venerdì 1 gennaio 2021

È NELLA CRISI DELLA FIGURA DEL PADRE E DELL'AUTORITÀ CHE SI ORIGINA LA CRISI DELLA FEDE

IL CRISTIANESIMO IN EUROPA E LA RESPONSABILITA’ DEL SUO POPOLO

MONS. MASSIMO CAMISASCA

Esteriormente ciò che più mi colpisce nelle celebrazioni liturgiche di questo santo Natale è l'esiguità della partecipazione. Le messe sono poche, la possibilità di essere presenti è contingentata, sembra vincere la paura di un possibile contagio.

Essa appare più forte della stessa fede che reclamerebbe la presenza fisica a un momento così essenziale per la vita quale il raduno della comunità che celebra il grande evento dell'Incarnazione e della nascita del Verbo.


Giovanni Gagini 1457 "Adorazione dei Magi"

La paura è più forte della fede? A quali considerazioni ci può portare questa domanda? Evidentemente l'esperienza della fede di molte nostre comunità è rimasta acerba, non è in grado di dare risposte adeguate ai problemi presenti; oppure fragile, incapace di superare le emozioni. La catechesi di questi ultimi settant'anni si sta rivelando inadeguata. Forse troppo poco radicata nelle questioni essenziali.

Il mio sguardo, naturalmente, si rivolge soprattutto all'Europa, dove la mondanizzazione della Chiesa sta provocando, ormai da tempo, una trasformazione molto profonda della vita dell'uomo europeo. Quando leggo certi salmi nella preghiera del mattino e della sera li sento estremamente riferiti a questo nostro momento: "Considera l'umiliazione del tuo popolo... muoviti a pietà dei tuoi servi" (Sal 88).

Gesù nasce ancora in Europa? Tutte queste considerazioni, che provocano in me una certa tristezza, non sono però certamente fonte di disperazione. Quanto più approfondisco, attraverso lo studio, la storia della Chiesa, tanto più mi appare chiaro che la significatività della sua presenza dipende dalla fede del popolo e dal disegno di Dio, dalla sua grazia.

La fede non è un dato meccanico, assicurato una volta per sempre. Essa è come un fuoco: se non è alimentato, si spegne. Può durare anche tutta una notte; poi si riduce a delle braci, ancora accese, che danno l'illusione del calore e della luce. Poi torna il buio. Così è accaduto in tantissime regioni del mondo. Philip Jenkins ha scritto nel 2008 un libro di supremo interesse: La storia perduta del cristianesimo (pubblicato in Italia nel 2016 dalla Emi). Le sue ricerche sono sempre illuminanti e nuove. Talvolta non condivido le conclusioni a cui giungono, ma sempre mi invitano a riflettere. "In diverse occasioni il cristianesimo è stato distrutto in regioni dove esso aveva prosperato", sostiene Jenkins. E questo perché la sua penetrazione nei cuori degli uomini non aveva radici profonde. Perché è scomparso per esempio da tutto il Nord Africa, tranne che in Egitto? Perché, secondo lo storico americano, mentre la sua diffusione in Algeria, in Tunisia, ecc. si era limitata ad alcune parti del popolo, in Egitto, attraverso il monachesimo, era penetrato più profondamente nella cultura popolare, che aveva trasformato dall'interno. Fa riflettere questa sua osservazione. Analogamente all'opera del monachesimo latino, per Jenkins, il monachesimo copto ha svolto un compito di salvezza - non voluto, ma realizzato - della fede e della cultura del popolo.

Queste considerazioni, tuttavia, non sono sufficienti a spiegare la crisi della fede in Europa. Qui, forse più che in ogni altra terra, il cristianesimo ha infatti radici storiche e culturali profondissime. Eppure il suo radicamento antico nella nostra cultura, non cancella ma rende cruciale la responsabilità di ogni generazione. Tutto il percorso della storia di un popolo ha bisogno di rinascere ed essere rivissuto nel microcosmo di ogni generazione di uomini e donne.

C'è bisogno di padri che sappiano trasmettere le ragioni e la bellezza della fede ai figli; di pastori che sappiano proporre al popolo un'esperienza di comunione autentica.

La crisi della figura del padre e dell'autorità, iniziata negli anni Sessanta, è il vero punto critico a cui guardare per comprendere ciò che sta accadendo ora.

Mi auguro che l'iniziativa del Santo Padre di dedicare quest'anno alla figura di san Giuseppe, possa contribuire a illuminare l'importanza cruciale della paternità nella trasmissione della vita e della fede. Abbiamo tutti bisogno di padri che generino e custodiscano focolari che, con la loro luce e il loro calore, attraggano i nostri giovani e le nostre famiglie, permettendo un'esperienza reale e affettiva della fede.

Mons. Massimo Camisasca Vescovo di Reggio Emilia e Guastalla

Tratto da ILFOGLIO

23 dicembre 2020


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