venerdì 30 settembre 2022

DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE NEL MOTTO "DIO, PATRIA, FAMIGLIA" VEDONO UN RIGURGITO FASCISTA.


Rodolfo Casadei

Il tormentone non finirà con la campagna elettorale. Lo si capisce dai primi dibattiti post-elettorali: il motto “Dio, patria, famiglia” continuerà ad essere rinfacciato a Giorgia Meloni e verosimilmente al prossimo esecutivo italiano che avrà la fiducia del suo partito come la prova di una continuità ideale col fascismo e di una palese volontà reazionaria.

E' successo anche lunedì sera a Quarta Repubblica, la trasmissione televisiva di Nicola Porro, dove Valentina Furlanetto (Il Sole 24 Ore e Radio24) ha di nuovo sottolineato che il credo della leader di Fratelli d’Italia è in realtà uno slogan del passato regime fascista. A poco è servito che un solitamente mite Alessandro Campi si inalberasse e le ricordasse che in realtà il motto è mazziniano, dunque risorgimentale. La giornalista della stampa finanziaria non ha affatto battuto in ritirata, e ha rilanciato affermando che dei tre termini quello più problematico è “Dio”, che non dovrebbe avere nulla a che fare con la politica, che dovrebbe restare una questione privata, perché «non siamo in una repubblica islamica».

A sentire questa cosa cadono le braccia non solo a Campi (ex consigliere di Gianfranco Fini), ma anche a Federico Rampini, che in collegamento dagli Usa ha testimoniato che il motto “Dio, patria, famiglia” è pane quotidiano della maggior parte degli esponenti del Partito Repubblicano, che islamici non sono. Ma in realtà non c’è nessun bisogno di andare fino in America (dove Dio è menzionato pure sulle monete e sulle banconote): costituzioni di paesi europei che fanno parte della Ue onorano il nome dell’Altissimo e lo menzionano nei loro preamboli.

E non parliamo soltanto della “famigerata” costituzione ungherese del 2011, che si apre con l’invocazione “Dio benedica gli ungheresi” e si conclude con la frase «Noi, i membri del Parlamento eletto il 25 aprile 2010, essendo consapevoli della nostra responsabilità davanti a Dio e agli uomini e nell’esercizio del nostro potere costituzionale, adottiamo la presente a che sia la prima Legge fondamentale unitaria di Ungheria».

Ben prima che Viktor Orban diventasse primo ministro ungherese, che il suo partito Fidesz vincesse elezioni in serie, e che Bruxelles lo accusasse di non rispettare tutte le salvaguardie dello Stato di diritto, le costituzioni di paesi grandi e piccoli d’Europa – cioè le leggi fondamentali degli stati europei – facevano posto a Dio nei loro propositi.

La costituzione tedesca, promulgata nel maggio del 1949, comincia con parole quasi identiche a quelle della costituzione ungherese del 2011: «Consapevole della propria responsabilità davanti a Dio e agli uomini, animato dalla volontà di servire la pace nel mondo in qualità di membro di eguale diritti di un’Europa unita, il popolo tedesco ha adottato, in forza del suo potere costituente, questa Legge fondamentale».

La Costituzione irlandese non si limita a invocare Dio, ma dichiara che la fonte della sua autorità è la Trinità: «Nel Nome della Santissima Trinità, dalla Quale origina ogni autorità e alla Quale si devono ispirare, quale nostro fine ultimo, tutti gli atti sia degli uomini che degli Stati, Noi, il popolo dell’Eire, riconoscendo con umiltà tutti i nostri doveri nei confronti del nostro Divino Signore, Gesù Cristo, che ha sorretto i nostri padri nel corso dei secoli. (…) Adottiamo, decretiamo e doniamo a noi stessi la presente Costituzione».

 Protestanti e ortodossi in giro per il continente non sono da meno. In Danimarca l’articolo 4 della costituzione stabilisce che «La Chiesa evangelica luterana è la Chiesa nazionale danese ed è, in quanto tale, sovvenzionata dallo Stato», e l’articolo 6 statuisce che «Il Re deve appartenere alla Chiesa evangelica luterana».

La costituzione greca entrata in vigore nel 1975 non è più emanata nel nome della Santa Trinità Consustanziale e Indivisibile, come quella del 1844, ma tuttavia all’articolo 3 recita: «La religione predominante in Grecia è quella della Chiesa orientale ortodossa cristiana. La Chiesa greco-ortodossa, riconoscendo come capo Nostro Signore Gesù Cristo, è indissolubilmente unita, quanto al dogma, alla Grande Chiesa di Costantinopoli ed a tutte le altre Chiese cristiane ortodosse con la medesima dottrina, osservando immutabilmente, come le altre Chiese, i santi canoni apostolici e sinodali, nonché le sante tradizioni. (…) Il testo delle Sante Scritture è inalterabile. La sua traduzione ufficiale in un’altra lingua, senza il consenso preventivo della Chiesa autocefala di Costantinopoli, è vietata».

Per quanto riguarda i riferimenti a Dio, la costituzione della Polonia post-comunista (1997) è, come si dice oggi, inclusiva. Nel suo preambolo leggiamo: «Noi, la Nazione Polacca – tutti cittadini della Repubblica, sia quelli che credono in Dio come sorgente di verità, giustizia, bene e bellezza, sia quelli che non condividono tale fede, ma rispettano quei valori universali che vengono da altre fonti, (…) Stabiliamo con questo scritto la Costituzione della Repubblica di Polonia come legge fondamentale dello Stato, basata sul rispetto della libertà e della giustizia, della cooperazione tra i poteri statali, il dialogo sociale e il principio di sussidiarietà nel rafforzamento dei poteri dei cittadini e delle loro comunità».

Naturalmente le costituzioni di questi paesi, come pure quelle degli altri paesi della Ue, prevedono tutte articoli a protezione della libertà religiosa, che consentono ai cittadini di praticare culti diversi da quello ufficiale o di maggioranza, o di non avere religione alcuna. Non li citiamo per non appesantire il testo.

Dunque riferimento a Dio, ai doveri verso di Lui e verso la religione, convivono con il riconoscimento della libertà di culto, ovvero della libertà di religione o di irreligione. Non è una convivenza estrinseca, ma un’implicazione reciproca e necessaria, perché i riferimenti a Dio delle costituzioni europee (e di quella americana) non sono funzionali a gettare le basi di una teocrazia, a legittimare sacralmente il potere. Servono la funzione opposta: relativizzare il potere degli uomini che si assumono il governo di una nazione, desacralizzare il potere umano.

 Rodolfo Casadei

tratto da Tempi

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