domenica 31 gennaio 2021

CONTRO LA "CANCEL CULTURE" APPLICATA AGLI ARISTOGATTI

In difesa di Peter Pan, Dumbo e i classici Disney accusati di razzismo

 


Confesso, scrive Giulia Belardinelli su “Huffington Post”, gli Aristogatti è uno dei primi cartoni che ho fatto vedere ai miei figli. La parte in cui Scat Cat e la sua band si scatenano cantando “Tutti quanti voglion fare il jazz” ci ha regalato momenti di ilarità assoluta. Mai avrei pensato che in quelle scene così divertenti e poetiche potesse annidarsi il germe del razzismo. Eppure così è, stando al parere di un panel di esperti che ha raccomandato alla Disney di bloccare il cartone sulla piattaforma di streaming nella sezione dedicata ai bambini sotto i 7 anni. L’accusa – in comune con altri classici come Dumbo e Peter Pan – è di veicolare “stereotipi dannosi” e di non essere “rappresentativo di un pubblico globale”.

Nel caso degli Aristogatti, il torto da sanare è verso le popolazioni asiatiche, che potrebbero sentirsi offese per il modo in cui è stato rappresentato Shun Gon, uno dei gatti musicisti che animano la festa parigina alla presenza di Romeo, Duchessa e i micini. Shun Gon è un gatto siamese che suona il piano e le percussioni come nessun altro, ma è ‘politicamente scorretto’: innanzitutto suona con le bacchette, e poi è ‘troppo’ cinese: gli occhi a mandorla, i denti sporgenti, quelle L al posto delle R (“folza lagazzi, facciamo clollale le paleti!” - e come ci riescono!)”.

Dopo aver elencato altri cartoni contestati perché razzisti, la Belardinelli conclude: 

“ Nel caso dei tre cartoni di cui sopra, si parla di pietre miliari dell’animazione risalenti al 1941 (Dumbo), al 1953 (Peter Pan) e al 1970 (gli Aristogatti). Averli guardati senza troppi pensieri fa di noi inconsapevoli razzisti?

Per fortuna, consapevolezza e leggerezza possono ancora andare insieme, così come storia e poesia. La “cancel culture” sta facendo già abbastanza danni senza bisogno di applicarla ai cartoni. Per i nostri figli giocare con bambini cinesi, indiani o africani deve essere normale almeno quanto ballare con Giglio Tigrato e Shun Gon. Siamo noi adulti che avremo bisogno di toglierci qualche pregiudizio dagli occhi, come ricordava il grande Gaber:

 

“Non insegnate ai bambini
Non insegnate la vostra morale
è così stanca e malata
Potrebbe far male
Forse una grave imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza [...]

Non insegnate ai bambini
Ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
Stategli sempre vicini
Date fiducia all’amore il resto è niente.
Giro giro tondo cambia il mondo [...]”

 

https://www.huffingtonpost.it/entry/liberi-come-il-jazz-contro-la-cancel-culture-applicata-ai-cartoni_it_600eb766c5b6d64153ad9622?utm_hp_ref=it-cultura&ncid=newsltithpmgnews

venerdì 29 gennaio 2021

DARE SPERANZA AGLI UOMINI IN QUESTA PANDEMIA

 Peppino Zola 

Vale la pena annacquare la certezza della fede con la speranza di “piacere” di più al mondo e fargli così piacere la Chiesa? Pia illusione

Caro direttore, in questi due giorni, mi è capitato di partecipare a due fatti che mi hanno molto provocato. Il primo è stato quello di assistere, via Youtube, all’incontro organizzato da Esserci sul tema del rapporto tra salute e salvezza, a cui hanno partecipato monsignor Corrado Sanguineti, vescovo di Pavia, e Giancarlo Cesana. Cesana ha descritto l’evoluzione storico-scientifica della medicina riguardo alla valutazione dell’uomo di fronte alla malattia, sottolineando come si sia passati dalla considerazione dell’uomo nella sua unità fisica e spirituale ad un approccio più settoriale e “particolare”. Sanguineti ha affrontato il tema dal punto di vista della “totalità” cattolica, che, proprio perché ama la vita (dono di Dio), dà un senso anche alla malattia ed alla morte.

Sono uscito da questo incontro con la coscienza che noi cristiani stiamo rischiando di ridurci a fare “l’assistenza sociale” al prossimo, dimenticando che abbiamo il dovere (dettatoci da Gesù stesso) di annunciare a tutti la vera speranza, che può poggiare solo sulla proclamazione che Cristo è risorto. In effetti, durante la presente pandemia, la nostra amata Chiesa, così mi pare, si è preoccupata più di obbedire all’ordine civile e di ribadire solidarietà che di dare speranza ai nostri fratelli uomini, mostrando a loro la certezza che non tutto finisce con la fine fisica del nostro corpo. Ancora una volta, noi cristiani abbiamo perso una grande occasione per evangelizzare in modo integrale il nostro prossimo.

Poi, il giorno dopo, mi hanno segnalato quanto ha detto il filosofo Gianni Vattimo sul Corriere della Sera anni fa. Riporto qui le sue parole:

«Voi cattolici avete resistito impavidi per quasi due secoli all’assedio della modernità. Avete ceduto proprio poco prima che il mondo vi desse ragione. Se tenevate duro ancora per un po’, si sarebbe scoperto che gli “aggiornati”, i profeti del futuro postmoderno eravate proprio voi, i conservatori. Peccato. Un consiglio da laico: se proprio volete cambiare ancora, restaurate non riformate. È tornando indietro, verso una tradizione che tutti vi invidiano e che avete gettato via, che sarete più in sintonia con il mondo d’oggi, che uscirete dall’insignificanza in cui siete finiti “aggiornandovi” in ritardo. Con quali risultati poi? Chi avete convertito da quando avete cercato di rincorrerci sulla strada sbagliata?».

Al di là dell’analisi iniziale, sulla quale potremo discutere, due passaggi finali di Vattimo mi hanno impressionato. Il primo è quello che sottolinea come il  tentativo dei cattolici di “aggiornarsi” è avvenuto comunque in ritardo, quando i buoi erano già scappati. Evidentemente, questo è stato il frutto di un terribile complesso di inferiorità rispetto al mondo, complesso che nasce e si rafforza quando si ha “vergogna di Cristo”. Troppi cristiani hanno dimenticato l’invito di San Paolo ai Romani di non conformarsi “alla mentalità di questo secolo”. E questo per paura del martirio, che in Occidente non ha il colore del sangue (almeno fino ad ora), ma la conseguenza dell’emarginazione sociale, culturale e lavorativa, quell’emarginazione che ha portato, ad esempio, il “mondo” a mettere sotto silenzio uno dei più grandi romanzieri dello scorso secolo, nato 100 anni fa, Eugenio Corti , autore dell’immenso Il cavallo rosso. Per paura di essere emarginati, i cattolici si sono autocondannati al silenzio.

L’altra annotazione impressionante fatta da Vattimo, soprattutto se si considera la sua laicissima e polemica storia intellettuale e personale, è quella con cui chiede a noi cristiani quali siano i risultati prodotti da questo vergognoso abbandono della nostra identità e della nostra storia e denuncia noi per non avere indotto nessuna “conversione” con questo indebolimento della nostra fede.

Sorprendente che sia un “laico” a porsi questa domanda, mentre vedo pochi (anzi pochissimi) nostri vescovi  porsi la stessa domanda. Vale la pena annacquare la certezza della nostra fede, con la speranza di “piacere” di più al mondo, sperando così di fargli piacere la Chiesa fondata da Cristo? Mi pare una pia (poco pia, a dire il vero) illusione. Personalmente, mi sono convertito perché ho incontrato un uomo, un prete che con decisione mi ha parlato di Cristo in modo coinvolgente e integrale, mi ha spiegato il significato delle verità cristiane che l’uomo moderno fa fatica a capire, mi ha coinvolto in una entusiasmante vita comunitaria, mi ha guidato nel vivere seriamente le dimensioni cristiane del cultura, della carità e della missione. Mi ha spiegato il senso vero (e non quello laicista e protestante) della tradizione cattolica. Se avessi incontrato un cristiano incerto e sentimentale, mi sarei allontanato ancora di più dalla Chiesa. Invece, il Servo di Dio don Luigi Giussani (questo è l’uomo di cui sto parlando), avendo una fede certa ed una tenera carità, è riuscito a parlare alla modernità, usando parole nuove per annunciare la verità vera e perenne della tradizione cristiana e, non a caso, ha visto nascere e crescere intorno a sé un movimento di persone, deboli come tutti, ma “ingenuamente baldanzosi” nell’affrontare a viso aperto (e lieto) le difficoltà del tempo.

In questo periodo, continuo a pormi questa domanda: ma perché la comunità cristiana, invece di farsi prendere dall’ossessione di dovere a tutti i costi “aggiornarsi”, non imita i santi che lo Spirito manda e che indicano la strada da percorrere per annunciare a tutti la buona novella? E di santi, in questo tempo, lo Spirito ne ha mandati tanti. Perché, ad esempio, quando si fanno i piani pastorali, non si va a “vedere” ciò che ha vissuto e detto e testimoniato un uomo come don Giussani? Perché confinare al passato questa ed altre esperienze? Esperienze che, come sembra chiedere persino Vattimo, hanno permesso allo spirito di “convertire” molte persone. Perché tanti pastori continuano a rifarsi a culture e metodi che sono stati proprio quelli che hanno allontanato dal cristianesimo tante persone? Perché non fidarsi di più dei santi rispetto alle proprie idee, che per di più si sono dimostrate fallimentari?

So di pormi domande drammatiche. Si tranquillizzino tutti: so che le tenebre non prevarranno. Ma so anche che quando inizio a pregare con le ore del giorno, la Chiesa mi fa dire: “Signore, vieni presto in mio aiuto”. Vorrei estendere quel “presto” alla preoccupazione di tutti i fratelli cristiani. La libera “conversione” a Cristo passa attraverso la nostra responsabilità.

 

giovedì 28 gennaio 2021

DIO CI SALVI DALLA DITTATURA ETICA

 

IL RAZZISMO ETICO E' PIU' SUBDOLO DEL RAZZISMO ETNICO

dal blog di Marcello Veneziani 

Twitter censura Trump

“Vaccinarsi è un dovere etico” ha tuonato Papa Bergoglio. Il piano pandemico del ministero della sanità, in bozza, decreta: “i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio”

Traduci: con l’etica scegliamo chi salvare e chi no. L’etica prelude all’eugenetica. Ma il presidente del comitato di bioetica Lorenzo D’Avack condanna questa cernita. All’etica si appella sia chi dice di vaccinare prima i vecchi, sia chi dice di vaccinare prima i giovani. È ancora l’etica il freno d’emergenza che colpisce come una mannaia e una censura il mondo politically uncorrect, da Trump al filosofo Alain Fienkelkraut, fino ai sovranisti di casa nostra. Le leggi speciali, le commissioni di vigilanza, i tutori e i censori social che si abbattono come una scure su chi la pensa in modo difforme, si appellano all’etica. L’etica, l’unico Assoluto in vigore. Rischiamo la dittatura globale dell’etica; i suoi depositari non hanno alcuna legittimazione dall’alto o dal basso, religiosa o popolare, sono solo oligarchi

Tramonta la religione, sparisce la morale, fu sepolta l’ideologia, si modifica la natura e scompare il diritto naturale, si cancellano memorie storiche, tradizioni, principi e valori. Nel mondo globale, dominato dalla tecnologia e dall’economia, di tutta quella moria c’è solo un erede universale: l’etica, appunto. Se perfino un papa non si appella a valori religiosi e morali ma etici, se perfino la sanità non si appella a criteri medici ma etici, se la politica non affronta gli avversari sul terreno del confronto politico ma li squalifica sul terreno etico, e se perfino i colossi privati del web usano l’etica come alibi per censurare e favorire chi vogliono, vuol dire davvero che l’etica è diventata la nuova sovrana e giustiziera del pianeta. L’etica applicata agli algoritmi è devastante e dispotica.

Ma guai a parlare di Stato etico, quello no, è fascismo: ma l’etica che interviene dappertutto, che decide, discrimina, punisce, censura che cos’è se non la sua applicazione urbi et orbi?

Il richiamo costante alla bioetica, all’etica degli affari, all’etica delle professioni, ai codici etici, segna il dominio di questo principio indeterminato; chi la decide, chi prescrive e proscrive ciò che va fatto, detto e pensato? Non una tradizione né un’esperienza storica consolidata, non una religione e un Dio né un dovere patriottico; ma a stabilirla e a decidere, è una casta, un’oligarchia che decide ciò che è etico e ciò che non lo è. Sono i tutori dello Spirito del Tempo, i virtuosi custodi dell’eticamente corretto; sono loro a stabilire il perimetro e poi a decidere chi è dentro e chi è fuori. Per questo anni fa parlai di un nuovo razzismo che sorveglia la società e la controlla come una cupola, dividendola in due razze diverse, una dannata e l’altra dominante: è il razzismo etico, più subdolo e invasivo del razzismo etnico. Anche la giustizia è in mano ai pasdaran dell’etica: sentenze, divieti, condanne e assoluzioni sono decise dai talebani dell’etica, processando parole e intenzioni prima che delitti e reati. L’etica fornisce ai suoi utenti pregiudizi indiscutibili.

Eppure l’etica che avevamo conosciuto negli studi classici, l’etica da Aristotele a Spinoza, a Hegel, era una dimensione culturale, civile, educativa fondamentale. Ma assunta a regina solitaria dal mondo, dopo aver fatto fuori religione e morale, tradizione e diritto naturale, storia e idee, somministrata e decisa da un nucleo inespugnabile e autoproclamato di custodi, diventa inquietante. E può generare una spirale di intolleranze destinata a sfociare nella violenza, nella rivolta e nella prova di forza. Se non si può discutere e dissentire, subentra la prova muscolare… Una deriva pericolosa.

Ci può portare ovunque, anche alla liquidazione dell’umanità, perfino all’avvento del transumanesimo, a un sistema di controllo totalitario, di sorveglianza etica invasiva… È curioso che imprese private come i giganti del web escano dalla neutralità di mezzi di comunicazione e nel nome dell’etica decidano selezioni, esclusioni e censure etiche, al di sopra degli stati e delle leggi.

Come si è visto con TwitterFacebookGoogleYouTubeParler, ecc. Un inquietante scenario che si aggrava se si aggiungono forme sempre più penetranti di controllo e schedatura degli utenti (ora esplode il caso WhatsApp e l’esodo verso Signal e Telegram).

L’etica è l’alibi di questo controllo globale, e a differenza della politica, è al riparo dal consenso e dal dissenso, impermeabile al voto; è perentoria, assoluta benché arbitraria.

Può essere etico il diritto alla vita come il diritto opposto a sottrarsi alla vita, con l’eutanasia, o il suicidio assistito, nel nome della dignità della vita.

Può essere etico lasciare che le donne decidano la loro maternità o che si tuteli in primis la vita del nascituro.

Può essere etico tutelare prima i più fragili, gli anziani, e può essere etico al contrario dare priorità ai più giovani.

L’etica non è una pianta che nasce nella testa di qualcuno, medico, magistrato, ceo, politico o intellettuale, ma rimanda a un terreno precedente, e controverso, fatto di valori, esperienze, religioni, culture, popoli, tradizioni. Temperato dall’esercizio democratico del voto. 

L’etica non può ergersi a giudice assoluto della vita e della sorte, dei rapporti sociali e delle scelte pubbliche e politiche, ma deve far parte di un politeismo di principi, riferimenti e priorità. L’etica non può esistere senza passione di verità e ricerca della verità. Fermate l’etica che vuol farsi sovrana.

 

mercoledì 27 gennaio 2021

RS LASCIATO MORIRE DI FAME E DI SETE IN UN OSPEDALE INGLESE

 Dopo 12 giorni di agonia è morto RS, il cittadino polacco tenuto ostaggio dell'ospedale di Plymouth, in Inghilterra, dove era in stato vegetativo da due mesi. Neanche l'intervento del governo polacco che sei giorni fa gli aveva concesso lo status diplomatico per poterlo rimpatriare in Polonia, ha avuto esito. Il governo del Regno Unito non ha ceduto e non ha revocato l'ultima sospensione di nutrizione e idratazione, iniziata il 14 gennaio. Kiska (Christian Legal Centre): «La pratica di disidratare e far morire di fame è un processo disumano, degradante e terribile».

RS, il cittadino polacco al centro di una battaglia di alto profilo per il diritto alla vita nel Regno Unito, è morto ieri nel primo pomeriggio di fame dopo che la sua idratazione e nutrizione assistita sono state sospese definitivamente il 14 gennaio, e dopo altri tre tentativi di porre fine alla sua vita.


Una serie di ricorsi legali contro la sentenza del tribunale che legittimava la sua morte aveva costretto i medici che lo stavano curando a riattaccare il tubo di alimentazione ad ogni appello. Il lungo procedimento legale ha avuto molte svolte, ma alla fine non è riuscito a salvargli la vita, visto che una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), il 7 gennaio, ha dato il via libera per farlo morire di fame per la quarta e ultima volta.

Il padre di famiglia polacco che era emigrato nel Regno Unito per lavoro 17 anni fa è stato oggetto di un "Transparency Order" del tribunale ed è stato identificato solo dalla sigla RS. Aveva subito un arresto cardiaco nella sua casa di Plymouth il 6 novembre scorso, che lo ha lasciato con danni cerebrali e in coma. Dopo soli cinque giorni, i medici che stavano curando RS al Derriford Hospital hanno comunicato alla famiglia che sarebbe stato «nel suo migliore interesse» morire e hanno chiesto informazioni sul prelievo dei suoi organi. Alla fine di novembre, l'University Hospitals Plymouth NHS Trust ha chiesto alla Corte di protezione di Londra il permesso di sospendere il suo trattamento di sostentamento vitale. Questo è stato l’inizio della drammatica battaglia legale che ha coinvolto i governi britannico e polacco, la CEDU e ha diviso i membri della famiglia sulla effettiva volontà di RS se avesse potuto prendere una decisione sulla propria vita nella sua attuale condizione medica.

La madre, le sorelle e la nipote di RS si sono fortemente opposte alla moglie e ai figli, secondo cui RS non avrebbe voluto vivere ed essere un peso per loro. Il polacco cattolico pro-vita, hanno affermato, aveva sempre difeso la santità della vita e sua sorella ha testimoniato di come fosse indignato quando fu tolto il sostegno vitale al piccolo Alfie Evans. Il giudice Cohen si è pronunciato il 15 dicembre, a favore del NHS Trust, affermando che la moglie di RS era in grado di interpretare i migliori interessi di RS perché lo conosceva così bene. La Corte ha deciso che l'alimentazione artificiale e l'idratazione di RS "potevano essere legalmente interrotte". Il Christian Legal Center, che rappresenta la famiglia biologica, ha portato il caso senza successo davanti alla Corte d'appello inglese e poi due volte - con il sostegno del governo polacco - alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

Proprio quando la morte di RS sembrava ineluttabile, in quest'ultima settimana l'intervento diplomatico e politico da parte del governo polacco e quello degli arcivescovi di entrambi i paesi aveva riacceso la speranza che RS potesse essere realmente liberato da questa condizione di ostaggio nel Regno Unito. La concessione da parte del governo dello status diplomatico a RS il 20 gennaio e l'invio del Soccorso aereo medico polacco per trasportarlo in una clinica ndl suo paese, dimostrava la convinzione che RS non fosse più sotto la giurisdizione britannica e potesse essere immediatamente rimpatriato per cure mediche urgenti.
             Nessuno si illudeva sul fatto che i tribunali britannici avrebbero preso la questione alla leggera o che non avrebbero combattuto con le unghie e con i denti per proteggere il sistema che consente loro di giocare a fare Dio con la vita dei malati. Ma ciò che è accaduto è stato incredibile. I governi polacco e britannico hanno passato gli ultimi giorni della vita di RS negoziando in modo inconcludente su tecnicismi legali fino a quando il motivo per cui si stavano incontrando non ha cessato di esistere.
            RS è morto aspettando invano che la sentenza del 20 gennaio del tribunale polacco, che sanciva il diritto di RS a essere trasportato in aereo in patria per cure mediche, fosse eseguita. E il passaporto diplomatico per la libertà che i ministri del governo polacco hanno annunciato con tanto clamore ai media, è restato inutilizzato ironicamente su uno scaffale dell'ambasciata. La nuovissima copertina rossa porta con il nome vero di RS è ciò che resta del fiasco diplomatico e della tragedia umana che si è consumata.

Roger Kiska del Christian Legal Center, che ha fornito assistenza legale alla famiglia di origine, dopo aver reso onore all'amore incondizionato della famiglia per RS, in una dichiarazione alla Bussola Quotidiana ha espresso le sue preoccupazioni per il principio del “miglior interesse” che condanna a morte i pazienti disabili: “La pratica di disidratare e far morire di fame qualcuno deve essere affrontata. È un processo disumano, degradante e terribile che viene utilizzato per cercare di distogliere da ciò che è veramente, cioè eutanasia. A nessun giudice dovrebbe essere data la possibilità di giudicare secondo la propria sensibilità personale sul fatto che una vita abbia un significato o meno. Un tale stato di cose è soggettivo, profondamente parziale e offensivo per la santità della vita".

Il vescovo di Plymouth, monsignor Mark O'Toole, che è stato uno dei due firmatari della lettera che faceva appello al governo britannico affinché intervenisse a nome di RS, si è detto "profondamente rattristato" per la morte di RS, che aveva vissuto nella sua diocesi. Ha anche detto: "I miei pensieri e le mie preghiere sono per sua moglie, i figli, la madre, le sorelle e la nipote e con tutti coloro che lo hanno amato e curato", ha detto. "Il clero locale continuerà a offrire sostegno pastorale ai membri della famiglia che vivono a Plymouth, come hanno fatto durante il suo periodo in ospedale".

RS aveva solo 52 anni. Era un tipico immigrato cattolico dalla Polonia, che si è trasferito nel Regno Unito sperando in un futuro migliore in un momento in cui la Polonia stava uscendo dalla povertà comunista. Dopo essersi stabilito in Inghilterra, ha fatto arrivare sua moglie e i suoi figli dalla Polonia per unirsi a lui. Vivevano modestamente in Inghilterra con il suo unico stipendio, guadagnato lavorando nella sicurezza e facendo i turni notturni. Tanto che si ritiene che l’infarto possa essere stato causato dalla stanchezza accumulata.

La sorella di RS che vive in Inghilterra ha detto alla Bussola Quotidiana di essere convinta che suo fratello sia sopravvissuto a lungo dopo l’infarto grazie a San Giovanni Paolo II. “Quando sono stata informata la prima volta dell'attacco di cuore - racconta - ho ricordato l'immagine di quella foto di mio fratello di soli 17 anni in gita scolastica in Vaticano, che ha incontrato San Giovanni Paolo II. "Quei pochi minuti da sola con Giovanni Paolo II gli hanno lasciato una profonda impressione", dice. "Era molto orgoglioso di quella foto e l'aveva sempre esposta. Credo che se non fosse stato per questo grande santo, mio fratello sarebbe morto già settimane fa quando il tribunale si è pronunciato a favore del Servizio sanitario il 15 dicembre ".
            Lei è convinta che la lotta per la vita di suo fratello sia stata anche una chiamata al mondo per svegliarsi dal torpore e "riconoscere che siamo in una cultura di morte". "Mio fratello voleva vivere - dice -. Penso che le persone possano vedere che è successo qualcosa di terribile nel mondo, se le autorità possono uccidere qualcuno perché è malato. Non mi sarei mai aspettata di assistere a ciò nel XXI secolo in un paese europeo civile”.

Patricia Gooding-Williams

La nuova bussola 25/1/2021

lunedì 25 gennaio 2021

“HO PAURA DI DIO QUANDO PASSA”

FRANCESCO

 ANGELUS della domenica 24/1/2021, terza domenica del tempo ordinario

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il brano evangelico di questa domenica (cfr Mc 1,14-20) ci mostra, per così dire, il “passaggio del testimone” da Giovanni Battista a Gesù. Giovanni è stato il suo precursore, gli ha preparato il terreno e gli ha preparato la strada: ora Gesù può iniziare la sua missione e annunciare la salvezza ormai presente; era Lui la salvezza. La sua predicazione è sintetizzata in queste parole: «II tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (v. 15). Semplicemente. Gesù non usava mezze parole.

(…)

Per ciascuno di noi il tempo in cui poter accogliere la redenzione è breve: è la durata della nostra vita in questo mondo. È breve. Forse sembra lunga... Io ricordo che sono andato a dare i Sacramenti, l’Unzione degli ammalati a un anziano molto buono, molto buono e lui in quel momento, prima di ricevere l’Eucaristia e l’Unzione degli ammalati, mi ha detto questa frase: “Mi è volata la vita”, come per dire: io credevo che fosse eterna, ma… “mi è volata la vita”. 

Così sentiamo noi, gli anziani, che la vita se ne è andata. Se ne va. E la vita è un dono dell’infinito amore di Dio, ma è anche tempo di verifica del nostro amore verso di Lui. Perciò ogni momento, ogni istante della nostra esistenza è un tempo prezioso per amare Dio e per amare il prossimo, e così entrare nella vita eterna.

La storia della nostra vita ha due ritmi: uno, misurabile, fatto di ore, di giorni, di anni; l’altro, composto dalle stagioni del nostro sviluppo: nascita, infanzia, adolescenza, maturità, vecchiaia, morte. Ogni tempo, ogni fase ha un valore proprio, e può essere momento privilegiato di incontro con il Signore. La fede ci aiuta a scoprire il significato spirituale di questi tempi: ognuno di essi contiene una particolare chiamata del Signore, alla quale possiamo dare una risposta positiva o negativa. Nel Vangelo vediamo come hanno risposto Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni: erano uomini maturi, avevano il loro lavoro di pescatori, avevano la vita in famiglia… Eppure, quando Gesù passò e li chiamò, «subito lasciarono le reti e lo seguirono» (Mc 1,18).

Cari fratelli e sorelle, stiamo attenti e non lasciamo passare Gesù senza riceverlo. Sant’Agostino diceva: “Ho paura di Dio quando passa”. Paura di che? Di non riconoscerlo, di non vederlo, di non accoglierlo.

La Vergine Maria ci aiuti a vivere ogni giorno, ogni momento come tempo di salvezza, in cui il Signore passa e ci chiama a seguirlo, ognuno secondo la propria vita. E ci aiuti a convertirci dalla mentalità del mondo, quella delle fantasie del mondo che sono fuochi d’artificio, a quella dell’amore e del servizio.

 

domenica 24 gennaio 2021

IL NITIDO MESSAGGIO DEI VESCOVI AMERICANI AL PRESIDENTE “CATTOLICO”

Dopo che Biden ha giurato come presidente, il Vaticano ha rilasciato  una nota  di Papa Francesco, che affermava: "Prego che le vostre decisioni siano guidate dalla preoccupazione per la costruzione di una società contrassegnata da autentica giustizia e libertà, insieme a rispetto dei diritti e della dignità di ogni persona, specialmente dei poveri, dei vulnerabili e di coloro che non hanno voce”.

Poco dopo l'USCCB (United States Conference of Catholic Bishops) ha pubblicato la dichiarazione  di José H. Gomez , arcivescovo di Los Angeles e presidente della Conferenza. Diceva, fra l’altro:

“Lavorare con il presidente Biden sarà tuttavia unico, poiché è il nostro primo presidente in 60 anni a professare la fede cattolica. In un periodo di secolarismo crescente e aggressivo nella cultura americana, quando i credenti religiosi affrontano molte sfide, sarà rinfrescante impegnarsi con un presidente che comprende chiaramente, in modo profondo e personale, l'importanza della fede e delle istituzioni religiose. La pietà e la storia personale del signor Biden, la sua commovente testimonianza di come la sua fede gli ha portato conforto in tempi di oscurità e tragedia, il suo impegno di lunga data per la priorità del Vangelo per i poveri - tutto questo trovo pieno di speranza e di ispirazione.

“Allo stesso tempo, come pastori, ai vescovi della nazione è affidato il dovere di proclamare il Vangelo in tutta la sua verità e potenza, a tempo e fuori tempo, anche quando quell'insegnamento è scomodo o quando le verità del Vangelo sono contrarie alle indicazioni della società e della cultura dominante. Quindi, devo sottolineare che il nostro nuovo presidente si è impegnato a perseguire determinate politiche che promuoveranno i mali morali e minaccerebbero la vita e la dignità umana, soprattutto nelle aree dell'aborto, della contraccezione, del matrimonio e del genere. Profonda è la preoccupazione per la libertà della Chiesa e dei credenti che vogliono vivere secondo la loro coscienza.

“I nostri impegni sulle questioni della sessualità umana e della famiglia, così come i nostri impegni in ogni altra area - come l'abolizione della pena di morte o la ricerca di un sistema sanitario ed economico che serva veramente la persona umana - sono guidati dal grande comandamento di Cristo di amare e di essere solidali con i nostri fratelli e sorelle, specialmente i più vulnerabili.

“Per i vescovi della nazione, la continua ingiustizia dell'aborto rimane la "priorità preminente". Preminente non significa "solo". Abbiamo profonde preoccupazioni per molte minacce alla vita umana e alla dignità nella nostra società. Ma come insegna Papa Francesco, non possiamo tacere quando quasi un milione di vite non nate vengono messe da parte nel nostro paese anno dopo anno a causa dell'aborto”.

Di fronte a questo documento, il cardinale Cupich, arcivescovo di Chicago rappresentante massimo dell’ultraprogressismo cattolico, ha avuto una reazione furiosa, ed è intervenuto su Twitter per stroncare la dichiarazione di Gomez definita "sconsiderata" e "apparentemente" senza "precedenti". Ma il documento dei vescovi era riferito precisamente ad un Presidente "cattolico” le cui  posizioni pro-aborto, pro "matrimonio gay" e pro-transgenderismo sono state, diciamo, palesemente ovvie a chiunque abbia occhi per vedere e orecchie per sentire.

In un brillante pezzo di agiografia Michelle Boorstein sul Washington Post scrive che Biden, "ha respinto da tempo l'idea che, per lui, la fede deve guidare le politiche

".“Sono pronto ad accettare la dottrina su tutta una serie di questioni come cattolico. … Sono pronto ad accettare come questione di fede - io e mia moglie, la mia famiglia - la questione dell'aborto. Ma quello che non sono disposto a fare è imporre una visione rigida, una visione precisa ... che nasce dalla mia  fede , ad altre persone che sono ugualmente timorate di Dio, altrettanto dedite alla vita ".

L'idea che l'opposizione cattolica all'aborto sia una questione di fede è semplicemente falsa.  L'insegnamento cattolico sull'aborto e la vita è radicato nella scienza, nel buon senso e nella legge naturale, come ha osservato Papa Francesco nel 2019 :

"È legittimo togliere una vita umana per risolvere un problema?" Francesco ha chiesto ai partecipanti a una conferenza vaticana sulla questione,  ripetendo  una delle sue osservazioni più controverse sulla questione. "È lecito usare un sicario per risolvere un problema?"

La decisione di abortire sulla base di informazioni mediche su un feto malato equivale a "eugenetica disumana", ha detto, e nega alle famiglie la possibilità di accogliere i bambini più deboli. Ha sostenuto che l'uso dell'aborto come modalità di "prevenzione" non potrebbe mai essere condonato e che una tale posizione "non ha nulla a che fare" con la fede.

"La vita umana è sacra e inviolabile e l'uso della diagnosi prenatale per scopi selettivi dovrebbe essere scoraggiato con forza", ha detto Francis.

Niente a che vedere con la fede, ha sottolineato il Papa. La cosa veramente perversa è che Biden e altri politici cattolici americani pro-aborto citano effettivamente la loro "fede" come motivo per sostenere l'aborto poiché non vogliono "forzare" la loro "fede" sugli altri. 

Un altro esempio eclatante di questa realtà:  Lunedì, la presidente della Camera Nancy Pelosi ha criticato gli elettori di prolife che hanno votato per Donald Trump sulla questione dell'aborto, dicendo che i loro voti le causano "grande dolore come cattolica" e accusandoli di "essere disposti a vendere l'intera democrazia per quel  problema."


Mons. Salvatore J. Cordileone, Arcivescovo di San Francisco, ha rilasciato la seguente dichiarazione in risposta: “Per iniziare con l'ovvio: Nancy Pelosi non parla per la Chiesa cattolica. Parla come un importante leader governativo di alto livello e come privato cittadino. E sulla questione dell'uguale dignità della vita umana nel grembo materno, parla anche in diretta contraddizione con un diritto umano fondamentale che l'insegnamento cattolico ha costantemente difeso per 2000 anni”.

Una nota finale su quello che ha scritto l’arcivescovo GOMEZ nella lettera sopra riportata:” sarà rinfrescante impegnarsi con un presidente che comprende chiaramente, in modo profondo e personale, l'importanza della fede e delle istituzioni religiose. La pietà e la storia personale del signor Biden,…. Che tipo di pietà, esattamente? Che tipo di fede profonda incoraggia attacchi diretti all'insegnamento cattolico fondamentale sulla vita, la personalità, l'umanità, il matrimonio, la sessualità, la procreazione e molto altro?  Forse  l'approccio è retorico …..

 

 

 

 

sabato 23 gennaio 2021

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: L'OPERA DI PIGI BERNAREGGI

Presentazione sistematica delle fonti

PREFAZIONE DEL CARDINALE ANGELO SCOLA

con il link per scaricare l'opera

1. Un gesto di riconoscenza

In questo tempo di grande travaglio per tutta l’umanità in cui la pandemia del coronavirusci costringe, consapevoli o meno, volenti o no, a stare di fronte alla questione del senso del vivere mi viene chiesto di introdurre questa “Presentazione sistematica delle fonti” della Dottrina Sociale della Chiesa.

Dopo aver esaminato l’opera lo faccio molto volentieri almeno per due ragioni. La prima è la figura del suo autore, Padre Pigi Bernareggi, partito giovane per diventare sacerdote in Brasile dove tutt’ora vive ed opera, dopo aver dedicato 57 anni della sua vita all’azione pastorale prima nelle favelas e poi nel mondo dei senza-tetto di Belo Horizonte (Minas Gerais).

Con Pigi ho frequentato la Facoltà di filosofia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Entrambi allievi di Gustavo Bontadini con cui abbiamo discusso la tesi. Già da allora Pigi si rivelò come un metafisico sopraffino e nella lunga condivisione con uomini poveri, spesso ridotti a scarto nella nostra società, questa sua capacità filosofica si è affinata. Lo documentano gli scritti quasi sempre brevi ed occasionali e lo mostra con evidenza il suo appassionato modo di comunicare, che nasce sempre dallo sguardo di un testimone.

Io gli devo molto. Forse lui non lo sa, ma nell’estate del 1958 in una casa dell’Azione Cattolica situata sulle Dolomiti (Passo Falzarego) Pigi parlò del rapporto tra la persona e la storia di Gesù ed il cristiano in modo tale da risvegliare in me la forza della fede che si era assopita in un formalismo incapace di attrattiva.

Il secondo motivo che mi ha spinto ad accettare la proposta che Padre Pigi mi ha fatto è la decisività della Dottrina Sociale per l’edificazione della vita buona nella società plurale di oggi, soprattutto in tempi di grande prova come l’attuale. (...) 

+ Angelo card. Scola

Arcivescovo emerito di Milano

Imberido di Oggiono, 8 dicembre 2020

Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria

 


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NULLA ANTEPORRE A CRISTO


Ieri, A Belo Horizonte (Brasile) è salito al cielo don Pigi Bernareggi.

Di Lui don Giussani scrisse nel 1999:” è il più grande nome tra i nostri missionari. Ma Pigi è stato anche generatore dei primissimi inizi del Movimento; Pigi per me incarna l’ideale del nostro Movimento in quanto fa rivivere oggi CRISTO come lo vedevano Pietro e Giovanni ieri».

Lo ricordiamo con questa nota scritta di suo pugno per il testo sulla DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA, terminato qualche mese fa e pubblicato on line lo scorso dicembre

Foto di Giorgio Marini
Breve nota autobiografica dell'autore

Sono Pierluigi Bernareggi (Pigi per gli amici).

Sono nato a Milano (Italia) proprio all'inizio della Seconda Guerra Mondiale (6 giugno 1939) mentre Hitler invadeva la Polonia: nonostante la tenera età ho sempre portato in cuore impressioni fortissime del tempo di guerra.

La mia gioventù la ho trascorsa nel “boom” della ricostruzione degli anni 50, a cui si accompagnava la radicale scristianizzazione delle masse giovanili, che però ho avuto la grazia di vivere all'interno della “Gioventù Studentesca” (GS), magnifica esperienza del cristianesimo vissuto in forma di comunità nell’ambiente, prima nella scuola pubblica, e poi all'università.

Quando GS si aprì all'azione missionaria nel mondo, con semplicità accettai di venire a vivere prima il seminario e poi come prete qui in Brasile, a servizio dell'Archidiocesi di Belo Horizonte, nello stato di Minas Gerais.

Quifeci l'affascinante scoperta della presenza di solidarietà cristiana nelle “favelas” (pastorale delle favelas) e nel mondo sofferente e quasi sconosciuto dei “senzatetto” (pastorale dei senza-casa)… Il tutto nel contesto disumano di una tremenda dittatura militare (1964-1988).

Nel 1985 mio padre a Milano si ammalò, ed in pochi mesi mori. Io venni dal Brasile per

accudirlo nel suo fin di vita. Pregai alcuni amici che mi portassero un buon libro da leggere durante le lunghe ore di veglia al capezzale di mio padre. Mi portarono “I Documenti sociali della Chiesa, da Pio IX a Giovanni Paolo II (1864-1982)” Editrice Massimo, 1983, Milano.

Mentre facevo la mia lettura, spontaneamente riviveva tutta l'esperienza di vita tra il terrore della Guerra Mondiale, la violenza della dittatura militare in America Latina, e la convivenza con le lotte del mondo favelado e dei senzatetto in Brasile. Ripensando a tutta la mia formazione universitaria (4 anni all'Università Cattolica di Milano come alunno, e 20 anni all'Università Cattolica di Belo Horizonte come professore) mi resi conto che non avevo mai avuto nessuna formazione sulla Dottrina Sociale della Chiesa - a cominciare dalla sua esistenza!...

Don Ezio Casadei (+ 2015) 
Don Pigi Bernareggi
a Cesena
Tuttavia, vidi che in pratica, senza conoscerla, con gli amici e compagni d'impegno concreto con i problemi quotidiani, avevamo seguito e stavamo seguendo proprio quella Dottrina Sociale!...

Presi allora la ferma risoluzione di realizzare l'edizione di uno strumento di lavoro, che aiutasse chiunque volesse conoscerle, a trovare tutte le fonti originali della Dottrina Sociale della Chiesa, non più sparse nell'immenso universo della dottrina in generale, ma tutte raggruppate secondo i temi principali che alla Chiesa sono più cari nel campo sociale e politico, ed dalla società più necessari.

Non sono uno “specialista”, non sono un “intellettuale” - sono solo un semplice fedele a cui

la Dottrina Sociale della Chiesa fornisce costantemente scopo e senso al suo vivere, e la cui bellezza desidera che si riveli a tutti gli uomini di buona volontà.

 

Belo Horizonte, Brasile.

Convivio Emaús - Ottobre 2020

 

venerdì 22 gennaio 2021

LUCA RICOLFI: IO, EX RENZIANO, CHE CREDEVO NEL SOGNO RIFORMISTA

 Caro Renzi

anche se non ci conosciamo, né ci siamo mai parlati a tu per tu, mi permetto di raccontarle che cosa passa per la testa di un ex-renziano come me. Non sono mai stato iscritto a un partito, e meno che mai al Pd, di cui non mi sono mai piaciuti l’attaccamento al potere e l’ostinato convincimento di rappresentare «la parte migliore del paese».

E tuttavia, quando lei di quel partito cercò di rinnovare la sostanza e il linguaggio, ho fatto una cosa per me del tutto innaturale, ma che allora mi sembrò utile: ho fatto la coda alle primarie, per votare lei, che mi pareva l’unico in grado di modernizzare la cultura politica del campo progressista, di cui mi sono sempre sentito parte.

Poi l’ho vista in azione al governo, e l’ho vista far naufragare il suo stesso progetto di riforma istituzionale. Ho cominciato a pensare che mi ero sbagliato, e che le mie speranze erano state mal riposte. Ma il colpo di grazia è arrivato nel 2019, quando lei si fece promotore della più spregiudicata manovra parlamentare della storia repubblicana: la nascita del governo giallo-rosso.

Attenzione, però. La spregiudicatezza di quella manovra, per me, non risiedeva nel fatto che l’unico collante del nuovo governo fosse il terrore del voto (per i Cinque Stelle) e l’amore per il potere (per il Pd). E nemmeno nel fatto che lei promuoveva un’alleanza, quella con il partito di Grillo, che fino ad allora aveva escluso, e che inevitabilmente avrebbe snaturato il suo Pd, spegnendone ogni residua vocazione riformista e modernizzatrice.

No, per me la spregiudicatezza sta nella giustificazione che di quella manovra lei volle dare. Allora lei si oppose strenuamente alle elezioni anticipate soprattutto con un argomento, ovvero il rischio che Salvini potesse assumere «i pieni poteri». Di fronte a quel rischio si poteva, anzi si doveva, anche digerire il rospo-Cinque Stelle.

Ebbene, quella giustificazione non sta in piedi. Quella giustificazione è solo il frutto di una consapevole e non scusabile manipolazione della realtà, o meglio delle parole altrui. 
La terribile invocazione dei pieni poteri è la seguente: «Non sono nato per scaldare le poltrone. Chiedo agli italiani, se ne hanno voglia, di darmi pieni poteri. Siamo in democrazia, chi sceglie Salvini sa cosa sceglie».

Credo che chiunque non sia accecato dall’odio o dall’ideologia sa riconoscere, in una dichiarazione del genere, quel che è sempre stato il sogno irrealizzato di tutti i grandi partiti, o meglio di tutti i partiti di maggioranza relativa: avere il 51% dei seggi parlamentari, per poter realizzare il programma su cui hanno chiesto il voto ai cittadini.

Era stato il sogno della Dc di De Gasperi (ai tempi della cosiddetta legge truffa: 1953), è stato il sogno di Berlusconi, quando i “cespugli” del centro-destra gli impedivano di attuare la “rivoluzione liberale” promessa. Ma è stato anche il sogno del Pd, quando Veltroni parlava di «vocazione maggioritaria» e sognava una legge elettorale capace di individuare un vincitore. Ed è stato pure il sogno di Renzi, quando guidava un partito del 41%, e diceva che non importava quale legge elettorale si fosse scelta, purché la sera delle elezioni si sapesse chi aveva vinto.

Perché dunque quel che tanti leader avevano chiesto non poteva essere chiesto da Salvini? Per questa domanda ci sono una serie di risposte ideologiche pronte, precotte e premasticate: perché Salvini ci avrebbe portati fuori dall’euro; perché Salvini avrebbe aumentato l’Iva; perché Salvini avrebbe instaurato una dittatura, o una quasi-dittatura (se no, perché temere i pieni poteri?).

Ma la risposta vera, secondo me, è un’altra, ed è drammatica: la sinistra, il campo progressista, ancora oggi (anno di grazia 2021) non ha raggiunto la maturità democratica. Che consiste nel trattare l’avversario politico come avversario, e non come nemico della democrazia.

Nel considerare se stessi come portatori di un progetto politico, anziché come depositari esclusivi del bene comune.

Nella fiducia di poter combattere gli avversari con la forza delle idee, anziché cercando ogni volta di evitare il ricorso alle urne, quasi che noi progressisti, le molte idee di Salvini che non condividiamo, non fossimo in grado di sconfiggerle in campo aperto. 

Ci aveva provato un po’ Veltroni, a rispettare l’avversario, ma non ce l’ha fatta nemmeno lui a cambiare il dna del Pd.

Anche per responsabilità della cosiddetta società civile che – attraverso appelli, girotondi e sardine varie – ha ritenuto di dover gridare al pericolo per la democrazia ogni qualvolta all’orizzonte si è profilato il rischio che a vincere non fossimo noi, i “sinceri democratici”, unici interpreti degli interessi generali del Paese, unico presidio contro le tentazioni autoritarie della destra. 

Ora lei, caro Renzi, da qualche mese viene piagnucolando che quota 100 è una follia, il reddito di cittadinanza un obbrobrio, l’azione del governo inesistente, i progetti di utilizzo dei fondi europei imbarazzanti, l’economia allo sbando, la gestione dell’epidemia catastrofica, lo stile di governo improntato a vanità e spregio delle istituzioni. E mille altre cose ripete, per lo più sacrosante, e per cui si è deciso ad aprire una crisi di governo.

Ma io le faccio un’unica domanda: non lo sapeva, quando ha bussato alla porta di Zingaretti per proporre il patto incestuoso con i Cinque Stelle, che così avrebbe dissolto in un colpo solo il progetto da cui il Partito democratico era nato, e di cui lei era diventato l’interprete più brillante e coraggioso?

Non so perché, un anno e mezzo fa, lei si decise a ingoiare il rospo, e a ingoiarlo ancora vivo e vegeto. Capisco che le sia rimasto sullo stomaco, e non l’abbia digerito ancora oggi. Ma quando lei denuncia i limiti dell’azione di governo sta solo constatando una verità ovvia, che pare stupire solo lei: i Cinque Stelle sono i Cinque Stelle, e quindi fanno i Cinque Stelle. Come direbbe Gertrude Stein: una rosa è una rosa è una rosa è una rosa.

Che cosa si aspettava? Che il Pd rieducasse i Cinque Stelle? Che nell’alleanza fra un partito non ancora pienamente riformista come il Pd e un partito populista e giustizialista come il partito di Grillo sarebbe stato il mite Zingaretti a prevalere? O che bastasse Italia viva a rieducare entrambi?

La realtà, temo, è che in Italia il sogno di una sinistra riformista - egualitaria e modernizzatrice - è tramontato definitivamente. Lei, è il momento di prenderne atto, a questo tramonto ha dato un contributo significativo. Ed è tristemente emblematico che i giorni di questa crisi, che hanno visto il trionfo del trasformismo e l’umiliazione di quel che resta del riformismo progressista, siano gli stessi in cui Emanuele Macaluso, il più coerente e sincero dei riformisti, ci ha lasciato per sempre. Quasi a segnare, con questa coincidenza di tempi, il passaggio di testimone fra due mondi e due epoche.

Peccato. Perché quel sogno aveva un senso, e alcuni di noi ci avevano creduto e lavorato. Ora tutto è più difficile, e addolora il fatto che a seppellire quel sogno sia stato proprio chi, di quel sogno, era stato l’ultimo e più incisivo interprete.
 

https://www.ilmessaggero.it/editoriali/primopiano/matteo_renzi_luca_ricolfi_lettera-5716112.html