L’ex leader di Cl: «La Chiesa torni a richiamare i principi di vita cristiana indicati da Ratzinger. La sinistra parla solo di diritti che negano ciò che costituisce l’uomo. Alla destra chiedo sostegni su scuola e famiglia»
Classe 1948, Giancarlo Cesana è professore onorario di Igiene all’Università di Milano Bicocca. Già a capo del Movimento popolare tra gli anni Ottanta e Novanta, dal 2009 al 2015 ha fatto anche il presidente della meneghina Fondazione Ircss Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Nel suo curriculum si legge che «dalla metà degli anni Settanta ha sempre svolto funzioni di leadership» in Comunione e liberazione, e ci racconta che «oggi è una leadership informale: non ho cariche». Sei anni fa ha inoltre fondato EsserCi, associazione culturale che, dice, «vuole semplicemente essere presente nel mondo di oggi, su tutte le questioni, scienza e cultura e politica».
Giusto dire che lei da sempre rivendica la contaminazione tra esperienza cristiana e impegno civile? «Sì, certo. È una questione di principio, anzi di passione per l’uo - mo: tutto - dalla politica, al lavoro, alla famiglia - ha a che fare con il compimento della vita come ricerca di felicità e di bene».
Con quali criteri vota un cattolico come lei il 25 settembre? «Le differenze tanto gridate tra i partiti nella sostanza non sono significative. Anche perché per l’influenza dell’Europa tutti saranno chiamati a fare le stesse cose. Ed è un vantaggio: che ci sia dietro la Ue non sempre piace neppure a me, ma è un fattore di stabilità».
Quindi uno vale l’altro? Si sta al centro con moderazione? «Beh, no. Alcuni valori non sono negoziabili, come ha detto Benedetto XVI».
Ovvero? «La questione antropologica è decisiva. Siamo oggi ben distanti da quel che non solo io credo positivo e vero per il cuore dell’uomo. L’impostazione generale è un disastro». Di tutti? «No, del centrosinistra in particolare. Per quanto pure nel Pd ci siano molti cattolici».
Il centrodestra ritiene sia timido sui temi etici? Il teologo Bux, da queste pagine, ha chiesto più coraggio. Concorda? «Mah, basta pensare ai rosari di Salvini e alle accuse di essere troppo manifestamente filocattolico, o alle obiezioni alla Meloni solo perché dice di essere donna e cristiana… mi sembra invece che il centrodestra sui temi come eutanasia, suicidio assistito e questione gender abbia le idee chiare».
Una posizione che sposa? «A parole sembra abbastanza convergente con quel che penso io e i cattolici in genere, sì». E pure la Chiesa? «Certamente. Per esempio, il Papa ha spesso parlato contro l’aborto, l’eutanasia o la teoria gender. Solo che poi tv e giornali cosiddetti progressisti insabbiano. Sono alleati con il pontefice “p rog re s s i s ta” solo se dice le cose che piacciono a l o ro » .
Il presidente della Cei, il cardinal Zuppi, dice che la Chiesa è per la libertà di coscienza, non per la libertà di indifferenza. «Essere liberi non vuol dire fare quel che si vuole. Se voglio volare e mi lancio da una torre di 300 metri, quando cado son morto, non libero. La coscienza, come diceva il cardinal Newman, è quella caratteristica comune e fondamentale che ci fa riconoscere quello per cui siamo fatti. A meno che la coscienza non sia educata, certo, come capita purtroppo spesso». L’unità tra i cattolici manca perché manca una guida? «Sicuramente una guida faciliterebbe. La Chiesa ha svolto questo ruolo per tanti anni con la Dc. Poi basti ricordare il cardinal Ruini. Servirebbero anche laici cattolici seriamente e decisamente impegnati come tali».
Qualcuno che si professi cattolico tra i big c’è. «Sì, ma tutti abbastanza nascosti, per quanto riguarda l’originalità della posizione cristiana». E agli ecclesiastici che compito spetta? «Richiamare ai principi di vita cristiana indicati da Ratzinger: non ammettono deroghe o eccezioni. Ma sono in disuso, purtroppo. Non capisco altrimenti in cosa si distingua una posizione cristiana in politica».
Il centrosinistra mette al centro della campagna elettorale i diritti. «I nuovi diritti, sì: diritto di morire, diritto di rifiutare il sesso che si ha… tutto quel che nega ciò che costituisce l’uomo, naturalmente».
Quindi se vince il centrosinistra … «Ma no, non hanno bisogno di vincere le elezioni, per imporsi. Ormai han già vinto sulla mentalità comune. O così parrebbe, almeno. Perché ho il sospetto che i sondaggi che certificano una maggior simpatia per il centrodestra ratifichino pure che c’è una maggioranza in polemica con queste affermazioni sulla vita umana. Il ddl Zan e simili verranno comunque riproposti e potrebbero passare».
C’è un rischio populismo dall’altra parte? «La mia idea di populismo si rifà a uno scritto di T.S. Elliott, “Appunti per una definizione della cultura”, pubblicato in Italia nel 1952. Dice che la società è divisa tra élite progressiste che mettono in discussione il passato - evidente con la cancel culture - e poi i populisti ovvero i conservatori, che difendono la tra d i z io n e » .Intanto il mondo cambia. «Certo, ma pure i populisti lo cambiano. Io vedo una dialettica tra chi vuole cambiare il mondo con le ideologie e chi lo vuole fare rispettando le proprie origini. Se non sai da dove vieni, non sai dove vai. Non c’è vento favorevole per i marinai che non sanno dove andare, diceva Seneca»
Ad agosto EsserCi denunciava una poca chiarezza delle posizioni. Pur per opposizione, si stanno oggi meglio delineando? «Sì, va meglio. Ma il punto sa qual è? Che in ogni caso le forze politiche sono deboli. Leadership come quelle della Lega dal punto di vista dei concetti antropologici vanno anche bene, ma sull’economia temo il disastro. Giorgia Meloni è una donna degna di rispetto, coerente, coraggiosa, decisa. Il problema è che se vai al governo devi avere una squadra e un’esperienza che reggano. Forza Italia è un po’ svaporata … e poi ci sono gruppi piccoli, difficile che incidano, anche se al loro interno hanno persone di valore».
Sembra indeciso Cesana. Sa cosa andrà a votare? «Voterò centrodestra, ma mi devo ancora informare sui candidati in zona: sceglierò chi conosco. C’è qualcuno di valido anche nel centrosinistra, certo, ma sono solo eccezioni e spesso non alzano la testa » .
Altro tema della campagna elettorale è il rischio per la democrazia. Che ne pensa? «Roba molto distante dalla realtà, allarmi alla Enrico Letta. Che è un po’ sulle nuvole. Discorsi beceri, ripetitivi e monotoni. C’è pure chi sente un pericolo fascismo. Che non c’è».
Dietro alle polemiche c’è una diversa concezione del rapporto tra Stato e cittadino. Fu Berlusconi il primo a cavalcare il tema. Quanto è per lei centrale? «Centralissimo, ma purtroppo male affrontato. Basti vedere la giustizia. Sì, c’era Berlusconi, peccato che poi abbia approvato leggi contrarie a quello che lui stesso pensava. Lo Stato prevale ovunque: nella scuola, nella burocrazia, nella ottusa indifferenza verso i problemi dei cittadini singoli o aggregati, soprattutto le famiglie».
Non si fida dei programmi? «Mica tanto. Gli esponenti di centrodestra non li vedo molto liberali, anzi. La tendenza è che quando uno va al potere vuole esercitarlo in modo più ampio possibile. E si impossessa di tutto».
Per un bene comune? «Nelle intenzioni, forse, ma il punto è che non ci si fida mai dei cittadini. Chi è in alto deve decidere. Altro che incremento della creatività e del merito. Ancora ancora potrei promuovere le proposte di detassazione per chi assume. Ma poi si cade nel bonus e nel reddito di cittadinanza, quando i soldi poi non ci sono…».
Arrivano i fondi del Pnrr. «Importantissimo aiuto. Immagino che poi in qualche modo l’Europa ce lo farà ripagare».
Pensa che il rapporto Stato-cittadino sia stato stressato in tempo di pandemia? Il tema è divisivo, inciderà sulle elezioni. «Inciderà di certo. Io sono un igienista e penso che non c’era molto da fare di diverso. Ma è vero: a volte si è esagerato, o si sono presi provvedimenti inadeguati e con poco senso. Pensare però che sia stato un grande complotto per togliere le libertà mi pare esagerato. Alcune dichiarazioni dello stesso ministro Speranza hanno contribuito al clima di sospetto: parlare nel suo libro poi ritirato e per questo letto e recensito, di occasione per lo Stato di riprendersi un ruolo perduto non è stata una grande idea » .
Se il cambiamento non viene dai palazzi, dal basso è davvero possibile ripartire? Cosa può fare la politica per agevolare? «Partirei dal favorire le scuole paritarie e le iniziative private nella sanità e nel welfare. Come ha fatto Formigoni in Lombardia». Non è finita benissimo, la sua esperienza . «Era positiva, ha introdotto provvedimenti nuovi per il nostro Paese. Poi sì, purtroppo è finita com'è finita. Ma ha fatto una grande impresa, anzi è stato il miglior amministratore regionale per vent’anni e forse di sempre, e non lo dico io ma i dati della Lombardia. Che sia stato condannato a 5 anni è una cosa che fa veramente pensare. Non conosco tutte le carte del processo, ma le persone. E mi fido di loro».
Educazione, scuola, famiglia: la sua agenda pare ricalcare il metodo proposto da Comunione e liberazione che di recente ha detto la sua pubblicamente. Erano indicazioni di voto per il centrodestra? «È stato un discorso chiaro, e mi sembrerebbe che l’indicazione sia quella, sì, ma non voglio mettermi al posto dei responsabili».
Momento delicato, per il movimento fondato da don Luigi Giussani. Soprattutto nel rapporto con la Chiesa. È preoccupato? «No. Certo, è un momento non facile e che chiede di rivedere alcune cose. Ma credo sia l’occasione di approfondire la nostra responsabilità di cristiani nel Movimento e nella società. Questa indicazione di limitare le cariche negli anni e legarle al voto non è affatto male, anzi è giusta. C’è un po’di sbandamento, ma andremo certamente avanti e speriamo meglio»
di GIULIA CAZZANIGA
LA VERITA’
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