martedì 16 novembre 2010

IL MORALISMO DELLA BINDI

RENATO FARINA SU "TEMPI"

Il moralismo della Bindi è un virus che uccide i peccatori, cioè tutti
Rosy e Silvio (e Nichi)
di Renato Farina
Se uno attacca il moralismo, subito si pensa in giro, e lo si dice pure, che costui mette tra parentesi la morale. È vero il contrario. Il moralismo sta alla morale come la polmonite ai polmoni. Li infiamma, li soffoca, impedisce di respirare. Allo stesso modo il moralismo non difende la morale, come vorrebbero far credere i moralisti, ma la trasforma in arma immorale per uccidere il prossimo e aggiunge un’altra palata di male (chiamiamolo così) a quello che già domina il mondo.

Il caso è quello ovvio: Berlusconi. Non c’è in questo periodo uno, specie se cattolico, che possa sottrarsi a questa compiaciuta domanda: come fai a essere berlusconiano, se poi lui eccetera? Ho un sacco di risposte a questa domanda. Ma vorrei prima soffermarmi su chi la pone e come. E ho in mente un caso visto in tivù: Rosy Bindi che cerca di mettere in difficoltà Maurizio Lupi. Giovanni Floris li ha chiamati a Ballarò apposta: due noti cattolici. Una che difende la morale, l’altro che è costretto a sostenere Indovina-chi. La Bindi a un certo punto domanda a Lupi: «Ma tu in privato glielo dici a Berlusconi? Che cosa gli dici?». Sembra una domanda fatta apposta per incastrare la persona. L’idea che ha in mente la Bindi è di sorprendere un Lupi che: o tace e dunque acconsente a una vita libertina; oppure lo rimprovera, ma non viene ascoltato, e dunque è un perdente lui e un impunito B.
Io penso che l’immoralità consista invece proprio in questa domanda. La quale ha una violenza bestiale. L’intimità non è solo quella che si pratica sotto le lenzuola. L’amicizia e l’affetto hanno sfere inviolabili. Lupi ha risposto benissimo: si vedeva che vuol bene a Berlusconi, ha detto che lui è se stesso sempre, testimonia quello che dà senso alla sua vita. Ed egli vede in B. la tensione all’ideale. Lupi non ha violato il segreto di qualcosa che appartiene al novero delle cose che non si trascinano in piazza.

Poi Lupi ha chiesto se mai nessuno tra i presenti al dibattito avesse telefonato a un carabiniere, a qualcuno in alto per aiutare una persona in difficoltà. Tutti hanno fatto gli ipocriti, la Bindi, Italo Bocchino: noi?-Mai…-Noi-pensiamo-alla-collettività,-non-ad-aiutare-una-Ruby-che-è-in-questura-o-Giuseppino-che-è-in-sala-d’attesa-e-sta-male… Spero che non sia vero, che sia stata pura ipocrisia. Ma moralismo è questo: amare il popolo in teoria, in pratica detestare la popolazione. Non vedere che il bisogno del paese è sì misurato dalle statistiche ma ha anche la voce singhiozzante di uno che ti telefona disperato. E fare qualcosa, quello che si può.

Invece questi moralisti dipingono un mondo dove non esiste pietà, non esiste altro che la regola. Un mondo di regole. Io penso che la morale sia quella che ho imparato: tendere all’ideale, servire e rispondere al bisogno che si incontra. Morale è non sentirsi in nulla migliore o meno peccatore di nessun altro. Non giudicare il prossimo e nemmeno se stessi. Di certo, non va assolutamente bene – come fanno alcuni – chiedere il consenso o vantare il libertinismo come modello di vita. Ma io preferisco Carlo Magno e avrei combattuto per lui, pur avendo egli avuto una decina di concubine, mentre il suo rivale era astemio e molto casto. Aveva dalla sua i fatti, Carlo Magno: con i suoi difetti, le sue debolezze (anche se lui se ne vantava), ha permesso la costruzione di un’Europa cristiana.

A proposito. Ecco una cosa che non chiederò a Rosy Bindi: ma lei che cosa dice a Nichi Vendola in privato ma anche in pubblico? Gli dice che la convivenza more uxorio con un uomo è – secondo la morale cristiana – incoerente e pure un cattivo esempio? O dirlo sarebbe omofobia?

 11 Novembre 2010

Nessun commento:

Posta un commento