martedì 30 novembre 2021

IL POPOLO CHE MANCA (E UN GIUDIZIO DI JOSEPH RATZINGER)

Di Sinodo dei Vescovi Italiani si parla su giornali e in simposi.

Il problema? Mancano i cristiani


A ll'Ergife di Roma i vescovi italiani riuniti in assemblea generale hanno discusso del Sinodo per l'Italia (pardon, del “cammino sinodale”). Costretti dal Papa a interrogarsi sul problema e ad avviare il processo (avrebbero, nella stragrande maggioranza, preferito occuparsi d'altro), hanno ascoltato relazioni e proposte, tra applausi e convinti sorrisi.

Al Popolo di Dio, però, del cammino sinodale non è giunto nulla. Non se ne parla, il tema non attira l'attenzione, al di là di quei gruppetti laici che sovente reggono le parrocchie. Troppo poco per gli obiettivi più o meno dichiarati, che sono quelli di ridare freschezza a un annuncio un po' troppo spento. Il problema, forse, è che manca la materia prima: quel popolo oggi è ridotto, anche in Italia, a minoranza. Sì, certo, tutti o quasi si dichiarano cattolici, ma tra questi la maggioranza è cattolica nel senso di andare a messa il giorno di Natale (anzi, a mezzanotte perché è tradizione).

“Aggiornare” e “rinfrescare” sono verbi bellissimi, soprattutto se si tratta di rilanciare la missione della Chiesa. Ma se le chiese sono frequentate perlopiù da over settantenni (al di là di pregevoli eccezioni) ogni discorso su sinodi e rilanci rischia di restare limitato ai giornali e alle assemblee episcopali. (mat.mat) (ilfoglio)

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"Ci si lamenta perché la grande massa dei fedeli dimostra in linea generale troppo poco interesse per le faccende del sinodo. Confesso che a me questo riserbo sembra sia piuttosto un segno di salute. Cristianamente, cioè per la causa propriamente intesa dal Nuovo Testamento, non si è cioè combinato molto se degli uomini discutono in maniera appassionata fra di loro dei problemi del sinodo, così come uno non diventa uno sportivo perché si occupa fondo della struttura del comitato olimpico". 

(Joseph Ratzinger - e Hans Maier -, Democrazia nella Chiesa, testo del 1970, rivisitato nel 2005, Queriniana.)

 

 

L’EUROPA DEI FOLLI

 CANCELLARE LE RADICI CRISTIANE CHE SONO ALLA BASE DELL'EUROPA E DELLA NOSTRA IDENTITÀ.

IL DOCUMENTO INTERNO DELLA COMMISSIONE: BASTA RIFERIMENTI RELIGIOSI E NOMI CRISTIANI: VIETATO DIRE "NATALE" E PERFINO CHIAMARSI MARIA.

HELENA DALLI

Se ce lo avessero raccontato e non lo avessimo letto nero su bianco in una comunicazione ufficiale della Commissione europea, non ci avremmo creduto perché i contenuti delle nuove linee guida per una «comunicazione inclusiva» hanno dell'incredibile.

In un documento per circolazione interna di cui Il Giornale è entrato in possesso in esclusiva intitolato #UnionOfEquality. European Commission Guidelines for Inclusive Communication, vengono indicati i criteri da adottare per i dipendenti della Commissione nella comunicazione esterna ed interna. Come scrive nella premessa il Commissario per l'uguaglianza, la maltese Helena Dalli «dobbiamo sempre offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati e riconosciuti in tutto il nostro materiale indipendentemente dal sesso, razza o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale».

Per farlo la Commissione europea indica una serie di regole che non solo cancellano convenzioni e parole usate da sempre ma contraddicono il buon senso. Vietato utilizzare nomi di genere come «operai o poliziotti» o usare il pronome maschile come pronome predefinito, vietato organizzare discussioni con un solo genere rappresentato (solo uomini o solo donne) e ancora, vietato utilizzare «Miss o Mrs» a meno che non sia il destinatario della comunicazione a esplicitarlo. Ma non è finita: non si può iniziare una conferenza rivolgendosi al pubblico con la consueta espressione «Signori e signore» ma occorre utilizzare la formula neutra «cari colleghi».

Il documento si sofferma su ambiti specifici come il «gender», «Lgbtiq», i temi «razziali ed etnici» o le «culture, stili di vita e credenze» con una tabella che indica cosa si può o meno fare basata sulla pretesa di regolamentare tutto creando una nuova lingua che non ammette la spontaneità: «Fai attenzione a non menzionare sempre prima lo stesso sesso nell'ordine delle parole, o a rivolgerti a uomini e donne in modo diverso (ad esempio un uomo per cognome, una donna per nome)»; e ancora «quando scegli le immagini per accompagnare la tua comunicazione, assicurarsi che le donne e le ragazze non siano rappresentate in ambito domestico o in ruoli passivi mentre gli uomini sono attivi e avventurosi».

Una volontà di cancellazione del genere maschile e femminile che raggiunge livelli paradossali quando la Commissione scrive che bisogna evitare di usare espressioni come «il fuoco è la più grande invenzione dell'uomo» ma è giusto dire «il fuoco è la più grande invenzione dell'umanità». È evidente che dietro la ridefinizione del linguaggio si celi la volontà di cambiare la società europea, le nostre usanze e tradizioni come emerge dal capitolo dedicato alle «culture, stili di vita o credenze». La Commissione europea ci tiene a sottolineare di «evitare di considerare che chiunque sia cristiano» perciò «non tutti celebrano le vacanze natalizie (...) bisogna essere sensibili al fatto che le persone abbiano differenti tradizioni religiose». C'è però un'enorme differenza tra il rispetto di tutte le religioni e vergognarsi o cancellare le radici cristiane che sono alla base dell'Europa e della nostra identità.

In nome dell'inclusività la Commissione europea arriva a cancellare il Natale invitando a non utilizzare la frase «il periodo natalizio può essere stressante» ma dire «il periodo delle vacanze può essere stressante». Una volontà di eliminare il cristianesimo che si spinge oltre con la raccomandazione di usare nomi generici invece di «nomi cristiani» perciò, invece di «Maria e Giovanni sono una coppia internazionale», bisogna dire «Malika e Giulio sono una coppia internazionale». Fino ad arrivare allo sprezzo del ridicolo che impone di contrastare la connotazione negativa di parole come colonialismo: vietato dire «colonizzazione di Marte» o «insediamento umano su Marte», meglio affermare «inviare umani su Marte». Quando la tragedia lascia lo spazio alla farsa.

FRANCESCO GIUBILEI

IL GIORNALE

28 Novembre 2021

lunedì 29 novembre 2021

IL MODELLO CINESE AFFASCINA IL MONDO OCCIDENTALE

“IL MODELLO CINESE, CAPITAL SOCIALISMO DEL CONTROLLO SOCIALE”

13°rapporto sulla Dottrina Sociale della Chiesa. Stralci dall’introduzione

Riccardo Cascioli e Stefano Fontana[1]


Sembra che il modello cinese oggi attragga molti.

I Paesi africani lo apprezzano e vi collaborano – a loro dire – per ridurre la povertà; i governi occidentali per contenere, tramite controllo sociale e sospensione delle libertà, gli effetti (presunti) del Covid e procedere verso una democrazia della sorveglianza; i media occidentali in genere non presentano al Partito Comunista Cinese le stesse critiche di tono democratico e libertario che presentavano invece quotidianamente a Donald Trump, segno che hanno deciso di conviverci e di servirlo  in modo interessato; gli imprenditori occidentali hanno ormai bisogno del mercato cinese e non vogliono contrasti politici con Pechino; il Vaticano, tramite il Presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali, l’arcivescovo Sánchez Sorondo, ha lodato la Cina per aver realizzato concretamente i principi della Dottrina sociale della Chiesa (sic); sempre il Vaticano ha talmente dato fiducia al potere comunista cinese da stipulare un Accordo segreto[2] che ha comportato la morte della vera Chiesa cattolica cinese e l’ammissione nella cattolicità di una Chiesa scismatica; un tempo il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace chiedeva ai Paesi occidentali, anche con documenti dottrinal-pastorali, di cancellare il debito dei Paesi poveri, ma non fa lo stesso nei confronti dei debito che Paesi latinoamericani e africani hanno contratto con la Cina; i partiti socialisti e comunisti dei Paesi occidentali esprimono una “affinità” ideologica con il comunismo cinese e aprono direttamente, quando sono al governo, o premono sui propri esecutivi, quando non lo sono, a nuove partneschip con la Cina anche se il proprio Paese ci perde; in occasione delle politiche anti-Covid, i governi occidentali hanno imitato il modello cinese[3] non solo nel controllo sociale, nelle “veline” imposte ai mass media, nelle nuove forme di statalismo, centralismo e dirigismo, ma perfino nelle politiche religiose, “statalizzando” le religioni incorporandole nel rispetto delle disposizioni amministrative. Se in Cina viene creato un grande data-base per il controllo degli aderenti alle religioni[4], in Francia e Danimarca le omelie dei sacerdoti sono sottoposte al vaglio governativo[5] e in Italia la litirugia è stata stabilita dai funzionari del Ministero degli Interni[6].

Questi pochi esempi dicono che il modello cinese è reale e non una invenzione dei politologi.

Dicono però anche che occorre distinguere tra la Cina e il modello cinese. Ovviamente il modello cinese si radica nella storia e nell’attualità della Cina come sistema culturale, sociale ed economico. Non si può parlare di modello cinese se non riferendosi al Paese Cina.


sabato 27 novembre 2021

IL VERO MIRACOLO DELLA VITA

 di Mons. Massimo Camisasca

Ho 75 anni. La vecchiaia per decenni e decenni sembra una realtà molto lontana. Poi, a un certo punto, essa “scoppia”, come ebbe a dire una volta  don Giussani. Gli avvertimenti possono essere di diversa natura: io, oggi, mentre scrivo, so che la mia salute è buona, vivo ancora giornate molto intense in questi ultimi mesi del mio ministero episcopale.

Ma, nello stesso tempo, so che le mie forze non sono più le stesse di prima, così la mia memoria. Devo perciò modulare, seppur lentamente, la quantità dei miei impegni e non strafare, come tante volte nella vita sono stato tentato.

Come custodire tutto il bene ricevuto in una vita cosi lunga? In primo luogo assegnando alla preghiera e al silenzio un posto tranquillo e sicuro all'inizio della giornata. Non è assolutamente detto che tutto il bene ricevuto in una vita intera ci accompagni fino all’ultimo giorno. Non è detto che dopo aver tanto lottato non si corra la tentazione della resa.

La vigilanza è una virtù che ci deve accompagnare ogni giorno, che ogni giorno deve rinnovarsi. Essa coincide con la riscoperta quotidiana dell'amore di Cristo per noi e della nostra risposta di amore a lui.

Oggi sento molto più acutamente che nel passato il peso dei miei peccati, la gravità delle mie colpe, la stupidità dei miei tradimenti, la banalità e superficialità di alcune mie scelte. L’unico rimedio a tutto ciò è il passaggio da un amore intellettuale a un amore reale. Ho passato tutta la mia vita a parlare di Cristo e anche dell'amore di Cristo per me, per noi, e della necessità di una nostra risposta. Ma una cosa è parlare, un'altra è vivere. L' amore può essere comandato fino a un certo punto. Esso deve sgorgare da noi, dal nostro cuore, come libera risposta ad una elezione gratuitamente ricevuta.

Oltre al silenzio e alla preghiera, a questa età deve continuare la lettura e la meditazione. Mi pesa non poter più leggere come un tempo. Sia per ragioni di stanchezza che di vista e di memoria. Comunque sia, fino a che potrò non abbandonerò la parola scritta e cercherò anche nella mia scrittura di rispondere alla grazia che mi ha preceduto.

C'è poi l'esercizio della parola parlata, che ha attraversato tutti i miei giorni con un'abbondanza straordinaria. Infinite sono state le occasioni in cui mi è stato chiesto di parlare, infiniti i temi. Sono contento di avere aiutato tante persone con la mia parola. Nello stesso tempo, non posso nascondere il desiderio di penitenza che nasce dal fatto di avere talvolta parlato troppo, senza una adeguata attenzione a chi avevo di fronte.

Oltre che dalla parola, la mia vita è stata graziata da un numero considerevole di amicizie. Ritengo l'amicizia una fioritura della vita sacramentale. I sacramenti non solo ci rendono partecipi della vita di Cristo nella sua radice, ma anche plasmano a poco a poco la nostra esistenza, il nostro cuore, la nostra mente, purificandoci dalle scorie di male che abitano anche le vite più luminose. L'amicizia è una grande educazione alla verginità, a non possedere nulla dell'altro, a godere della sua presenza e del suo consiglio, a non pretendere mai, a perdonare sempre, a camminare insieme verso Dio.

Senza la grazia dei sacramenti la nostra esistenza sarebbe condannata alla tristezza della decadenza. E molto evidente che non siamo capaci di rialzarci da noi stessi. Che con le sole nostre forze  non riusciamo a vincere il male e a perseguire il bene.

È  l'opera di Dio in noi il vero miracolo della vita, il suo continuo lavoro di lima, di pialla, di scalpello, che sa trarre dalla nostra bruttezza un capolavoro di bellezza.

I doni che ho ricevuto da Dio sono molteplici, ma tutti intrecciati tra loro. Penso ai doni del Battesimo e dell'Eucarestia che ho ricevuto per opera dell'educazione cristiana, dei miei genitori. Penso al dono dell'incontro con don Giussani e a tutto ciò che ne è nato: l'apertura ad una vita più piena che ho ottenuto seguendolo, il sacerdozio, la nascita e lo sviluppo della Fraternità san Carlo. Infine il dono dell'episcopato, ricevuto da Dio attraverso Benedetto XVI. Gli anni vissuti a Reggio Emilia mi hanno dato la conferma di una speciale vicinanza di Dio alla mia povera persona. Non potremo mai restituire nulla di proporzionato rispetto a quanto abbiamo ricevuto da lui.

Ora, spero, mi attendono i mesi e gli anni dell'offerta: una nuova, misteriosa tappa che sono desideroso di scoprire.

 

 

 

LIBERI DAL PENSIERO UNICO. IL CARDINALE GIACOMO BIFFI COMMENTA "IL RACCONTO DELL'ANTICRISTO" di VLADIMIR SOLOVIEV

 


Promemoria del CROCEVIA per l'incontro dal titolo 
CIO' CHE ABBIAMO DI PIU' CARO

LA PROFEZIA DI VLADIMIR SOLOVIEV


giovedì 9 dicembre 2021 ore 20,45
in presenza e ON-LINE

 

Qualora per motivi dovuti all’emergenza COVID l’incontro  non fosse possibile in presenza, sarà data tempestiva comunicazione

 

Ecco i codici di accesso


Topic: Crocevia - profezia Solovev
Time: Dec 9, 2021 09:00 PM Amsterdam

Join Zoom Meeting

Meeting ID: 817 7627 6142
Passcode: 985135


 

 PER UN PERCORSO ELEMENTARE DI CULTURA

Il fenomeno del PENSIERO UNICO” sta dilagando incontrastato come tattica del potere mondano che impadronendosi del linguaggio, sostituisce il vero ed originario significato delle parole fondamentali riguardanti la vita dell’uomo con “eufemismi” che trasmettono solo valori formali, espressione del moderno moralismo e privi di contenuto.

Il Percorso del CROCEVIA, iniziato sei anni fa, continua nel tentativo di ristabilire il significato originario (elementare) degli essenziali termini antropologici 
 (che riguardano la vita dell’uomo). Lo scopo del Percorso è infatti quello di maturare la capacità di giudizio ripartendo dalla ragione sorretta dalla fede. I temi che si svilupperanno nel corso del prossimi mesi hanno al centro proprio il PENSIERO UNICO, iniziano con l’economia, proseguiranno con una lezione del Card. Biffi del 1999 sull’anticristo, e nel 2022 una serie di incontri (in rete e in presenza) su come si instaura il pensiero unico attraverso i sistemi dell’informazione, dei social e dell’intrattenimento televisivo.

mercoledì 24 novembre 2021

VERITÀ DI DIO, VERITÀ DELL'UOMO

 Incontro di Luigi Giussani con l'associazione culturale Nueva Tierra

Avila, Spagna, 22-24 luglio 1985

Sono trascorsi trentasei anni dall'ultimo intervento di Luigi Giussani ai raduni estivi dell'Associazione Culturale Nueva Tierra, nel luglio del 1985. La sua presenza e soprattutto il suo modo di parlare appassionato e persuasivo furono la spinta decisiva che determinò l'adesione di Nueva Tierra, un movimento nuovo nato dall'amicizia e dalla fecondità pastorale di un gruppo di giovani sacerdoti di Madrid (fra i quali don Julian Carron), al movimento di Comunione e Liberazione, già presente in Spagna dalla metà degli anni Settanta.

Proponiamo alcune di queste pagine che sorprendono per la semplicità e allo stesso tempo per il carattere sistematico con cui don Giussani propose l'avvenimento cristiano e il suo metodo, con un linguaggio accessibile a tutti.

(…)

DA PAGINA 21 A PAG.26 DEL LIBRETTO ALLEGATO A TRACCE DELL’OTTOBRE 2010

 

UNA SOLA NORMA PEDAGOGICA

Nel discorso che ci rivolse il Papa, in occasione della celebrazione dei trent'anni del movimento, che continua a essere per noi un testo fondamentale, diceva: «Lo Spirito Santo, per continuare con l'uomo di oggi il dialogo iniziato da Dio in Cristo e portato avanti nel corso di tutta la storia cristiana, ha suscitato nella Chiesa contemporanea il fiorire di molteplici movimenti ecclesiastici. Sono un segno di libertà di forme, in cui si realizza l'unica Chiesa, e rappresentano una novità sicura, che deve ancora essere apprezzata in modo adeguato in tutta la sua positiva efficacia per il Regno di Dio che agisce oggi nella storia».

Ho letto questo passaggio perché è impressionante quello che dice il Papa. Prestate attenzione: «per continuare il dialogo con l'uomo iniziato da Dio nella persona di Cristo». È proprio quello che abbiamo detto prima!

Come possiamo incontrare Cristo oggi? Che cosa vuol dire "incontrare Cristo"? Vuole dire incontrare "qualcosa", una realtà, un fatto, una presenza che tocca il cuore, che colpisce il nostro cuore.

Ma allora, quando è che rimane colpito il nostro cuore? Nel momento in cui qualcuno si imbatte in "qualcosa" che, pur non avendolo previsto, corrisponde alla sua natura autentica, corrisponde alla sua esigenza più profonda, forse fino a quel momento inconsapevole.Quando il cuore di un uomo rimane segnato da questo incontro, seppure in maniera confusa o passeggera, non può più tornare indietro! Può rispondere o non aderire, ma non sarà mai come prima di quell'incontro, perché, in quel momento, ha visto o sentito qualcosa, un accento autentico e vivo dal punto di vista umano, e ha intuito che la fede c'entra veramente con la vita.

Quindi, come è possibile incontrare Cristo oggi? Il Papa risponde dicendo che lo strumento di cui si serve lo Spirito è l'incontro con una compagnia di questo tipo. Che cosa definisce tale compagnia? Il riconoscimento di Cristo presente in mezzo a noi e il desiderio di comprendere qual è il suo messaggio per la vita, il desiderio di capire cosa ci vuole dire per vivere meglio e cosa può portare Cristo alla società e al mondo.

 Cosa disse Cristo ai primi che rimasero colpiti da Lui? Disse loro: «Venite con me, seguitemi». La differenza, tra quelli che avevano intuito che era un uomo eccezionale e il resto del popolo, è che il resto della gente rimaneva stupita, ma poi se ne andava. Mentre «alcuni rimasero con Lui».

Questo è il primo fattore metodologico che abbiamo sempre affermato: se ti ha colpito un accento di umanità nuovo (altrimenti non saresti qui), quello che devi fare è seguire. Seguire significa impostare tutta la tua vita guidato dalle provocazioni, dai giudizi, dalle indicazioni e dall'esempio di questa compagnia, per arrivare a capire con certezza chi è Cristo, per giungere alla certezza della fede; per sperimentare una vita diversa, per verificare che la tua vita diventa diversa, nuova, per comprendere che la fede in Cristo ricolma la nostra vita di allegria. Altrimenti, l'allegria è impossibile. Anche l'allegria è un miracolo.

Per comprendere tutto questo basta fare una cosa molto semplice e molto grande allo stesso tempo - semplice e grande - che sta solo nel seguire quelli che ti hanno colpito, seguire la compagnia che avete incontrato. (…)

Il cammino che vi propongo conduce a questa pienezza di vita. Non è necessario, tuttavia, entrare in dettaglio su ciò che è necessario fare, anche se più avanti vi segnalerò alcuni punti. Ciò che conta è solo una cosa, a cui si riduce tutta la pedagogia di Cristo: «Vieni con me», cioè, «Seguimi». Quando passò e vide Matteo seduto al banco delle imposte, si fermò e guardò il "mafioso" che era lì e gli disse: «Seguimi». E Matteo non potè fare a meno di alzarsi e seguirlo.

Una pedagogia è tanto più intelligente quanto più è concreta e quanto più è implicita, cioè, quando agisce a livello implicito e, allo stesso tempo, è concreta, pratica. Per questo non esiste nessuna norma pedagogica più efficace, né più intelligente di questa: «Seguimi».

Che cosa fa la natura perché un bambino cresca? Lo inserisce nell'ambito di una compagnia e allora, man mano che passano il tempo, i giorni, gli anni... quasi senza che il bambino se ne accorga, diventa se stesso. Il padre e la madre non mettono a sedere il bambino di fronte a una cattedra per spiegargli tutto quello che deve fare, ma lui impara semplicemente vivendo con i suoi genitori. Il bambino - con gli occhi aperti, ascoltando e vivendo - impara.

È così che si cresce nella fede! Questo è il cammino: bisogna seguire. Non è mai successo che uno che avesse già iniziato un buon cammino per essere migliore, per diventare se stesso, abbia dovuto poi abbandonarlo; chiunque intraprende un buon cammino e poi lo abbandona perde qualcosa di se stesso, non raggiunge la pienezza, rinuncia a essere migliore.

È necessario seguire perfino quando non si capisce!... cercando, questo sì, di capirne le ragioni. Perché occorre seguire umanamente, come uomini, cioè con intelligenza. Ebbene, se si seguono solo quelle cose che sono già state capite, allora finiamo per seguire noi stessi e non la compagnia. Si deve seguire anche quando non se ne ha voglia. Perché un gusto rinnovato, gioioso, allegro, arriverà penetrando la nebbia dei nostri momenti più bui, l'oscurità della nostra mancanza di interesse e sofferenza. Prima di essere grandi, siamo piccoli. E quando siamo piccoli non capiamo né apprezziamo le stesse cose di quando siamo grandi. Per questo, seguire - la prima regola fondamentale - è una legge che abbraccia la vita intera.

Seguire la compagnia. Si tratta di seguire la compagnia poiché è "guidata", perché non sono i compagni in quanto tali che ti hanno fatto intuire certe cose, ma il sentimento che ti unisce a loro nasce dal fatto che ti hanno comunicato qualcosa che, a loro volta, hanno ricevuto da altri.

Seguire, innanzitutto, chi è responsabile del gruppo, sacerdote o no che sia. Dico "o no" perché sfortunatamente la maggioranza di noi è senza sacerdote. Si tratta di seguire chi chiaramente è "migliore", più maturo. Ricordate che abbandonare la compagnia perché uno è stanco o perché non capisce equivale sempre, in ogni caso, a peggiorare.

Questa prima grande norma, questa prima regola fondamentale, ci introduce al fatto che la vita dell'uomo deve seguire Cristo, e per seguire Cristo si segue la compagnia.

Qual è quindi la prima conseguenza che impariamo, e che è, allo stesso tempo, il primo bisogno per una vita ragionevole, per una vita intensa dal punto di vista affettivo? Che non ci sembra più strano pregare. La preghiera è la prima caratteristica di una compagnia così, e qui la parola preghiera perde tutto il suo contenuto intimista e beato. È appartenendo a questa compagnia che si impara veramente la preghiera cristiana. La preghiera cristiana è ben diversa dalla preghiera dell'uomo naturale. Consiste soprattutto nel riconoscere la presenza di Cristo. Come nel caso degli apostoli che uscivano di casa la mattina per andare a trovarlo, ad ascoltarlo. Come si chiama il contenuto della preghiera che è tipico del cristiano?

Si chiama "memoria". La preghiera cristiana è diventare consapevoli della sua presenza, oh Cristo! Quindi, non occorrono pensieri o sentimenti particolari, parole particolari e neppure gesti particolari. Ma la coscienza della sua presenza diventa il contenuto della mia coscienza. Perché Tu sei tutto per me. Tu sei tutto per l'uomo. Tu sei la via, la verità e la vita. Tu sei la vita! È per questo che l'essenza della preghiera cristiana consiste nel riconoscere questa presenza. È pensare a questa presenza, cosa che uno può fare in autobus, in treno, a scuola, a casa. Questa memoria, d'altra parte, non può smettere di aprirci, totalmente, alla vera natura della preghiera di ogni uomo, alla comprensione della preghiera dell'uomo naturale.

L'essenza della preghiera, comune a tutti gli uomini, è la domanda.

L'uomo è un essere povero, che ha fame e sete di felicità. E, come gli affamati, mendica il suo nutrimento. Per questo la mendicanza è la natura stessa dell'uomo. E l'espressione della nostra povertà è la domanda. L'uomo non è capace se non di domandare. La ricchezza dell'uomo consiste nel "domandare" a colui che crea, al Creatore. Così la memoria di Cristo, la coscienza della sua presenza, non può esprimersi se non come domanda.

Quale domanda? «Vieni Signore!», in altre parole, «fa' che possa conoscerti, ascoltarti, che io viva in te, che io realizzi tutto secondo la verità e l'affetto che vengono da Te». Anche quando uno si trova immerso nell'oscurità più totale, quando si è sbagliato un migliaio di volte, c'è una cosa che sempre può fare: chiedere, mendicare. E non esiste nulla che possa calmare il cuore dell'uomo, che rassereni l'uomo, come la preghiera. Sant'Agostino diceva che la preghiera è "ascentsio mentis in Deum" (elevare la mente a Dio), vale a dire, essere coscienti di Dio. E questo per il cristiano equivale al fatto che Dio si è incarnato in una presenza umana: Gesù Cristo. E davanti a Cristo, che cosa si fa?

San Tommaso definisce la preghiera cristiana in una forma molto intelligente ed esistenziale quando afferma che la preghiera è "la richiesta a Dio di cose giuste". Dovremmo domandarci allora quali siano queste cose giuste, l'unica cosa importante? La nostra felicità: capire, amare, compiere il bene... Perché fare il bene vuole dire goderne, essere più felici! Perché amare in maniera giusta implica difatti un sacrificio, ma che dà un gusto molto più grande!

All'inizio della nostra storia, mi proposi di citare sempre una frase del Vangelo: «Chi mi segue avrà la vita eterna e il centuplo quaggiù». In altre parole, noi desideriamo il centuplo, una vita più piena sulla terra. Questo è lo scopo della nostra domanda. Per questo con grande facilità la nostra preghiera diventa un fatto normale e quotidiano, e così matura gradualmente.

C'è un gesto che vale di più di tanti altri, in cui Cristo ci viene incontro in maniera eccezionale. Un gesto che è, precisamente, memoria di Cristo, coscienza della sua presenza. Un gesto il cui significato totale è proprio domandare a Cristo. Questo gesto è il sacramento della Confessione e dell'Eucaristia, in particolare. Nella nostra compagnia, la preghiera tende a diventare così importante come respirare, e i suoi pilastri sono questi due sacramenti. Per molti anni non parlai né della Confessione né dell'Eucaristia ai miei primi gruppi. Eppure, tutti si confessavano e ricevevano la comunione tutti i giorni, anche se non ne avevo mai parlato!

Questo perché avevano capito cos'è veramente la confessione, che non è un semplice calcolo degli errori e dei peccati, ma la forma più intelligente di domandare. Quindi, il fascino profondo della confessione e l'esercizio della semplicità profonda che questa comporta, equivale a lasciare che Cristo entri nella vita di ognuno di noi. Quando andiamo a confessarci, esprimiamo il bisogno che abbiamo di Cristo.

L'ultima conseguenza di questo valore della preghiera - che tanti hanno capito e vissuto in modo semplice - è il valore supremo dell'espressione umana, che si chiama "offerta". Perché "offrire" a Dio qualcosa, un gesto - e tutta la vita può essere offerta! - significa riconoscere che la sostanza di tutto è Cristo, e che tutto quello che si fa, in qualsiasi momento, è perché Cristo si manifesti in tutto.

In questo primo incontro con voi, volevo dire che

  1.  la regola fondamentale, la norma pedagogica fondamentale, è seguire quello che abbiamo incontrato, la compagnia guidata, e che questo getta le fondamenta dell'esperienza di una grande amicizia, perché la vera amicizia è una compagnia guidata al Destino. Il Destino ci è venuto incontro facendosi uomo: Cristo. Seguendo questa compagnia si impara a conoscere Cristo e, con il tempo, Cristo diventa una presenza familiare per noi. E si ama Cristo, anche quando ci sbagliamo più di prima!
  1. In secondo luogo, la conseguenza di questa relazione con Cristo è che la nostra vita acquisisce un'unità profonda, il cui respiro è la preghiera.
  2. La preghiera cristiana come memoria: «Fate questo in memoria di me».Che cosa significa "questo"? Tutto.
  1. La coscienza della presenza di Cristo mi spinge a domandare a Lui: la preghiera è domanda!... chiedere che Lui venga. E tutto questo culmina nel sacramento della confessione e dell’eucaristia.
  2. In questo modo, la conseguenza ultima è che la vita diventa un'offerta. È la suprema espressione dell'intelligenza. Offrire la vita significa riconoscere che la sostanza di tutto è Cristo. E Lui è anche il culmine dell'affettività, del cuore. Offrire significa desiderare, volere, domandare che Cristo si manifesti attraverso di noi in tutto ciò che ci circonda.

Questo è l'inizio del Nuovo Mondo. Una compagnia umana in cui l'amicizia di Cristo diventa gradualmente tutto.

Da una parte, il cammino è sicuro e semplice: la compagnia. Non ci sono dettagli particolari da imparare. Si impara per osmosi.

E dall'altra, la vita acquisisce un'unità, dal suo interno, dalla sua radice più profonda, dal suo cuore.

 Illustrerò in seguito le conseguenze di tutto questo. Ma quello che ho descritto è l'uomo nuovo. Un soggetto nuovo che è entrato nel mondo. L'uomo che riconosce che Dio è venuto al mondo ed è diventato una realtà a lui familiare. E questo è proprio quello che il mondo non riesce a tollerare: che Dio sia diventato familiare alla vita di noi uomini.

 

domenica 21 novembre 2021

IL CARISMA DI COMUNIONE E LIBERAZIONE NON È PERSONALE, MA COMUNITARIO.

«Le dimissioni di don Julián Carrón dalla carica di Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, comunicate ai relativi componenti attraverso una lettera colma di significati, rimandi ed emozioni, presentano una dignità ecclesiale che trascende le contingenze eventualmente coinvolte.

Sicché non possono essere ridotte alla stregua di una scelta personale e strategica, quasi a trattarsi del “gesto di un uomo amareggiato” e determinato a lanciare “una sfida a chi l’ha spinto a farlo”; nemmeno possono essere degradate all’intenzione del sacerdote di “togliere alibi ai suoi critici interni, spogliarsi di ogni potere e liberare così la scelta della nuova guida dalla sua tutela”, come invece ha sostenuto Antonio Polito sul Corsera martedì.

Piuttosto, esse trovano fondamento in più decisive ragioni di ordine teologico e canonico, che la lettera lascia trasparire e che occorre cogliere nella loro radicale essenzialità, pena la relativa incomprensione e vanificazione.

Scopo dichiarato delle dimissioni è stato quello di favorire la libertà delle prossime fasi della vita della Fraternità, così da sollecitare la conseguente responsabilità di ciascuno. Dopo avere evidenziato la necessità che “il cambiamento della guida a cui siamo chiamati dal Santo Padre […] si svolga con la libertà che tale processo richiede”, don Carrón ne ha precisato il fine: “[portare] ciascuno ad assumersi in prima persona la responsabilità del carisma”. Si tratta di parole per nulla scontate, che dimostrano una maturata comprensione e condivisione di quanto chiesto da Papa Francesco.

All’origine vi è la questione della natura del carisma di Comunione e Liberazione: se da intendere come esclusivamente personale e, dunque, come direttamente ed esclusivamente trasmissibile dal fondatore al successore alla stregua del mantello dato da Elia a Eliseo, riprendendo l’esemplificazione ironicamente stigmatizzata dal Vescovo di Roma nel corso dell’incontro con i movimenti ecclesiali dello scorso 16 settembre 2021 (“[…] un caso che mi sembra strano, come «lo spirito del fondatore è disceso su di me». Sembra una profezia di Isaia! «Lo ha dato a me! Io devo andare avanti sola o solo perché il fondatore mi ha dato il suo mantello, come Elia a Eliseo. E voi, sì, fate le votazioni, ma sono io il comando». E questo succede! Non sto parlando di fantasie. Questo succede oggi nella Chiesa”); ovvero, al contrario, se da considerare come comunitario, in quanto donato per opera dello Spirito Santo non a singoli individui, bensì a una “pluralità sincronica e diacronica d’individui per l’utilità della Chiesa”, come ha chiarito Padre Ghirlanda in una conversazione con i Memores Domini; oppure, meglio ancora, in quanto donato a una compagnia costituita da “persone, o momenti di persone”, secondo l’espressione usata da don Giussani e cara a tanti: “in ogni compagnia vocazionale ci sono sempre persone, o momenti di persone, da guardare”.

Il contenuto della lettera di dimissioni non lascia adito a dubbi. Il rinvio di don Carrón all’assunzione in prima persona della responsabilità del carisma non è fine a sé stesso; né tantomeno la perseguita libertà delle prossime fasi della vita della Fraternità serve a scimmiottare le prescrizioni delle istituzioni democratiche.

Il carisma di Comunione e Liberazione non è personale, ma comunitario.

Per il suo tramite tanti fedeli (magari prima estranei alla vita della Chiesa) sono stati toccati dallo Spirito Santo, afferrati nell’esperienza che ne è stata suscitata e che ora è affidata alla loro responsabilità. Tutti sono parimenti e drammaticamente responsabili dello stesso strumento (carisma), che per grazia e senza merito ha afferrato ciascuno attraendone la libertà. Basta questa consapevolezza per vivere con libertà e responsabilità i prossimi passi della Fraternità. Commentando la propria conversione, Giovanni Testori scriveva della novità esistenziale percepita: “Figlio ero. Di cos’altro avevo bisogno?”.

Le dimissioni di don Carrón rilanciano ciascuno nella consapevolezza della figliolanza dalla Chiesa per il tramite del carisma di Comunione e Liberazione. Ora sarà sempre più necessario comprendere la grazia della storia che ricomincia; sarà opportuno non “discutere”, ma “riflettere” sulle implicazioni delle responsabilità chieste a ciascuno. Come aveva spiegato Padre Ghirlanda ai Memores domini: “la discussione parte dalla contrapposizione delle idee, quindi, in genere dalla scarsa disposizione all’ascolto dell’altro. Il che non costruisce niente. La riflessione, invece, parte innanzitutto da un atteggiamento di preghiera, quindi di ascolto dello Spirito che crea la comunione tra i membri del gruppo che si riunisce, ponendolo sempre nel contesto ecclesiale in cui si trova. Nell’ascolto dello Spirito si è nella disposizione dell’ascolto dell’altro facente parte del gruppo e della Chiesa di cui si è parte viva e al cui servizio ci si pone. Solo questo è costruttivo”.

Occorre andare avanti nell’umiltà e nella consapevolezza che è il Signore che fa la Chiesa e che la partecipazione di ciascuno alla Sua opera (la responsabilità di cui ha scritto don Carrón) consisterà anzitutto nella grata letizia del cuore. Il resto – riprendendo Mounier – accadrà “quasi per distrazione”».

 

VINCENZO TONDI DELLA MURA

Ordinario di diritto costituzionale

Tratto da IL FOGLIO 19/11/2021

sabato 20 novembre 2021

IL MISTERO DELL’EUCARISTIA NELLA VITA DELLA CHIESA

IL DOCUMENTO APPROVATO DALLA  CONFERENZA PLENARIA DEI VESCOVI AMERICANI (UNITED STATES CONFERENCE OF CATHOLIC BISHOPS – USCCB) A BALTIMORA 17 NOVEMBRE 2021 VUOLE RIACCENDERE LO STUPORE EUCARISTICO E IL VIGORE NELLA CHIESA

George Weigel 

https://www.catholicworldreport.com/2021/11/18/what-the-bishops-really-said-at-baltimore/

https://www.usccb.org/resources/mystery-eucharist-life-church

Coloro che non sono in piena comunione con la Chiesa a causa delle loro azioni pubbliche non devono presentarsi alla Santa Comunione. Presentarsi alla santa comunione è affermare, pubblicamente, di essere in piena comunione con la Chiesa. Se così non è, allora la menzogna di presentarsi per la santa comunione aggrava il male degli atti pubblici che allontanano dalla Chiesa.



Dopo che i vescovi degli Stati Uniti hanno adottato "Il mistero dell'Eucaristia nella vita della Chiesa" il 17 novembre, il Washington Post ha impiegato meno di un'ora per travisare ciò che il documento insegnava, come titolava la storia online del Post, "US La Conferenza dei Vescovi Cattolici approva il documento sulla Comunione senza individuare politici che sostengono il diritto all'aborto”.

Anche il Wall Street Journal , dopo aver avuto tutto il giorno per riflettere sulla dichiarazione dei vescovi, ha sbagliato completamente quando il titolo del giorno dopo recitava: "I vescovi evitano il problema dell'aborto nelle linee guida sulla comunione".

Se posso prendere in prestito da un pagano, Jeremy Bentham, sono tutte sciocchezze sui trampoli.(“that is all nonsense on stilts”)

Per coloro che sono interessati a questo particolare aspetto di una dichiarazione finemente congegnata intesa a riaccendere lo stupore eucaristico e il vigore nella Chiesa, ecco i paragrafi chiave con le loro note:

38. Papa Francesco ci ha avvertito che nella nostra “cultura dello scarto” dobbiamo combattere la tendenza a considerare le persone come “usa e getta”: “Alcune parti della nostra famiglia umana, a quanto pare, possono essere prontamente sacrificate per il bene di altri considerati degni di un'esistenza spensierata. In definitiva, “le persone non sono più viste come un valore fondamentale da curare e rispettare, soprattutto quando sono povere e disabili, 'non ancora utili' – come i nascituri, o 'non più necessarie' – come gli anziani”. 1 Come cristiani, abbiamo la responsabilità di promuovere la vita e la dignità della persona umana, e di amare e proteggere i più vulnerabili in mezzo a noi: i non nati, i migranti e i rifugiati, le vittime dell'ingiustizia razziale, i malati e gli anziani. 2

39. Il Concilio Vaticano II sottolinea l'importanza della riverenza verso la persona umana. “Ognuno deve considerare ogni suo prossimo senza eccezione come un altro sé, tenendo conto prima di tutto della sua vita e dei mezzi necessari per viverla con dignità, per non imitare il ricco che non si preoccupava del povero Lazzaro”.  Il Concilio prosegue affermando che  “tutto ciò che si oppone alla vita stessa, come ogni tipo di omicidio, genocidio, aborto, eutanasia o autodistruzione volontaria, tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come le mutilazioni, i tormenti inflitti al corpo o alla mente, tenta di costringere la volontà stessa; tutto ciò che offende la dignità umana, come le condizioni di vita subumane, la detenzione arbitraria, la deportazione, la schiavitù, la prostituzione, la vendita di donne e bambini; nonché condizioni di lavoro vergognose, dove gli uomini sono trattati come meri strumenti di profitto, piuttosto che come persone libere e responsabili; tutte queste cose e altre simili sono davvero infamie. Avvelenano la società umana, ma fanno più male a coloro che li praticano che a coloro che subiscono il danno”.  3

48. Occorre anche tenere presente che «la celebrazione dell'Eucaristia presuppone che la comunione esistagià, una comunione che cerca di consolidare e portare a compimento». 4 L'Eucaristia è il sacramento della comunione ecclesiale, in quanto significa ed effettua nel modo più pieno la comunione con Cristo iniziata nel Battesimo. Ciò include la comunione nella sua «dimensione visibile, che implica la comunione nell'insegnamento degli Apostoli, nei sacramenti e nell'ordine gerarchico della Chiesa». 5 Allo stesso modo, la ricezione della Santa Comunione comporta la comunione con la Chiesa in questa dimensione visibile. Ripetiamo quanto affermato dai Vescovi statunitensi nel 2006“Se un cattolico nella sua vita personale o professionale rifiutasse consapevolmente e ostinatamente le dottrine definite della Chiesa, o consapevolmente e ostinatamente ripudiasse il suo insegnamento definitivo sulle questioni morali, tuttavia, diminuirebbe gravemente la sua comunione con la Chiesa. La ricezione della Santa Comunione in una tale situazione non sarebbe conforme alla natura della celebrazione eucaristica, per cui dovrebbe astenersi”. 6 La ricezione della Santa Comunione in una tale situazione rischia di provocare scandalo anche per gli altri, indebolendo la loro determinazione a essere fedeli alle esigenze del Vangelo. 7

49. La comunione con Cristo e con la sua Chiesa, quindi, implica sia la propria “comunione invisibile” (essere in stato di grazia) sia la propria “comunione visibile”. San Giovanni Paolo II ha spiegato:

“Il giudizio sul proprio stato di grazia spetta ovviamente solo all'interessato, poiché si tratta di un esame di coscienza. Tuttavia, nei casi di comportamenti esteriori gravemente, manifestamente e fermamente contrari alla norma morale, la Chiesa, nella sua sollecitudine pastorale per il buon ordine della comunità e nel rispetto del sacramento, non può non sentirsi direttamente coinvolta. Il Codice di Diritto Canonico fa riferimento a questa situazione di manifesta mancanza di retta disposizione morale quando afferma che coloro che «ostinatamente persistono in peccato grave manifesto» non devono essere ammessi alla comunione eucaristica». 8

È compito speciale del Vescovo diocesano operare per porre rimedio a situazioni che comportano azioni pubbliche in contrasto con la comunione visibile della Chiesa e con la legge morale. Egli, infatti, deve custodire l'integrità del sacramento, la comunione visibile della Chiesa e la salvezza delle anime.

Vale a dire:

1) Facilitare il grave male morale dell'aborto è un atto pubblico che allontana (per usare i termini di papa Francesco in una recente conferenza stampa) dalla piena comunione con la Chiesa.

2) Coloro che non sono in piena comunione con la Chiesa a causa delle loro azioni pubbliche non devono presentarsi alla santa comunione. Presentarsi alla santa comunione è affermare, pubblicamente, di essere in piena comunione con la Chiesa. Se così non è, allora la menzogna di presentarsi per la santa comunione aggrava il male degli atti pubblici che allontanano dalla Chiesa.

3) I Vescovi hanno l'obbligo solenne di informare i cattolici estranei della loro situazione e di lavorare per catechizzarli nella verità. Se quella catechesi fallisce e il cattolico estraniato continua ostinatamente a facilitare mali gravi, allora gli si deve dire di non presentarsi per la santa comunione.

Queste sono verità consolidate della fede cattolica, e ciò che “Il mistero dell'Eucaristia” propone dovrebbe essere una pratica pastorale cattolica di lunga data. I vescovi si sono ora impegnati di nuovo nel duro lavoro di portare alla verità funzionari pubblici cattolici ribelli e dovrebbero essere sostenuti in questi sforzi dal popolo della Chiesa. (…)

I vescovi hanno chiamato i cattolici in tutti gli stati di vita ad essere più centrati sull'eucaristia, più impegnati eucaristicamente e più eucaristicamente coerenti. Questo era l'intento di questo documento fin dall'inizio. “Il mistero dell'Eucaristia nella vita della Chiesa” merita dunque una lettura attenta da parte di tutti. E tutti noi dovremmo fare un esame di coscienza sul nostro rapporto con il sacramento da cui, come insegnava Giovanni Paolo II, la Chiesa trae la sua vita.

Note finali:

1 Papa Francesco, Tutti i fratelli , n. 18.

2 Concilio Vaticano II, Gaudium et spes , n. 27

3 Concilio Vaticano II, Gaudium et spes , n. 27.

4 Papa Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia , n. 35.

5 Papa Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia , n. 35; vedi anche Codice di diritto canonico , c. 205 e Codice dei Canoni delle Chiese Orientali , c. 8.

6 USCCB, "Felici coloro che sono chiamati alla sua cena": sulla preparazione a ricevere degnamente Cristo nell'Eucaristia , p. 11; vedi Codice di Diritto Canonico , can. 916: «Chi è cosciente di un peccato grave non celebri la Messa né riceva il corpo del Signore senza previa confessione sacramentale, a meno che non vi sia un motivo grave e non vi sia la possibilità di confessarsi; in tal caso la persona deve ricordare l'obbligo di compiere un atto di contrizione perfetta che include la risoluzione di confessarsi al più presto possibile”.

7 Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica , n. 2284.

8 Papa Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia , n. 37; vedi Codice di Diritto Canonico , can. 915: «Non siano ammessi alla santa comunione coloro che sono stati scomunicati o interdetti dopo l'imposizione o la dichiarazione della pena e gli altri che perseverano ostinatamente in peccato grave manifesto». Parimenti, il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali afferma che «a coloro che sono pubblicamente indegni è vietato ricevere la Divina Eucaristia» (c. 712)