venerdì 30 settembre 2022

DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE NEL MOTTO "DIO, PATRIA, FAMIGLIA" VEDONO UN RIGURGITO FASCISTA.


Rodolfo Casadei

Il tormentone non finirà con la campagna elettorale. Lo si capisce dai primi dibattiti post-elettorali: il motto “Dio, patria, famiglia” continuerà ad essere rinfacciato a Giorgia Meloni e verosimilmente al prossimo esecutivo italiano che avrà la fiducia del suo partito come la prova di una continuità ideale col fascismo e di una palese volontà reazionaria.

E' successo anche lunedì sera a Quarta Repubblica, la trasmissione televisiva di Nicola Porro, dove Valentina Furlanetto (Il Sole 24 Ore e Radio24) ha di nuovo sottolineato che il credo della leader di Fratelli d’Italia è in realtà uno slogan del passato regime fascista. A poco è servito che un solitamente mite Alessandro Campi si inalberasse e le ricordasse che in realtà il motto è mazziniano, dunque risorgimentale. La giornalista della stampa finanziaria non ha affatto battuto in ritirata, e ha rilanciato affermando che dei tre termini quello più problematico è “Dio”, che non dovrebbe avere nulla a che fare con la politica, che dovrebbe restare una questione privata, perché «non siamo in una repubblica islamica».

A sentire questa cosa cadono le braccia non solo a Campi (ex consigliere di Gianfranco Fini), ma anche a Federico Rampini, che in collegamento dagli Usa ha testimoniato che il motto “Dio, patria, famiglia” è pane quotidiano della maggior parte degli esponenti del Partito Repubblicano, che islamici non sono. Ma in realtà non c’è nessun bisogno di andare fino in America (dove Dio è menzionato pure sulle monete e sulle banconote): costituzioni di paesi europei che fanno parte della Ue onorano il nome dell’Altissimo e lo menzionano nei loro preamboli.

E non parliamo soltanto della “famigerata” costituzione ungherese del 2011, che si apre con l’invocazione “Dio benedica gli ungheresi” e si conclude con la frase «Noi, i membri del Parlamento eletto il 25 aprile 2010, essendo consapevoli della nostra responsabilità davanti a Dio e agli uomini e nell’esercizio del nostro potere costituzionale, adottiamo la presente a che sia la prima Legge fondamentale unitaria di Ungheria».

Ben prima che Viktor Orban diventasse primo ministro ungherese, che il suo partito Fidesz vincesse elezioni in serie, e che Bruxelles lo accusasse di non rispettare tutte le salvaguardie dello Stato di diritto, le costituzioni di paesi grandi e piccoli d’Europa – cioè le leggi fondamentali degli stati europei – facevano posto a Dio nei loro propositi.

La costituzione tedesca, promulgata nel maggio del 1949, comincia con parole quasi identiche a quelle della costituzione ungherese del 2011: «Consapevole della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace nel mondo in qualità di membro di eguale diritti di un’Europa unita, il popolo tedesco ha adottato, in forza del suo potere costituente, questa Legge fondamentale».

La Costituzione irlandese non si limita a invocare Dio, ma dichiara che la fonte della sua autorità è la Trinità: «Nel Nome della Santissima Trinità, dalla Quale origina ogni autorità e alla Quale si devono ispirare, quale nostro fine ultimo, tutti gli atti sia degli uomini che degli Stati, Noi, il popolo dell’Eire, riconoscendo con umiltà tutti i nostri doveri nei confronti del nostro Divino Signore, Gesù Cristo, che ha sorretto i nostri padri nel corso dei secoli. (…) Adottiamo, decretiamo e doniamo a noi stessi la presente Costituzione».

 Protestanti e ortodossi in giro per il continente non sono da meno. In Danimarca l’articolo 4 della costituzione stabilisce che «La Chiesa evangelica luterana è la Chiesa nazionale danese ed è, in quanto tale, sovvenzionata dallo Stato», e l’articolo 6 statuisce che «Il Re deve appartenere alla Chiesa evangelica luterana».

La costituzione greca entrata in vigore nel 1975 non è più emanata nel nome della Santa Trinità Consustanziale e Indivisibile, come quella del 1844, ma tuttavia all’articolo 3 recita: «La religione predominante in Grecia è quella della Chiesa orientale ortodossa cristiana. La Chiesa greco-ortodossa, riconoscendo come capo Nostro Signore Gesù Cristo, è indissolubilmente unita, quanto al dogma, alla Grande Chiesa di Costantinopoli ed a tutte le altre Chiese cristiane ortodosse con la medesima dottrina, osservando immutabilmente, come le altre Chiese, i santi canoni apostolici e sinodali, nonché le sante tradizioni. (…) Il testo delle Sante Scritture è inalterabile. La sua traduzione ufficiale in un’altra lingua, senza il consenso preventivo della Chiesa autocefala di Costantinopoli, è vietata».

Per quanto riguarda i riferimenti a Dio, la costituzione della Polonia post-comunista (1997) è, come si dice oggi, inclusiva. Nel suo preambolo leggiamo: «Noi, la Nazione Polacca – tutti cittadini della Repubblica, sia quelli che credono in Dio come sorgente di verità, giustizia, bene e bellezza, sia quelli che non condividono tale fede, ma rispettano quei valori universali che vengono da altre fonti, (…) Stabiliamo con questo scritto la Costituzione della Repubblica di Polonia come legge fondamentale dello Stato, basata sul rispetto della libertà e della giustizia, della cooperazione tra i poteri statali, il dialogo sociale e il principio di sussidiarietà nel rafforzamento dei poteri dei cittadini e delle loro comunità».

Naturalmente le costituzioni di questi paesi, come pure quelle degli altri paesi della Ue, prevedono tutte articoli a protezione della libertà religiosa, che consentono ai cittadini di praticare culti diversi da quello ufficiale o di maggioranza, o di non avere religione alcuna. Non li citiamo per non appesantire il testo.

Dunque riferimento a Dio, ai doveri verso di Lui e verso la religione, convivono con il riconoscimento della libertà di culto, ovvero della libertà di religione o di irreligione. Non è una convivenza estrinseca, ma un’implicazione reciproca e necessaria, perché i riferimenti a Dio delle costituzioni europee (e di quella americana) non sono funzionali a gettare le basi di una teocrazia, a legittimare sacralmente il potere. Servono la funzione opposta: relativizzare il potere degli uomini che si assumono il governo di una nazione, desacralizzare il potere umano.

 Rodolfo Casadei

tratto da Tempi

giovedì 29 settembre 2022

IL GIUDIZIO DEL CROCEVIA SULLE ELEZIONI POLITICHE DEL 25 SETTEMBRE 2022

Nessuno ci ha mai promesso che la politica ci salverà l'anima e, dunque, interpretiamo il voto del 25 settembre con la giusta dose di distacco di chi sa che, comunque vada, non sarà l'esito di un'elezione a farci guadagnare il paradiso o l'inferno (terreno e ultraterreno).

Ma la politica resta una faccenda importante e appassionante che dice qualcosa di noi e di come interpretiamo il mondo. Un voto, almeno per approssimazione, rispecchia chi siamo.

E noi siamo cattolici con il pallino per la libertà di educazione (perché la parità scolastica sia vera parità), per la famiglia (difesa della vita dal principio alla fine, sostegno a chi ha figli, libertà dal gender e dalle sue follie), per il lavoro (la libertà d'impresa, sussidiarietà, e basta mancette e massacro fiscale delle imprese).

L'appuntamento elettorale è stato per noi fondamentale, perché abbiamo ottenuto due obiettivi, il primo la collaborazione fra partiti che nel centro destra si propongono per il cambiamento,  e il secondo la valorizzazione delle persone che, in quella coalizione, condividono una serie di criteri e azioni che possono essere di beneficio per tutti.

La cooperazione fra i partiti è indispensabile - pur all'interno di inevitabili differenze – per poter contrastare efficacemente una visione dell'uomo ridotto ai suoi capricci, una progettazione della società subalterna allo Stato, una concezione della giustizia, del lavoro, dell'educazione che lascia spazio solo al risentimento, all'assistenzialismo, all'onda delle tendenze dominanti.

C’è in ogni caso, oggi, una enorme differenza culturale con la compagine di centrosinistra. Mentre per noi la questione di che cosa è l’uomo è decisiva, e la linea d'indirizzo che mette la “persona al centro” è in sostanza condivisa nel centrodestra o, perlomeno, non ostacolata, di là (dalle parti di Letta & Co) è avversata con una ferocia che non fa prigionieri (leggere la proposta di legge Zan).

Continueremo a proporre alla città questa linea culturale e politica, punto chiave per l’identità del nostro popolo, incominciando fin da ora a prepararci per prossime elezioni comunali per “liberare” finalmente la nostra città, da troppi anni costretta dentro i confini dirigisti del partito dominante, il PD contornato dai suoi vassalli e valvassori.

 IL CROCEVIA



martedì 27 settembre 2022

sabato 24 settembre 2022

SPAGNA LA PEDOFILIA DIVENTERA’ «UN DIRITTO»

Nota del Crocevia

Raccomandiamo la lettura di questa intervista a don Fortunato di Noto a proposito delle dichiarazioni di un ministro del governo spagnolo, Irene Montero, di aperto sostegno alle lobby pedofile.

Condividiamo il suo giudizio: «È il segnale che è iniziato l’ultimo miglio verso l’abisso: sdoganare la pedofilia per accettarla come una qualunque variante sessuale».

Ecco, il criterio finale per decidere chi votare domani è guardare in faccia quelli che hanno possibilità di entrare in parlamento, stimare chi potrà essere il più ostile a questa roba qui. Soprattutto per votare contro quelli che saranno i più compiacenti verso questa merda. E sappiamo tutti chi sono.

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Irene Montero ministro spagnolo
 Parla il prete anti pedofilia don Fortunato di Noto. «Consenso, diritto, adultizzazione: ecco perché quelle parole sono inquietanti».

«Sono sconcertato: la ministra spagnola Irene Montero (ministra dell’Igualdad del governo guidato dal socialista Sanchez - il nostro ministero delle pari opportunità-  formato da Psoe e Podemos) mercoledì nel corso di un’audizione alla Camera durante la discussione sulla legge per i trans e sull’aborto,  ha usato lo stesso linguaggio delle lobby pedofile. È il segnale che è iniziato l’ultimo miglio verso l’abisso: sdoganare la pedofilia per accettarla come una qualunque variante sessuale».

(Ecco le parole esatte della compagna di Pablo Iglesias, che di Podemos è il fondatore: «Parlare di educazione sessuale è un diritto dei bambini e delle bambine, indipendentemente dalle famiglie, tutti hanno diritto di conoscere il proprio corpo, di sapere che nessun adulto può toccare il loro corpo se loro stessi non vogliono e di sapere che questa è una forma di violenza. I bambini hanno il diritto di conoscere che possono amare o avere relazioni sessuali con chi gli pare e piace, purché basate sul consenso e questi sono diritti che devono essere riconosciuti solo che a voi (riferita al PP e a Vox ndr) non piacciono i diritti: riconoscetelo, a voi piacciono altri modelli di società

Don Fortunato Di Noto, presidente di Meter, la Onlus attiva contro la piaga strisciante della pedofilia, è indignato. Le parole della ministra dell’Igualdad del governo spagnolo di Sanchez Irene Montero, che ha detto che i bambini hanno il diritto di avere una sessualità purché consenzienti, non lo lasciano fermo un attimo. Sono parole forti, ma che hanno ricevuto il biasimo solo di pochi partiti politici, tra cui Vox, mentre anche fuori dalla Spagna nessuno si è interrogato sulla loro portata.

Parole che, come spiega in questa intervista alla Bussola don Fortunato, sono gravissime e indicatrici di un superamento di un limite.

Don Fortunato Di Noto

Quale limite, don Fortunato?
La normalizzazione della pedofilia come variante sessuale. È un percorso che parte da lontano, se un ministro in carica di una democrazia come la Spagna parla così significa che il percorso è arrivato fino all’accettazione definitiva.

Lei denuncia da tempo i tentativi dei pedofili di insinuarsi nella società…
Nel 1995 ho scoperto il danese Pedophile Liberation Front, che aveva la spudoratezza di presentare come “un diritto” le attenzioni dei pedofili verso i bambini. Siamo nel 2022, e la lobby pedofila, ormai definisce la pedofilia un vero e proprio orientamento sessuale, ed è più che viva e vegeta questa accettazione.

Lei denunciò questo Fronte…
Il Corriere della Sera scrisse di me nel 1997, ma non ci fu nessuna reazione sociale. Nel frattempo, il movimento di naturalizzazione della pedofilia è andato avanti e ha preso il sopravvento.

Basta farsi un giro per internet. C’è il portale boylink (avvertenza, immagini forti ndr.) dei pedofili chiamati “adulti attratti dai minori”, ci sono gli autoproclamati "pedofili virtuosi", che giustificano la pedofilia non come atto, ma come stato da accettare, ci sono persino siti che offrono materiale anche per terapisti e giornalisti per inquadrare il pedofilo in un percorso di accettazione.

Tutto accessibile on line e segnalato alle forze dell’ordine.

Che cosa intende quando dice che “giustificano la pedofilia non come atto, ma come stato”?
Secondo loro il pedofilo è giustificato finché non c’è il reato, cioè l’atto sessuale sui bambini. Ma il punto è che se si abbassa l’età del consenso e se si mette l’accento non sulle intenzioni dell’adulto, ma sul consenso del bambino il gioco è fatto.

Ed è proprio quello che ha fatto la Montero?
Esattamente. Le parole della Montero sono sconcertanti perché utilizzano lo stesso linguaggio di queste lobby pedofile. Il concetto è semplice: se il bambino ha diritto ad una sessualità con chi gli pare, è chiaro che l’adulto è già pronto a farsi avanti. In questo modo non c’è la violenza secondo loro, nel senso che il consenso elimina la violenza e tutto avviene nel campo della volontarietà.

Diabolico…

Il partito pedofilo olandese, che poi è stato sciolto, ma ora ha rilanciato il programma come abbiamo denunciato dopo aver scoperto il manuale del pedofilo, promuoveva proprio questo ragionamento dell’abbassamento dell’età del consenso. Uno dei suoi fondatori è stato arrestato.

Però questo linguaggio va avanti…
Da 30 anni nel deep web si svolge la giornata dell’orgoglio pedofilo, secondo loro la società è isterica perché non li accetta. Infatti, questi siti mettono l’accento anche sullo “stigma pedofilo”, come se fosse un pregiudizio da superare.

Anche la Montero sembra arrabbiarsi?
Esattamente, del resto quando la Montero si rivolge ai partiti che la ascoltano rimproverandoli perché non riconoscono questo presunto diritto dei bambini di avere una vita sessuale con chi gli pare, non è forse la stessa isteria?

Infatti, si arrabbia perché non accettano questo “diritto”.
E questo è lo spartiacque: passare dall’accettazione alla normalizzazione e infine approdare al diritto, significa che il tabù è infranto. Trovatemi un sistema giuridico che possa dire che a otto anni si ha la piena gestione del consenso, il quale per ovvi motivi comprende consapevolezza, maturità, libertà…

Che cosa pensa del fatto che a parlare così sia donna e madre di tre figli?
Grande pena e tristezza, ma in fondo questo è il frutto dell’ideologia. Qui ci stiamo giocando il futuro. Imporre la pedofilia come orientamento sessuale naturale significa raggiungere il punto più basso della distruzione dell’umano.

Eppure, nessuno ha protestato contro la ministra spagnola…
E anche questo è gravissimo. Il mondo della politica non capisce che cosa sia la pedofilia. Qui in Italia, leggendo i programmi elettorali, ho trovato qualche attenzione al tema dei minori, ma nessun coraggio nel contrasto della pedofilia e a come si stia insinuando nella cultura attraverso l’ipersessualizzazione dei bambini nella tv o nel cinema.

Crede che le parole della Montero debbano essere sanzionate?

Certamente. Ha violato la convenzione internazionale di Lanzarote (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, 2007 ndr.) che afferma che non bisogna istigare un atto pedofilo. Ma i politici in generale non hanno compreso che il problema degli abusi sessuali sui minori è un’emergenza mondiale, su questo non temo di essere smentito da nessuno.

Su che cosa fa leva questa emergenza?
Se guardiamo bene, anche questo discorso della Montero su che cosa insiste? Insiste nel far passare il concetto che in fondo i bambini siano adulti. Il concetto di diritto, unito all’“adultizzazione” del bambino, in grado dunque di esprimere consenso e gusti sessuali personali, è la chiave per capire che si sta introducendo la pedofilia. Bisogna evitare la tutti i costi la strumentazione e la ideologizzazione dei e sui bambini.

 

https://lanuovabq.it/it/don-di-noto-montero-parla-il-linguaggio-delle-lobby-pedofile.

 

giovedì 22 settembre 2022

PREGARE PER QUELLI CHE STANNO AL POTERE

Omelia Domenica 18 Settembre 2022, di 

don Leonardo Maria Pompei, sacerdote della diocesi di Latina.

Nella seconda lettura San Paolo raccomanda di pregare per coloro che stanno potere. Quali sono i compiti di coloro che governano. Come discernere a chi dare il proprio consenso.

https://youtu.be/YA7ZYm6vyww

don Leonardo Maria Pompei – In Voluntate Dei


mercoledì 21 settembre 2022

SI PUÒ VOTARE CENTRODESTRA SENZA TIMORE DI SFASCIARE IL PAESE

Lo stesso Draghi ha detto che «l’Italia con qualsiasi governo ce la farà». Data la competenza dell’autore, bisogna ritenere la dichiarazione realistica e non demagogica

Giancarlo Cesana


Un recente documento/volantino dell’Associazione culturale Esserci, di cui faccio parte, ha riportato le difficoltà ad andare a votare il prossimo 25 settembre.

·         Il paese è in lenta ma inarrestabile discesa dalla fine degli anni Settanta, a seguito del prevalere di un’ideologia socialista e di un iper-sindacalismo che ha scardinato il mondo del lavoro con la riduzione dell’età pensionabile – a volte in termini radicali, vedi baby pensioni (1974) – e la diffusione di una mentalità burocratica e assistenzialista. Siamo un paese con una delle percentuali più basse di occupazione, nel Sud addirittura inferiore al 50 per cento.

·         Questo dato, insieme alla bassa natalità, fa prevedere che si potrebbe arrivare a una persona non occupata per ogni persona che lavora, con conseguente insostenibilità del nostro sistema di welfare. Il debito pubblico è uno dei più alti tra le nazioni sviluppate. Siamo fortemente dipendenti dall’aiuto europeo, il Pnrr, che non sarà senza costi. Oltre alla crisi economica, non rimediata nel corso di molti anni, il tessuto sociale appare sfilacciato, con il venir meno dei valori cristiani tradizionali di persona, famiglia e società, non sostituti da altri altrettanto forti. 

I media sono dominati da una mentalità fragile e pettegola, che urla allarmi e cerca impotentemente colpevoli del disastro che essa stessa concorre a produrre.

 Cavalcando una magistratura per lo più ideologizzata a sinistra, i maggiori colpevoli sono stati individuati nella politica, che ha dato contributi non indifferenti e consenso facile alla propria delegittimazione.

Le elezioni politiche del 2018 hanno consegnato la maggioranza dei voti a un partito di inesperti e irresponsabili, i cinquestelle, che per governare si sono inizialmente alleati con la Lega, altro partito condotto da una leadership demagogica.

Questo primo governo è saltato per inconsistenza ed è stato sostituito dall’alleanza tra i cinquestelle e il Pd, guidato quest’ultimo da una leadership tanto presuntuosa quanto astratta, fondamentalmente dedita alla rivendicazione dei cosiddetti nuovi diritti, tutti contro la concezione cristiana.

 Pd e M5s hanno così dato vita al quel partito radicale di massa, preconizzato da Augusto Del Noce cinquant’anni fa. Come tutti i partiti radicali ha combinato ben poco ed è caduto in una specie di autoasfissia.

Per correggerne l’impotenza è stato chiamato Mario Draghi, uomo di indubbie capacità e prestigio internazionale, a presiedere un governo di unità nazionale o quasi che negli ultimi due anni ha posto un po’ di rimedio al caos da cui non si riusciva a emergere. A Draghi purtroppo non è stato consentito di accedere alla presidenza della Repubblica, la carica attraverso cui la sua autorità e le sue capacità avrebbero potuto continuare a produrre effetti benefici per il paese. La litigiosità politica ha posto fine anche al governo Draghi, verosimilmente con l’assenso del premier, nella assai spiacevole condizione di dover arginare i capricci adolescenziali dei capi di Lega e 5 stelle.

1.      NO ALL’ASTENSIONE

Così siamo al voto, con qualche mese di anticipo sulla scadenza della legislatura. La situazione descritta rende difficile una scelta, che nella sua inevitabilità va affrontata con decisione, seppure lo stesso sistema elettorale “collabori” a renderla impervia.


Il numero dei parlamentari è stato acriticamente ridotto da 945 a 600: 400 deputati e 200 senatori. I seggi, sia della Camera che del Senato, verranno attribuiti per un terzo con sistema maggioritario (chi prende più voti nel collegio vince) e per due terzi con sistema proporzionale attraverso listini bloccati. Tutti i nomi sono stati fissati dai partiti, secondo la distribuzione interna di potere e le mire elettorali.

Sulla scheda troveremo, per ogni coalizione di partiti – per esempio centrodestra e centrosinistra – o partito singolo se non alleato ad altri, il nome del candidato al collegio uninominale; troveremo poi accanto a ogni simbolo di partito una breve lista di nomi dei candidati da esso indicati. Non sono previsti voti di preferenza né voto disgiunto; basta segnare il nome del candidato all’uninominale o il simbolo del partito. Il voto andrà al partito e alla coalizione.

Esistono soglie minime da raggiungere, il 10 per cento per le coalizioni e il 3 per i partiti. I partiti che prendono tra l’1 e il 3 per cento, riversano i loro voti in proporzione alle altre liste con cui sono coalizzati e che hanno superato il 3. I voti alle liste che non hanno superato l’1 per cento vanno completamente persi. Come si vede, il sistema è abbastanza complicato. Ulteriori complicazioni verranno dopo i conteggi, che potranno mutare anche a distanza, per esempio da una regione all’altra, le attribuzioni dei seggi.

La prima decisione da prendere è quella di andare a votare, contro la tentazione di astensione, che secondo i sondaggi è presente in circa il 40 per cento dei nostri connazionali. Per quanto la politica sia debole, l’esito di queste elezioni avrà conseguenze molto serie, data la criticità della realtà nazionale e internazionale. Il presidente Draghi, al Meeting di Rimini, esortando ad andare a votare, ha fatto un’affermazione importante: «L’Italia con qualsiasi governo ce la farà». Data l’esperienza, la competenza e l’assenza di interessi elettorali diretti dell’uomo, bisogna ritenere la dichiarazione realisticamente ottimista e non demagogica.

2.     DESTRA E SINISTRA NON SONO UGUALI

I due schieramenti principali, centrodestra e centrosinistra, si differenziano notevolmente dal punto di vista della concezione della vita e della convivenza civile.

Per il primo, il riferimento sostanziale è ai valori della tradizione cristiana, per il secondo il riferimento è ai nuovi diritti in materia di inizio e fine vita (aborto ed eutanasia), sessualità (abolizione della differenza maschio/femmina) ed educazione (come compito prevalente dello Stato). Tali nuovi diritti sono fortemente sostenuti dall’Unione Europea, nonostante nel suo parlamento il Partito popolare europeo con forte componente cattolica, sia il gruppo più numeroso. Allo stesso modo, nel centrosinistra il Pd, a significativa composizione cattolica, è sdraiato sui nuovi diritti e non perde azione parlamentare per farli approvare.

Evidentemente molti cattolici ritengono il Pd, nonostante il suo proclamato agnosticismo, più affidabile per la stabilità economica e sociale, che effettivamente la Lega, con l’approvazione di leggi incongrue – quota 100 e reddito di cittadinanza –, ha collaborato a mettere fortemente a rischio. Adesso il Pd, con l’evidente consenso dei cattolici al suo interno, è scatenato contro Fratelli d’Italia (Fdi), il partito che secondo i sondaggi uscirebbe primo dalle elezioni, con conseguenti ambizioni di governo. A parte l’accusa ridicola e antistorica di fascismo, Fdi è più seriamente accusato di inesperienza quanto al governo, collusioni con le altre destre europee critiche con l’Unione Europea della cui benevolenza abbiamo assoluto bisogno, bieco conservatorismo a riguardo della visione della vita e della società. Nello scontro gli altri gruppi di centrodestra sono poco o per nulla considerati, data la ridotta dimensione che non consentirebbe un ruolo politico rilevante.

3.     GUARDANDO I CANDIDATI

La frase di Draghi citata, circa l’equivalente capacità dei futuri governi di tirare fuori l’Italia dalle secche economico-sociali in cui è caduta, è chiarificante.

Le conoscenze di Draghi sui legami e le relazioni internazionali gli fanno evidentemente ritenere che qualsiasi nostro esecutivo sarà costretto, più volente che nolente, entro binari prefissati di sviluppo e controllo della spesa statale. Non c’è quindi da preoccuparsi di una minor efficacia a questo proposito del centrodestra rispetto al centrosinistra. Nell’esperienza di Draghi, nonostante l’incostanza del leader, la Lega ha tirato fuori degli ottimi ministri in posizioni decisive. L’opposizione di Fdi è risultata sempre costruttiva e la sua leader in questa circostanza elettorale non perde occasione per rimarcare il suo europeismo e l’attenzione ai conti pubblici, con il coinvolgimento di personalità esperte in tal senso. Gli altri gruppi del centrodestra sono effettivamente indeboliti, ma al loro interno sono presenti personalità che hanno avuto importanti responsabilità amministrative e di governo.

Da un punto di vista per così dire cattolico, ma in realtà molto più esteso, a tutti coloro che rispettano e coltivano la tradizione del nostro popolo, si può votare tranquillamente centrodestra senza timore di mettere in pericolo gli equilibri dell’Italia, anzi salvandone l’originalità culturale e religiosa. Se guardiamo ai candidati possiamo riconoscerne diversi che si sono attivamente impegnati  da anni. Cosa questa che non si può dire per l’altra parte, eccetto qualche eccezione che conferma la regola. Per quanto la preferenza non sia prevista, cercare di farla emergere con un indirizzo di voto non è secondario, può riattivare una storia e un cammino che hanno segnato profondamente la nostra convivenza civile. Smettendola di piangere sulla inconsistenza della presenza dei cattolici in politica.

 

https://www.tempi.it/si-puo-votare-centrodestra-senza-timore-di-sfasciare-il-paese/

 

lunedì 19 settembre 2022

IL GIUDIZIO DEL CROCEVIA SULLE ELEZIONI POLITICHE DEL 25 SETTEMBRE


È impossibile non essere preoccupati per il momento delicato che sta attraversando l’Italia e per la grave instabilità dello scenario internazionale. Avendo ben presente la raccomandazione di Papa Francesco ai cattolici di non “stare a guardare dal balcone” ed esortati dalle recenti parole del cardinale Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede (“i cattolici devono tornare a esprimere la loro posizione all’interno del dibattito politico) vogliamo esprimere un giudizio sulle elezioni del 25 settembre, consapevoli che la nostra speranza non è riposta nella politica, ma la politica non può non interessarci.

L’unica scelta stigmatizzata con severità da tutti è l’astensionismo. Anche noi invitiamo tutti al voto: non è indifferente votare o no. Ma non è indifferente chi votare.

Oggi per noi la questione di che cosa è l’uomo è decisiva nella società di oggi, e questo ci preoccupa perché è il punto chiave per l’identità del nostro popolo, mentre per l’economia, anche perché per l’influenza dell’Europa tutti saranno chiamati a fare le stesse cose, le differenze tanto gridate non sono significative.

Per questo invitiamo a non votare partiti che NEL LORO PROGRAMMA UFFICIALE contemplano:

ü  IL DIRITTO ALL’ABORTO E ALL’EUTANASIA (o suicidio assistito)

ü   IL RICONOSCIMENTO DI OGNI TIPOLOGIA DI FAMIGLIA (che viene equiparata alla FAMIGLIA NATURALE)

ü   LA NEGAZIONE DELLA LIBERTA ‘ DI EDUCAZIONE E DI SCELTA DELLA SCUOLA DA PARTE DELLE FAMIGLIE

ü  IL SOSTEGNO ALLA IDEOLOGIA GENDER.

ü  LA LIBERALIZZAZIONE DELLA CANNABIS

Chi si riconosce nella nostra posizione non può che orientarsi verso l’area del centro dx, pur riconoscendone i molti limiti esistenti, e consapevoli che in nessun partito c’è un riconoscimento pieno.  Inoltre la coalizione di CDX, vista questa legge elettorale, è l’unica che può garantire una maggioranza larga e stabile, che è quella che serve al Paese.

I partiti del Centro destra non sono tutti uguali, ma sono oggi l’unica possibilità per mantenere la libertà di coscienza e cioè quella caratteristica che ci fa riconoscere quello per cui siamo fatti.


IL CROCEVIA

CESENA, 19 settembre 2022

 

 




MARCELLO PERA: IL DIRITTO ITALIANO PRECEDA QUELLO UE




Filosofo conservatore e già presidente del Senato Marcello Pera è di nuovo candidato, ma con Fratelli d’Italia, in Toscana. 

«Ecco, a proposito di valori e identità. Lei è stato spesso critico nei confronti della Ue. Giuliano Amato, presidente uscente della Corte Costituzionale, nei giorni scorsi ha criticato «la tentazione di affermare il primato del diritto nazionale su quello comune europeo». Amato sa bene che, in caso di vittoria di Fdi e del centrodestra, il tema diventerà centrale in Italia. Per questo chiedo a lei: quale diritto deve avere la precedenza?
«Il presidente Amato ha attraversato molte fasi della sua evoluzione intellettuale, ma sempre con una spiccata attitudine didattico-pedagogica. Bene, prendo appunti. Prima osservo che, in un Paese federale, il primato del diritto federale su quelli statali è ovvio, ma l'Unione europea non è né federale né confederale, solo malamente intergovernativa. E poi chiedo al presidente Amato: ha presente la ripartizione delle competenze fra Stato e regioni in Italia? Alcune materie, che si ritengono più prossime ai cittadini perché più sensibili per i loro costumi locali, sono di esclusiva pertinenza regionale».

E lei dice che un criterio analogo deve essere usato a livello europeo, impedendo al diritto comune di schiacciare quelli nazionali su certi temi.
«Certo. Perché un Paese che voglia difendere la tradizione storica fortemente diffusa fra il proprio popolo, ad esempio su matrimonio, genitorialità, vita, morte, dovrebbe farsi imporre una legislazione difforme e osteggiata? E da chi, poi? Dalla commissione europea, che neppure agisce in nome di una costituzione europea che non c'è? Dal parlamento europeo, che, a maggioranza, diffonde la nuova religione effimera e mortifera del laicismo? Oppure le tradizioni non contano nulla e si possono cambiare a tavolino?».

Il modo in cui Amato e gli altri "europeisti", non solo italiani, liquidarono la questione delle «radici cristiane dell'Europa», suggerisce che il punto è proprio questo.
«Ma ha presente Amato che la Polonia, per fare un esempio, è sopravvissuta a nazismo e comunismo grazie al cristianesimo? Ricorda la resistenza ungherese? La persecuzione subita dal cardinale József Mindszenty? Capisco la sua laicità, caro Amato, ma almeno il rispetto della Storia! Capisco anche la sapienza giuridica, ma si guardi dai cavilli!».

L'altro spauracchio è il presidenzialismo. Il programma del centrodestra promette la «elezione diretta del presidente della repubblica»: espressione declinabile in tanti modi diversi. Sono eletti direttamente sia il presidente della repubblica austriaca, che ha meno poteri di Sergio Mattarella, sia il presidente degli Usa, che è capo dell'esecutivo, sia il capo di Stato francese, che non è premier ma "indirizza" il governo. Qual è il modello migliore?

«Considerate la storia e la situazione italiana, forse è meglio il sistema semipresidenziale, ma tradotto adeguatamente dal francese. Pesi, contrappesi, garanzie, diritti e tutto il resto, devono essere presi in seria considerazione affinché il sistema sia equilibrato. L'importante è essere consapevoli che l'ammodernamento della seconda parte della Costituzione è ormai indifferibile. Lo dico anche alla sinistra: parliamone, una buona soluzione si trova. Ci siamo già andati vicini una volta».

 Lei è stato senatore per Forza Italia e per il Popolo della Libertà, oggi si presenta nelle liste di Fratelli d’Italia. A cosa è dovuto il cambio di casacca?

Glielo dico in breve. Io mi considero un liberalconservatore. Liberale vuol dire, per me, approvare tutte le libertà economiche e politiche. Conservatore vuol dire apprezzare la nostra tradizione italiana e europea, in particolare quella religiosa che è cristiana. Ecco perché, da liberale, sottopongo le libertà civili al vaglio della compatibilità con questa tradizione. Certe cosiddette “conquiste di libertà” questo vaglio non lo superano. Giorgia Meloni ha abbracciato con serietà e determinazione questa filosofia, cominciando dal gruppo dei conservatori europei che dirige. Apprezzo la sua posizione.

collage di alcune interviste apparse sulla stampa

 

 

sabato 17 settembre 2022

CAMISASCA E HADJADJ : UNA REGOLA ANTIMORALISTICA PER SALVARE LA FAMIGLIA

Come (e perché) provare a riattizzare oggi quel “focolare domestico” che appare così irrimediabilmente affievolito da individualismo, consumismo, paradigma tecnologico, crisi della fede? 

Appunti da una formidabile conversazione con Camisasca e Hadjadj

Rodolfo Casadei

Il 26 giugno si è concluso l’Anno della Famiglia Amoris Laetitia voluto da papa Francesco, che ha approfondito i contenuti dell’esortazione apostolica del 2016. Sulle difficoltà che la famiglia incontra oggi Tempi ha organizzato una tavola rotonda con due dei suoi più apprezzati collaboratori: monsignor Massimo Camisasca, vescovo emerito di Reggio Emilia e Guastalla, e Fabrice Hadjadj, filosofo e direttore dell’Istituto Philanthropos di Friburgo. Questa è una sintesi degli interventi.

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Casadei: In Italia i matrimoni sono scesi da 320 mila nel 1990 a 184 mila nel 2019, l’ultimo anno senza Covid. Abbiamo molti casi di famiglie che hanno dato un’educazione cristiana ai figli, hanno dato il buon esempio per quanto riguarda lo stile di vita, e oggi si ritrovano a fare i conti con le “convivenze”: figli e figlie rimandano il matrimonio e intanto convivono coi loro partner. E non vedono nulla di male in tutto ciò. I loro genitori chiedono agli amici: «In cosa abbiamo sbagliato?». Gli si potrebbe rispondere: «In nulla, perché non avete scelto voi di vivere in un’epoca in cui il condizionamento sociale a favore dell’edonismo e della non assunzione di responsabilità troppo vincolanti è più forte del buon esempio che i genitori hanno dato. I figli apprezzano l’amore genitoriale, ma fanno di testa loro». O meglio: fanno quello che detta lo “Spirito del tempo”, come lo chiamava Hegel. Le famiglie si sono indebolite al punto che non ci si riesce a sottrarre ai condizionamenti della cultura dominante. Siete d’accordo con questa diagnosi?

Camisasca: L’Italia è un paese di lunga tradizione cristiana. Ciò che accade nella Chiesa prima o poi influisce fortemente sulla vita sociale e viceversa, perché la Chiesa vive dentro la realtà storica che vivono tutti. All’origine della crisi del matrimonio, in particolare di quello in chiesa, vi è una crisi radicale della fede nelle nostre comunità. Improvvisamente, nell’arco di due generazioni, i figli non hanno più saputo riconoscere la convenienza della fede che i loro genitori vivevano. Uso la parola “convenienza” nel significato che le ha dato don Luigi Giussani: non sono stati aiutati a riconoscere la pertinenza della fede alle attese della vita, hanno sentito la comunità cristiana come un mondo a parte che non sapeva più vivere in questo mondo con gioia.

Non è immediato vedere la convenienza della fede. Io ho vissuto la mia adolescenza senza vederla. Solo nell’incontro con don Giussani l’ho riconosciuta. Sempre di più dai ragazzi la fede è stata vista come qualcosa di giustapposto alla vita e incapace di essere fiamma. Mentre le fede è una fiamma. Ma una fiamma ha bisogno dell’aria per restare accesa, e qual è l’aria della fede? La sua capacità di illuminare la vita, di mostrare che essere cristiani è fonte di gioia, di un’umanità più vera e di una maggiore consistenza nel mondo, nel mentre che si attraversano persecuzioni.

In secondo luogo direi che la fede non è stata più mostrata come la radice della maturità affettiva. La Chiesa in molti casi non ha saputo indicare strade autentiche di maturità affettiva. Talvolta è rimasta chiusa nei “no” dell’educazione ottocentesca. E a questo proposito bisogna dire che la crisi della fede in Italia, che si riverbera sul matrimonio, è stata preparata dal moralismo dell’educazione cattolica dell’Ottocento e primo Novecento, cioè da una predicazione legata ai “no” ai desideri della Terra e ai “sì” ai desideri del Cielo, che però non erano mostrati nella loro incidenza sulla vita quotidiana. Oppure, nella stragrande maggioranza si è adeguata alle risposte del mondo. Quindi non ha saputo mostrare delle relazioni capaci di far risorgere dal narcisismo e dalla morbosità, i due rischi che impediscono la maturità affettiva.

La crisi della fede si è incrociata con una crisi della società sempre più individualista, sempre più insicura perché governata dai sentimenti, e governata dai sentimenti perché così piace al mercato. Il mercato vuole l’uomo solo, che può consumare perché non ha molte responsabilità, che è governato dalla mutabilità dei sentimenti i quali lo spingono a cercare il suo volto nel prodotto che gli viene offerto.

Per quanto riguarda il fenomeno delle convivenze, io ho accostato decine di conviventi e molti li ho accompagnati al matrimonio sacramentale. Vedo nelle convivenze soprattutto un grido: «Vorremmo, ma non ne siamo più capaci». Perché l’uomo abbandonato alle sole sue forze psichiche ed emotive non è capace di fedeltà, non è capace di futuro. Cancellando Dio si cancella anche l’uomo nelle sue aspirazioni più profonde.

Hadjadj: La domanda chiede di spiegare perché il buon esempio genitoriale si riveli insufficiente. La risposta è che nella formazione cristiana non c’è niente di automatico: gli esempi migliori possono sfociare nei risultati peggiori. Basta guardare al giardino dell’Eden: Adamo ed Eva hanno ricevuto la loro educazione direttamente da Dio, eppure gli hanno voltato le spalle. Perché c’è una cosa che si chiama libertà umana, che costituisce la dimensione drammatica della nostra fede. Nella storia non c’è nulla di lineare: grano e loglio crescono insieme, c’è una dimensione apocalittica per cui andiamo contemporaneamente verso il meglio e verso il peggio. Non guardiamo solo ai fallimenti, consideriamo i tanti che vivono il matrimonio cristiano oggi senza il sostegno di una cristianità e senza il sostegno della società umana: sono testimonianze più forti di quanto siano mai state in passato. Non dobbiamo avere paura della crisi odierna: la dimensione drammatica fa parte del dato della Rivelazione.

Fa brice Hadjadj

Nella domanda poi c’è l’idea che se ci si allontana dal matrimonio è a causa dell’edonismo. Così si sottintende che il matrimonio è faticoso e noioso, e che andare a donne è il vero piacere. Su questo ho grossi dubbi: io credo che è anche per edonismo che si dovrebbe scegliere il matrimonio! Non dico che si tratti di un piacere facile, ma ci sono delle gioie nel matrimonio. Io che sono padre di nove figli so che è dura, che ci sono sempre delle crisi, ma allo stesso tempo so che sono nel posto giusto, perché sperimento gioie di una profondità inaudita. I single che vanno tutte le sere in discoteca per rimorchiare devono seguire una dura disciplina: devono mantenersi in forma nonostante l’avanzare dell’età, e sono dei miserabili. Lo so bene perché ho avuto familiarità con loro.

Invece sono d’accordo con la sottolineatura del condizionamento esercitato dall’epoca: non viviamo in un’era edonistica, ma in un’era mercantile dove tutto può essere scambiato con qualcos’altro. C’è una pressione per passare da una cosa all’altra rapidamente. Dunque non si tratta solo di un collasso religioso. Certo, c’è un collasso della fede viva che ha avuto luogo a partire dall’Ottocento ed è continuato fino agli anni Settanta del ventesimo secolo; Comunione e Liberazione e don Giussani arrivano in questo quadro a mostrare la vitalità della fede, cammino di vita per l’uomo contemporaneo. Ma il problema è che oggi non abbiamo perduto soltanto la fede: abbiamo perduto la ragione. Non abbiamo perduto soltanto il soprannaturale: abbiamo perduto il naturale. Viviamo l’epoca della fine del progressismo e anche del romanticismo. La società industriale credeva che l’uomo, tornato a casa dal lavoro, poteva trovare un’isola di tenerezza: oggi non più. Quando si torna a casa non si approda a un’isola: si è ancora dispersi, sollecitati dalle merci, dagli schermi, eccetera.

La modernità è stata un’affermazione della razionalità senza la fede, di un progresso esclusivamente umano, fondato sulle forze della natura senza bisogno della Grazia. Ma oggi le forze della natura stesse vengono meno, l’idea di progresso è contestata dal sentimento dell’imminenza di una catastrofe e nessuno crede più nella ragione. Non è più attraverso il progresso del diritto e della morale che la gente aspira a migliorare, ma unicamente attraverso la tecnologia, cioè attraverso una ragione puramente strumentale. Ciò a cui noi assistiamo è un collasso dell’umanesimo stesso e della fiducia che la modernità aveva nell’umanità. E a questo punto ciascuno cerca di fare il proprio gioco per cavarsela col minor danno possibile. Valga l’esempio del movimento Lgbt: ci si dà l’obiettivo della distruzione della differenza sessuale perché si pensa che nemmeno la natura è più un punto di riferimento.