martedì 23 luglio 2013

L'EQUIVOCO LIBERTICITA


di GIANFRANCO AMATO
da la nuova bussola quotidiana
In merito alla proposta di legge sul contrasto all’omofobia che andrà in discussione il prossimo 26 luglio, occorre fare una precisazione. Ciò in quanto sembra circolare – anche in ambienti cattolici –una falsa rappresentazione della delicata tematica. Alcuni, infatti, sono erroneamente convinti che le nuove norme in materia di contrasto all’omofobia siano volte a tutelare esclusivamente da forme di violenza gli omosessuali, i bisessuali e tutti «coloro che hanno una percezione di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico, come recita l’art. 1 della stessa proposta di legge».

Non è così.
Le nuove norme, qualora approvate, andranno a modificare l’art.3 della Legge 13 ottobre 1975, n.654, (Ratifica ed esecuzione della convenzione Internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966), il cui primo comma prevede due ipotesi ben distinte alle lettere a) e b).

Se passa la proposta di legge, quell’articolo dovrà essere letto in questo modo:
«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell'attuazione della disposizione dell'articolo 4 della convenzione, è punito:
a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi, di orientamento sessuale o di identità di genere;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, di orientamento sessuale o di identità di genere.
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi, di orientamento sessuale o di identità di genere.
Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni».

Come si può ben vedere, quindi, un conto è la «propaganda» e «l’istigazione a commettere o commettere atti di discriminazione», prevista dalla lettera a), e un conto è «l’istigazione a commettere o commettere violenza o atti di provocazione alla violenza».

In questa sede torniamo a ribadire che il punto non è privare alcuni soggetti della tutela giuridica per atti di violenza – già, peraltro, ampiamente garantita dal Codice Penale – ma quello di garantire la libertà di opinione, ovvero il fondamentale caposaldo su cui dovrebbe poggiare la società occidentale di stampo liberale, che si autodefinisce democratica.

Come abbiamo più volte ribadito a proposito di queste norme contro l’omofobia, in gioco non c’è soltanto la libertà religiosa ma la stessa libertà di opinione, poiché la proposta di legge, così come formulata, non potrà non avere gravi ripercussioni sui diritti fondamentali dell’uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione, tra cui il diritto alla libertà di pensiero (art.21) e alla libertà religiosa (art.19).

Chi scrive è profondamente, convintamente e irrefragabilmente contrario al matrimonio omosessuale ed alla possibilità che questi adottino minori, ma non potrebbe mai tollerare l’idea che chi pensa diversamente debba finire in galera. E’ semplicemente inconcepibile che chi legittimamente propugna e si batte per il riconoscimento del matrimonio e delle adozioni gay, possa rischiare la reclusione fino ad un anno e sei mesi, o da sei mesi a quattro anni se fa parte dell’Arcigay, o da un anno a sei anni se dirige o presiede l’Arcigay.

Qualcuno spieghi perché ciò non dovrebbe valere al contrario.

Mai come in questo caso vale il motto della scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall, erroneamente attribuito a Voltaire: «I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it», ossia «disapprovo tutto quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo». Così si è veri liberali.

 

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