giovedì 11 luglio 2013

LA TONNARA DELLE RIFORME

LA TECNICA è quella della tonnara. Vent’anni di processi e di porte chiuse alle spalle da sentenze di condanna, hanno condotto l’imputato Berlusconi sulla soglia dell’ultima istanza giudiziaria. L’equivalente di quella che nelle tonnare è la camera della morte. Difficile interpretare diversamente il galoppo verso la sentenza del processo Mediaset deciso a sorpresa dalla Cassazione per scongiurare il rischio di prescrizione di una porzione del reato contestato (frode per circa due milioni su due annualità fiscali).

PRESCRIZIONE sufficiente a scongiurare la pena accessoria dell’espulsione dalla vita politica del leader del centrodestra. Non convincono le tesi (quanto minoritarie…) di quanti considerano il colpo di acceleratore della Suprema Corte nient’altro che la parata preventiva delle stoccate che una sentenza di assoluzione porterebbe con sé. L’ultimo atto della tonnara giudiziaria è troppo simile al primo, per non ravvisarvi un riscontro calligrafico. Il giornale di Milano che ha messo in moto la Cassazione, è lo stesso che nel 1994 preannunciò l’avviso di reato che stava per essere recapitato al presidente del Consiglio nel bel mezzo di un vertice internazionale, rovinandogli la festa per la prima vittoria elettorale. Dicono che il galoppo degli ermellini sia dispiaciuto al presidente della Repubblica quasi quanto a Berlusconi. E si capisce. E’ un sogno dire che i guai giudiziari di uno dei due pilastri parlamentari della stabilità politica non pregiudica la sorte del governo Letta. Nella realtà, la condanna di Berlusconi passata in giudicato, con tanto di interdizione dai pubblici uffici, seguita dalla votazione al Senato per la decadenza dal mandato parlamentare, si abbatterebbe sugli equilibri politici con la forza di uno tsunami.

LA TENTAZIONE di passare all’incasso della rendita elettorale sarebbe irresistibile per tutti. La destra può fare assegnamento sull’effetto “cane bastonato”, per tentare una rivincita simbolica offerta al Cavaliere atterrato. La sinistra può mettere alla prova le qualità di acchiappavoti attribuite a Matteo Renzi. In ogni caso crollerebbe il castello di carte eretto dal presidente Napolitano per surrogare con le “larghe intese” l’inesistente maggioranza politica. Con esso crollerebbe anche la speranza di una unione provvidenziale capace di fare le riforme. Se il presidente è afflitto ha certo il suo perché, per scarsa che sia la simpatia che prova per Berlusconi. Ma bisognerà pur chiedersi come mai, da molti anni, in questo Paese, tutti i progetti marciscano prima di arrivare a maturazione.

Franco Cangini da “ilrestodelcarlino” 11 luglio.

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