CANCELLARE LE RADICI CRISTIANE CHE SONO ALLA BASE DELL'EUROPA E DELLA NOSTRA IDENTITÀ.
IL DOCUMENTO
INTERNO DELLA COMMISSIONE: BASTA RIFERIMENTI RELIGIOSI E NOMI CRISTIANI: VIETATO DIRE "NATALE" E
PERFINO CHIAMARSI MARIA.HELENA DALLI
Se ce lo avessero raccontato e non lo
avessimo letto nero su bianco in una comunicazione ufficiale della Commissione
europea, non ci avremmo creduto perché i contenuti delle nuove linee guida per una «comunicazione inclusiva» hanno
dell'incredibile.
In un documento per circolazione interna
di cui Il Giornale è entrato in possesso in esclusiva intitolato #UnionOfEquality. European Commission
Guidelines for Inclusive Communication, vengono indicati i criteri da
adottare per i dipendenti della Commissione nella comunicazione esterna ed
interna. Come scrive nella premessa il Commissario per l'uguaglianza, la
maltese Helena Dalli «dobbiamo sempre
offrire una comunicazione inclusiva, garantendo così che tutti siano apprezzati
e riconosciuti in tutto il nostro materiale indipendentemente dal sesso, razza
o origine etnica, religione o credo, disabilità, età o orientamento sessuale».
Per farlo la Commissione europea indica
una serie di regole che non solo cancellano convenzioni e parole usate da
sempre ma contraddicono il buon senso.
Vietato utilizzare nomi di genere come «operai o poliziotti» o usare il pronome
maschile come pronome predefinito, vietato organizzare discussioni con un solo
genere rappresentato (solo uomini o solo donne) e ancora, vietato utilizzare
«Miss o Mrs» a meno che non sia il destinatario della comunicazione a
esplicitarlo. Ma non è finita: non si può iniziare una conferenza rivolgendosi
al pubblico con la consueta espressione «Signori e signore» ma occorre
utilizzare la formula neutra «cari colleghi».
Il documento si sofferma su ambiti specifici come il «gender», «Lgbtiq», i temi «razziali ed etnici» o le «culture, stili di vita e credenze» con una tabella che indica cosa si può o meno fare basata sulla pretesa di regolamentare tutto creando una nuova lingua che non ammette la spontaneità: «Fai attenzione a non menzionare sempre prima lo stesso sesso nell'ordine delle parole, o a rivolgerti a uomini e donne in modo diverso (ad esempio un uomo per cognome, una donna per nome)»; e ancora «quando scegli le immagini per accompagnare la tua comunicazione, assicurarsi che le donne e le ragazze non siano rappresentate in ambito domestico o in ruoli passivi mentre gli uomini sono attivi e avventurosi».
Una volontà di cancellazione del genere
maschile e femminile che raggiunge livelli paradossali quando la Commissione
scrive che bisogna evitare di usare espressioni come «il fuoco è la più grande
invenzione dell'uomo» ma è giusto dire «il fuoco è la più grande invenzione
dell'umanità». È evidente che dietro la ridefinizione del
linguaggio si celi la volontà di cambiare la società europea, le nostre usanze
e tradizioni come emerge dal capitolo dedicato alle «culture, stili di vita o
credenze». La Commissione europea ci tiene a sottolineare di
«evitare di considerare che chiunque sia cristiano» perciò «non tutti celebrano
le vacanze natalizie (...) bisogna essere sensibili al fatto che le persone
abbiano differenti tradizioni religiose». C'è però un'enorme differenza tra il
rispetto di tutte le religioni e vergognarsi o cancellare le radici cristiane che sono alla base
dell'Europa e della nostra identità.
In nome dell'inclusività la Commissione
europea arriva a cancellare il Natale
invitando a non utilizzare la frase «il periodo natalizio può essere
stressante» ma dire «il periodo delle vacanze può essere stressante». Una
volontà di eliminare il cristianesimo che si spinge oltre con la
raccomandazione di usare nomi generici invece di «nomi cristiani» perciò,
invece di «Maria e Giovanni sono una coppia internazionale», bisogna dire
«Malika e Giulio sono una coppia internazionale». Fino ad arrivare allo sprezzo
del ridicolo che impone di contrastare la connotazione negativa di parole come
colonialismo: vietato dire «colonizzazione di Marte» o «insediamento umano su
Marte», meglio affermare «inviare umani su Marte». Quando la tragedia lascia lo
spazio alla farsa.
FRANCESCO GIUBILEI
IL GIORNALE
28 Novembre 2021
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