Non riguarda solo la cannabis e non la rende legale. Tutte le bugie dell’ennesima campagna per sdoganare la canapa “leggera” (anche questo si fa per dire)
ALFREDO MANTOVANODistribuzione della Cannabis a Torino
I
promotori lo chiamano “referendum cannabis legale”: ma la prima e la terza
parte del quesito riguardano ogni tipo di droga, mentre la seconda, limitata
alle droghe cosiddette leggere, fra cui la cannabis, in realtà non la rende
“legale”. Provo a motivare perché ci si trova di fronte a un caso esemplare di frode
da etichetta.
Parto dal quesito referendario. «Volete
voi che sia abrogato (il testo unico sulla droga) limitatamente alle seguenti
parti: articolo 73, comma 1, limitatamente all’inciso “coltiva”; articolo 73,
comma 4, limitatamente alle parole “la reclusione da due a 6 anni e”; articolo
75, limitatamente alle parole “a) sospensione della patente di guida, del
certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del
certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per
un periodo fino a tre anni;”?».
Che cosa accadrebbe se il referendum
fosse ammesso e prevalessero i sì?
LECITA
QUALUNQUE COLTIVAZIONE
Libera coltivazione di ogni droga. Con
la prima parte del quesito verrebbe abrogata la punizione della coltivazione di
qualsiasi tipo di stupefacente, non soltanto della cannabis e dei suoi
derivati: si pensi all’oppio, alla coca o ai funghi allucinogeni. Da quando
esiste una normativa di prevenzione e di contrasto della droga, il divieto di
coltivazione rappresenta una “difesa anticipata”; e la legge n. 242/2016
disciplina la coltivazione della canapa non certo allo scopo di ricavarne
sostanza stupefacente, tanto che esclude la liceità della cessione: quindi non
è evocabile in materia, come sancito da una sentenza del 2019 delle sezioni
unite della Cassazione.
Le stesse sezioni unite, con una
successiva pronuncia del 2020, non del tutto in linea col precedente, hanno
ritenuto lecite, limitatamente alla cannabis, «le attività di coltivazione di
minime dimensioni svolte in forma domestica, che, per le rudimentali tecniche
utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di
prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento
nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva
all’uso personale del coltivatore».
NON
NASCONDETEVI DIETRO AI MALATI
L’approvazione
del referendum avrebbe l’effetto di rendere lecita qualsiasi attività di
coltivazione, non soltanto in forma domestica, poiché l’abrogazione tranchant del
«coltiva» prescinde dall’estensione: l’evidente maggiore remuneratività
derivante dal dedicare un appezzamento di terreno alle piante di cannabis
invece che al basilico o ai pomodori trasformerà agricoltori spinti
dall’esclusivo intento di profitto in emuli dei talebani, con possibilità di
spaziare all’oppio e alla coca.
Ci si risparmi il richiamo pietistico ai
pazienti che ricaverebbero sollievo da oppiacei o cannabinoidi e che invece ne
sono impediti da sadici divieti: chi, medico o paziente, ha pratica di terapia
del dolore riceve o somministra stupefacenti come ad esempio la morfina, ma
sotto stretto controllo e per dosi rigorosamente commisurate all’entità della
sofferenza. La terapia del dolore non è un irresponsabile fai-da-te:
richiamarla in questa prospettiva è dannoso per il malato e sfiduciante verso i
medici a ciò abilitati.
DALLA
GALERA ALLA MULTA
No reclusione per lo spaccio. La seconda parte del quesito abroga la sanzione detentiva per le attività di produzione e commercio degli stupefacenti ordinariamente qualificati “leggeri”: residuerebbe esclusivamente la multa, il che è sufficiente a non rendere formalmente “legali” le relative condotte.
A proposito della “leggerezza” è ben
noto che la percentuale di principio attivo della cannabis, cioè la sostanza
che provoca l’effetto drogante, il cosiddetto Thc (acronimo di
delta9-tetraidrocannabinolo), non oltrepassa in natura il 2,5 per cento,
potendo causare alterazioni dell’equilibrio fisiopsichico già sotto l’1 per
cento; altrettanto noto è quanto sia fiorente, anche online, il mercato di semi
di piante da cui provengono sostanze stupefacenti, e insieme con esso il
mercato di strumenti per incrementarne l’effetto. Grazie a fornetti in libera
vendita la percentuale di Thc può essere incrementata fino al 10 per cento, al
20 per cento e più: la media dei derivati della cannabis oggi sottoposti a
sequestro dalla polizia giudiziaria, e quindi a perizia giudiziaria
tossicologica, è di circa il 17 per cento, con punte del 60 per cento: che cosa
c’è di “leggero” in uno spinello contenente un principio attivo 10 o 20 volte
superiore rispetto all’infiorescenza naturale?
L’intervento
abrogativo non conoscerebbe limiti di quantità, di percentuale di principio
attivo, di età dell’acquirente. Lo spacciatore potrebbe cedere a un
minore un chilogrammo di spinelli col 30 per cento di Thc, ed essere
condannato, se gli va tutto male, al pagamento di una somma la cui soglia
minima è 5.164 euro: nel calcolo costi/benefici è un rischio che si può
affrontare.
VITTIME
SULL’ASFALTO
Patente
mantenuta a chi usa droga. Con l’ultima parte del quesito
verrebbe abrogata la sanzione amministrativa che colpisce, unitamente ad altre,
la condotta di chi «per farne uso personale» importa, riceve, detiene, eccetera
sostanze stupefacenti di qualsiasi tipo (quindi non soltanto cannabis e
derivati, ma cocaina, eroina, “pasticche”…), cioè la sospensione della patente
di guida o il divieto di conseguirla fino a tre anni.
È vero che il referendum non incide
sull’articolo 187 del Codice della strada, che sanziona chi viene colto in
stato di alterazione dopo aver assunto stupefacenti, ma anche la norma che
intende eliminare realizza una “difesa anticipata”. Chi detiene o riceve droga
va incontro a sanzioni amministrative, come questa, invece che a sanzioni
penali, proprio perché – sulla base di indici spesso di larga applicazione –
viene presunto che il quantitativo in suo possesso sia destinato a uso
personale.
Se
tale è la destinazione, è arduo escludere che chi fa uso di droga poi si
astenga dal mettersi alla guida di un veicolo finché l’effetto non sia svanito:
anche perché non ha piena contezza di quando l’effetto scompaia realmente.
Con le percentuali di Thc in
circolazione, l’effetto drogante della “leggera” cannabis può protrarsi per più
giorni, e magari manifestarsi proprio quando serve avere il massimo della
padronanza di sé, per esempio in una situazione di stress mentre si conduce una
vettura o una motocicletta.
L’approvazione del quesito di fatto
ridurrebbe la portata di figure di reato introdotte con enfasi in anni recenti,
come l’omicidio stradale, oltre che lasciare ancora più vittime sull’asfalto.
Foto ANSA
tratto da TEMPI
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