
Di Aparecida Francesco ha apprezzato «l'intreccio fra i lavori dei Pastori e la fede semplice dei pellegrini, sotto la protezione materna di Maria». I vescovi non si limitarono a parlare dei fedeli: parlarono con i fedeli, non quelli di qualche commissione pastorale ma il popolo quotidiano dei pellegrinaggi. Un popolo che anzitutto andava a trovare la Madonna. «La Chiesa, quando cerca Cristo bussa sempre alla casa della Madre e chiede: “Mostraci Gesù”. È da Lei che si impara il vero discepolato. Ed ecco perché la Chiesa va in missione sempre sulla scia di Maria».
Maria «ha amato ed educato Gesù», e oggi il Papa le chiede di educare i giovani della GMG, di aiutare «noi, i Pastori del Popolo di Dio, i genitori e gli educatori, a trasmettere ai nostri giovani i valori che li rendano artefici di una Nazione e di un mondo più giusti, solidali e fraterni». Dividendo come fa molto spesso la sua omelia in tre parti, Papa Francesco ha affermato che la GMG educa i giovani proponendo loro tre «atteggiamenti: mantenere la speranza, lasciarsi sorprendere da Dio e vivere nella gioia».
Primo atteggiamento: mantenere la speranza.
Partendo da una lettura della Messa, il Papa è tornato a parlare - anche questo è un suo tema ricorrente - del diavolo, evocando «una scena drammatica: una donna – figura di Maria e della Chiesa – viene perseguitata da un Drago - il diavolo - che vuole divorarne il figlio». Eppure «la scena non è di morte, ma di vita, perché Dio interviene e mette in salvo il bambino». Il drago alla fine non può prevalere su Maria. Questa è la lezione per noi: le circostanze storiche, e anche il diavolo, ci mettono di fronte a tante difficoltà, ma «per quanto grandi possano apparire, Dio non lascia mai che ne siamo sommersi».
Oggi è normale lo «scoraggiamento che potrebbe esserci nella vita, in chi lavora all’evangelizzazione oppure in chi si sforza di vivere la fede come padre e madre di famiglia». Ma allo scoraggiamento non bisogna cedere. «Non perdiamo mai la speranza! Non spegniamola mai nel nostro cuore! Il “drago”, il male, c’è nella nostra storia, ma non è lui il più forte. Il più forte è Dio, e Dio è la nostra speranza!».
Perché spesso lo scoraggiamento prevale? Perché, risponde Francesco, «oggi un po’ tutti, e anche i nostri giovani sentono il fascino di tanti idoli che si mettono al posto di Dio e sembrano dare speranza: il denaro, il successo, il potere, il piacere. Spesso un senso di solitudine e di vuoto si fa strada nel cuore di molti e conduce alla ricerca di compensazioni, di questi idoli passeggeri». Gli adulti qualche volta causano o favoriscono la corsa agli idoli dei giovani, ritenendo che abbiamo «bisogno solo di cose». Ma non è così: «hanno bisogno soprattutto che siano loro proposti quei valori immateriali che sono il cuore spirituale di un popolo, la memoria di un popolo», e che in Brasile si possono «quasi leggere» guardando alla storia e al santuario di Aparecida.
Secondo atteggiamento: lasciarsi sorprendere da Dio.

Terzo atteggiamento: vivere nella gioia.
«Il cristiano è gioioso, non è mai triste». Sa che il drago, per quanto potente, è già stato sconfitto, «Il cristiano non può essere pessimista! Non ha la faccia di chi sembra trovarsi in un lutto perpetuo. Se siamo davvero innamorati di Cristo e sentiamo quanto ci ama, il nostro cuore si “infiammerà” di una gioia tale che contagerà quanti vivono vicini a noi». Francesco ha reso omaggio a Benedetto XVI, che il 3 maggio 2007 venne a inaugurare la Conferenza di Aparecida, ricordando ai vescovi: «Il discepolo è consapevole che senza Cristo non c'è luce, non c'è speranza, non c'è amore, non c'è futuro».
Alla fine, decisive sono le parole di Maria, che mostra Gesù e ci chiede: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2, 5). «Sì, Madre nostra - risponde Papa Francesco - noi ci impegniamo a fare quello che Gesù ci dirà! E lo faremo con speranza, fiduciosi nelle sorprese di Dio e pieni di gioia»
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