lunedì 11 gennaio 2021

GLI OLIGARCHI DEL WEB E LA DISSOLUZIONE DELLA DEMOCRAZIA

Eugenia Roccella

In queste ore sul web è in atto una vera e propria pulizia etnica, non nei confronti dei trumpisti, ma di qualunque opinione dissenziente



Ho sempre amato gli Usa. Sarà perché da piccola ho frequentato una scuola americana, sarà perché mi piace il mito eroico dell’uomo normale – dal cowboy solitario di Alan Ladd al John Doe di Frank Capra -, mi piace la fiducia nelle possibilità di ciascuno di costruire il proprio destino, e soprattutto mi piaceva la democrazia americana, fondata su una costituzione che parla di felicità e libertà.

E’ per questo che assistere al declino americano, vedere come è ridotto oggi quel grande Paese mi fa tristezza e paura. Una democrazia malata, snaturata, irriconoscibile, che non ha più orgoglio né consapevolezza di sé. Un sistema di rappresentanza clamorosamente permeabile a confusioni e pasticci elettorali (ma quale forza politica, in Italia, si fiderebbe del voto postale? Chi lo accetterebbe, chi se ne sentirebbe sufficientemente garantito? Chi non darebbe per scontata la possibilità di brogli?), condizionato in modo pesantissimo dai padroni del web, che contano ormai più dei vecchi “poteri forti” economici e finanziari.

Una democrazia in cui le campagne elettorali le fanno i flussi abnormi di denaro e le disfano Twitter, Facebook, Google e simili, che si permettono di cancellare, chiudere, far sparire informazioni e voci quando e come preferiscono, senza dover spiegare nulla a nessuno, censurando anche il presidente degli Stati Uniti.

Un Paese in cui un presidente regolarmente eletto ha potuto contare sulla ostilità omogenea e sfacciata di tutti i media (tutti, non esclusi quelli di area repubblicana), e per farsi ascoltare, per raggiungere i suoi elettori, ha dovuto alzare i toni, inventarsi formule di immediato impatto comunicativo.

Un Paese ormai preda di minoranze violente che non rivendicano diritti per sé ma mirano a distruggere la storia, la cultura e l’identità di un popolo, a calpestare una libertà di espressione che era il vanto della democrazia americana.

In queste ore sul web è in atto una vera e propria pulizia etnica, non nei confronti dei trumpisti, ma di qualunque opinione dissenziente. Il livello di repressione e controllo, negli Usa campioni di libertà, non è molto dissimile, ormai, da quello in vigore in Cina, sia pure con metodi diversi.

Dalla periferia dell’ex impero noi osserviamo e commentiamo gli eccessi trumpiani con perbenismo scandalizzato, senza renderci conto che giudichiamo spesso da disinformati, perché vittime di un sistema mediatico imbarazzante per la sua cieca parzialità. Poco o nulla sappiamo di che cos’è oggi davvero l’american way of life, di come si entra, come si studia e si vive in una università negli Usa, di come agisce sul lavoro e nelle imprese il controllo sulla libertà di opinione, attraverso la minaccia di cause e licenziamenti.

Trump ha vinto le elezioni precedenti solo perché nessuno se lo aspettava, perché il sistema non si era organizzato, non aveva preso reali contromisure, non potendo davvero credere che la finanziatissima e appoggiatissima signora Clinton potesse perdere. Trump è stato l’unico a sapere davvero sparigliare, a muoversi fuori dallo stretto spazio ormai lasciato ai politici, repubblicani o democratici che siano, perché era ed è un outsider, ed è stato votato come tale.

La distanza più profonda, incolmabile e ormai visibile a tutti, oggi non è tra democratici e repubblicani, ma tra élite e popolo, anche se, bisogna dirlo, le élite democratiche sono più ciniche e sprezzanti.

Trump, come ha scritto anche Michel Houellebecq, è stato un grande presidente, l’unico che ha provato davvero a far tornare l’America quella che era, a farla “great again”, dimostrando un coraggio da leone. La storia forse si incaricherà di certificare il ruolo fondamentale e innovativo della sua presidenza, ma la mia paura è che mentre noi ironizziamo sui trumpisti con le corna in testa, le democrazie occidentali restino un guscio fragile, sempre più vuoto.

L’OCCIDENTALE

9 GENNAIO 2021

 

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