioranza” alla Camera il PD dispone tuttavia di un numero
tale di seggi che 38 assenti non bastano a metterlo in crisi. Pertanto anche
oggi l’”Italicum” dovrebbe continuare a procedere verso l’approvazione
definitiva. Si tratta, come già abbiamo ricordato,
di una risposta cattiva, perché pericolosa per la democrazia, a un
problema reale, quello della stabilità del governo. Un problema al quale si
sarebbe potuto dare una risposta diversa, ma così non è stato.
Da abilissimo politico
quale è Renzi ha giocato drammatizzandola la carta
della fiducia ben sapendo che al momento a lui non c’è alternativa né dentro né
fuori del suo schieramento. Da ottimo giocatore ha fatto finta di rischiare
tutto quando sapeva di non rischiare nulla o quasi. E se oggi continuerà a
vincere, come è praticamente certo, uscirà dalla vicenda ancora più
insostituibile (per adesso) di quanto fosse prima.
Un fantasma si aggira
nel Pd, diremo parafrasando il celebre inizio del “Manifesto del Partito
Comunista” di Marx e Engels. Non è però il Pci ma
la Democrazia Cristiana. All’ombra del contrasto tra Renzi e la vecchia guardia
del suo partito stanno infatti facendo la loro ricomparsa, per ora dietro le
quinte, Romano Prodi e Enrico Letta. Qualcuno potrebbe osservare che il
primo non è più parlamentare e che il secondo ha recentemente annunciato le
proprie dimissioni (anche se per il momento è ancora in carica). Non sono
più i tempi tuttavia nei quali la presenza in Parlamento era per i leader
politici un requisito indispensabile. Oggi anzi è il contrario: da Renzi a
Berlusconi, a Grillo tutti quelli che più contano ne stanno fuori. Perciò le
annunciate dimissioni di Letta da deputato significano esattamente il contrario
di quanto un tempo avrebbero voluto dire. Renzi non ha fatto in tempo a essere
democristiano per motivi anagrafici, ma della sinistra Dc è un evidente erede;
Prodi e Letta provengono dall’esperienza avviata dentro la Democrazia
Cristiana da Beniamino Andreatta, di cui il giovane Letta fu segretario.
Per uno di quei
paradossi di cui la vita pubblica italiana non è avara la battaglia per il controllo del partito erede del vecchio Pci rischia
ancora una volta di giocarsi tra post-democristiani. Il Partito Democratico
nasce dalla confluenza tra il vecchio Partito Comunista Italiano e le correnti
della sinistra democristiana. Entrate nella nuova forza politica come una
componente minoritaria, sorprendentemente questi gruppi ne costituiscono ormai
saldamente il vertice, al punto che possono addirittura permettersi il lusso di
uno scontro interno. Con tutta la poca sintonia che abbiamo con Renzi e con il
suo progetto statalista e tendenzialmente neo-autoritario, nella deprecata
ipotesi di uno scontro tra Prodi e Letta da una parte e Renzi dall’altra a
nostro avviso, nonostante tutto, varrebbe la pena di tifare per Renzi. Meglio
infatti qualcuno che almeno è contemporaneo al tempo in cui viviamo.
Aggiungendosi allo
stato di sbando generale in cui si trova l’area del
centro-destra, questa mesta conclusione ci dà tuttavia molto bene l’idea della
situazione nella quale ci troviamo. Nel futuro prevedibile a Renzi non c’è
alcuna alternativa in sede politica, il che equivale a dire che, oggi come
oggi, nella sfera delle istituzioni non c’è spazio alcuno per una presenza di
qualche significato per chi abbia a cuore ciò che abbiamo a cuore noi. Tanti
auguri a Mario Adinolfi e alla sua scelta di fare la sua battaglia dentro il Pd
o comunque per aprirsi un varco nel Pd. Adinolfi e il suo giornale-movimento La Croce costituiscono una novità importante e positiva in
quanto a chiarezza di giudizio in tante cose e in quanto a efficacia nel
raggiungere e trovare ascolto in ambienti che difficilmente altri potrebbero
raggiungere. Restano però una vicenda interna ad un’area che va a tutta forza
da un’altra parte; che quindi ha senso solo per chi per storia passata e per
collocazione presente sta in quell’area, e non può né desidera andare altrove.
In tali limiti può essere una buona scelta, ma non è una scelta di validità
generale.
A nostro avviso, e
fino a quando le cose vanno come vanno, tutti gli altri devono lavorare solo
nella società civile per costruire dei soggetti sociali forti, consapevoli e
non subalterni; dei soggetti che non puntano a espugnare il Palazzo ma soltanto
a stringerlo d’assedio. Dei soggetti in grado di porre a chi sta al potere
delle domande forti per contenuti e per capacità di mobilitazione. Oggi in generale
la vera nuova frontiera della presenza pubblica della gente di fede è questa.
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