mercoledì 30 giugno 2021

L’ULTIMO HIGHLANDER

 Parola di Conte: “Non riesco a impegnarmi in un progetto nel quale non credo” ! Proprio lui che è passato dalla Lega al Pd senza battere ciglio.



“Faccio tutto per amore del Movimento, anche essere duro”, preambolo di una lunga lista di luoghi comuni tipo “ci vuole coraggio” e occorre “uno slancio innovatore” e ovviamente “trasparenza”. Poi banalità, tipo è un momento difficile, ci vuole una riforma che diminuisca la pressione fiscale sulle famiglie, occorre tagliare la burocrazia, modernizzare il paese, evitare che i benefici siano per la solita élite, con l’aggiunta di una dose di sentimentalismo immancabile per ringraziare Vito (Crimi). E l’ultima geniale intuizione: “non è sufficiente imbiancare una casa che ha bisogno di una profonda ristrutturazione”.  

Il prestanome arrivato al governo con un colpo di fortuna, il conciliatore, il super partes, lo psicoterapeuta della coppia Salvini Di Maio, il mediatore perfetto si è convinto di essere uno statista. Mentre Grillo, nel bene e purtroppo  soprattutto nel male, è stato anche geniale, Conte rimane un copiatore di bozze.

Ne resterà uno solo. E così sia!

lunedì 28 giugno 2021

LO DICE SAN PAOLO

 Che facciamo, continuiamo a far finta di niente, trattando san Paolo come il nonno rimbambito?

So che non sta bene citarlo. So che tra poco in Italia potrebbe essere un reato. Infatti lo cito adesso, sperando che valga ancora il principio di irretroattività dell'azione penale (Ma chi lo sa: se Zan può modificare l'art. 21 della costituzione, stabilendo che la manifestazione del pensiero è libera solo “purché non” e poi lo decide il giudice se potevi o non potevi manifestare il tuo pensiero, c'è caso che possa modificare anche l'articolo 25 ...). So che molti, anche in casa mia, vorrebbero far finta di niente, cambiare discorso e parlar d'altro, un po' come si fa quando un bambino o un demente dice qualcosa di sconveniente in società.

Caravaggio "Conversione di San Paolo" 1601
Roma, Basilica di Santa Maria del Popolo

Però san Paolo esiste, e nel primo capitolo della Lettera ai Romani, scrive questo:

«Io infatti non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede, del Giudeo, prima, come del Greco. In esso infatti si rivela la giustizia di Dio, da fede a fede, come sta scritto: Il giusto per fede vivrà. Infatti l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell'ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha manifestato a loro. Infatti le sue perfezioni invisibili, ossia la sua eterna potenza e divinità, vengono contemplate e comprese dalla creazione del mondo attraverso le opere da lui compiute. Essi dunque non hanno alcun motivo di scusa perché, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio, ma si sono perduti nei loro vani ragionamenti e la loro mente ottusa si è ottenebrata. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con un'immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; infatti, le loro femmine hanno cambiato i rapporti naturali in quelli contro natura. Similmente anche i maschi, lasciando il rapporto naturale con la femmina, si sono accesi di desiderio gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi maschi con maschi, ricevendo così in se stessi la retribuzione dovuta al loro traviamento. E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d'invidia, di omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo le commettono, ma anche approvano chi le fa.» (Rom 1, 16-32)

Non è colpa mia. Io non c'entro niente: non le ho scritte io queste parole, e anche la traduzione non è mia, ma è quella della CEI fatta nel 2008.

Dico solo: “Roma, abbiamo un problema”. Che facciamo, continuiamo a far finta di niente, trattando san Paolo come il nonno rimbambito, sulle cui scempiaggini si sorvola scuotendo la testa, ma che non si ha (ancora) il coraggio di mandare all'ospizio, perché ogni tanto dice ancora qualcosa di carino (per esempio “l'inno all'amore” di prima Corinti, che è così bello e sta così bene ai matrimoni, di qualunque tipo ...)? Si può fare, e di fatto lo si fa. Ma per questa via non si finirà per far finta che nella Sacra Scrittura non ci sia scritto niente, se non quel che piace al mondo oggi?

P.S. Qualcuno dirà che gli esegeti possono spiegare, contestualizzare, storicizzare, circoscrivere e in definitiva rettificare queste parole. Certo. Gli esegeti. Ma gli esegeti, a mettersi nelle loro mani, finiscono anche per segare il ramo su cui la chiesa sta. Credetemi, il problema resta. Ed è, precisamente, il caso serio di cui parlava tanti anni fa Hans Urs von Balthasar in un profetico libretto, che ogni tanto mi rileggo.

LEONARDO LUGARESI

venerdì 25 giugno 2021

LA FALSA COSCIENZA DEI “DIRITTI DEGLI ALTRI”


La Chiesa esiste “per il mondo”, cioè per la sua salvezza attraverso la consegna a Cristo, unico salvatore. Ciò che la chiesa chiede per sé, in primis la libertà, lo chiede per tutti. Sempre.


Simon Bening 1550 circa
Villagers on their way to  Church

Oggi lo fa richiamando al rispetto dei diritti che i Patti Lateranensi le garantiscono e che lo stato italiano, per norma costituzionale, non può modificare unilateralmente; e lo fa perché vi è costretta dalla stolta prepotenza di una vasta e variegata corrente politica che vuole imporre a tutti i costi al popolo italiano una legge liberticida e palesemente contraria alla costituzione repubblicana. Ma nel proteggere i suoi diritti, difende la libertà di tutti. Come sempre è stato nella storia: la libertas ecclesiae è il cuore di ogni altra libertà.

La prevedibile canea di questi giorni farà di tutto per occultare questa verità. Teniamola bene a mente almeno noi. Purtroppo al giorno d'oggi troppi cristiani si sentono in imbarazzo, per non dire che si vergognano, nel difendere i propri diritti. Si è infiltrata, nella coscienza ecclesiale, la falsa idea che sia “poco cristiano” lottare per la preservazione del proprio spazio di libertà, come se si trattasse di un atteggiamento “egoistico”. Questa falsa coscienza è probabilmente una delle cause della debole reazione dei cristiani ancora (relativamente) liberi in favore dei loro fratelli perseguitati. Ad alcuni, qui da noi, sembra infatti “più cristiano” darsi da fare per i diritti “degli altri”. Alla base di questo equivoco, c'è uno spaventoso deficit di autocoscienza: come se la chiesa e ogni singolo cristiano esistessero “per sé”. La chiesa, quindi anche ognuno di noi in quanto suo membro, esiste “per il mondo”, cioè per la sua salvezza attraverso la consegna a Cristo, unico salvatore. Ciò che la chiesa chiede per sé, in primis la libertà, lo chiede per tutti. Sempre.

LEONARDO LUGARESI

CONFESSIONE ARCOBALENO

BY BERLICCHE

 

Il Vaticano ha mandato una nota diplomatica all’Italia sul fatto che l’approvando ddl Zan sarebbe in conflitto con il Concordato, legge italiana, in più punti. Subito alte grida si sono alzate da parte di coloro che sostengono che la dottrina gender non esista ma che uno non possa comunque negarla.


Il punto che alcuni non comprendono dell’opposizione vaticana al dll Zan è che sì, l’Italia è uno stato laico, ma laico non significa anticattolico. Non significa “chi si oppone al gender va messo fuorilegge“. Non vuol dire “diamo soldi a pioggia a chi propaganda questa cosa“, senza discussione, come vorrebbe chi propaganda questa cosa e ha fatto la legge (perché il punto è quello, soldi e potere, non pensate diversamente).

Queste non sono idee automaticamente laiche. Sono idee, che possono essere giuste o sbagliate; ma che si vorrebbero indiscutibili, intoccabili, vere per definizione. Si vorrebbe che chi vi si oppone, per qualsiasi motivo, sia punito: multato, incarcerato, privato di lavoro e dignità. Chi non si inginocchia davanti al nuovo idolo multicolore venga cacciato, chi non sventola il vessillo policromo segregato. Io sono laico, e cristiano; questo sembra inaccettabile a chi venera non un Dio ma una opinione umana. Non dovrei avere un’opinione, non ne avrei il diritto, a meno che non sia uguale alla loro.

In definitiva, c’è qualcuno che sostiene che essere laico coincida con quello che pensa lui. Un nuovo dogma, o forse non così nuovo. Ma sono le religioni, tuttalpiù, che hanno dogmi, si presume dettati da qualcuno che non è un uomo.

Se accettiamo il dogma che questi sacerdoti del sesso, pardon, gender, ci vogliono imporre, siamo ancora in uno stato laico? O piuttosto in uno stato confessionale, di confessione arcobaleno?

https://berlicche.wordpress.com/2021/06/23/confessione-arcobaleno/

 

 

giovedì 24 giugno 2021

MA NON È UNA BATTAGLIA OMOFOBA

di LUCETTA SCARAFFIA

Quella che da molti viene definita un'inedita e pericolosa ingerenza vaticana nella politica italiana, e quindi una pressione confessionale e oscurantista contro un progresso del nostro paese in tema di libertà, è invece ben altro. E non bisogna paragonare questo passo diplomatico alle battaglie combattute dalla chiesa contro il divorzio e contro l’aborto.

Si tratta infatti di una battaglia nuova: per la libertà di pensiero e di parola di chi non vuole nelle sue scuole una giornata contro l’omofobia né rinunciare a dire cosa pensa dell’ideologia molto controversa del gender.

 


Una battaglia che non è – come vorrebbero i suoi detrattori – istigazione all’odio contro gli omosessuali, o i transgender o quanti vogliono essere classificati come fluidi, ma solo libertà di dire che gli esseri umani, tranne una minoranza esigua, nascono o donne o uomini.

 

Dire questo non significa ovviamente che non si possa poi scegliere il comportamento sessuale, anche in opposizione all’appartenenza biologica. Significa solo poter affermare una verità che è sotto gli occhi di tutti, sostenuta anche da laici e da una parte delle femministe. Significa dire che i desideri trovano un limite nella realtà, e dobbiamo tenerne conto se non vogliamo entrare in una confusione pericolosa e sterile. Questa posizione ferma e chiara ha stupito molti, tanto che si è addirittura sospettata una manovra della curia contro il papa, ritenuto moderno e aperto.

 

Chi oggi osa un atteggiamento critico contro l’opinione dominante viene subito etichettato come reazionario, ottuso e nemico di chi vuole concedere tutto a tutti. Ma anche se questo fosse possibile, dobbiamo ricordare che libertà significa non solo fare ciò che ci pare, ma anche pensare e accettare confronti con gli altri. Compreso chi pensa che gli esseri umani sono donne e uomini, e non giudica necessaria una giornata contro l’omofobia perché il rispetto si dimostra accettando e ascoltando chi pensa in modo diverso da noi.

 

La Santa Sede, con la sua nota, difende la libertà fondamentale: quella di pensiero. Se manca questa – come ha insegnato Hanna Arendt – si cade nel fanatismo, si accetta la dittatura, si è portati a obbedire a ordini sbagliati. Non vorremmo che questa legge fosse un preludio a un mondo dove tutti sono liberi di fare ciò che vogliono, ma sono obbligati a pensare le stesse cose: quelle definite buone e giuste da un gruppo al potere.


tratto da il resto del carlino

mercoledì 23 giugno 2021

OMOFOBO E’ IL NUOVO FASCISTA

IL NUOVO MARCHIO D’INFAMIA PER CHI VUOLE RESTARE LIBERO

Da un articolo di Alfredo Mantovano Tempi 15 giugno 2021 

(…) A pandemia non ancora superata, con la devastazione economica a essa seguita, il leader di un importante partito italiano individua quale “priorità” l’approvazione del ddl Zan: perché lo stigma dell’omofobia da mediatico-culturale, sia tradotto in sanzioni penali; e perché in tal modo passi dal mito della discriminazione omotransfobica alla realtà della discriminazione di chi ritiene che la famiglia sia un dato di natura.


L’omofobia è il marchio di infamia per condurre oggi all’esilio sociale, domani agli arresti, chi non si omologa al verbo dei talk show, delle emergenze che non esistono, degli esperimenti di disaggregazione di quel poco che mantiene un profilo strutturato. Nella metà degli anni Settanta, l’indimenticato Augusto Del Noce enucleava la categoria del “mito del fascismo”. Egli distingueva tra il fascismo storico e quello demonologico: il primo, allora un po’ più di oggi, contava su nulla più di un gruppo di nostalgici; il secondo costituiva un’arma di esclusione, poiché sovrapponeva alle persone l’etichetta di fascismo, e con questo le estrometteva da ogni ambito di confronto, di discussione, di semplice ascolto. Arbitro ultimo di chi meritasse o meno quella qualifica esiliante era il Partito comunista, o chi, nei vari ambiti, si esprimeva per conto di quell’area politica.

Quarant’anni dopo “omofobo” sostituisce “fascista”, e titolato ad adoperarlo nei confronti del nemico è il mainstream anni 2020, meno strutturato dell’antico Pci: una galassia che conosce punti di forza nelle redazioni dei media più diffusi, e individua nella giurisdizione lo strumento attraverso cui stroncare, se necessario col carcere, non già chi in qualsiasi modo offende una persona perché omo o transessuale, bensì chi esprime riserve e perplessità per i cosiddetti nuovi diritti. Il pensiero debole, che ruota attorno alla fluidità del gender, ha necessità di sanzioni forti, con le quali impedire il dissenso, pur se civile e ragionato.

È una pesante cappa su un corpo sociale che non cessa di soffrire le ferite della pandemia. Così pesante che in occasione della Festa dei lavoratori il tema dominante, invece delle morti bianche o della tragica dilatazione della disoccupazione, è stata l’intimazione ad approvare il ddl Zan il prima possibile!

L’incantesimo si rompe se si apre la finestra e si guarda alla realtà, mettendo da parte i consiglieri fraudolenti. Per svegliare il debole Theoden e ricordargli la sua missione di re non serve tentare la mediazione con Saruman, che non ha nessuna intenzione di venire a patti: è sufficiente smascherare la schiera dei Vermilinguo oggi presenti ovunque; raccontare che col testo Zan la posta in gioco è la libertà, di formazione, di istruzione, scientifica e di opinione; è convincersi che va fatto adesso e senza complessi.

il link al testo completo

https://www.tempi.it/omofobia-fascismo-ddl-zan-il-pensiero-debole-ci-va-giu-pesante/

 

martedì 22 giugno 2021

IL CUORE DEL PROBLEMA: LA LIBERTAS ECCLESIAE

SE LA LIBERTÀ È A RISCHIO, LA CHIESA INTERVIENE

«La grande lezione del cristianesimo primitivo è stata la libertà di coscienza»: così John Acton condensava l’esperienza delle prime comunità cristiane che, loro malgrado, furono perseguitate proprio perché non accettarono passivamente la sottomissione ai dettami spirituali e morali dell’impero romano il quale pretendeva di controllarne le coscienze o vietandone il culto o pretendendo che esso fosse inserito all’interno del panteismo imperiale.



La storia della Chiesa, dunque, nasce come spazio di rivendicazione della libertà di coscienza contro l’imperialismo morale dello Stato che non si accontenta di governare le azioni dei sudditi, dei cittadini, dei consociati, ma pretende di modellarne le idee, di forgiarne le menti, di plasmarne le coscienze.

In fondo, la tragica storia del XX secolo costituisce il più fulgido esempio in questo senso, cioè non soltanto chiarendo come ad una massiccia de-cristianizzazione della civiltà occidentale conseguono inevitabilmente regimi di inumana ferocia, ma per di più che proprio espungendo l’energia cristiana dalla società lo Stato si auto-idolatra, trovando nel pensiero razziale o in quello classista, (e oggi in quello genderista) il veicolo preferenziale per degenerare in tirannia.

Alla Chiesa cattolica il ddl Zan non piace proprio per niente e per farlo capire senza giri di parole al governo italiano, il Vaticano ha adottato per la prima volta lo strumento più potente che ha a disposizione: il Concordato

Il 17 giugno monsignor Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri” della Santa Sede, ha consegnato all’ambasciata italiana presso il Vaticano una “nota verbale”, cioè «nel lessico della diplomazia, una comunicazione formale preparata in terza persona e non firmata».

«Il ddl Zan viola il Concordato»

Il documento sottolinea che il ddl Zan sul contrasto all’omotransfobia, approvato alla Camera il 4 novembre e attualmente in discussione in commissione Giustizia al Senato, viola il Concordato. Secondo il Corriere, «si tratta di un atto senza precedenti nella storia del rapporto tra i due Stati, destinato a sollevare polemiche e interrogativi. Mai, infatti, la Chiesa era intervenuta nell’iter di approvazione di una legge italiana, esercitando le facoltà previste dai Patti Lateranensi (e dalle loro successive modificazioni, come in questo caso)».

In particolare, la nota verbale sottolinea che alcuni punti del ddl Zan «riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato» del 1984. Sono i commi che assicurano alla Chiesa «libertà di organizzazione, di pubblico esercizio di culto, di esercizio del magistero e del ministero episcopale» (comma 1); e garantiscono «ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione» (comma 2).

Libertà di pensiero, scuole a rischio

Sotto accusa c’è l’articolo 7 del ddl Zan, che metterebbe in discussione la “libertà di organizzazione” perché, scrive il Corriere, «non esenterebbe le scuole private dall’organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia». Ritenuto inaccettabile anche il famigerato articolo 4, quello che in teoria dovrebbe garantire la libertà di espressione, ma che di fatto affida a un giudice il delicato compito di decidere se le opinioni espresse dai cittadini italiani possono incitare «al compimento di atti discriminatori e violenti». In questo caso, sarebbero punite anche con il carcere. L’articolo 4, secondo il Vaticano, compromette «la libertà di pensiero» dei cattolici. La Santa Sede ha chiesto dunque al governo italiano di «accogliere le nostre preoccupazioni». E ora che cosa succede? In teoria, come stabilisce l’articolo 14 del Concordato, potrebbe essere attivata la commissione paritetica.

Non era mai accaduto prima

Anche il Corriere nota il «salto di qualità» delle critiche della Chiesa, che in precedenza erano state espresse in maniera più morbida dalla Cei. «Ma mai si era attivata la diplomazia. Mai lo Stato Vaticano era andato a bussare alla porta dello Stato Italiano chiedendo conto, direttamente, di una legge».

Cosa farà ora il governo, soprattutto il premier Mario Draghi, cui la lettera è stata recapitata settimana scorsa, per evitare il clamoroso incidente diplomatico?

Nel frattempo, non ci si può che felicitare dell’iniziativa forte del Vaticano dal momento che il ddl Zan, come abbiamo più volte scritto, è una norma liberticida che con la scusa di combattere la discriminazione introduce nell’ordinamento italiano il riconoscimento dell’identità di genere, restringendo la libertà di espressione e introducendo a forza l’ideologia gender nelle scuole.

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Come Redazione del Crocevia vogliamo ricordare che il crocevia è nato proprio in nome della LIBERTAS ECCLESIAE  COME RIPORTA LA NOTA NELLA HOME PAGE DEL BLOG

LA LIBERTAS ECCLESIAE

"E' fondamentale che l'intera comunità cattolica negli Stati Uniti riesca a comprendere le gravi minacce alla testimonianza morale pubblica della Chiesa che presenta un secolarismo radicale, che trova sempre più espressione nelle sfere politiche e culturali. La gravità di tali minacce deve essere compresa con
chiarezza a ogni livello della vita ecclesiale. Particolarmente preoccupanti sono certi tentativi fatti per limitare la libertà più apprezzata in America, la libertà di religione.
Molti di voi hanno sottolineato che sono stati compiuti sforzi concertati per negare il diritto di obiezione di coscienza degli individui e delle istituzioni cattolici per quanto riguarda la cooperazione a pratiche intrinsecamente cattive.
Altri mi hanno parlato di una preoccupante tendenza a ridurre la libertà di religione a una mera libertà di culto, senza garanzie per il rispetto della libertà di coscienza"

BENEDETTO XVI
: discorso ai Vescovi degli Stati Uniti in visita ad limina, Roma 19 gennaio 2012

CHI È ROBERT SCHUMAN, PADRE DELL'EUROPA UNITA: ECCO PERCHÉ È VENERABILE

 Nel caso vi fosse sfuggito, uno dei padri dell'Europa, Robert Schuman, è stato dichiarato dal papa "venerabile": è un passo importante verso la santificazione. Come ci siam sempre ricordati, tra alcuni amici, la ricostruzione dell'Europa - dopo l'immane apocalissi della Guerra mondiale - fu fatta principalmente da tre cristiani: Schuman, Adenauer e De Gasperi.

Schumann fra Adenauer e De Gasperi

Robert Schuman, con Alcide De Gasperi e Konrad Adenauer, viene considerato uno dei padri della Comunità Europa, che oggi si chiama Unione Europea e raggruppa 27 nazioni del Continente. Sabato, con l’autorizzazione alla pubblicazione del decreto che ne riconosce le virtù eroiche, il politico francese diventa venerabile della Chiesa cattolica. Il suo nome resta legato alla costituzione della Comunità europea, che Schuman immaginò proprio a partire dalla drammatica esperienza della Seconda guerra mondiale che aveva causato morti e distruzione nel Vecchio Continente.

«La scelta di impegnarsi in ambito politico, fu da lui considerata come obbedienza alla volontà di Dio – si legge nella breve biografia preparata dalla Congregazione delle cause dei santi –. La fede nutrì e sostenne il suo impegno a lavorare per un’Europa unita e riconciliata». Dunque una unità che doveva passare necessariamente dalla riconciliazione tra i popoli che fino a poco prima si erano aspramente combattuti. Ecco che lui francese, assieme all’italiano De Gasperi e al tedesco Adenauer, fece diventare realtà un sogno profetico: vivere in un continente pacifico. «Uomo di governo al servizio di uno Stato laico – dice ancora la biografia nel sito del dicastero vaticano –, Schuman rispettava pienamente la laicità dello Stato, ma non acconsentì mai ad agire contro coscienza, formata all’obbedienza dei comandamenti di Dio e delle leggi della Chiesa». (Red Cath)

Quando la Chiesa propone un cristiano, laico o consacrato, all’esempio di tutta la Chiesa non lo addita come un "super-uomo", ma lo indica come persona "che ha vissuto nella porta accanto" praticando nella quotidianità l’integralità del Vangelo. La Chiesa non reclama per sé dei santi, ma annuncia la sola santità, quella di Dio, che si manifesta attraverso persone che ci offre perché possiamo seguire il loro esempio di vita.

Robert Schuman (1866-1963) è un politico francese nato a Lussemburgo, ma che è vissuto a Metz, capoluogo della Mosella (Francia). Fin dalla sua infanzia e adolescenza risentì dell’influenza della profonda pietà religiosa della madre. Crebbe immerso in due culture: quella francese e quella tedesca. Frequentò gli studi universitari di giurisprudenza a Bonn, Monaco, Berlino e Strasburgo, dove intrecciò una profonda intesa con gli universitari cattolici dell’Unitas.

La sua vita spirituale è stata espressione di una profonda fede animata da uno spirito evangelico, nutrito della Parola di Dio, dall’Eucaristia a cui partecipava quotidianamente, da un virile fervore verso la Vergine. Un giorno confiderà a un monaco: «Sono un bambino nella preghiera».

Nei suoi scritti, troviamo spesso queste espressioni: «Mi abbandono a Te, Signore». Affidandosi a Dio, ma non sottomettendosi, Schuman vede nella politica un cammino preparatogli da Dio presente nella storia e a lui non resta che ascoltarlo. La politica è un servizio verso gli altri ed egli ne farà un cammino di santità. Anche nel nostro tempo inerte e indifferente la santità è ormai la sola politica valida che, per essere praticata, deve conservare la purezza del lampo.

«Tutto per il Signore»: il politico Schuman non nutre ambizioni personali, s’impegna nel servizio politico su insistenza degli altri ed ha una sola idea: aver cura degli altri.

A Metz, dove aprirà il suo studio di avvocato, si fa notare per la sua sapienza a vagliare la concretezza quotidiana; non mente, non dissimula, è un uomo mite, dedito all’assistenza di minorenni in stato di disagio. Non sfugge alle attenzioni pastorali del suo vescovo che lo nomina presidente della Gioventù Cattolica. (…)

Come ministro degli Esteri il 9 maggio 1950 lancerà l’idea di una Comunità Europea, che non è solo un progetto politico, una strategia, ma un bene prezioso, un contributo per corroborare le diversità, per valorizzarle nell’unità intesa come appartenenza ad un’identità più grande: l’universalità. È un valore che permette oggi di vivere il rapporto con gli altri nella solidarietà, un umanesimo che condanna gli egoismi localistici, la depredazione delle altrui culture, i genocidi compiuti in nome di ideologie aberranti, le innominabili condizioni di lavoro.

Sa bene Schuman che la pace è frutto della riconciliazione. Non esita, lui, cittadino di un paese vincitore, a tendere la mano al nemico vinto e a chiedergli perdono.

Sono tre le idee basilari dell’idea «Europa» espressa da Schuman.

«L’Europa deve darsi un’anima». Le istituzioni europee sarebbero «un corpo senza anima» se non fossero animate dallo spirito europeo, uno spirito di fraternità fondato sulla concezione della democrazia, di natura essenzialmente cristiana, e su «la verità costruita secondo giustizia, vivificata e integrata nella carità, posta in alto dalla libertà». ("Pacem in terris")

«L’integrazione politica deve essere il completamento necessario all’integrazione economica». L’integrazione economica rappresentava nel 1950 solo il primo passo a cui ne sono seguiti altri. Il processo verso l’unità politica continua, soprattutto in questi giorni in cui la pandemia ha messo ancor più in evidenza che dipendiamo gli uni dagli altri.

«L’Europa unita prefigura la solidarietà universale dell’avvenire». Negli ultimi giorni della sua vita terrena, Schuman scrisse: «Ci avviamo verso una concezione del mondo dove si delineeranno sempre di più la visione e la ricerca di ciò che unisce le nazioni, di ciò che esse hanno in comune e dove si potrà conciliare ciò che le distingue o le oppone». Lo scrisse nel 1963.

Robert Schuman non ha predetto l’oggi che viviamo, ma l’ha preparato. È stato il profeta dell’Europa che ha ricevuto da Dio la capacità di scrutare la storia e di interpretare gli avvenimenti. Ai cristiani e agli uomini che Dio ama spetta il compito di rimanere saldi, fermi nell’attesa, certi che l’Europa sognata dal venerabile Robert Schuman si realizzerà.

Edoardo Zin domenica 20 giugno 2021 AVVENIRE

 

ESSERE COME TUTTI

MATTIA FELTRI

Se fossi un calciatore della Nazionale, domenica probabilmente non mi sarei inginocchiato e ora passerei un sacco di guai. Dico probabilmente perché forse avrei ceduto alla viltà e per risparmiarmeli, i guai, mi sarei inginocchiato come i più.

Infatti i nostri rimasti in piedi devono ora rispondere dell'accusa di razzismo perché se ti inginocchi a mimare l’assassinio di George Floyd  sei buono e antirazzista, ma se non lo fai sei razzista e cattivo.

Come tutte le cose che non costano niente, inginocchiarsi non fa danno, specialmente a sé: è una facilissima autodichiarazione di irreprensibilità. Questo umiliante manicheismo di stampo liceale - ma senza lo slancio genuino dei quindicenni - nella vita interconnessa è diventato particolarmente invasívo e ricattatorio, ma è una via di fuga antica.

In un suo bel libro (Il desiderio di essere come tutti), Francesco Piccolo raccontava della mania degli appelli: vuoi firmare un appello contro i bambini che muoiono in mare? Vuoi firmare un appello contro la violenza sulle donne? Vuoi firmare un appello contro la guerra e a favore della pace? Ne segue sempre uno scialo d’inchiostro, perché è molto brutto che i bambini muoiano in mare, o le donne siano violentate, o addirittura che la pace non abbia ancora trionfato, e se non firmi è perché sei fascista.

Un gesto, una firma, un click, è quanto basta per mettersi a posto la coscienza e schierarsi dalla parte giusta del mondo, e per puntare il dito con l’infallibilítà di un mirino sulla parte cattiva. Senza nemmeno doversi alzare dal divano.

 E questo mi sembra puro fascismo all'italiana.

tratto da La Stampa

giovedì 17 giugno 2021

DARE LA COMUNIONE A BIDEN: IL VERO PRINCIPIO NON NEGOZIABILE

 Inizia il 16 giugno  l’incontro dei vescovi statunitensi per decidere una linea comune sull'Eucarestia ai politici pro-aborto, ma secondo il New York Times il Vaticano avrebbe già deciso la partita. Spadaro e il NYT forniscono “motivazioni” politiche rispetto a una questione che riguarda il cuore della fede. E che è ben definita sia dal diritto canonico che dalla nota di Ratzinger del 2004: l’Eucaristia va negata a chi è in peccato grave e manifesto.

Jason Horowitz ha sentenziato dalle nobili colonne del New York Times (vedi qui) che il Vaticano ha già deciso la partita sulla Comunione ai politici che sostengono una legislazione favorevole all’aborto. Non c’è peccato che escluda dal ricevere l’Eucaristia: Francesco docet. L’argumentum ab auctoritate si trova nelle parole dell’Angelus pronunciate dal pontefice lo 6 scorso giugno: «Quando riceviamo l’Eucaristia, Gesù [...] ci conosce, sa che siamo peccatori, sa che sbagliamo tanto, ma non rinuncia a unire la sua vita alla nostra. Sa che ne abbiamo bisogno, perché l’Eucaristia non è il premio dei santi, no, è il Pane dei peccatori. Per questo ci esorta: “Non abbiate paura! Prendete e mangiate”». Aver rinfrescato la memoria nel giorno del Corpus Domini, proprio alle porte del dibattito interno alla Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, per Horowitz è stato particolarmente “provvidenziale”.

Riporta il quotidiano americano: «Il Vaticano ha ammonito i vescovi americani conservatori di frenare la loro pressione per negare la comunione ai politici che sostengono il diritto all’aborto, compreso il presidente Biden, fedele praticante e primo cattolico romano ad occupare lo Studio Ovale negli ultimi 60 anni». Eppure, aggiunge il NYT, “nonostante il segnale di stop decisamente pubblico proveniente da Roma, i vescovi americani stanno andando avanti comunque e si attende che forzeranno il dibattito sulla comunione all’incontro svolto da remoto che si terrà oggi.”

Oltre alla discutibile, ma pur sempre generica, esternazione di papa Francesco, gli altri autorevoli segnali sono giunti da Antonio Spadaro e dal cardinale Luis Ladaria. Quest’ultimo, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva mandato un messaggio in una lettera datata 7 maggio 2021, nella quale si limitava a dare indicazioni procedurali ai vescovi statunitensi (vedi qui) e sbandava, distanziandosi clamorosamente dalla linea indicata chiaramente da Ratzinger/Benedetto XVI, sulla peculiarità dei principi non negoziabili (vedi qui).

Spadaro invece ha imboccato il mondo giornalistico: «La preoccupazione in Vaticano è che non si usi l’ammissione all’Eucaristia come arma politica». Il New York Times ne prende subito la scia e traccia la cornice in cui dovrà essere editorialmente inquadrata: «Alcuni vescovi di primo piano, le cui priorità sono chiaramente schierate con il precedente presidente Donald J. Trump, ora vogliono ribadire la centralità dell’opposizione all’aborto nella fede cattolica e adottare una linea dura». La dignità dell’Eucaristia? La necessità di non dare scandalo ai fedeli? Un mero pretesto. Questi vescovi conservatori sarebbero in realtà talmente pro-Trump da non frenare nemmeno di fronte al rischio di «frantumare la facciata dell’unità con Roma, sottolineare la polarizzazione politica all’interno della chiesa americana e configurare ciò che gli storici della Chiesa considerano un pericoloso precedente per le conferenze episcopali nel mondo». Niente male: perché l’ammissione all’Eucaristia non diventi una questione politica, si danno “motivazioni” di matrice esclusivamente politica.

Il Corriere della Sera decide invece di avventurarsi sui sentieri di ordine sacramentale e canonico, liquidando sbrigativamente il canone 915 come una «formulazione [...] abbastanza elastica da consentire interpretazioni differenti nel corso del tempo». In verità a Gian Guido Vecchi sfugge che il canone è piuttosto preciso, perché definisce con estrema chiarezza le categorie di persone che non possono essere ammesse alla Comunione: tutti coloro che sono soggetti a censure ferendae sententiae e latae sententiae di scomunica o interdizione; e quanti «ostinatamente perseverano in peccato grave e manifesto» (can. 915). Due aggettivi e un avverbio che dicono tutto.

Se può non risultare immediatamente chiaro che un politico che favorisce l’aborto mediante la legislazione ricada nella categoria colpita dalla scomunica latae sententiae prevista dal can. 1398, nessun dubbio invece che rientri in coloro che si trovano in una situazione di peccato grave e manifesto.

Costoro devono perciò essere richiamati e corretti, come spiegava l’allora prefetto della CDF, il cardinale Joseph Ratzingernella nota trasmessa al cardinale Theodore E. McCarrick e all’arcivescovo Wilton Gregory, all’epoca rispettivamente arcivescovo di Washington e presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, nel giugno 2004:

«Riguardo al peccato grave dell’aborto o dell’eutanasia, quando la formale cooperazione di una persona diventa manifesta (da intendersi, nel caso di un politico cattolico, come il suo far sistematica campagna e il votare per leggi permissive sull’aborto e l’eutanasia), il suo pastore dovrebbe incontrarlo, istruirlo sull’insegnamento della Chiesa, informarlo che non si deve presentare per la Santa Comunione fino a che non avrà posto termine all’oggettiva situazione di peccato, e avvertirlo che altrimenti gli sarà negata l’Eucaristia». Se la persona richiamata persevera nel proprio comportamento pubblico e «si presentasse comunque a ricevere la Santa Eucaristia, “il ministro della Santa Comunione deve rifiutare di distribuirla” (cfr. la dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, “Santa comunione e cattolici divorziati e risposati civilmente”, 2000, nn. 3-4)».

Indicazioni chiare e precise, che però, secondo Gian Guido Vecchi, siccome «il magistero della Chiesa cambia e si evolve nel tempo», sarebbero state soppiantate dalla “profonda articolazione teologica e canonica” di esternazioni del tipo: «Chi sono? Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato»; o da affermazioni “inclusive” come quella di Amoris Laetitia: «Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale».

Tratto da la nuova bussola 

 

martedì 15 giugno 2021

I MOVIMENTI CARISMATICI E LA PERSONALITA' ECCLESIALE. A PROPOSITO DEL DECRETO PONTIFICIO

Leonardo Lugaresi è intervenuto con due post sul tema del Decreto Pontificio che disciplina il governo delle Associazioni e di movimenti cattolici.


Nel primo post affronta il tema dei movimenti “carismatici”

https://leonardolugaresi.wordpress.com/2021/06/12/papa-francesco-e-i-movimenti-qualche-spunto-di-riflessione-sul-problema-della-personalita-ecclesiale-1/

Nel secondo svolge il tema della “Personalità Carismatica” dei Fondatori.

Questo secondo post è diviso in tre punti. Dopo aver analizzato le ragioni del documento, riconosce la necessità ai fini di una regolamentazione del governo delle associazioni e dei movimenti, perché sono  state riscontrabili deviazioni e storture che necessitavano di un intervento definitivo. In un primo punto analizza il caso del fondatore dei Legionari di Cristo, una vicenda di “perversione diabolica”, in un secondo punto, ma su un altro piano, meno tenebroso, ma inquietante, il caso del fondatore della comunità di Bose, nella quale la personalità del fondatore da elemento generativo del movimento si è trasformata in fattore divisivo e ostativo alla continuazione della sua vita.

La terza parte affronta con precisione e acutezza le difficoltà che nascono in rapporto alla definizione del ruolo, dei compiti e della natura dei suoi successori.

Ecco il testo completo di questa ultima parte.

 

(…) “Una terza situazione, del tutto diversa ma pur sempre problematica, è quella in cui anche quando la personalità del fondatore continua invece a stagliarsi nitida e pura nella luce di una santità che il tempo, lungi dall'offuscare, rende anzi sempre più splendida e avvincente (come è ad esempio il caso del Servo di Dio Luigi Giussani, e siano rese grazie a Dio per questo!), le difficoltà nascono in rapporto alla definizione del ruolo, dei compiti e della natura dei suoi successori. In questo caso, quando il padre se ne va, è la casa che non sembra più quella. Ed è di nuovo un problema che ha a che fare con la personalità.

Ma di che cosa stiamo parlando, in definitiva? Che cos'è questo problema della personalità nella chiesa a cui sto ripetutamente alludendo? Provo a metterlo a fuoco per come ne sono capace, alla buona e in termini molto elementari, grato sin d'ora a chi volesse aiutarmi a capire meglio, e magari a integrare e correggere il mio approccio forse troppo ingenuo.

Penso che si possa dire che nel cristianesimo si dà, essenzialmente, una tensione polare tra due principi, o due dimensioni, che sempre coesistono: quello dell'universalità e quello della personalità (che si connette geneticamente al mistero dell'elezione). Dio infatti ama tutti gli uomini, senza eccezione, e dunque a tutti si rivela non lasciando alcuno nell'impossibilità di avere una qualche conoscenza di Lui. Tuttavia, se per una parte la Sua autorivelazione è universale, in forma cosmica (cfr. Romani 1, 19-20), essa per lo più si compie in forma storica e particolare, attraverso il mistero dell'elezione. Dio, che avrebbe potuto rivelarsi universalmente a tutti gli uomini in eguale misura, facendo udire a tutti la sua voce e mostrando a tutti gli stessi segni della propria azione nel mondo, ha invece imperscrutabilmente voluto rivelarsi scegliendo. (Il che significa, in modo urticante per noi adepti della moderna ideologia delle pari opportunità, “discriminando” alcuni eletti da tutti gli altri). C'è una krisis divina, che sceglie Abramo, a preferenza di tutti gli altri uomini; e poi la sua discendenza, a preferenza di tutte le altre genti; e anche dentro il suo popolo, continuamente elegge persone (come i profeti) per ravvivare, correggere, incrementare la fede del popolo eletto nella Sua rivelazione. Dio procede sempre così, fino alla scelta suprema di Maria come madre del suo Figlio incarnato, il quale a sua volta sceglie pochi uomini, dodici, e solo a loro “spiega ogni cosa” (cfr. Mc 4, 34), per mandarli infine ad essere suoi testimoni «fino ai confini della terra» (Atti 1, 8).

Ora, scegliere persone, per farne il “veicolo” della propria rappresentazione nel mondo a beneficio di tutti gli altri, significa necessariamente anche scegliere delle personalità. E la personalità, per definizione, è sempre particolare. Essa non attinge mai alla totalità, in quanto può esprimere e corrispondere solo ad alcuni aspetti dell'intera realtà umana, e non ad altri. Di conseguenza, ogni personalità è facilitata ad incontrare, comprendere e valorizzare certi aspetti dell'umano, mentre risulta meno idonea, o addirittura inabile ad entrare in rapporto con altri. Sta qui la faglia, se così posso dire, in cui si scarica la tensione polare di cui sopra. Come questa tensione si risolva nella persona di Gesù Cristo, che è vero uomo (cioè una persona particolare) e vero Dio (cioè la totalità dell'essere), è il più vertiginoso dei misteri. Giustamente Romano Guardini, che ha scritto un prezioso libro sul La realtà umana del Signore. Saggio sulla psicologia di Gesù, avverte che «la categoria della “personalità” non gli si addice» perché «l'esistenza di Gesù non ha una sua “figura” che possa essere indicata e circoscritta umanamente. [...] La realtà di Gesù [...] non si restringe a nessuna forma particolare di questa esistenza, ma è in grado di appellarsi a tutte, di penetrare in tutte e di trasformarle tutte». Ma ciò che vale per Gesù, non vale più per nessuno dei suoi discepoli: ciascuno dei suoi, per quanto seriamente si sforzi di “imitare Cristo” e di farlo vivere in se stesso, ha e mantiene una sua personalità, quindi anche una propria struttura etica e psicologica che sarà, inevitabilmente, attrattiva e facilitante all'incontro per alcuni e, al contrario, per altri repulsiva e ostacolante (fino al limite della tentazione di scandalo in casi estremi).

La storia della chiesa assume pienamente questo dato di realtà e lo valorizza nella concezione dei carismi come doni particolari dello Spirito che si incarnano appunto in personalità carismatiche. Don Giussani, a questo proposito, ha svolto considerazioni illuminanti analizzando con molta finezza il rapporto


tra carisma temperamento. «Il cristiano» - egli osserva in Perché la Chiesa. Volume terzo del PerCorso - «diventa e rimane tale, cioè strumento del divino, mantenendo il proprio temperamento particolare. [...] la comunicazione di Dio è incarnata nel temperamento dell'uomo. Esso costituisce una “condizione” che Dio accetta e trasforma in “strumento” del suo disegno. [...] L'unità della Chiesa, la sua forza propulsiva verso tutti gli uomini, la sua interna necessità di essere il più efficace possibile nel portare un messaggio unico e irripetibile all'umanità sono servite da temperamenti diversi, addirittura da progetti fenomenicamente opposti [...] Tutto questo non può essere né obiezione né motivo di adesione al messaggio: non ci si può attardare né sul fascino delle grandi personalità, né sui loro limiti. Si aderisce o si rifiuta qualcosa per il suo contenuto, per la sua verità [...]». Il punto è molto delicato, perché come Giussani chiarisce altrove, il temperamento «è parte di un carisma» perché un carisma «è definito anche dalla capacità di persuasività con cui il modo di percepire e di presentare il fatto cristiano è dato», ma occorre una «responsabilità verso il proprio temperamento» per evitare che esso prevalga sul dono dello Spirito di cui deve rimanere umile strumento.

Se quella della personalità carismatica è, come sopra si è suggerito, la faglia in cui si scarica la tensione tra i due poli della totalità della rivelazione divina e della particolarità della persona eletta a trasmetterne l'annuncio, non stupisce che vi siano in essa movimenti sismici anche violenti e rovinosi.

Forse – ma è solo un'ipotesi che azzardo – la terribile prova che stiamo attraversando con la crisi dei carismi di cui sopra è un salutare scossone che serve alla chiesa per purificare e rettificare la propria consapevolezza di quel dono.

Questo mi parrebbe un buon punto da cui meditare su tutta la dolorosa vicenda.

https://leonardolugaresi.wordpress.com/2021/06/14/la-personalita-come-risorsa-e-come-problema-della-chiesa-papa-francesco-e-i-movimenti-2/