giovedì 27 marzo 2014

FRANCESCO NON CI STA

CRONISTORIA  DI UNA ILLUSIONE

Obama inchiodato da papa Francesco


di Matteo Matzuzzi

Papa Francesco ha ricevuto stamani in Vaticano il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Si tratta del primo incontra tra i due. Obama era stato ricevuto da Benedetto XVI in Vaticano nel luglio 2009. “Welcome”, “Benvenuto”. Papa Francesco ha accolto con la semplicità che lo contraddistingue Barack Obama che, dal canto suo, ha risposto: “Grazie. E’ meraviglioso incontrarla”. Poi il momento del colloquio privato tra i due, presenti solo gli interpreti. La conversazione è durata circa 50 minuti. Quindi, si è svolta la cerimonia dello scambio dei doni e la presentazione al Pontefice dei membri delegazione americana alla qu. Il presidente degli Stati Uniti era giunto in Vaticano intorno alle 10.15, accompagnato da un lungo corteo di autovetture. Ad accogliere il capo della Casa Bianca - al Cortile di San Damaso - è stato mons. Gaenswein, prefetto della Casa pontificia. 
Ecco il comunicato ufficiale della Santa Sede, diffuso nel primo pomeriggio:
Stamani, giovedì 27 marzo 2014, S.E. il Sig. Barack H. Obama, Presidente degli Stati Uniti d’America, è stato ricevuto in Udienza dal Santo Padre Francesco e, successivamente, si è incontrato con Sua Eminenza il Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, accompagnato da S.E. Mons. Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati.
I cordiali colloqui hanno permesso uno scambio di vedute su alcuni temi attinenti all’attualità internazionale, auspicando per le aree di conflitto il rispetto del diritto umanitario e del diritto internazionale e una soluzione negoziale tra le parti coinvolte.
Nel contesto delle relazioni bilaterali e della collaborazione tra la Chiesa e lo Stato ci si è soffermati su questioni di speciale rilevanza per la Chiesa nel Paese, come l’esercizio dei diritti alla libertà religiosa, alla vita e all’obiezione di coscienza nonché il tema della riforma migratoria. Infine, è stato espresso il comune impegno nello sradicamento della tratta degli esseri umani nel mondo.

Il consueto comunicato della Santa Sede diffuso al termine dell’udienza tra il Papa e Barack Obama probabilmente metterà oggi in rilievo il “clima cordiale”.  Eppure, sono molti gli argomenti in agenda a far immaginare un incontro tra i due giocato non sul velluto. Sia in Vaticano che a Washington non hanno ancora dimenticato le tensioni dell’estate scorsa, quando Francesco si oppose pubblicamente e con fermezza allo strike su Damasco che allora sembrava imminente. Digiuno, veglia di preghiera, adunata silenziosa in piazza San Pietro per scongiurare il conflitto che vedeva tra i suoi più convinti sostenitori proprio il presidente degli Stati Uniti. Non contribuì ad allentare la tensione, poi, la lunga lettera accompagnata da benedizione finale che il Papa inviò a Vladimir Putin, in quelle settimane presidente del G20 riunito in Russia. Una diversità di vedute che è emersa anche in riferimento alla più recente crisi ucraina, dove la Santa Sede ha scelto un basso profilo, assumendo così atteggiamento opposto a quello adottato in riferimento al caso siriano. 

Ma è il capitolo dei rapporti tra Obama e la Chiesa americana a rappresentare con ogni probabilità uno degli scogli più ardui da superare. In questi mesi, la Casa Bianca ha tentato di allentare la tensione con il combattivo episcopato statunitense cavalcando l’elezione di Francesco al Soglio pontificio. Dalle parti di Pennsylvania Avenue si apprezzava la maggiore attenzione del Pontefice argentino ai temi legati alla giustizia sociale, piuttosto che il continuo porre l’accento sui cosiddetti princìpi non negoziabili così cari ai suoi immediati predecessori.

Obama, poi, ricordava ancora bene l’udienza in Vaticano del 2009, quando Benedetto XVI gli regalò una copia della “Dignitatis Personae”, l’istruzione della Congregazione per la Dottrina della fede del 2008 sulla bioetica. Nei mesi scorsi, il presidente americano ha chiesto ai curatori dei propri discorsi di citare ove possibile vari passaggi dei testi pronunciati da Francesco sulla povertà e sulle altre questioni sociali. E’ accaduto anche lo scorso dicembre, quando in un discorso di Obama è comparsa la frase “come può essere che non faccia notizia quando muore di freddo una persona anziana senzatetto ma faccia notizia la borsa che perde due punti?”, contenuta nell’Evangelii Gaudium, la prima esortazione apostolica di Bergoglio. 
Il tentativo della presidenza americana di trascinare su questo campo il confronto con la Santa Sede è palese, e non è un caso che domenica scorsa sul New York Times – quotidiano liberal per eccellenza della East Coast – sia comparso un lungo articolo di Jason Horowitz sulle radici cattoliche dell’attivismo di Obama. Anche qui si sottolineava con dovizia di particolari come fosse la lotta per la giustizia sociale ad aver avvicinato l’allora giovane Barack alla Chiesa cattolica, prima di distanziarsene dopo aver constatato che il tempo della lotta era terminato.

LEZIONE SULLA BUONA POLITICA

PAPA FRANCESCO


Molti discorsi di Papa Francesco sono solo apparentemente semplici. Vale per l'omelia pronunciata a braccio il 27 marzo nella Messa celebrata in San Pietro con oltre cinquecento parlamentari italiani. Inutile cercarci, come al solito, riferimenti a leggi controverse in discussione in Parlamento. Il Papa ha ripetuto fino alla noia che di queste cose devono occuparsi gli episcopati nazionali, non il Pontefice. E invece ai parlamentari il Papa ha offerto una profonda lezione sulla corruzione delle classi politiche.
AMBROGIO LORENZETTI
Allegoria del cattivo governo

La Scrittura, ha detto, propone «un dialogo fra i lamenti di Dio e le giustificazioni degli uomini. Dio, il Signore, si lamenta. Si lamenta di non essere stato ascoltato lungo la storia. E’ sempre lo stesso: "Ascoltate la mia voce… Io sarò il vostro Dio… Sarai felice…" - "Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio alla mia parola, anzi: procedettero ostinatamente secondo il loro cuore malvagio. Invece di rivolgersi verso di me, mi hanno voltato le spalle" (Ger 7,23-24). È la storia dell’infedeltà del popolo di Dio». Dunque Dio entra in vari modi nella storia, parla. si rivela agli uomini. Ma gli uomini «ostinatamente» non lo ascoltano. Già nel Vecchio Testamento «è stato un lavoro molto, molto grande quello del Signore per togliere dal cuore del suo popolo l’idolatria, per farlo docile alla sua Parola. Ma loro andavano su questa strada per un po’ di tempo, e poi tornavano indietro. E così per secoli e secoli, fino al momento in cui arrivò Gesù».

Si potrebbe immaginare che, arrivato Gesù, l'ostinazione degli uomini abbia fatto finalmente un passo indietro e abbiano cominciato ad ascoltare il Signore, abbandonando l'idolatria. Ma non è stato così. «Alcuni dicevano: "Costui è il Figlio di Dio, è un grande Profeta!"; altri, quelli di cui parla oggi il Vangelo, dicevano: "No, è uno stregone che guarisce con il potere di Satana". Il popolo di Dio era solo, e questa classe dirigente – i dottori della legge, i sadducei, i farisei – era chiusa nelle sue idee, nella sua pastorale, nella sua ideologia. E questa classe è quella che non ha ascoltato la Parola del Signore».

Dunque abbiamo il Signore che parla e la classe dirigente - politica e religiosa, ma all'epoca le due erano strettamente legate - che si rifiuta di ascoltarlo. Più Dio parla chiaramente - quando arriva Gesù molti capiscono che il messaggio è proprio di origine divina, è difficile negarlo - più i poteri forti di questo mondo devono inventarsi giustificazioni per non ascoltarlo. Così la classe dirigente del tempo «per giustificarsi dice ciò che abbiamo sentito nel Vangelo: "Quest’uomo, Gesù, scaccia i demoni con il potere di Beelzebul" (Mt 11,15). E’ lo stesso che dire: "E’ un soldato di Beelzebul o di Satana o della cricca di Satana", è lo stesso. Si giustificano di non aver ascoltato la chiamata del Signore».

Però la parola di Gesù è inesorabile, e denuncia una «classe dirigente che si era allontanata dal popolo. Ed era soltanto con l’interesse nelle sue cose: nel suo gruppo, nel suo partito, nelle sue lotte interne». Il Papa lo ricorda ai parlamentari italiani. le classi dirigenti che tradivano «erano più che peccatori: il cuore di questa gente, di questo gruppetto con il tempo si era indurito tanto, tanto che era impossibile ascoltare la voce del Signore. E da peccatori, sono scivolati, sono diventati corrotti. È tanto difficile che un corrotto riesca a tornare indietro. Il peccatore sì, perché il Signore è misericordioso e ci aspetta tutti. Ma il corrotto è fissato nelle sue cose, e questi erano corrotti. E per questo si giustificano, perché Gesù, con la sua semplicità, ma con la sua forza di Dio, dava loro fastidio. E, passo dopo passo, finiscono per convincersi che dovevano uccidere Gesù».
La spirale è inesorabile: dal rifiuto di ascoltare la parola di Dio, chiusi nelle proprie beghe di partito, alla corruzione, e dalla corruzione all'omicidio. Questi «dirigenti» che lavorano contro il bene comune anziché a suo favore, insiste il Papa, sono peggiori dei peccatori comuni. Lo sono perché non si limitano a comportarsi male. Giustificano il loro cattivo comportamento e lo trasformano in ideologia. 

Questa ideologia delle classi dirigenti corrotte normalmente fa appello in modo ipocrita alla legalità e al dovere - degli altri. Questi dirigenti «hanno fatto resistenza alla salvezza di amore del Signore e così sono scivolati dalla fede, da una teologia di fede a una teologia del dovere: "Dovete fare questo, questo, questo…". E Gesù dice loro quell’aggettivo tanto brutto: "Ipocriti! Tanti pesi opprimenti legate sulle spalle del popolo. E voi? Nemmeno con un dito li toccate! Ipocriti!". Hanno rifiutato l’amore del Signore e questo rifiuto ha fatto sì che loro fossero su una strada che non era quella della dialettica della libertà che offriva il Signore, ma quella della logica della necessità, dove non c’è posto per il Signore».

Molti politici corrotti di ieri come di oggi sono «comportamentali. Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini. Gesù li chiama, loro, "sepolcri imbiancati". Questo è il dolore del Signore, il dolore di Dio, il lamento di Dio». È un tema centrale della polemica di Gesù contro i Farisei e di San Paolo contro i dottori della legge che rifiutano il cristianesimo. Il Papa non ce l'ha con il senso del dovere, o con i doveri reali. Nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2014 ha indicato puntigliosamente i doveri che incombono su chi ha responsabilità politiche ed economiche. Il bersaglio della sua polemica è un altro: è costituito dall'ipocrisia delle classi dirigenti mascherata da appelli fasulli al dovere, dall'inganno dei «dottori del dovere» che hanno «perso la fede» e che impongono con zelo agli altri doveri che non hanno nessuna intenzione di compiere essi stessi.

Certo, Papa Francesco non fa esempi concreti. Ma smaschera la dinamica oscura della corruzione degli uomini politici, e li invita a convertirsi. Alla fine, è questo l'unico segreto della buona politica.


martedì 25 marzo 2014

NEMICI DELL'UMANITA'

Per Roberto Gerardi, il primo martire dell’odio animalista verso la gente del circo. 
Gerardi, facente parte di un circo attendato nel Bresciano, nei giorni scorsi è stato aggredito da una squadraccia di animalisti, ne ha ricavato un infarto ed è morto in seguito all’ospedale di Chiari. 
Il caso è stato sollevato da Carlo Giovanardi, l’unico politico italiano capace di combattere a viso aperto questi nemici dell’umanità. 
Nel 2012 la morte di una giraffa, a Imola, ebbe grande eco mediatica. Nel 2014 la morte di un circense, quasi niente, e ciò dimostra che nel nostro tempo un uomo vale meno di un animale. 
E’ un cambio di paradigma di cui pochissimi sembrano avere consapevolezza, pazienza: che il nome di Roberto Gerardi intanto venga scritto nel libro dei martiri e poi, quando la follia umanofoba si calmerà, che venga ricordato nella toponomastica, fissato nella segnaletica.

La notizia è stata riportata solo dal Foglio. E da qualche cronaca locale.

LA LETTURA"IDEOLOGICA" DEL GENDER E' LA VERA DITTATURA

Bagnasco contro i campi d'indottrinamento gender
di Massimo Introvigne25-03-2014

Lunedì 24 marzo, aprendo il Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, che la presiede ha affrontato con grande determinazione la problematica della famiglia e dell’ideologia di genere.

«La preparazione alla grande assise del sinodo sulla famiglia, che si celebrerà in due fasi nel 2014 e nel 2015, nonché il recente concistoro sul medesimo tema – ha detto Bagnasco – hanno provvidenzialmente riposto l’attenzione su questa realtà tanto “disprezzata e maltrattata”, come ha detto il Papa: commenterei, “disprezzata” sul piano culturale e “maltratta” sul piano politico». Il cardinale ha inquadrato la natura ideologica del problema: la famiglia è diventata il nemico da abbattere. «Colpisce che la famiglia sia non di rado rappresentata come un capro espiatorio, quasi l’origine dei mali del nostro tempo, anziché il presidio universale di un’umanità migliore e la garanzia di continuità sociale. Non sono le buone leggi che garantiscono la buona convivenza – esse sono necessarie – ma è la famiglia, vivaio naturale di buona umanità e di società giusta».
Dio crea Eva dalla costola di Adamo
Lorenzo Maitani - facciata del duomo di Orvieto

Il cardinale è andato oltre: non è rimasto sul generico, ma ha citato come esempio dei maltrattamenti che la famiglia subisce un episodio specifico, su cui – lo ricordiamo per la cronaca, senza rivendicare primogeniture – per prima «La nuova Bussola quotidiana», nel silenzio generale, aveva attirato l’attenzione. «In questa logica distorta e ideologica – ha detto Bagnasco –, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte».

Durissimo il commento del presidente dei vescovi italiani «È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga».


Parole chiarissime: altri vescovi prendano esempio. La strategia enunciata esplicitamente da Papa Francesco nell’esortazione apostolica «Evangelii gaudium» – il Papa di certe questioni, comprese quelle (citate in nota nel documento come esempio delle «questioni» cui si allude) della famiglia e del gender, non parla, chiede che siano gli episcopati nazionali a intervenire – non piace a tanti nostri lettori, e dalle strategie, che non sono Magistero neppure ordinario, si può certo legittimamente dissentire. Però qualche volta le strategie funzionano: dove tace il Papa, i vescovi parlano. È successo negli Stati Uniti, in Polonia, in Croazia, in Portogallo, in Slovacchia. Ora succede anche in Italia, e non si può non ricordare che – come sempre avviene nel nostro Paese – prima di aprire con questa relazione il Consiglio Permanente della CEI venerdì scorso Bagnasco è andato in udienza dal Papa, cui questi testi sono di regola previamente sottoposti. Vediamo se questa rondine farà, come ci auguriamo, primavera.

LE CRITICHE FANNO BENE

Questo Papa non mi piace e dirlo è un preciso dovere
Stefano Lorenzetto - Dom, 23/03/2014
Vittorio Feltri, pur dichiarandosi ateo, dice che non bisogna mai parlare male del Papa e cita a mo' d'esempio il caso di Umberto Bossi, che nel 2004 attaccò Giovanni Paolo II e pochi giorni dopo fu colpito da ictus cerebrale. «Essendo cattolico, le superstizioni non mi sfiorano», sorride mesto Alessandro Gnocchi, che firma con Giuliano Ferrara e Mario Palmaro il saggio Questo Papa piace troppo, «un vademecum al vetriolo» - così lo presenta l'editrice Piemme - contro Jorge Mario Bergoglio: «I gesti e le parole di Papa Francesco sono un campionario di relativismo morale e religioso; le sue esibizioni di ostentata povertà stucchevoli e ben poco francescane; la sua proclamazione dell'autonomia della coscienza in palese contrasto con il catechismo e il magistero dei papi precedenti».

Anche a Gnocchi, per la verità, è accaduto qualcosa di terribile. Mercoledì 12 marzo, appena 24 ore dopo che il volume era arrivato nelle librerie, ha dovuto accompagnare al camposanto Palmaro, 45 anni, l'amico di una vita, del quale nel 1998 era stato testimone di nozze insieme con Eugenio Corti, autore del celebre romanzo Il cavallo rosso. «Martedì 4, ormai consumato dal cancro al fegato, ha voluto inviarmi alcune integrazioni per il nostro articolo sulla relazione con cui il cardinale Walter Kasper aveva aperto il concistoro sulla famiglia, uscito l'indomani sul Foglio: conservo le note battute al computer con caratteri rossi come se fossero una reliquia. Giovedì 6 ha fatto in tempo a vedere la copia staffetta di Questo Papa piace troppo: era felice. Domenica 9 ha reso l'anima a Dio».
Ma è il modo in cui quest'anima è tornata a Dio che forse dovrebbe impressionare, più del libro, l'augusta persona oggetto degli strali di Gnocchi e Palmaro. «Sono arrivato a casa di Mario alle 19.30. Al capezzale c'erano la moglie Annamaria con i figli Giacomo, 14 anni, Giuseppe, 12, Giovanna, 8, Benedetto, 7, la matrigna, perché la madre morì nel 1968 partorendolo, e due vicine. L'agonia è stata dolorosa, tremenda. Alle 22 abbiamo cantato il Salve Regina. Alle 22.10 è spirato».
Papa Francesco sapeva che quel suo censore, laureato in giurisprudenza alla Statale di Milano con una tesi sull'aborto procurato, docente di filosofia teoretica, etica e bioetica al Pontificio ateneo Regina Apostolorum e di filosofia del diritto all'Università Europea di Roma, era gravemente malato, senza speranza, da quasi due anni. E lo scorso 1° novembre, festa di Ognissanti, intorno alle 18 gli telefonò nella sua casa di Monza, senza passare per il centralino del Vaticano. «Sono Papa Francesco», si presentò. «La riconosco dalla voce, Santo Padre», rispose con candore la moglie, «attenda un attimo». Non disponendo di un cordless, la signora andò a chiamare il marito, che giaceva nel letto. «So che sta male, professore, e prego per lei», si sentì confortare Palmaro, dopo aver raggiunto con fatica la cornetta. «Mario fu molto rincuorato dalla chiamata», racconta Gnocchi. «Al momento del congedo, disse a Francesco: “Santità, forse lei saprà che le ho dedicato alcuni rilievi assai severi. Voglio però confermarle che la mia fedeltà al successore di Pietro resta intatta”. Il Pontefice gli rispose: “Penso che abbia scritto per amore verso la Chiesa. E comunque le critiche fanno bene”».
Adesso guardi, a pagina 35, il capitolo iniziale dell'ultimo libro, con quell'intestazione assai più assertiva del titolo, «Questo Papa non ci piace», e quella firma commerciale, «di Gnocchi & Palmaro», e potresti scambiarlo per un copione farsesco alla Garinei & Giovannini o per un pamphlet ingiurioso. Invece la poco premiata ditta Gnocchi & Palmaro, ben nota ai lettori del Giornale, è stata un'autentica fucina di libri - una ventina - sempre molto documentati, rigorosissimi, dettati soltanto da ardore apologetico nella difesa della Chiesa, della tradizione, della dottrina e della morale, in una parola di quello che un tempo si definiva «depositum fidei».
Gnocchi, 54 anni, bergamasco di Villa d'Adda, sposato, tre figli, è giornalista professionista dal 1992. All'anulare sinistro porta, unito alla fede nuziale, un rosario d'oro di forma circolare; un altro rosario da frate trappista, con i grani di legno che sembrano chicchi di caffè, il teschio ai piedi della croce e otto medagliette sacre ciondolanti, lo tiene nella tasca dei pantaloni. Laureato in filosofia alla Cattolica, ha scritto come free-lance per Gente e Oggi prima d'essere assunto a Historia e poi a Tv Sorrisi e Canzoni. Oggi lavora per i periodici Mondadori. È considerato il maggior studioso di Giovannino Guareschi, al quale ha dedicato cinque saggi, oltre a due antologie scritte in collaborazione con Palmaro. «L'amicizia con Mario nacque proprio da una recensione che dedicò nel 1995, sul Cittadino di Monza, al mio primo saggio sull'inventore di don Camillo e Peppone».

QUESTA COSTITUZIONE CI HA FREGATO IL FUTURO

La paura di governi forti ha portato allo stallo. E i giovani ringraziano
Tutti i parlamentari e gli opinionisti politici sono convinti che ci sia qualcosa da cambiare nella «Costituzione più bella del mondo» che i nostri padri costituenti hanno creato terrorizzati da un possibile ritorno del fascismo o da un eventuale fiorire del comunismo staliniano. E poiché questi regimi erano fondati sul potere esecutivo essi hanno fatto in modo che il governo non avesse alcun potere.

Un governo eletto dal popolo se fa bene viene premiato nelle elezioni successive, se fa male viene sostituto. Ma nella storia della Repubblica italiana non c'è nessun governo eletto dal popolo. Tutti i governi sono stati decisi a tavolino dai segretari e i notabili di partiti. E quando anche un partito otteneva una grande affermazione popolare, poi, per fare un governo, doveva accordarsi con altri partiti, gruppi, gruppuscoli che lo tenevano continuamente sotto ricatto. Di qui la lentezza delle decisioni e i ritardi cronici in tutti i campi.
Il decadimento culturale, economico e giudiziario italiano è il prodotto di questa paralisi del sistema nervoso centrale del Paese, che si ripercuote dovunque. I politici lo sanno benissimo, tant'è vero che da decenni non parlano altro che di riforme. Ma non le fanno perché sono terrorizzati che se ne avvantaggino gli avversari o semplicemente perché temono di perdere il posto. Conservano così tutti insieme in vita quel moloch immobile a cui giustamente è stato dato il nome di casta. Un moloch che anche stavolta è riuscito a frenare e rallentare la riforma elettorale anche se si trattava di un cambiamento modesto. Nei prossimi mesi faranno di tutto per far fallire il grande progetto riformista che sostengono di volere a parole, e se le cose andranno avanti sarà solo grazie all'arrivo sulla scena politica di gente giovane, che ha studiato e lavorato negli Stati Uniti o nei Paesi europei e diffida dei miti fondatori della Repubblica e dei suoi bizantini riti politici. Una generazione che sta provando su di sé gli effetti della nostra anarchia parlamentare e che quindi è più pronta a cambiare.

Francesco Alberoni - Lun, 10/03/2014 il giornale

HA TERMINATO LA SUA CORSA

IN MEMORIA DI MARIO PALMARO

Due settimane fa è morto Mario Palmaro, prof. di filosofia del diritto, bioeticista e apologeta cattolico. Ha vissuto la prova cercando sempre di alzare lo sguardo alle “cose di lassù”. Questo, tra i tanti, è l’insegnamento più grande che conserverò nel cuore. Insieme all’amico Alessandro Gnocchi, nel lontano 2010, scrisse sul quotidiano Libero un articolo dal titolo “In prossimità della fine”, rileggerlo può aiutarci a capire come Mario avesse ben chiaro che tra tempo ed eternità c’è un abisso. Caro Mario, riposa in pace.
In prossimità della fine (di Gnocchi & Palmaro, fonte: Libero, 2010)

Se si trattasse solo di un comprensibile timore che ogni uomo prova in prossimità della fine, forse basterebbe una scommessa, un’ultima guasconata, per arrivare fin sulla soglia storditi abbastanza da non pensarci. Se fosse così, avrebbero ragione l’illuminismo e i suoi epigoni quando indicano nella banalissima paura della morte la banalissima origine della religione.
Se fosse così. Ma evidentemente non lo è, se fior di uomini di ingegno, figli delle più estrose varianti dei lumi, in prossimità del momento cruciale, si sono incamminati lungo strade imprevedibili. Evidentemente, non è così se le loro decisioni ultime tengono banco tra credenti e non credenti.
 Se si continua a parlare della conversione di Renato Guttuso, di quella indecifrabile di Indro Montanelli, di quella inquieta di Oriana Fallaci o di quella quasi certa di Antonio Gramsci. La conversione, o comunque la fiduciosa apertura su una trascendenza a lungo negata, continua a esercitare fascino persino sui disincantati abitanti del terzo millennio poiché va alla radice dell’esistenza di ogni singolo uomo. E sarebbe comico, se non fosse tragico, che gli unici a esserne imbarazzati sono certi cattolici che invitano il prossimo a non convertirsi in nome di una non meglio precisata autenticità.
Eppure, non vi è autenticità più concreta che la risposta al perenne richiamo del Vero, del Bello e Buono indicato da papa Benedetto come cifra del cuore di ogni uomo. Un richiamo pacificatore capace di rendere vero l’essere umano nel momento più importante della propria vita. Quando a San Carlo Borromeo chiesero che cosa avrebbe fatto se gli avessero detto che sarebbe morto entro un’ora rispose: “Cercherei di fare particolarmente bene ciò che sto facendo ora”.
Altri tempi, verrebbe da dire, e per certi non si sbaglierebbe. Erano tempi in cui i sacerdoti tenevano sul loro scrittoio un teschio proprio per aver ben presente la caducità dell’esistenza. Erano i tempi in cui era facile trovare sin nelle case più povere libretti che si intitolavano “Apparecchio alla buona morte”. Eppure, proprio per questo, contrariamente a quanto sostiene la vulgata corrente, erano tempi pieni di vita.
Un uomo del Seicento non aveva bisogno di trovarsi davanti all’assurda tragedia del Love Parade per scoprire che esiste la morte. E, soprattutto, ne aveva avuto ben chiaro il senso. L’uomo moderno, invece, si trova sempre più spesso nella condizione di dover prendere atto dell’epilogo solo poco prima che avvenga. E, allora, non può più fingere. Per tutta la sua esistenza può aver giocato con la sacralità della vita. Può aver occultato, dissacrato, violentato il mistero della nascita, può continuare a ritenerlo un fatto puramente biologico fino all’ultimo atto della sua esistenza.
Ma la morte gli si presenta inevitabilmente anche sotto un aspetto soprannaturale. E, in questo frangente, non c’è teoria che tenga. Per la prima volta, il mistero gli si presenta in forma tanto decisa e prepotente da non essere eludibile. Ma gli si presenta in forma sincera e generosa, come Qualcosa che non deve essere decifrato o svelato, ma come Qualcosa che gli si fa incontro per dirgli chi è veramente. La consapevolezza dell’eterno si fa largo nella coscienza e mostra con le piccole, grandi e concrete evidenze della decadenza che l’eternità non ha nulla a che fare con il dato biologico ma con l’interezza della persona, anima e corpo.
Ed è qui, che la conversione giunge a compimento, nel punto in cui la persona finita scopre che può trarre il senso autentico della propria vita da una Persona che finita non può essere. Oggi, molti sostengono che il problema dell’ateismo sta nella difficoltà di spiegare l’origine della vita. In realtà, il vero problema dell’ateismo sta nella sua strutturale incapacità di spiegarne la fine. Il razionalista può anche illudersi di padroneggiare l’inizio dell’esistenza, ma non potrà mai farlo con la sua fine, neanche puntandosi un pistola alla tempia.
In prossimità della fine l’adulto è molto meno adulto di quanto potrebbe immaginare. Non a caso, gli insegnamenti più concreti sulla morte si trovano nelle fiabe. Ve n’è uno straordinario in un racconto modernissimo, nel film “Mr Magorium e la bottega delle meraviglie”. Al momento di lasciare questo mondo, uno straordinario Dustin Hoffman spiega il senso di tutto dicendo: ‘Quando re Lear muore nel quinto atto, sai Shakespeare che ha scritto? Ha scritto ‘muore’!”. Ci voleva un genio per raccontare in una parola il senso della vita. Ci vuole Dio per fare in modo che quel senso non sia vano.

mercoledì 19 marzo 2014

FERMATEVI! IL CARDINAL CAFFARRA DOPO IL CONCISTORO

Perorazione del cardinal Caffarra dopo il concistoro e il rapporto Kasper. Non toccate il matrimonio di Cristo. Non si giudica caso per caso, non si benedice il divorzio. L’ipocrisia non è misericordiosa
Bologna. Due settimane dopo il concistoro sulla famiglia, il cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, affronta con il Foglio i temi all’ordine del giorno del Sinodo straordinario del prossimo ottobre e di quello ordinario del 2015: matrimonio, famiglia, dottrina dell’Humanae Vitae, penitenza.

La FamiliarisConsortio di Giovanni Paolo II è al centro di un fuoco incrociato. Da una parte si dice che è il fondamento del Vangelo della famiglia, dall’altra che è un testo superato. E’ pensabile un suo aggiornamento?
“Se si parla del gender e del cosiddetto matrimonio omosessuale, è vero che al tempo della FamiliarisConsortio non se ne parlava. Ma di tutti gli altri problemi, soprattutto dei divorziati risposati, se ne è parlato lungamente. Di questo sono un testimone diretto, perché ero uno dei consultori del Sinodo del 1980. Dire che la FamiliarisConsortio è nata in un contesto storico completamente diverso da quello di oggi, non  è vero. Fatta questa precisazione, dico che prima di tutto la FamiliarisConsortio ci ha insegnato un metodo con cui si deve affrontare le questioni del matrimonio e della famiglia.  Usando questo metodo è giunta a una dottrina che resta un punto di riferimento ineliminabile. Quale metodo? Quando a Gesù fu chiesto a quali condizioni era lecito il divorzio – della liceità come tale non si discuteva a quel tempo  –, Gesù non entra nella problematica casuistica da cui nasceva la domanda, ma indica in quale direzione si doveva guardare per capire che cosa è il matrimonio e di conseguenza quale è la verità dell’indissolubilità matrimoniale. Era come se Gesù dicesse: ‘Guardate che voi dovete uscire da questa logica casuistica e guardare in un’altra  direzione, quella del ‘Principio’. Cioè: dovete guardare là dove l’uomo e la donna vengono all’esistenza nella verità piena del loro essere uomo e donna chiamati a diventare una sola carne. In una catechesi, Giovanni Paolo II dice: ‘Sorge allora – cioè quando l’uomo è posto per la prima volta di fronte alla donna – la persona umana nella dimensione del dono reciproco la cui espressione (che è l’espressione anche della sua esistenza come persona) è il corpo umano in tutta la verità originaria della sua mascolinità e femminilità’. Questo è il metodo della FamiliarisConsortio”.

Qual è il significato più profondo e attuale della FamiliarisConsortio?

“Per avere occhi capaci di guardare dentro la luce del ‘Principio’,  FamiliarisConsortio afferma che la Chiesa ha un soprannaturale senso della fede, il quale  ‘non consiste solamente o necessariamente nel consenso dei fedeli. La Chiesa, seguendo Cristo, cerca la verità, che non sempre coincide con l’opinione della maggioranza. Ascolta la coscienza e non il potere. E in questo difende i poveri e i disprezzati. La Chiesa può apprezzare anche la ricerca sociologica e statistica, quando si rivela utile per cogliere il contesto storico. Tale ricerca per sé sola, però, non è da ritenersi espressione del senso della fede’ (FC 5). Ho parlato di verità del matrimonio. Vorrei precisare che questa espressione non denota una norma ideale del matrimonio. Denota  ciò che Dio con il suo atto creativo ha inscritto nella persona dell’uomo e della donna.   Cristo dice che prima di considerare  i casi, bisogna sapere di che cosa stiamo parlando. Non stiamo parlando di una norma che ammette o non eccezioni, di un ideale a cui tendere.  Stiamo parlando di ciò che sono il matrimonio e la famiglia. Attraverso questo metodo la Familiaris Consortio, individua  che cosa è il matrimonio e la famiglia e quale è il suo genoma – uso l’espressione del sociologo Donati –, che non è un genoma naturale, ma sociale e comunionale. E’ dentro questa prospettiva che  l’Esortazione individua il senso più profondo della indissolubilità matrimoniale (cf  FC 20). La Familiaris Consortio quindi ha rappresentato uno sviluppo dottrinale grandioso, reso possibile anche dal ciclo di catechesi di Giovanni Paolo II sull’amore umano. Nella prima di queste catechesi, il 3 settembre 1979, Giovanni Paolo II dice che intende accompagnare come da lontano i lavori preparatori del Sinodo che si sarebbe tenuto l’anno successivo. Non l’ha fatto affrontando direttamente temi dell’assise sinodale, ma dirigendo l’attenzione alle radici profonde. E’ come se avesse detto, ‘Io Giovanni Paolo II voglio aiutare i padri sinodali. Come li aiuto? Portandoli alla radice delle questioni’. E’ da questo ritorno alle radici che nasce la grande dottrina sul matrimonio e la famiglia data alla Chiesa dalla Familiaris Consortio. E non ha ignorato i problemi concreti. Ha parlato anche del divorzio, delle libere convivenze, del problema dell’ammissione dei divorziati risposati all’eucaristia.  L’immagine quindi di una Familiaris Consortio che appartiene al passato; che non ha più nulla da dire al presente, è caricaturale. Oppure è una considerazione fatta da persone che non l’hanno letta”.

Molte conferenze episcopali hanno sottolineato che dalle risposte ai questionari in preparazione dei prossimi due Sinodi, emerge che la dottrina della Humanae Vitae crea ormai solo confusione. E’ così, o è stato un testo profetico?
“Il 28 giugno 1978, poco più di un mese prima di morire, Paolo VI diceva: ‘Della Humanae Vitae, ringrazierete Dio e me’. Dopo ormai quarantasei anni, vediamo sinteticamente cosa è accaduto all’istituto matrimoniale e ci renderemo conto di come è stato profetico quel documento. Negando la connessione inscindibile tra la sessualità coniugale e la procreazione, cioè negando l’insegnamento della Humanae Vitae, si è aperta la strada alla reciproca sconnessione fra la procreazione e la sessualità coniugale: from sex withoutbabies to babieswithout sex. Si è andata oscurandosi progressivamente la fondazione della procreazione umana sul terreno dell’amore coniugale, e si è gradualmente costruita l’ideologia che chiunque può avere un figlio. Il single uomo o donna,  l’omosessuale, magari surrogando la maternità.  Quindi coerentemente si è passati dall’idea del figlio atteso come un dono al figlio programmato come un diritto: si dice che esiste il diritto ad avere un figlio. Si pensi alla recente sentenza del tribunale di Milano che ha affermato il diritto alla genitorialità, come dire il diritto ad avere una persona. Questo è incredibile. Io ho il diritto ad avere delle cose, non le persone. Si è andati progressivamente costruendo un codice simbolico, sia etico sia giuridico, che relega ormai la famiglia e il matrimonio nella pura affettività privata, indifferente agli effetti sulla vita sociale. Non c’è dubbio che quando l’Humanae Vitae è stata pubblicata, l’antropologia che la sosteneva era molto fragile e non era assente un certo biologismo nell’argomentazione. Il magistero di Giovanni Paolo II ha avuto il grande merito di costruire un’antropologia adeguata a base dell’Humanae Vitae. La domanda che bisogna porsi non è se l’Humanae Vitae sia applicabile oggi e in che misura, o se invece è fonte di confusione. A mio giudizio, la vera domanda da fare è un’altra”.

Quale?
“L’Humanae Vitae dice la verità circa il bene insito nella relazione coniugale? Dice la verità circa il bene che è presente nell’unione delle persone dei due coniugi nell’atto sessuale? Infatti, l’essenza delle proposizioni normative della morale e del diritto si trova nella verità del bene che in esse è oggettivata. Se non ci si mette in questa prospettiva, si cade nella casuistica dei farisei. E non se ne esce più, perché ci si infila in un vicolo alla fine del quale si è costretti a scegliere tra la norma morale e la persona. Se si salva l’una, non si salva l’altra. La domanda del pastore è dunque la seguente: come posso guidare i coniugi a vivere il loro amore coniugale nella verità? Il problema non è di verificare se i coniugi si trovano in una situazione che li esime da una norma, ma,  qual è il bene del rapporto coniugale. Qual è la sua verità intima. Mi stupisce che qualcuno dica che l’Humanae Vitae crea confusione. Che vuol dire? Ma conoscono la fondazione che dell’Humanae Vitae ha fatto Giovanni Paolo II? Aggiungo una considerazione. Mi meraviglia profondamente il fatto che, in questo dibattito, anche eminentissimi cardinali non tengano in conto le centotrentaquattro catechesi sull’amore umano. Mai nessun Papa aveva parlato tanto di questo. Quel Magistero è disatteso, come se non esistesse. Crea confusione? Ma chi afferma questo è al corrente di quanto si è fatto sul piano scientifico a base di una naturale regolazione dei concepimenti? E’ al corrente di innumerevoli coppie che nel mondo vivono con gioia la verità di Humanae Vitae?”.

Anche il cardinale Kasper sottolinea che ci sono grandi aspettative nella chiesa in vista del Sinodo e che si corre il rischio di “una pessima delusione” se quete fossero disattese. Un rischio concreto, a suo giudizio?

“Non sono un profeta né sono figlio di profeti. Accade un evento mirabile. Quando il pastore non predica opinioni sue o del mondo, ma il Vangelo del matrimonio, le sue parole colpiscono le orecchie degli uditori, ma nel loro cuore entra in azione lo Spirito Santo che lo apre alle parole del pastore. Mi domando poi delle attese di chi stiamo parlando. Una grande rete televisiva statunitense ha compiuto un’inchiesta su comunità cattoliche sparse in tutto il mondo. Essa fotografa una realtà molto diversa dalle risposte al questionario registrate in Germania, Svizzera e Austria. Un solo esempio. Il 75 per cento della maggior parte dei paesi africani è contrario all’ammissione dei divorziati risposati all’eucaristia.  Ripeto ancora: di quali attese stiamo parlando? Di quelle dell’ occidente? E’ dunque l’occidente il paradigma fondamentale in base al quale la Chiesa deve annunciare? Siamo ancora a questo punto? Andiamo ad ascoltare un po’ anche i poveri. Sono molto perplesso e pensoso quando si dice che o si va in una certa direzione altrimenti sarebbe stato meglio non fare il Sinodo. Quale direzione? La direzione che, si dice, hanno indicato le comunità mitteleuropee? E perché non la direzione indicata dalle comunità africane?”.

OBAMA THE WORST

LE SANZIONI E L'IDEOLOGIA
OBAMA COLPISCE MIZULINA LA POLITICA CHE HA FIRMATO LEGGI PRO FAMIGLIA

Gli Stati Uniti, come promesso, hanno reagito approvando sanzioni economiche nei confronti di 10 importanti figure politiche, sette russe e tre ucraine (tra cui l’ex presidente Yanukovich). Se tra i politici colpiti mancano i nomi che contano, come quelli di Putin (presidente), Medvedev (premier), Lavrov (ministero degli Esteri), Miller (ad Gazprom), ne compare uno che sembra non c’entrare niente con lo scopo delle sanzioni: Yelena Mizulina. 

L’obiettivo  è quello di colpire tutti i principali personaggi collegati in qualche modo con il tentativo di annettere la Crimea alla Russia, congelando i loro conti in banca (o altri asset) all’estero e proibendo il rilascio di visti. Tra le persone inserite nella lista nera ci sono Vladislav Surkov, considerato l’eminenza grigia della presidenza e incaricato di favorire un accordo con la Crimea; Sergei Glazyev, consigliere personale di Putin con il compito di sponsorizzare l’Unione Euroasiatica; Leonid Slutsky, membro della Duma con l’incarico di valutare come vengono trattati i russi che vivono all’estero (Ucraina compresa); Andrei Klishas, che aveva proposto in caso di sanzioni da parte dell’Occidente di sequestrare i beni degli stranieri; Valentina Matviyenko, a capo del Consiglio della federazione e importante alleata di Putin; Dmitry Rogozin, viceprimo ministro della federazione, potente politico e fiero nazionalista. E infine, Yelena Mizulina.

Yelena Mizulina è un membro della Duma e c’entra poco o niente con l’Ucraina. Non è un potente politico, non è un alleato chiave di Putin né una mente strategica che ha collaborato con il dispiegamento di forze in Crimea. Ecco perché, mentre tutte le altre persone hanno rilasciato dichiarazioni di questo calibro: «Sono piuttosto felice di ritrovarmi in questa lista di persone», lei ha affermato: «Sono sconcertata, perché mi hanno inclusa? Io non ho conti in banca o asset all’estero e neanche i membri della mia famiglia». Forse però un motivo per colpire Yelena Mizulina nell’ottica dell’amministrazione Obama c’è: lei è la parlamentare che ha sponsorizzato le cosiddette leggi che proibiscono la propaganda Lgbt ai minori e le adozioni agli americani, dopo la legalizzazione da parte di alcuni Stati delle nozze tra persone dello stesso sesso. Mizulina è nota per le sue campagne contro l'aborto, che con un milione di interventi è fra le cause del drammatico tasso di natalità in Russia.

Secondo la stessa Mizulina, è stata inserita tra i sanzionati come forma di «vendetta per le mie idee. Quello che è appena successo è una violazione dei miei diritti come cittadina e politica».
sarebbe come se la Russia avesse messo sotto sanzione un legislatore del Vermont per aver introdotto il matrimonio gay. Barack Obama il peggior presidente USA vuole continuare ad appoggiare le lobby Lgbt anche attraverso le sanzioni alla Russia!
the first-gay black president

domenica 16 marzo 2014

UNA GRAMMATICA DI FEDE E RAGIONE

STEFANO FONTANA
da CulturaCattolica.it

Spesso si parla di “valori” non negoziabili anziché di “principi” non negoziabili, ma si tratta di un errore di impostazione.

Principio vuol dire fondamento e criterio. Il principio è l’elemento che regge e illumina un certo ambito. Il principio tiene insieme le cose e le indirizza, le orienta al loro fine. Ne consegue che il principio non può essere un elemento della serie, nemmeno il primo. Essere un principio non vuol dire stare cronologicamente all’inizio, come il primo gennaio sta al principio dell’anno. Il principio ha un primato: viene prima, ove l’avverbio prima non è solo temporale.

Cos’è, invece un valore? Una cosa ha valore quando è apprezzabile. Ora, la vita o la famiglia o la libertà di educazione – per citare i principali tra i principi non negoziabili – sono certamente dei valori, sono degni di apprezzamento e di promozione. Come tanti altri aspetti della vita umana e sociale, del resto. Come l’arte, la solidarietà, la conoscenza, la salute, la buona cucina.

Come si vede essere un valore non vuol dire anche essere un principio. La casa in proprietà è un valore ma non è un principio ordinatore della vita sociale. Ciò non toglie che un valore possa essere anche un principio. La vita umana, per esempio, è un valore ma è anche un principio, in quanto è in grado di illuminare con la sua luce l’intera vita sociale e politica. Se si offusca il rispetto della vita non si offusca solo un valore, ma anche altri valori ed altri aspetti della vita che quel principio illumina.

Il bene comune non è un insieme di valori aventi tutti lo stesso peso, ma è un insieme ordinato. Per essere ordinato vuol dire che qualche valore ha una funzione architettonica, ossia indica i fondamenti del bene comune e, così facendo, illumina di senso anche tutti gli altri. Senza un criterio non c’è bene comune ma somma di beni particolari e questo criterio ci proviene dai principi non negoziabili.

Abbiamo allora stabilito cosa voglia dire la parola principio. Vediamo adesso cosa voglia dire l’espressione “non negoziabile”. Se si tratta di principi, ossia se sono qualcosa che viene prima e che fonda, essi non dipendono da quanto viene dopo ed hanno valore di assolutezza, non sono disponibili. Non sono negoziabili perché assoluti e sono assoluti perché sono dei principi. Se fossero relativi non potrebbero essere principi, non starebbero prima, sarebbero uno dei tanti elementi della serie. O si nega l’esistenza di principi, oppure se si ammette la loro esistenza essi devono essere assoluti ossia non negoziabili. Tale valore di assolutezza risulta anche dall’esperienza della loro mancanza. Quando manca il riferimento ad essi una società perde la bussola e subisce una involuzione. Questo vuol dire che non sono essi ad essere relativi alla società ma è la società ad essere relativa ad essi. Ecco quindi il motivo ultimo del perché non possono essere negoziabili: perché non sono stati negoziati. Se una cosa viene negoziata, allora vuol dire che è negoziabile. Altrimenti che principio sarebbe? In una società senza principi non negoziabili tutto è negoziabile, compresa la negoziabilità.

I principi non negoziabili, quindi, sono tali in quanto precedono la società. E da dove derivano? Essi sono non negoziabili perché radicati nella natura umana. Proprio perché fanno un tutt’uno con la natura umana, non possono essere presi a certe dosi, un po’ sì e un po’ no: o si prendono o si lasciano. Questa è vita umana o non lo è. Questa è famiglia o non lo è. I principi non negoziabili demarcano l’umano dal non umano e quindi sono criterio per una convivenza umana.

Da un altro punto di vista, però, essi non sono propriamente dei principi primi, perché non sono capaci di fondarsi da soli. Come abbiamo visto, essi si basano sulla natura umana, ma la natura umana su cosa si fonda? I principi non negoziabili esprimono un ordine che rimanda al Creatore.

Se non esistono principi non negoziabili la ragione non trova un ordine che rinvia al Creatore. Essa non incontra più la fede e la fede non incontra più la ragione. Ciò significa l’espulsione della religione dall’ambito pubblico. La vita sociale e politica sarebbe solo il regno del relativo. Cosa ci sarebbe a fare la fede in un simile contesto? Dio si sarebbe scomodato a parlarci per aggiungere la sua opinione alle nostre?

Quali sono

EDUCAZIONE ALLA SESSUALITA'

GABRIELE TOCCAFONDI 
IL COMPITO PRIMARIO TOCCA ALLA FAMIGLIA

Caro Direttore 
dopo aver letto con attenzione l'articolo di Vincenzo Luna, "Nuovo Centro Destra, contraddittorio sui temi etici", (la nuova Bussola quotidiana) vorrei intervenire nel dibattito suscitato dalla Nuova Bussola Quotidiana, puntualizzando alcune questioni di primaria importanza. Vorrei, in primis, ricordare che è stata proprio un'interpellanza del gruppo Ncd al Senato a portare all'attenzione dell'opinione pubblica e del mondo politico la vicenda dell'introduzione nelle scuole dei manuali di educazione alla diversità, curati dall'Unar, di cui come Ministero eravamo stati tenuti all'oscuro.


Noi siamo fermamente convinti della necessità di una lotta a ogni tipo di discriminazione, sia essa basata sul genere, la razza, la religione o le opinioni politiche. Siamo contro il bullismo e l'omofobia. Allo stesso tempo, siamo altrettanto fermamente convinti che su temi delicati come l'educazione sessuale e l'ideologia del genere, sia un grave errore la diffusione nelle scuole di opuscoli come quello voluto da Unar, che sembrava avere l'intendo di imporre un'impronta culturale a senso unico destando preoccupazione e confusione nel sistema educativo. 

Una materia così delicata richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio utilizzati, a maggior ragione visto che si rivolge a ragazzi di tutte le fasce di età. L'educazione alla diversità e al rispetto è importante, ma non è pensabile farlo imponendo una visione unilaterale che capovolge valori e tradizioni su cui si fonda la nostra civiltà.

Su questi temi - l'educazione alla sessualità e all'identità - il compito primario spetta alla famiglia, e non può essere nessun altro istituto educativo, neppure la scuola, a imporre una sua visione, a maggior ragione se orientata in senso ideologico e unilaterale, come i libri più volte richiamati, i quali oltre a presentare una lettura 'partigiana' della realtà, discriminano, come più associazioni hanno sottolineato, a loro volta le persone 'religiose' e 'credenti', considerate più propense all'omofobia proprio in ragione della loro religiosità. Dal mio canto, come sottosegretario all'Istruzione, vigilerò affinché libri e opuscoli non concordati con il Miur non vengano imposti nelle scuole, come da qualche parte sembra stia continuando ad avvenire, nonostante il mio intervento in senso contrario di alcune settimane fa. 
Non è accettabile, e spero non si ripeta più in futuro, che venga prodotto materiale per le scuole, per gli studenti e gli insegnanti, con un'impronta culturale a senso unico, senza nemmeno avvertire o coinvolgere il Ministero dell'Istruzione. Più in generale la speranza, e l'appello a tutti, è quello di non utilizzare la scuola come un campo di battaglia ideologico.
Cordiali saluti,
Gabriele Toccafondi (Ncd), 
sottosegretario di Stato all'Istruzione

MANIFESTO PER LA FAMIGLIA

MANIF POUR TOUS
di Massimo Introvigne da “la nuova bussola quotidiana”

Dopo il milione di persone in piazza contro il «matrimonio» omosessuale il 13 gennaio 2013, e le manifestazioni successive che hanno impedito al governo di legalizzare l’«utero in affitto», molti si attendevano che la Manif pour Tous francese presentasse liste alle elezioni. Non è un mistero che all’interno del movimento ci sia stato un dibattito sul punto. Ma alla fine si è deciso di non presentare liste di scopo – che in Francia, come in Italia, di rado hanno successo –, di concentrarsi sulle elezioni comunali, secondo una tesi cara alla scienza politica francese che vede negli «élus locaux», i consiglieri comunali e i sindaci, la spina dorsale della vita civile, e di proporre la firma via Internet a una Carta della famiglia, che comporta impegni molto precisi per i candidati.

La campagna è appena iniziata, e le firme sono già centinaia. Proponiamo la traduzione italiana dell’interessante documento, che nel nostro Paese è stato citato da qualche quotidiano, ma mai tradotto.

«Preambolo
Convinto che la famiglia, luogo principale dell’educazione e della solidarietà, è la cellula di base della società e garantisce il suo avvenire e progresso;
Consapevole che il contesto attuale, sociale, legislativo ed economico, richiede un rinnovamento della politica intorno ai valori della famiglia;
Consapevole che, di fronte a queste attese, è opportuno affermare le mie posizioni come candidato alle elezioni, come candidato alla carica di sindaco, assessore o consigliere comunale;

Aderisco alla Carta che comporta gli impegni seguenti:
Impegni
Politica familiare
La famiglia, cellula di base della società

Se sarò eletto/a, mi batterò per una politica comunale che tenga conto della famiglia e della sua composizione:
• In materia sociale, sportiva e culturale (trasporti, asili nido, mense e altri servizi comunali),
• In materia fiscale, per quanto di competenza del Comune.
Eletto/a, sapendo che il Comune è il primo luogo delle iniziative di coesione sociale e familiare:
• Cercherò di creare un ambiente favorevole alle famiglie,
• Orienterò in questo senso i progetti e i contributi del Comune,
• Favorirò la solidarietà tra le generazioni.
Eletto/a, deciderò e chiederò:
• Che sia nominato un assessore subito dopo le elezioni che si consacri specificamente alla messa in opera degli impegni di questa Carta,
• Che sia pubblicato ogni anno un rapporto sulla politica familiare del Comune.

Politica educativa: I genitori, primi e principali educatori dei loro figli
Eletto/a, opererò nel mio Comune e nell’esercizio delle mie funzioni per:
• Rispettare il ruolo dei genitori,
• Preservare i bambini e i ragazzi da qualunque iniziativa e sperimentazione ispirata all’ideologia di genere, diffusa con il pretesto della lotta contro gli stereotipi e dell’uguaglianza fra uomini e donne, in particolare nelle scuole materne, negli asili-nido e nelle attività extra-curricolari delle scuole.
Eletto/a, nominerò una persona per vigilare sui principi di questa Carta nei consigli di amministrazione delle scuole, asili, collegi e licei del Comune, per quanto di competenza comunale.
Eletto/a, utilizzerò tutti i miei poteri di polizia amministrativa per preservare i giovani dal traffico e consumo di droga e lottare contro la pornografia in tutte le sue forme.

Rappresentazione dei miei amministrati. La mia responsabilità politica nelle elezioni presidenziali e senatoriali
Eletto/a, m’impegnerò per le elezioni al Senato e darò al mio sostegno alle elezioni presidenziali ai candidati che s’impegneranno sul programma legislativo seguente:
• Abrogare la legge sul matrimonio e l’adozione per tutti, senza retroattività, per preservare e restaurare il rapporto padre-madre-bambino e favorire l’educazione dei figli da parte dei loro genitori,
• Rifiutare la commercializzazione dei corpi, in particolare rifiutando l’apertura della fecondazione assistita alle coppie di donne e ai celibi, e la legalizzazione dell’utero in affitto in qualunque caso,
• Con apposita legge permettere l’obiezione di coscienza nell’applicazione della legge sul matrimonio e l’adozione per tutti».

Come si vede, ci sono punti specificamente francesi. Ma il grande successo dell’iniziativa mostra come forme di «buona politica» per la famiglia possano battere strade diverse da quella della presentazione di liste e del negoziato con i partiti.
Chissà che l’iniziativa francese non possa ispirare qualcuno anche in Italia.