Diversi leader dell'Azione Cattolica degli anni Settanta hanno dato le ragioni di quella che hanno chiamato «scelta religiosa». Paragonandola con quella che è stata la coscienza del movimento di CL in quegli stessi tempi si riesce a cogliere la novità e l’urgenza a cui ci ha sempre educato don Giussani.
(un post di Cultura Cattolica del 2015)
Questa è la
testimonianza di Vittadini al Meeting fatta il 25 agosto 2007,
presentando il libro “Certi di alcune
grandi cose”: «Io mi ricordo, questo lo racconto sempre, che io arrivavo
presto in Università Cattolica, sette e tre quarti, ma anche perché dopo un po’
arrivava Giussani. E Giussani, che beveva il suo Fernet al bar, la cosa che
guardava era se avevamo messo fuori i cartelli. E se non avevamo messo fuori i
cartelli, arrivava in aula come una furia: bisognava essere attenti. Il problema non era un gruppo politico, il
problema era l’idea che una realtà che c’è, che è presenza, giudica la realtà:
“non potete non guardar la realtà, dove siete oggi?”. Quindi capite, questa passione
al giudizio era la stessa cosa della vita…»
E queste sono le ragioni della «scelta religiosa»:
La nostra scelta religiosa non è qui né in altri campi una forma di comodo
disimpegno. Essa ci impegna, anzi, a un
compito di formazione delle coscienze, di richiamo ai valori, di educazione
alla responsabilità che solleciti la coscienza cristiana e proponga a ogni
coscienza di uomo il diritto e dovere di sostenere, promuovere, far crescere
ogni valore umano. Ma l’associazione non si sostituisce, nella scelta dei mezzi
indispensabili per sostenere e promuovere quei valori, alla responsabilità personale dei suoi soci.
In questo caso concreto essa impegna ciascuno a prendere coscienza della
propria responsabilità, in rapporto a un punto così grave del bene comune della
famiglia e della società, ma non impone a nessuno di promuovere il referendum”.
(Vittorio Bachelet, intervista ad Avvenire, 16 febbraio 1971)
“Di fronte a questo mondo che cambia, di fronte alla crisi di valori, nel
cambiamento del quadro sociale e culturale, forse con una intuizione
anticipatrice, o comunque con una nuova consapevolezza l’AC si chiese su cosa
puntare. Valeva la pena correre dietro a
singoli problemi, importanti, ma consequenziali, o puntare invece alle radici?
Nel momento in cui l’aratro della storia scavava a fondo rivoltando
profondamente le zolle della realtà sociale italiana che cosa era importante?
Era importante gettare seme buono, seme valido. La scelta religiosa – buona o cattiva che sia l’espressione – è
questo: riscoprire la centralità dell’annuncio di Cristo, l’annuncio della fede
da cui tutto il resto prende significato. Quando ho riflettuto a queste
cose e ho tentato di esprimerle ho fatto riferimento a S. Benedetto che in un
altro momento di trapasso culturale trovò nella
centralità della liturgia, della preghiera, della cultura il seme per cambiare
il mondo, o – per meglio dire – per conservare quello che c’era di valido
dell’antica civiltà e innestarlo come seme di speranza nella nuova. Questa è la
scelta religiosa”. (Vittorio Bachelet)
La scelta religiosa, non fu una presunzione, né un’evasione spiritualistica.
Nacque da un giudizio storico, severo e radicale. Nacque dalla convinzione che il regime di cristianità fosse avviato ad
un irreversibile tramonto e che, piuttosto che tentare restaurazioni –
impossibili e neppure desiderabili – convenisse piuttosto prepararsi ai tempi
nuovi ripartendo dalle fondamenta, dal nucleo essenziale della fede, dalla fede
nuda e pura (Giuseppe Dossetti)
Per scelta religiosa dell’ACI si intende l'inizio di un nuovo modello di
associazionismo ecclesiale, alla luce del Concilio al servizio della comunità
ecclesiale e dei suoi Pastori, affidato con metodo democratico alla
responsabilità dei laici, radicato nelle realtà locali, avente come finalità primaria la formazione di laici cristiani lungo
l'arco di ogni età, che conseguono la loro azione nella Chiesa e nella
società in forma aggregata. Essa intese gettare un ponte tra l'appartenenza alla città di Dio nella sua concretezza
locale e la partecipazione da cristiani alla città dell'uomo, anche questa
individuata nella specificità di tempo e di luogo. La scelta religiosa
abbandonò negli anni ’60 il collateralismo politico con il partito della DC,
pur riconoscendo in esso il riferimento ai valori umani sorretti
dall’ispirazione cristiana, lo sforzo di mediazione per la laicità della
politica e la presenza di donne e uomini formatisi nella stessa ACI. Contribuì a distinguere l'ambito ecclesiale
da quello politico partitico, mirò a liberare la Chiesa dal coinvolgimento in
politica, affermò il valore della laicità cristiana esercitata in forma
individuale e collettiva. In sostanza fu la scelta associativa per un laicato
conciliare e per una cittadinanza cristianamente ispirata e laicamente declinata”.
(Alberto Monticone, Scelta religiosa dell’Azione Cattolica e il
cattolicesimo italiano)
TRATTO DA CULTURA CATTOLICA ottobre 2015
Don Gabriele Mangiarotti
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